ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 14 settembre 2012

Lapsus freudiano? (..c.v.d.*)


L''insegnamento di Martini ispirato dai documenti conciliari

Carlo Maria Martini
Carlo Maria Martini

Pubblichiamo un intervento del costituzionalista, senatore (Pd) della Repubblica già presidente nazionale della Fuci dal 1985 al 1987

Stefano Ceccanti* Roma  
 Il ruolo svolto dal cardinal Martini nella Chiesa cattolica
Penso che potremmo ragionare a partire dalla costituzione conciliare Dei Verbum, in particolare col paragrafo 8 b. Parliamo di un uomo di Chiesa che ha tenuto presente costantemente la Parola di Dio collegandola alle parole degli uomini perché la comprensione della Tradizione, sotto la guida dei successori degli apostoli, cresce e progredisce sia con la meditazione della Parola sia con la condivisione dell'esperienza umana. La Tradizione, come verità di fede, è compiuta con l'insegnamento evangelico, ma ci sono comunque parole dell'esperienza umana che ne arricchiscono l'interpretazione, spesso liberandoci da tradizioni che ne hanno oscurato la forza propulsiva e che solo aparentemente fanno parte di essa. Bisogna spesso liberarsi dalle tradizioni per capire meglio la Tradizione. *

Il suo approccio teologico-ecclesiale
Qui potremmo utilizzare come spunto un'altra Costituzione del concilio Vaticano II, la Lumen Gentium, e in particolare i paragrafi 9 e 10 con l'insistenza sulla categoria Popolo di Dio e quella conseguente sul sacerdozio comune dei fedeli, sulla corresponsabilità di tutti i battezzati, che precede le distinzioni di ruoli e che consente anche un dialogo in cui il ruolo di ciascuno, specie quello dei credenti laici, non è compresso dal peso di chi ha, come i vescovi, il carisma della sintesi. Questo mi sembra l'insegnamento sia teorico sia pratico di Martini, come ci hanno ricordato in particolare alcune testimonianze tra cui quelle di Franco Monaco e don Virginio Colmegna.

 Le principali aperture rispetto alle posizioni consolidate
Più che inseguire singole posizioni puntuali su singole questioni ricondurrei il suo insegnamento alla piena valorizzazione delle coordinate di metodo di un'ulteriore Costituzione del Vaticano II, la Gaudium et Spes, consapevole che i cristiani non solo danno ma anche ricevono dal mondo che li circonda. Nella tensione tra Parola di Dio e parola degli uomini non si tratta di allinearsi al mondo ma di capire che, anche attraverso i segni dei tempi di oggi, quelli che apparivano princìpi sono spesso in realtà mediazioni parziali di quei principi, talora datate e meritevoli di aggiornamento.

In particolare in Occidente di fronte a vari mutamenti sociali e culturali, si pensi al prolungamento molto ampio dell'adolescenza, all'incrocio tra precoce maturazione sessuale e allungamento oggettivo dei tempi per una seclta matrimoniale, o al diverso ruolo extra-familiare della donna che si esprime anche in una scelta più selettiva e più meditata della maternità,  i credenti, in tutte le questioni relative a forme di libertà, di autodeterminazione, si trovano di fronte a dilemmi molto difficili. Per un verso rispetto a rischi di perdere il proprio ruolo di lievito ma per altro in obiettiva difficoltà rispetto a strettoie magisteriali di norme pensate per altri contesti del tutto diversi e non riproponibili se non a prezzo di far gravare sulle persone pesi talora disumani e quindi non evangelici.
In tali casi si preferisce spesso, di fatto, rassegnarsi a una doppia verità, ripetendo adesioni formali e discostandosene nei fatti, senza assumere esplicitamente la questione di un aggiornamento capace di rendere più vitali i princìpi. E' quello che i teologi morali propongono insistendo su un modello teleologico, che individua le finalità e le opzioni fondamentali da perseguire, valutando poi con ragionevolezza e proporzionalità le scelte degli strumenti possibili. Ciò rispetto alla riproposizione stanca di un astorico e aprioristico modello deontologico che distingue seccamente mezzi e strumenti giusti e sbagliati. O, se si vuole, per esprimerci con altre categorie, si tratta della scelta tra un'impostazione pastorale che include l'accoglienza delle persone e l'appello alla libertà della coscienza come momenti imprescindibili della presentazione delle istanze etiche ed evangeliche rispetto a una impostazione dottrinaria che si basa quasi esclusivamente sulla ripetizione di insegnamenti magisteriali, spesso senza spiegare neanche la loro gerarchia interna.   
Mi sembra che Martini abbia ben interpretato il modello teleologico e pastorale di aggiornamento, che non vuol dire meno di dottrinale, ma un modo diverso di trasmettere la dottrina, non dottrinario, se vogliamo esprimerci con un paradosso.

Il rapporto coi pontefici e con le istanze centrali della Chiesa
Anche qui, senza oscillare tra le visioni iper-conciliatoriste e irenistiche che negano differenze significative e quelle che all'opposto tendono a presentarlo come un antipapa, possiamo fare riferimento a un altro documento conciliare, alla "Dignitatis Humanae" sulla libertà di coscienza che ci ricorda che la verità si afferma solo nella libertà. Anche nella Chiesa. Anche per questo oggi ci troviamo a parlare di lui.

http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/martini-concilio-18129/ 

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