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giovedì 10 maggio 2012

Lefebvriani, la battaglia interna


Lefebvriani
LEFEBVRIANI

Lo scambio di lettere avvenuto nelle scorse settimane ai vertici della Fraternità San Pio X: tre vescovi contro l’accordo

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO

Un sito web ha reso noto lo scambio di lettere avvenuto un mese fa tra i vescovi Tissier de Mallerays, Alfonso de Gallareta e Richard Williamson, e il superiore della Fraternità San Pio X Bernard Fellay. La lettera dei tre vescovi, inviata a Fellay il 7 aprile, contiene un appello perentorio perché il superiore non firmi il preambolo dottrina e non accetti l’accordo proposto dalla Santa Sede, che – com’è noto – intende inquadrare i lefebvriani in una prelatura personale.

«Le discussioni dottrinali – scrivono i tre vescovi in dissenso con Fellay - hanno provato che un accordo è impossibile con la Roma attuale» perché «dopo il Concilio Vaticano II le autorità ufficiali della Chiesa si sono separate dalla verità cattolica e oggi si mostrano determinate come prima a rimanere fedeli alla dottrina e alla pratica conciliari». Tissier, de Gallareta e Williamson ricordano che alcuni mesi prima di morire monsignor Lefebvre nel corso di una conferenza disse che «il problema non sono errori particolari sui singoli documenti conciliari, ma piuttosto una perversione totale dello spirito, di tutta una filosofia nuova fondata sul soggettivismo».



I tre vescovi osservano che anche «il pensiero del Papa attuale è impregnato di soggettivismo. C’è tutta la fantasia soggettiva dell’uomo al posto della realtà oggettiva di Dio. È tutta la religione cattolica a essere sottomessa al mondo moderno.


Come possiamo credere – si chiedono – che un accordo pratico possa risolvere questo problema?». «Ci accettano in nome di un pluralismo relativista e dialettico – continuano i tre prelati – le autorità romane possono tollerare che la Fraternità continui a insegnare la dottrina cattolica ma loro si rifiutano di condannare la dottrina conciliare»

Nella lettera i tre vescovi riportano anche un’altra espressione di Lefebvre, sostenendo che «è pericoloso mettersi nelle mani dei vescovi conciliari e della Roma modernista». E concludono avvertendo Fellay: «Voi state conducendo la Fraternità a un punto di non ritorno, a una profonda divisione», ipotizzando che l’accordo finirà per distruggerla.

 

Dieci giorni dopo, Fellay risponde, con una lettera altrettanto lunga e articolata. La sua è una risposta molto interessante e significativa per comprendere cosa sta per accadere alla Fraternità, ormai alla vigilia dell’accordo con la Santa Sede. Il superiore della Fraternità ricorda che «la Chiesa attuale ha ancora Gesù Cristo come capo. Si ha l’impressione che voi siate talmente scandalizzati da non accettare più che questo possa essere ancora vero». «Per voi – chiede Fellay ai tre confratelli, consacrati illegittimamente come lui da Lefebvre nel 1988 - Benedetto XVI è ancora il Papa legittimo? Se lo è, Gesù Cristo può ancora parlare attraverso la sua bocca? Se il Papa esprime una volontà legittima che ci riguarda, che è buona e che non ci ordina nulla di contrario ai comandamenti di Dio, abbiamo il diritto di rifiutare, di rispedire al mittente questa volontà? Non credete che se il Signore ci guida, ci donerà così i mezzi per continuare la nostra opera?».


«Il Papa ci ha fatto sapere – scrive ancora il superiore della Fraternità – che la preoccupazione di regolare la nostra situazione per il bene della Chiesa alberga nel cuore stesso del suo pontificato». Benedetto XVI «sapeva bene che sarebbe stato più facile per lui e per noi lasciare le cose così come stavano».


«La vostra concezione della Chiesa – continua Fellay – è troppo umana e fatalista, voi vedete i pericoli, i complotti, le difficoltà, ma non vedete più l’assistenza della grazia e dello Spirito Santo». Il superiore della San Pio X invita i tre confratelli a non trasformare «degli errori del Concilio in super-eresie, facendole divenire un male assoluto, allo stesso modo in cui i liberali hanno dogmatizzato un concilio pastorale. I mai sono già abbastanza drammatici e noi non dobbiamo esagerarli».


Infine, Fellay invita Tissier de Mallerais, de Gallareta e Williamson ad ammettere che la proposta della prelatura personale è ben diversa dalle proposte di accordo ricevute da Lefebvre nel 1988: «pretendere che nulla sia cambiato è un errore». E invita a considerare che problemi anche gravi nella Chiesa non si risolvono dall’oggi al domani, ma lentamente e gradualmente.


Che significato hanno queste lettere, e soprattutto, possono interferire nel processo in corso? Pare proprio di no. Fotografano piuttosto l’esistenza, peraltro ben conosciuta, di posizione anche profondamente diverse all’interno della Fraternità. La responsabilità dei dialoghi e della trattativa con Roma è nelle mani di Fellay e dei suoi assistenti generali. La decisione è stata presa e bisogna attendere ancora qualche giorno per conoscere quale sarà il giudizio dei cardinali e la decisione finale del Papa. Tutto lascia intendere però che entro maggio l’accordo potrebbe essere annunciato. Si vedrà allora se e come gli altri vescovi aderiranno.

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