ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 22 settembre 2012

Il Neo-Donatismo


Una sorta di “Neo-Montanismo/Donatismo” sta nascendo ai giorni nostri, riguardo ad una questione disputata tra “Neo & Vetero Tradizionalisti” quanto al problema dell’assistenza alla Messa tradizionale.
Infatti vi sono coloro che, come in Corinto, ai tempi di san Paolo (I Cor., I, 12), alcuni cristiani dicevano: “io sono di Cefa, io di Apollo ed io di Paolo”, così ora dicono: “io vado alla Messa di don Cajo, io di don Tizio ed io di don Petronio”, oppure: “io vado alla Messa di tale Istituto, io a quella di tal altro ed io di un altro ancora”.
Ma San Paolo corresse già un errore simile a questo (attorno al 55) scrivendo: “pertanto vi esorto a pensare tutti allo stesso modo, perché non vi siano in mezzo a voi scissioni” (I, 10). Anzi l’Apostolo di fronte ai partiti creatisi a Corinto (I, 12) affermò sdegnato: “ ed io sono di Cristo! Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo?” (I, 12-13).

SAN TOMMASO D’AQUINO nel Commento alla Prima Lettera ai Corinzi (cap. 1, lez. II, n. 24, 25, 28, 29 e 34) scrive: «(n. 24) Il motivo della contesa riguarda il fatto che ciascun fedele si denomina non da Cristo che ha istituito il Battesimo, ma dal Ministro dal quale è stato battezzato (Paolo, Apollo, Cefa) […]. (n. 25) Essi dicono così perché credono che dal miglior Ministro sia conferito il miglior Battesimo, come se i meriti del Ministro operino efficacemente sui battezzati. […]. (n. 28) Quando San Paolo dice: ed io sono di Cristo solamente costui dice bene, perché solo la virtù di Cristo opera nel Battesimo di Cristo (Gv., I, 33). Ecco perché solo i battezzati nel Sacramento istituito da Cristo sono chiamati Cristiani, invece coloro che son battezzati da Paolo non son detti Paolini”. […]. (n. 29) Non è il Ministro che dà l’efficacia al Battesimo, ma si è battezzati in Cristo. Voi dividete Cristo poiché credete che sia migliore il Battesimo che viene conferito dal miglior Ministro. Invece è Cristo che conferisce l’efficacia al Battesimo ed è il Ministro principale del Sacramento, mentre il Sacerdote è il Ministro secondario. Così facendo dividete la potenza o l’efficacia di Cristo dall’effetto del Battesimo, secondo la differenza dei Ministri. Mentre l’efficacia del Battesimo non dipende dai meriti del Ministro secondario, ma solo dall’efficacia oggettiva conferitagli dalla divina Istituzione. […]. (n. 34) Perciò chi attribuisce la Grazia al Ministro secondario divide Cristo in tante persone quanti sono i Ministri secondari».
Il problema, sollevato attualmente, dell’assistenza alla Messa tradizionale celebrata da tale o tal’altro Ministro, da questo o da quell’Istituto è analogo (“simile e dissimile”), non identico alla questione montanista/donatista dei Sacramenti conferiti dai Ministri buoni o cattivi moralmente (qui c’è una dissomiglianza tra i due problemi).
Mentre nella questione disputata attualmente tra “Neo & Vetero Tradizionalisti” si tratta di Ministri certi o incerti dottrinalmente (e qui c’è una certa somiglianza tra i due problemi, soprattutto quanto al giudicare – come aventi Autorità – chi ha la pienezza della dottrina cattolica e quanto all’obbligare quale Rito debba essere seguito)[16].
Infatti non è il Ministro o l’Istituto al quale appartiene il Ministro, che conferisce efficacia al Sacrificio della Messa o ai Sacramenti in genere, ma la divina Istituzione che rende il Rito oggettivamente confezionato soprannaturalmente efficace o conferente la Grazia santificante (qui c’è la somiglianza, non l’identità, tra i due problemi).
Quanto alla dottrina dogmatica solo il giudizio canonico e giuridico della Gerarchia sulla eterodossia grave del Ministro o del suo Istituto può stabilire quale Ministro o Istituto debba essere “vitando”. Non è il singolo sacerdote o un singolo Ordine che può portare una tale decisione vincolante. Al massimo si può consigliare o sconsigliare, facendo attenzione a non commettere un abuso di autorità, cadendo nel soggettivismo democraticista, secondo cui l’Autorità viene al singolo individuo dal basso.
Inoltre bisogna fare attenzione a non privare i fedeli della Messa tradizionale là ove ve ne è solo una dei due schieramenti (solo “vetero” o solo “neo Tradizionalisti”). Siamo Sacerdoti e non negozianti: se Cajo va a fare le compere al negozio di Cesare arreca danno al negozio di Tizio; invece se Sempronio va a Messa da don Antonio non arreca danno a don Petronio. Perciò il negoziante Tizio può desiderare che si vada a far spesa da lui e non da Cesare, ma don Petronio non ha nulla da perdere se un fedele si salva l’anima andando a Messa da don Antonio. Così i Domenicani non si turbano più di tanto se un fedele va a Messa dai Gesuiti, pur seguendo una scuola teologica assi diversa dalla loro.
In tempi catastrofici come questi (dal punto di vista dogmatico, morale, politico ed economico), bisogna fare il possibile per aiutare i fedeli ad avere i Sacramenti ed il Rito tradizionale, per vivere in  grazia di Dio e salvarsi l’anima, e non impedire loro di frequentarli. È facile per il Sacerdote tradizionalista dire: “fate così o colà, andate qui e non là”, perché lui ha la Messa tradizionale quotidianamente assicurata. Ma quanto ad un fedele che vive in una metropoli, in cui vi è una sola Messa tradizionale celebrata da un solo Istituto, sarebbe gravemente imprudente proibirgli di frequentarlo, poiché si ritiene, soggettivisticamente e dal basso, che l’unico Istituto totalmente buono sia il nostro.
Attualmente, grosso modo, ci sono tre partiti: 1°) i “Neo-Tradizionalisti” che, rivendicando la piena regolarità del loro stato canonico, dicono: “si può assistere solo alla Messa celebrata in piena comunione con il Vescovo del luogo”. Ma, in questo caso, sorge – praticamente e conseguentemente – il problema dogmatico dell’accettazione della continuità del Concilio Vaticano II con la Tradizione apostolica ed il Magistero tradizionale e costante della Chiesa ed inoltre  il problema della piena ortodossia del Novus Ordo Missae.  Però tali problemi dogmatici (la cui soluzione positiva o accettazione è richiesta dai Vescovi e dall’attuale Pontefice per concedere ed ottenere l’incardinazione) sono superiori e più importanti di quello canonico (che pur ha il suo peso e non va disprezzato) della piena comunione con il Vescovo del luogo (“sine Episcopo nihil faciatis”, diceva SANT’IGNAZIO D’ANTIOCHIA, Philadeph., VII, 1)[17]. Infatti, se per essere in accordo con il Vescovo, debbo favorire l’errore nella Fede, allora “bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli Uomini” (Atti, V, 29).
Poi ci sono 2°) i “Vetero-Tradizionalisti” che, rivendicando la “primogenitura” dottrinale sulla critica alla Nuova Messa ed al Concilio Vaticano II, dicono: “solo il tale Istituto, che sin dall’inizio ha denunciato le novità del Concilio Vaticano II, possiede la pienezza della dottrina cattolica. Quindi si deve andare solo alla Messa celebrata dai suoi Ministri”. Ora, come recita il proverbio, «ogni Sacerdote nell’omelia può dire almeno tre “eresie” materiali». Inoltre ogni Ordine o Istituto ha i suoi lati d’ombra o sfumature dottrinali. Per esempio i Domenicani, i Francescani e i Gesuiti seguono tre dottrine teologiche assai diverse tra di loro (Tomismo, Scotismo, Suarezismo). Ma sarebbe un abuso di potere, oltre che una mancanza di buon senso, se i Gesuiti (o i Domenicani o i Francescani) dicessero: “si può andare solo alla Messa celebrata dalla ‘Compagnia di Gesù’ (o dall’ ‘Ordine dei Predicatori’ o dai ‘Frati Minori’)”.
Solo la Chiesa gerarchica può emettere una sentenza che vieti l’assistenza alla Messa celebrata da un Ministro o da un Ordine religioso  (perché oggettivamente e gravemente eterodossi)[18]. Non dimentichiamo mai che l’ultimo giudizio vincolante spetta alla ‘Prima Sede’, la quale per volontà di Cristo si trova in Roma e specificatamente sul Colle Vaticano dove venne martirizzato e sepolto San Pietro sul quale soltanto poggia la Chiesa (volenti o nolenti, piacenti o spiacenti), alla quale sola è stata promessa l’indefettibilità, la perennità sino alla fine del mondo, l’infallibilità a certe determinate condizioni. Nessun Istituto può arrogarsi tali prerogative, neppure nella situazione di crisi nella Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II. Se lo facesse si trasformerebbe in una setta prendendo la parte (l’Istituto) per il tutto (la Chiesa).
La confusione dottrinale nella quale si naviga oggi non ha risparmiato nessuno e non si può veder chiaro a mezzanotte; umanamente parlando non si vede nessun “Francesco che ripari la Chiesa di Cristo”. Il Pastore è stato colpito ed il gregge è stato disperso. Nessun Istituto o Ordine può presumere di possedere la piena ed integra Verità dogmatica, morale e liturgica a scapito di tutti gli altri, che ne sarebbero totalmente o abbondantemente privi. Purtroppo anche nel Vertice della Chiesa si è “infiltrato il fumo di Satana”, come ha riconosciuto lo stesso Paolo VI. Quindi non ci si deve meravigliare dei nei di questo o quell’Istituto “vetero” o “neo-Tradizionale”. Non facciamo come il fariseo che salì a pregare al Tempio assieme al pubblicano ed iniziò a condannare tutti tranne se stesso, ma fu disapprovato da Dio. (Lc., XVIII, 9-14).
Qualcuno, infine, 3°) solleva il problema della validità della consacrazione nel Novus Ordo Missae. Ma tale problema non sussiste, poiché la sostanza della forma del Sacramento è rimasta e quindi se il Ministro, che celebra la Messa tradizionale, prende le ostie consacrate nel rito del Novus Ordo Missae per distribuire la Comunione ai fedeli, prende delle particole validamente consacrate, che hanno subìto quanto alla forma della Consacrazione una mutazione integrante, ma non essenziale.
Certamente il nuovo Rito della Messa – oggettivamente -  favorisce l’errore e l’eresia, ma non invalida in sé la presenza reale di Gesù nell’Ostia consacrata (cfr. S. TOMMASO D’AQUINO, S. Th., III, q. 78, a. 3)[19].
Sempre seguendo questa “terza pista” si arriva a considerare invalide le nuove Ordinazioni sacerdotali, le nuove Consacrazioni episcopali, i nuovi Sacramenti, lasciando i fedeli in balìa del “mondo, del demonio e della carne”. Si arriva a dire che le confessioni dei nuovi Sacerdoti sono invalide e si costringono i fedeli a restare senza assoluzione anche per lungo tempo … e così via. Si rischia, perciò, di fare come  “i Farisei, che impongono agli altri dei pesi gravi e difficili da portare, ma loro non li spostano neppure con un dito”  (Mt., XXIII, 4; Lc., XI, 46).
Non è quindi corretto e neppure lecito arrogarsi, dal basso e soggettivisticamente, l’Autorità (che viene da Dio) di dire, obbligando, che non si può assistere alla Messa tradizionale di tale Ministro o di tale Istituto, poiché solo i Ministri di un solo Istituto sarebbero atti a celebrare in maniera perfetta, in quanto porgono oltre alla Messa anche l’integra dottrina tradizionale. Lutero ha introdotto il soggettivismo nel Cristianesimo, ha eliminato la Gerarchia, presumendo che il suo fosse l’unico vero Cristianesimo, ma ha prodotto un cataclisma. “Da piccoli fiocchi di neve nasce una valanga”, dice il proverbio. Seguendo questa via si sa da dove si comincia e non si sa dove si arriva.
Prima di emettere sentenze definitive con conseguenze talmente devastanti per le anime dei fedeli, e per di più senza averne l’autorità, si rifletta che  la “suprema lex Ecclesiae” è la “salus animarum” e non il nostro interesse di campanile. Parafrasando il Vangelo si può dire: “cosa giova al Sacerdote se conquista tutti i fedeli del mondo e poi perde le loro anime?” (cfr. Mt., XVI, 26).
Non siamo così disumani da togliere agli uomini la suprema possibilità di salvarsi l’anima; non emettiamo leggi contrarie al bene supremo, ma aiutiamo le anime a salvarsi anche presso altri Sacerdoti o altri Istituti.
d. Curzio Nitoglia
21 settembre 2012

tratto da 

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