ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 4 settembre 2011

Il priore all'acqua di bose


Irene – simulazione del castigo divino

Guai ad affermare che Dio ci castiga: è una bestemmia che ha creato più atei che certe filosofie dell’800 su cui abbiamo scaricato la colpa dell’ateismo militante e dell’indifferenza attuale. I Cristiani, con l’immagine di un Dio che va in collera, di un Padre che era peggiore e più esigente dei padri umani, hanno creato il rifiuto di Dio in molti…
Affascinante, energico, sconvolgente, dirompente, assoluto e imbarazzante. Sì, lo gnosticismo ingenuo di Fratelenzo a volte è proprio imbarazzante (Enzo Bianchi 11.03.99 – meditazione sul Figlio prodigo… pardon, sul Padre Misericordioso).
Insomma la ritrita tesi per cui la Chiesa è all’origine dell’apostasia, mentre Nietzsche – se solo lo avessimo lasciato leggere ai nostri adolescenti – avrebbe rinvigorito la fede dei popoli. Imbarazzante ed ingenuo. Ingenuo ed assurdo. Così assurdo da parer vero, degno erede di Deridda e Foucault il decostruzionismo di Fratelenzo acceca i semplici e ammutolisce i dotti.


Io però mi salvo perché sono un grezzo complicatissimo, sopravvissuto all’apostasia nonostante il doppio colpo di due preti giudaizzanti e perfettamente martiniani negli anni della mia adolescenza, dotato di uno specialissimo fiuto per le boiate teologhesi, e di una curiosità sufficiente a farmi leggere cose diverse dai foglietti che si trovano in fondo alla chiesa, tra i quali ‘Parola di vita’ e ‘Con te ce la faremo’ (che non è una testimonianza di fede di Gianni Morandi, ma il pieghevole da cui traggo l’illuminata confessio bosiana).
Dunque, parlavamo di Castigo di Dio.
Il problema è che dire castigo di Dio significa impegnarsi in un discorso complesso, cioè pieno di significati e sfaccettature, tale da richiedere un minimo di sforzo per essere colto e compreso. Ammetto che non sia da tutti. Calza a pennello un evento recente che ce ne dà l’immagine sintetica: Irene.
Eh già, proprio lei, la tornado che ha investito settimana scorsa gli USA offrendo, parrebbe, più spavento che altro, e salvando i TG dalla disperata caccia di notizie di fine agosto.
Irene e il castigo di Dio.
A tal riguardo, mi lascia scettico anche il servizio della Bussola Quotidiana, in cui un ondivago Fabio Spina, apprezzabile per le recensioni geo-tecniche sulla realtà dei fatti, si dedica a un’esegesi spirituale a mio avviso opaca e poco comunicativa.
Vada col dire che di fatto non c’è stato nulla, vada col denunciare inutili allarmismi sociologici di Avvenire, ma non colgo in che senso il brano di Elia sia istruttivo sul tema del castigo: altro genere letterario, altro scopo illustrativo, altra dinamica spirituale in atto; le due prospettive non si escludono, casomai si calibrano.
Calibrare. Questo serve.
Il buon Fratelenzo scaccia la significatività del Castigo al modo in cui il nevrotico rimuoverebbe edipicamente il padre; Spina si abbandona al devozionismo localistico e tace del senso universale della cosa (implicito, sottinteso o negato?).
Eppure è un fatto di ragionevolezza, e nessun’invocazione di misericordia lo può adombrare; tanto più che
Questa verità della misericordia fa appello a quella che ne è il completamento: la maestà e la giustizia di Dio (R. Guardini, Lo spirito della liturgia, Morcelliana, 22)
Ragionevolezza e spirito di comunità (che Spina evoca ma poi affonda nel particolarismo) uniti nella riflessione sul male: perché il Male c’è, e lo sappiamo, ma dove lo pensiamo? In Dio o fuori di Lui?
Temi caldi, sui quali non per caso si trovano a loro agio solo i vecchi tomisti, i cosiddetti ‘medievali’, in realtà abituati più di noi a riflettere secondo certe angolature universali.
Ma è proprio così? E’ davvero irragionevole pensare al castigo in ottica contemporanea? Forse no, o almeno non del tutto.
E allora torna istruttivo Umberto Galimberti, quando ci ricorda che
Lo Stato… ha riempito la società di doni, senza la possibilità del contro-dono…
Avendo così ridotto i soggetti sociali da contraenti a oggetti sociali gratificati dai doni, il sistema ha preparato il terreno all’irruzione del simbolico, che ritorce conro il sistema il principio stesso del suo potere. 
(L’ospite inquietante, Feltrinelli 2007, 125-126)
L’ambiguità di una società che tratta i cittadini come bimbi viziati sfocia nell’incapacità di crescita dei suoi membri, e si traduce in reazioni contraddittorie e malate. Ché dunque, forse i processi fallimentari del vivere comune si possono trasformare in opportunità nella realtà ecclesiale? O non stiamo trattando anche noi i fedeli come bimbi, cui impediamo di crescere, perché temiamo che la verità possa traumatizzarli?
Ancora Galimberti.
Disarticolata ed epocale sventura. Dico epocale perché è la prima volta nella storia che, come vuole l’indicazione di Hegel, un servo non ha davanti un signore con cui prendersela, perché i loro padroni sono diventati, come i loro dipendenti, a loro volta semplici funzionari di un sistema (ivi, 136)
Più che una verità, il teologhese progressista ci offre un sistema teorico inoffensivo, perfettamente supino rispetto al trend decadente della critica società occidentale. Un trend che costruisce immaturità e vi rimedia col formare personalità irresponsabili. Non vi pare?
La soluzione sarebbe presentare la verità tutta intera, quella verità che ci farà liberi – come diceva un tale. E allora, mancando i teologi che se ne incarichino, vi accontenterete dei blogger. E di due brevissime su Irene.
Già, tuttosommato proprio Irene, proprio l’uragano che non ha fatto danni, si prestava a riflettere sul castigo di Dio. Un castigo che non è ripicca brutale, che non è minaccia freudiana, che non è spauracchio apocalittico di qualche telepredicatore protestante. Il castigo che è doloroso ma necessario intervento di Giustizia, che è delicatissima premura di un Padre innamorato che tutto opera per rendere sempre più ininfluente il male nel mondo e per salvare quante più anime verso l’eternità.
Irene ha funzionato bene: un ordine tempestivo, obbedienza pronta della gente, capacità di arginare i danni. Dire castigo di Dio non è dire qualcosa di molto diverso da questo. Non è furia improvvisa che miete cinicamente i suoi avversari; è extrema ratio, è avviso e incitamento alla conversione, è Parola forte perché in un popolo senza profeti e senza santi il sussurro di Elia non lo sente più nessuno. Chi vi presta orecchio si salva. Chi lo ignora vi resta travolto.
E’ stata una manovra politica – mi direte – è stato un diversivo di Obama per distogliere dalla catastrofe finanziaria in atto.
E chi lo nega?
Quello che affermo è che, se si vuole si può uscire dignitosamente da ogni catastrofe – quelle rare e misericordiose dovute agli interventi di Dio per far giustizia attraverso la natura e la storia; quelle sempre più frequenti e strazianti che nascono dal cuore dell’uomo fatto scimmia di Satana – posto che l’autorità pensi al bene comune, che la gente impari a rinunciare al peccato, che la comunità si organizzi e metta da parte gli egoismi di rito,…
Irene è passata innocua, ma come affronteremo la crisi ormai imminente senza una schietta conversione?
Pubblicato il settembre 3, 2011 da


(immagini aggiunte)

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