ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 1 marzo 2012

L’(EX) ICI E I TESORI DEL VATICANO

[1]E’ uscita a novembre, ma è sempre più attuale l’inchiesta sui tesori del Vaticano del giornalista Stefano Livadiotti. Pubblicata da Bompiani (bompiani.rcslibri.corriere.it) col titolo “I Senza Dio”, sviscera quello che è uno dei temi centrali di questi giorni: l’elusione dell’ICI (attuale IMU) da parte della chiesa cattolica. In realtà, l’introduzione dell’ICI, a partire dal 1992, non ha mai incluso i locali destinati al culto; vi erano assoggettati tutti quelli da cui si trae reddito, a migliaia e sparsi sull’intera penisola di proprietà della chiesa, sebbene la gestione spesso risulti formalmente di associazioni ed o.n.l.u.s. gravitanti nell’infinita galassia cattolica.

Stefano Livadiotti, autore de “I Senza Dio”
Ma grazie alla complicità sia di centrodestra che di centrosinistra, la chiesa cattolica ha artificiosamente equivocato sulle finalità d’utilizzo delle proprie strutture tanto che i municipi difficilmente riescono a scucirle un euro pure nei casi più clamorosi come quelli di edifici adibiti a centri sportivi o a veri e propri alberghi” argomenta Livadiotti rispolverando le tesi sostenute nel suo libro. “Prima è stata protetta da Berlusconi ed il fido Gianni Letta, poi, nel 2005, dal governo Prodi che, a firma dell’allora ministro per lo sviluppo economico Bersani, azzardò la formula tragicomica dell’esenzione per gli immobili destinati ad attività “non esclusivamente commerciale” ”: si calcola che l’elusione dell’ICI per le attività commerciali della chiesa sia stimabile in almeno 700 milioni, nonostante le indagini avviate dall’UE atte a verificare che questa formula balzana non sia derubricabile nella categoria dei vietatissimi “aiuti di stato”.
Riprendendo alcuni spunti de “La Questua” (pubblicato nel 2008) da Curzio Maltese, l’inchiesta di Livadiotti mette luce su tanti altri (piccoli e grandi) scandali. Innanzitutto, quello della devoluzione dell’8 per mille che, almeno secondo ciò che documentano sia Livadiotti che Maltese, finisce per mantenere i lussi ed i capricci delle alte gerarchie ecclesiastiche, dato che solo una minima quota del gettito totale (ben oltre il miliardo di euro) viene investito per il sostentamento di sacerdoti e parrocchie ed in opere caritatevoli. Eppoi: il business dei matrimoni “impartiti a pagamento” e delle beatificazioni e degli altri grandi eventi quali il Giubileo ed i viaggi del papa; il “merchandising” che sfrutta l’immagine di Gesù e la fede; la pioggia di contribuiti all’editoria per gazzette parrocchiali; gli insegnanti di religione mantenuti dallo Stato, ma arruolati ed imposti dai vescovi, sempre più in aumento e meglio pagati dei colleghi delle altre discipline, sebbene i propri alunni siano in netto calo (avendo la possibilità questi ultimi di scegliere di non seguire la materia).
Un altro saggio dirompente che strappa il velo da tutte le forme di finanziamento e da tutti gli intrighi politici-economici della “santa casta” più o meno occulti (e leciti) è quello intitolato “Finanza Cattolica”, curato dal giornalista del Corriere della Sera Ferruccio Pinotti e distribuito da Ponte alle Grazie (www.ponteallegrazie.it). Un’occasione unica per scoprire o ripercorrere la sconvolgente storia degli intrecci tra fede, denaro e potere. Che, spesso, – ed è quello che all’autore interessa approfondire – oltre a tradire gli stessi precetti religiosi, non rispetta alcun tipo di etica. La storia è antica e densa di episodi oscuri tanto che Ferruccio Pinotti ha speso una carriera per snocciolarla al grande pubblico, a partire dal primo incontro col figlio di Roberto Calvi, il banchiere coinvolto nello scandalo del Banco Ambrosiano controllato da IOR, Sindona e mafia. “Il figlio di Calvi era determinato a scoprire cosa si nascondesse dietro all’omicidio di suo padre e sulle sue scoperte e rivelazioni si basano le mie prime pubblicazioni” ammette lo stesso Pinotti.
“Finanza Cattolica” rappresenta, quindi, un riassunto ed una riorganizzazione delle indagini e della documentazione accumulati negli ultimi dieci anni. Nulla è taciuto, a partire dalla nascita del potere cattolico in Italia dal secondo dopoguerra: il rapporto “malato” fra Banco Ambrosiano e IOR, la pianificazione dell’omicidio Calvi, l’ “assalto” al Corriere della Sera, la nascita delle banche popolari e la conquista di un pezzo di mercato delle assicurazioni, lo sviluppo del network “opusiano” (da Opus Dei), lo scontro violento con la finanza laica, i legami e le collusioni con la grande impresa (anche quella dei clamorosi crack tipo Parmalat), il rapporto con l’impero berlusconiano e lo strapotere di Comunione e Liberazione.
Ferruccio Pinotti, autore di “Finanza Cattolica”
e l’Opus Dei si configura, nella pratica, come una setta ramificata in tutti i settori più importanti della società tanto da essere al centro dei più clamorosi scandali finanziari internazionali, si può considerare Comunione e Liberazione, assieme alla sua Compagnia delle Opere, il “braccio finanziario” della chiesa cattolica, come già Pinotti descriveva in “La Lobby di Dio”, edito da Chiarelettere (www.chiarelettere.it). “Avvalendomi anche delle testimonianze dirette di diversi fuoriusciti, io penso di raccontare semplicemente quello che succede. Eppure, oltre a ricevere minacce, esponenti di spicco di CL mi hanno chiamato in giudizio più di una volta” commenta Pinotti. Effettivamente il giornalista veneto, con le sue inchieste ed i suoi libri, ha messo allo scoperto una rete di legami e collusioni che, in certi casi, assume caratteri inquietanti. Secondo le testimonianze e i dati che ha raccolto, infatti, CL si rivela come un network di potere, trasversale ad ogni settore, che gode di forti appoggi, sempre più diffuso in Italia ed all’estero: “le imprese associate alla Compagnia delle Opere sono circa 34.000, per un fatturato stimato in almeno 70 miliardi di euro. Aderiscono anche un migliaio di associazioni che operano nel settore “no profit”. Consideriamo che sono dati in difetto, perché rappresentano soltanto le imprese formalmente iscritte alla Compagnia, essendoci anche moltissime altre società che, pur non aderendo, si riconoscono in essa”. Grazie al marcato trasversalismo con la politica, prima con la DC e con il PSI, oggi con Berlusconi e il PDL (chissà domani?), CL è riuscita, infatti, a catalizzare consensi in ogni settore, ambiente e strato sociale. A pochi interessano i principi religiosi ed i ferrei valori morali della sobrietà, castità ed obbedienza che dovrebbero essere la sua ragione d’esistere, come quella dell’Opus Dei. “Chi si avvicina a questi due “ordini” lo fa quasi sempre per meri interessi materiali: raccomandazioni, vantaggi politici ed economici. Ed in tempo di crisi, sono sempre di più i giovanissimi, in disperata ricerca di occupazione, e le imprese che si avvicinano a CL per godere dell’ombrello protettivo della Compagnia delle Opere.”
Nel 2008, Eugenio Scalfari scrisse che “a Palermo nemmeno la mafia ha tanto potere quanto CL negli ospedali, nell’assistenza e nei settori cruciali della vita pubblica” tanto che nell’organizzazione sono entrati centinaia di personaggi poco raccomandabili come, ad esempio, Marco Barbone killer del giornalista Walter Tobagi.
Ferruccio Pinotti ha avuto un’educazione cattolica, rimane un credente e continua “ad apprezzare molti uomini della chiesa, specie quella missionaria, che sacrificano la propria vita per gli altri ed i più bisognosi”, ma una volta “sbattuto”, quasi per caso, sugli sporchi intrighi del potere ecclesiastico, non può esimersi da denunciarli in tutta la loro complessità e gravità, con qualsiasi strumenti a disposizione. Pertanto, anche in “Finanza Cattolica” molte pagine sono dedicate allo scandalo n.1, quello dei fondi neri del Banco Ambrosiano, appartenente all’epoca di Giovanni Paolo II il cui rapido processo di “santificazione” è, infatti, messo in discussione nel saggio “Wojtyla Segreto” sempre edito da Chiarelettere. In tempi di “guerra fredda”, infatti, lo IOR è fra i principali finanziatori del movimento antisovietico Solidarnosc ed è diretta da un vescovo americano a dir poco spregiudicato: Paul Casimir Marcinkus, una figura in cui è impossibile trovare qualche minima traccia di spiritualità. Incrociare Marcinkus è praticamente come avviare un film che racconta un pezzo importante di storia criminale d’Italia. Con tutti i suoi protagonisti. Sindona, Calvi, Licio Gelli e la P2, Umberto Ortolani, la mafia e Pippo Calò, Flavio Carboni, Banda della Magliana, cardinali senza scrupoli, lotte di potere interne al Vaticano, il “presunto” sequestro Orlandi. Non solo Wojtyla protesse strenuamente Marcinkus evitando di consegnarlo alla giustizia italiana che intendeva (almeno) interrogarlo per il crack ambrosiano, ma si servì di Marcinkus e dei soldi sporchi del Banco Ambrosiano, diretto dal piduista e massone Roberto Calvi, manovrato oltre che dalla P2, anche dalla mafia, per finanziare Solidarnosc ed altri movimenti anticomunisti.
Nonostante l’uscita di scena di Marcinkus – come raccontato anche nel bel libro di Gianluigi Nuzzi “Vaticano S.p.A.” – lo IOR continuerà a seguire una condotta tutt’altro che esemplare: nelle sue casse vi passeranno i soldi di Tangentopoli (la maxitangente Enimont); titoli di Stato saranno scambiati per riciclare denaro sporco; una miriade di depositi raccoglieranno i soldi lasciati dai fedeli alle sante messe per trasferirli in conti personali, con le più abili alchimie finanziarie. Su “Finanza Cattolica” , come su “Vaticano S.p.A.”, è documentata una lunga serie di gestioni deviate di opere assistenziali, fondazioni e istituzioni religiose. “E’ incredibile quanto la chiesa cattolica e tutte le sue associazioni-organizzazioni satelliti pervadono i circuiti finanziari. Anche nelle banche che non rientrano direttamente nella sua sfera, è quasi impossibile non nominare presidenti e amministratori delegati di estrazione cattolica e-o collegati alle gerarchie ecclesiastiche” chiosa Pinotti.
Con “Vaticano Proibito” un altro “terribile inquisitore” della carta stampata come Mario Guarino si è infilato ancor più in profondità nel buco nero degli intrighi finanziari della curia romana, ripartendo addirittura dalla nascita di Gesù e tirando fuori tutte le polemiche e gli scandali legati ai papi “usurai”, alla compravendita dei papati, alla vendita di armi, alle “frequentazioni indecenti”, al “paradiso immobiliare” e a quelli fiscali, al marketing delle santificazioni: del resto, anni addietro quando la curia romana era in grado ancora di reggere l’urto delle accuse più pesanti, con un altro libro, aveva “smontato” l’aureola di padre Pio ed il relativo circuito affaristico. E la casa editrice che ha deciso di pubblicare “Vaticano Proibito”, la romanissima Koinè (www.edizionikoine.it), non si può certo bollare come “comunista mangiapreti” visto che il suo catalogo testimonia l’esigenza di indagare senza reticenze, compromessi o sconti sia a “destra” che a “sinistra”.
“Concorrente” (o collega) di Pinotti, Livadotti e Guarino è l’americano Jason Barry che in “La Cassa del Vaticano” – disponibile da poche settimane anche nelle nostre librerie grazie alla traduzione di Newton Compton (www.newtoncompton.com) – cerca di scoprire dove finisce tutto il denaro che ogni giorno confluisce nelle casse pontificie sotto forma di oboli, lasciti e donazioni pubbliche e private e, dunque, di rispondere alle stesse domande che si sono già poste i suoi omologhi italiani: perché il Vaticano, uno degli Stati più piccoli e più ricchi al mondo, ci chiede continuamente soldi per le sue missioni e le sue opere di carità? Come vengono utilizzate le grandi somme che ricava dal suo preziosissimo e immenso patrimonio immobiliare? Quanto davvero viene investito in opere assistenziali e caritatevoli?
Articolo a cura di Gaetano Farina

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