ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 18 maggio 2012

GMG – considerazioni inattuali

Nei primi giorni di settembre avevo il prurito alle mani, e volevo buttar giù qualche provocazione a danno della GMG. Poi la sinderesi mi ha frenato (per chi non lo sapesse, la sinderesi è un disturbo alle articolazioni, che crea difficoltà a scrivere). Mi ha frenato anche vedere alcuni articoli interessanti e propositivi costellare siti non facili all’entusiasmo giovanilista.
Ora sono passati alcuni mesi, nessuno più vive il ricordo di Madrid in modo emotivo, c’è spazio per una piccola revisione. Io però non ho voglia di mettermi a farla. Accennerò dunque solo due punti.
Il primo – banalissimo – è: quanto c’è di cattolico nell’entusiasmo made in GMG, e quanto invece si respira la disperata speranza alla Ernst Bloch? Decidetelo voi.
Il secondo è: cosa sappiamo dare ai destinatari in questi eventi di massa? Non dico che la proposta sia scarsa. Però con un gioco irrispettoso e strumentale vorrei accostare una catechesi che ho sentito con un Programma che ho trovato in rete.
La catechesi è quella di mons. Monari – un vescovo piacevole da ascoltare, non fosse per le solite fisse spiritualiste ormai di moda (almeno fossero proposte accanto e non in antagonismo alle buone vecchie definizioni metafisiche! – es.  la fede non è un possesso stabile che io ho e di cui posso usare; è invece un cammino aperto, con buona pace dei contenuti di fede  non esiste un progetto perfetto (e quindi rigido) di società da attuare con azioni politiche definite. Esistono uomini che debbono sempre di nuovo modificare la realtà sociale perché risponda meglio ai bisogni nuovi che emergono, perché elimini le storture e le insufficienze che si manifestano sempre di nuovo, che sarà vero, ma non aiuta a risolvere la grama grana dello sciattolicesimo in politica). Ma sì, quisquilie. Veniamo ai due testi.

Mi sento di darvi tre consigli.
Il primo è che apriate e chiudiate la giornata con la preghiera. aprire gli occhi il mattino dopo il sonno della notte è come nascere, ricevere di nuovo il dono della vita. Non possiamo riceverlo senza benedire e ringraziare Dio, sorgente della vita. E parallelamente addormentarsi al termine di una giornata è come anticipare la morte. Non possiamo consegnarci al sonno senza affidare a Dio la nostra vita e la nostra morte. La preghiera del mattino e della sera costituisce una cornice che ci fa leggere in ottica di fede il mondo.
Il secondo consiglio è che ogni giorno leggiate qualche riga di vangelo. La vita è risposta a una chiamata personale di Dio. Ma questa dimensione diventa reale solo se viviamo alla presenza di Dio. E il primo luogo in cui Dio si fa presente a noi come persona è la sua parola. Quando ascolto, mi ricordo che Dio ha una parola per me, s’interessa alla mia vita. Dalla lettura nasce una risposta dialogica: sarà un ringraziamento, una richiesta di perdono, un impegno, un’espressione di amore e di speranza… In questo modo tutta la vita diventa un dramma vissuto in comunione con Dio. Come dicevamo: davanti a Dio nel mondo.
Infine, la risposta alla dichiarazione di amore che è la vita e la morte di Gesù è la nostra partecipazione all’eucaristia. Fare la comunione significa dire di sì all’atto di amore conci Cristo ha dato la vita per noi. non c’è una dichiarazione di amore più intensa di questa da parte di Dio; non c’è una professione di fede più intensa di questa da parte nostra.
Preghiera mattino e sera, lettura quotidiana del vangelo, eucaristia domenicale. Ho scoperto l’acqua calda; ma spero di avere spiegato perché questa acqua calda è necessaria
Mi consolo perché almeno sa di aver dato l’acqua calda. Mi sconforto perché – e qui non c’è utopia tradizionalista che mi salvi – la gioventù cattolica di oggi, almeno in Italia, è già tanto se arriva al pomello del rubinetto. Monari iperrealista?
Il Programma da brivido è invece quello offerto da mons. Schuster ai giovani di Avanguardia Cattolica.
Il cardinal Ferrari, che aveva promosso in tutte le parrocchie gli oratori maschili e femminili, dopo la chiusura dell’Opera dei congressi diede impulso ai circoli giovanili maschili, federati nel 1906 nell’Unione Giovani Cattolici Milanesi. E fu a questi giovani che il cardinal Ferrari si rivolse per porre un freno alle violenze: uno “sparuto gruppo di giovani, 6 o 7 in tutto, si ritrovavano ogni giovedì sera in Arcivescovado per conoscere dove era necessaria la loro presenza la domenica successiva”. Fu questo il primo nucleo dell’associazione denominata Avanguardia Cattolica, “la spada dietro l’armadio” dei cattolici milanesi, secondo una definizione del cardinale Montini.
I giovani avanguardisti venivano scelti tra quelli più attivi, con una intensa vita spirituale e dotati anche di una certa prestanza fisica; avevano come compito principale la difesa fisica delle celebrazioni religiose e delle istituzioni cattoliche, ma venivano curate anche la formazione culturale e la vita spirituale dei membri [...]
Il loro motto, “O Cristo o morte”, era ricamato sui gagliardetti bianchi, bordati di nero, con una croce nel centro. Il cardinale Schuster dettò il “Decalogo dell’Avanguardia”:
1 – Scopo: la tutela dei diritti dei Cattolici Italiani coi mezzi autorizzati dalle Leggi.
2 – Membri: i più generosi, già spiritualmente formati entro le file dell’AC.
3 – Requisiti: senza macchia e senza paura.
4 – Aiuti: l’uso frequente del Pane dei forti.
5 – Armi: «Forti nella Fede», illuminati nella cultura religiosa, onorati nella vita.
6 – Posto: sempre avanti.
7 – Metodo: organizzazione compatta e che ben funziona agli ordini dei Capi.
8 – Spazio vitale: in Chiesa e fuori; nei Sindacati e nell’AC; nella vita politica e civile della Patria; nel Senato e nella piazza.
9 – Vantaggi: intervenire e farsi rispettare. “Gli assenti hanno sempre torto”.
10 – Premio: Dio, ed il proprio diritto.
Infine. Senza la giusta cementazione delle esperienze, il boato di Madrid non avrà nulla di più durevole degli Osanna commemorati la domenica delle Palme – Osanna che di lì a 4 giorni diventavano Crucifige. Non è una battuta. Se la buttiamo sul mediatico, due sole sono le possibilità: o ci teniamo ben stretti la platea; oppure la inganniamo, insegnandole a fidarsi del linguaggio televisivo, salvo poi abbandonanrla al seguito di agenzie più efficaci e più rapaci.

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