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venerdì 23 novembre 2012

All'università del Papa ora si studia anche Bruce Springsteen

CITTA' DEL VATICANO - Chissà se alle orecchie del Boss, come viene chiamato Bruce Springsteen, è già arrivata notizia che per la prima volta una università pontificia - la più antica e prestigiosa - ha dedicato una conferenza ai testi delle sue canzoni più famose.
Un brano tra tutti: «Jesus was an only son», le cui parole rispecchiano la profonda ricerca di spiritualità. E così ieri sera, tra le seicentesche mura della Gregoriana, l’ateneo retto dai Gesuiti, un gruppo di studiosi e di musicisti ha proposto al pubblico che affollava la nuova aula magna, un percorso di studi sulle radici spirituali americane. Antonio Zirilli, un mucisista romano, è anche salito in cattedra armato di chitarra per suonare alcuni brani del cantastorie statunitense, mentre sulla lavagna luminosa scorrevano le parole tradotte in italiano.

«Mentre saliva il Golgota/Maria Sua madre gli camminava al fianco/lungo la strada che si tingeva del Suo sangue/ Gesù baciò le mani di Sua madre/e sussurrò: Madre, ferma le tue lacrime». Tratta dall’album «Devils&Dust». L’idea di organizzare una conferenza su Springsteen è venuta a padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, antesignano della cyberteologia, all’associazione culturale Bombacarta, a padre Sandro Barlone, direttore del Centro Fede e cultura e Alberto Hurtado.

Titolo dell’incontro: «I believe in a Promised land - Le radici bibliche del rock di Bruce Springsteen», primo di una serie che proseguirà durante tutto l’anno accademico nell’ambito dei «Mercoledì della Gregoriana, Le sfide alla fede, le sfide della fede, alla scoperta delle risonanze bibliche nella musica del Boss». Gli organizzatori hanno spiegato che si è trattato di una scommessa nata dal desiderio di coinvolgere linguaggi diversi in un confronto creativo.

Negli anni passati sulla Civiltà Cattolica era uscito un dotto saggio sulla musica del musicista statunitense nella quale veniva fatto notare che dopo i drammatici eventi dell’11 settembre 2001 (ai quali seguì l’uscita di un album, The Rising) la ricerca musicale di Springsteen si era mescolata con interrogativi di fede. E nonostante la presenza di «alcune espressioni incompatibili con la speranza cristiana» e «qualche cedimento giovanile», scriveva padre Spadaro, l’artista aveva tratto ispirazione da figure, termini e simboli biblici, fino ad arrivare a comporre una invocazione a Dio.

«Per collocare nella giusta prospettiva il rock di Springsteen - ha spiegato Monda - si dovrebbe evocare la teologia di Karl Rahner, che parlava della notte inquietante che è la sola vera patria dell’uomo, una notte che il Boss attraversa camminando come un uomo, chitarra in mano verso la lucente oscurità di Dio». Una ricerca fatta tra musica e parole, narrando storie che oppongono il buio alla luce, la dannazione e la redenzione, la morte e la resurrezione.
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