ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 21 ottobre 2011

Presbiteri d'altri tempi


Don Giuseppe e Gheddafi

Andrea Tornielli 
Cari amici, ieri sera ho partecipato nella mia parrocchia in periferia di Milano alla veglia funebre per don Giuseppe, il vecchio parroco ultranovantenne, che iniziò il suo servizio qui subito dopo essere stato ordinato prete dal cardinale Schuster quando ancora non era terminata la Seconda guerra mondiale. Ha battezzato, sposato, aiutato, accompagnato in cimitero intere generazioni di parrocchiani. Io, che abito qui da neanche dieci anni, ho fatto in tempo a conoscerlo, a confessarmi da lui, a partecipare alle sue messe, anche se da tempo non era più il parroco.
Mi ha colpito l’affetto, semplice e sincero, con cui ieri sono andati a pregare davanti alle sue spoglie i parrocchiani. E durante il Rosario non ho potuto fare a meno di paragonare l’amore con cui questo anziano sacerdote sconosciuto alle cronache veniva accompagnato nel suo ultimo viaggio, con le immagini cruente e crudeli dell’esecuzione di Gheddafi a Sirte. Le urla belluine dei “ribelli” che lo sbattevano di qua e di là e infine il suo cadavere straziato gettato a terra.

Non ho mai avuto alcuna simpatia per il dittatore libico. Ho ascoltato e letto servizi giornalistici che descrivono i suoi pretoriani come aguzzini e torturatori. Ho letto delle stragi compiute. Ma certo l’epilogo – che tutti, proprio tutti i TG ieri sera presentavano come inevitabile facendo il paragone con Saddam, Ceausescu e Mussolini - è statodisumano. Non ho ascoltato ieri, parole di pietà e di indignazione per ciò che abbiamo visto. L’Italia, che fino a pochi mesi prima aveva accolto Gheddafi come uno statista omaggiandolo con baciamani e onori financo grotteschi, di punto in bianco ha partecipato a una guerra – non chiamiamola per favore operazione umanitaria – per abbattere il suo regime.
La Libia, quando Gheddafi prese il potere nel 1969, aveva un tasso di analfabetismo del 94 per cento; oggi l’88 per cento dei libici è alfabetizzato. Il Federal Research Division della Libreria del Congresso Usa scrive che “un servizio sanitario di base è fornito a tutti i cittadini libici. Salute, formazione, riabilitazione, educazione, alloggio, sostegno alla famiglia, ai disabili e agli anziani sono tutti regolarmentati dai servizi assistenziali”. Le vaccibazioni infantili coprono la quasi totalità della popolazione. C’è un medico ogni 673 cittadini. Secondo le tabelle dell’Indice di Sviluppo Umano della Banca Mondiale (miscellanea di aspettativa di vita, istruzione, reddito) la Libia è (meglio, era) l’unico paese con livello alto dell’Africa, e veniva prima di ben nove nazioni europee.
Cito questi dati traendoli dall’illuminante libro Libia 2012 dello storico Paolo Sensini (Jaca Book), che consiglio vivamente a tutti coloro che vogliono farsi un’idea sulle ragioni della guarra e sul potere della disinformazione. Perché ho ricordato tutto questo? Perché alcuni dei capi dei “ribelli” e del governo provvisorio – i nostri governi stendono su questo un velo di silenzio – sono ex terroristi di Al Quaeda. E se c’è una cosa davvero incerta è il futuro del paese. Li cito per ricordare come siamo molto selettivi nell’individuare i dittatori cattivi, e le popolazioni da proteggere, a seconda delle convenienze. Se le rivolte vengono sedate nel sangue in certi paesi arabi ottimi alleati dell’Occidente, facciamo finta di niente. In altri casi, come in quello della Libia (vuoi vedere che c’entrano petrolio e gas?) in poche ore eccoci tutti in fila a bombardare, ovviamente solo con bombe “intelligenti”…
Quanta ipocrisia! E quanta soddisfazione nei commenti per l’uccisione di Gheddafi. Più di qualcuno avrà tirato un sospiro di sollievo. Il dittatore (ex amico) morto, infatti, non può raccontare nulla. Ma in ogni caso, proprio in nome di quella civiltà e di quei valori che vogliamo difendere, tutelare, e magari esportare, l’uccisione di Gheddafi in mondovisione, senza processo, e il vilipendio del suo cadavere in favore di telecamere e videofonini, andava evitato.O almeno andavano evitati certi commenti entusiastici dei leader occidentali, a partire da quelli nostrani.
Ieri sera, dopo aver visto e rivisto sui Tg le immagini della morte di Gheddafi, di fronte alla bara aperta di quel sacerdote magro come un chiodo che ha speso tutta la sua vita per Dio e per le persone a lui affidate, non ho potuto non pensare alle parole del Magnificat: “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”.

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