ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 17 novembre 2012

Falsi profeti


MICKIEWICZ, FOGAZZARO, GALLARATI SCOTTI, RONCALLI, MONTINI & WOYTJLA -L’influsso del marranesimo sul modernismo
“Vogliamo tutti ordinare la nostra azione. Massoneria cattolica? Sì, Massoneria delle catacombe” (A. Fogazzaro, Il Santo, Milano, Baldini & Castoldi, 1905, p. 44).
“Bisogna lavorare a riformare il cattolicesimo romano in senso progressista e teosofico, mediante un Papa che si lasci convincere da queste idee” (Ib., p. 22).
L’influsso diretto del poeta polacco Mickiewicz[1] su Giovanni Paolo II è abbastanza conosciuto, mentre quello indiretto - tramite Gallarati Scotti - su Giovanni XXIII[2] e Paolo VI lo è molto meno.
In quest’articolo riprenderò e riassumerò ciò che già ho scritto riguardo a Mickiewicz e Wojtyla, e poimi soffermerò più diffusamente su Gallarati Scotti, sul lato occultistico di Fogazzaro, intimo amico del Gallarati,  e sull’amicizia di quest’ ultimo con  Roncalli e Montini. Il tutto per capire quale causalità abbia esercitato l’esoterismo cabalistico e massonico sul modernismo, sul neomodernismo e  soprattutto sul Concilio Vaticano II ed il postconcilio[3].

Mickiewicz “profeta” degli “Ebrei Fratelli  Maggiori dei Cristiani”

Per quanto riguarda Wojtyla e Mickiewicz basti sapere che “Giovanni Paolo II, la sera stessa della sua elezione [16 ottobre 1978], salutava Adam Mickiewicz […] testimone della fede e della libertà” (La Croix, 27 ottobre 1979). Il poeta polacco “fu un uomo molto vicino al Giudaismo […] si dice che avesse origini ebraiche. In ogni caso fu un filo-semita sincero”  scrive Actualité Juive (n. 592, 31 dicembre 1998, p. 25). Anzi egli aveva addirittura “profetizzato” poeticamente che gli Ebrei sarebbero stati riconosciuti in futuro e pubblicamente “Fratelli maggiori dei Cristiani”.
Infatti il cavallo di battaglia del pensiero poetico e profetico di  Mickiewicz è il concetto secondo cui “Israele è il Fratello maggiore dell’ Europa […], del quale fatto, purtroppo il mondo ha perso la tradizione”, che però - nella “profezia” del poeta polacco – è stata ritrovata (cfr. H. De Lubac, La posterité spiritelle de Joachim de Flore, Parigi, Lethielleux, 1981, II vol., p. 84; cfr. anche R. Buttiglione, Il pensiero di Karol Wojtyla, Milano, Jaca Book, 1982, p. 39, nota n. 8).
Come si può constatare, la tristemente famosa frase, che sorprese molti nel 1986, con la quale Giovanni Paolo II, nella sinagoga di Roma, salutò gli Ebrei Fratelli maggiori dei Cristiani deriva da Mickiewicz, il quale era vissuto circa cento anni prima (†1855) e più volte aveva definito gli ebrei “fratelli maggiori” (cfr. L. Quercioli Mincer, La contesa sulle origini ebraiche di Mickiewicz, in “La Rassegna  Mensile di Israel”, 1999, n. 1°, pp. 29-49; R. Ascarelli – K. Davidovicz, Along the road to Easu. Studies on Jakob Frank and Frankism, Arezzo, Bibliotheca Aretina, 2011).
Questa frase è stata peggiorata, in senso giudaizzante, da Benedetto XVI, il quale ha definito gli “Ebrei Padri dei Cristiani nella Fede” (Benedetto XVI, Luce del mondo, Città del Vaticano, LEV, 2010). Con il Pontificato di papa Ratzinger si è così passati  – in maniera molto soffice quanto al modo, ma molto radicale quanto alla sostanza – da “Ebrei Fratelli” a “Ebrei Padri” dei Cristiani. Il che è inconciliabile con il Vangelo, nel quale Nostro Signore Gesù ha rivelato riguardo agli Ebrei  che non hanno accettato il Cristianesimo: “voi avete per padre il diavolo” (Gv., VIII, 43). Ci sarebbe da osservare che, se con Wojtyla i “figli del diavolo” erano  nostri “Fratelli”, e quindi vi sarebbe una parentela solamente laterale con essi, che non avrebbe intaccato direttamente noi Cristiani; per Ratzinger essi sono addirittura i nostri “Padri” e perciò noi Cristiani avremmo una parentelaverticalmente e direttamente discendente con loro ed avremmo per “nonno” il diavolo, essendo figli dei “figli del diavolo”.
Purtroppo già da cardinale Joseph Ratzinger aveva scritto: “Compito del Popolo eletto è […] donare il loro Dio, il Dio unico e vero a tutti gli altri popoli, e in realtà noi Cristiani siamo eredi della loro Fede nell’unico Dio” (L’Osservatore Romano, 29 dicembre 2000, p. 1, “L’ eredità di Abramo dono di Natale”). Ora la Fede dei Cristiani non si limita all’unità di Dio, ma ha due misteri principali rivelati da Dio, che né gli ebrei né i mussulmani (che molto hanno preso dal giudaismo) accettano: 1)la Santissima Trinità: nell’ unica Natura divina vi sono Tre Persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo; 2) Incarnazione, passione e morte del Figlio, fatto uomo nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo.
La fede dell’Ebraismo incredulo è una fede deviata dalla fede di Abramo o dei cristiani (‘perfidiam’ da ‘per’ = deviata, ‘Fidem’ = Fede). Se fosse vera, il Cristianesimo sarebbe un’ idolatria (un uomo di nome Gesù adorato come Dio dai Cristiani) ed un politeismo (Tre Persone non divine in una Natura non divina, adorate come divine nell’Unità della Natura divina).
Il marranesimo di Frank
“Mickiewicz testimonia chiaramente la sua discendenza frankista [da parte materna, nda] […]. Le origini frankiste di Mickiewicz erano ben note alla comunità ebraica di Varsavia […] anche i genitori della moglie del poeta provenivano entrambi da famiglie frankiste” scrive l’Encyclopedia Judaica(voce Frank Jacob, Jerusalem, 1971). Ma cos’è il Frankismo?
Jacob Frank (†1791) era un marrano, cioè un ebreo apparentemente fattosi cattolico. Può essere considerato un precursore del modernismo, in quanto come i modernisti non volle uscire pubblicamente dalla Chiesa, ma restare apparentemente in essa, pur non condividendone interiormente il Credo, e ciò per cambiarla dall’interno. Lo storico Arthur Mandel cita la seguente frase di Frank: “noi dobbiamo accettare esteriormente la religione cristiana per sembrarein pubblico, cristiani […] tuttavia non dobbiamo mischiarci con i veri cristiani” (A. Mandel, Il Messia militante, Milano, Arché, 1984, p. 84). A sua volta Frank si ricollegava al falso messia Shabbataj Zevi[4] (†1676), fondatore del Sabbatianesimo e del quale Frank asseriva di essere la reincarnazione.
Il Frankismo, che ha influenzato direttamente Mickiewicz e Giovanni Paolo II, non è morto nel XVIII secolo con Jacob Frank († 1791), ma dura ancora ai giorni nostri. Infatti lo studioso polacco Jan Doktòr nel 2008 ha scritto: “qualche anno fa ho incontrato a Varsavia Jan Kaplinski […], un discendente del genero di Jacob Frank. Egli mi ha detto di aver incontrato qui dei discendenti di altre famiglie frankiste” (J. Doktòr, Il Frankismo e le sue metamorfosi, in “Un ebreo resta sempre un ebreo”. Vicende dell’Ebraismo e del Messianesimo nella cultura polacca, a cura di L. Qercioli Mincer, Arezzo, Bibliotheca Aretina, 2008).
“La strategia di Frank consisteva nel tentativo di convincere i ‘sabbatiani’ [ i seguaci di Shabbataj Zevi, nda] dell’Europa orientale a convertirsi[apparentemente, nda] al Cristianesimo. […]. Frank si mise a capo di un vasto gruppo di ‘sabbatiani’, riuscendo a convincere, nel 1759, un consistente numero di ebrei a convertirsi [apparentemente e non realmente, nda] al Cristianesimo” (Pawel Maciejko, Falsi messia e veri ciarlatani, inAlong the road to Esau …, cit., Arezzo, 2011, pp. 88-89).
La storia ci mostra come il tentativo di giudaizzare il Cristianesimo è stato iniziato sin dai primi tempi (v. Concilio di Gerusalemme, 50 d. C.), èproseguito nel corso dei secoli - tramite le prime grandi eresie Trinitarie e Cristologiche - è scoppiato con la vicenda dei Marrani in Spagna espulsi nel 1492, ha ripreso vigore con Sabbataj Zevi e Frank (XVII-XVIII sec.) e, tramite Mickiewicz (Ottocento) ed il modernismo classico del primo Novecento (Gallarati Scotti e Fogazzaro), è penetrato - con il neomodernismo della seconda metà del Novecento - in ambiente ecclesiale (Roncalli, Montini, Wojtyla e Ratzinger) e sembra aver trionfato nella battaglia attuale, anche se non può vincere la guerra definitiva, data la promessa di Gesù: “Le porte dell’Inferno non prevarranno!”.

Gallarati Scotti: la “consolazione” del Vaticano II
Per quanto riguarda Gallarati Scotti, che ha influito su papa Roncalli e papa Montini, si sa che anch’egli stimava e conosceva il pensiero frankista di Mickiewicz ed era ammaestrato nell’occultismo da Fogazzaro. Infatti Nicola Raponi (dell’Università Cattolica di Milano) nel Dizionario Storico del Movimento Cattolico in Italia 1860-1980 diretto da F. Traniello – G. Campanini (voce Gallarati Scotti, Torino, Marietti, vol. II, I Protagonisti, 1982, pp. 215-222) scrive che Tommaso Fulco Gallarati Scotti († 1966) fu “l’esponente di primo piano del pensiero cattolico liberale, ch’egli accentuò in senso fortemente democratico” (Ibidem, p. 215). Il Gallarati è famoso soprattutto per essere stato il maitre à pénser del giovane Giovanni Battista Montini, divenuto nel 1963 papa Paolo VI (†1978), ed amico intimo del di lui padre.
Gallarati Scotti non solo era un cattolico liberale, appartenente a quella categoria filosofica condannata costantemente da Gregorio XVI (†1846) sino a Pio XII (†1958), ma per di più era un estremista del cattolicesimo liberale, corretto con un pizzico di modernismo. Infatti, oltre ad aver “corretto il cattolicesimo liberale in senso fortemente democratico” (Ivi), ossia con il modernismo sociale, egli conobbe “filosofi e studiosi come Blondel, Laberthonnière, Loisy[5], Tyrrel, Duchesne, Sabatier […] e sin dal 1898 s’era incontrato con il Fogazzaro e tra i due si stabilì presto un rapporto che […] fu da amico ad amico. […]. Il pensiero di Gallarati Scotti deriva da un profondo inserimento nella tradizione risorgimentale […] per il contributo di uomini come Rosmini[6] e Gioberti […]. Durante gli anni dell’università Gallarati Scotti era entrato in relazione con non pochi giovani intellettuali che partecipavano al moto di rinnovamento culturale religioso e politico [il modernismo, nda] del mondo cattolico: G. Salvadori, G. Genocchi, R. Murri, S. Minocchi, E. Buonaiuti. […]. Gli anni successivi alla laurea furono un periodo di grande attività […]; studia gli scrittori del Risorgimento: Gioberti e Mazzini, segue le lezioni di filosofia rosminiana. […]. Il suo itinerario spirituale ed intellettuale non andò esente da difficoltà e da momenti di crisi, acuiti dal contrasto con taluni maestri di gioventù come Achille Ratti [il futuro Pio XI] e dalle critiche della Civiltà Cattolica. […]. Il suo contributo più originale è nella sintesi che egli riesce ad operare tra il patrimonio della tradizione cattolico-liberale e le istanze dei giovani democratico-cristiani da una parte, e del riformismo religioso  dei modernisti dall’altra. Nell’estate del 1905 si colloca anche l’incontro del Gallarati Scotti con Marc Sangnier e gli ambienti del Sillon a Parigi [….]” (Ib., pp. 216-217). Questo movimento sarà condannato nel 1910 da S. Pio X.
Per quanto riguarda Mickiewicz, all’inizio del 1907 Gallarati Scotti diede vita alla rivista Il Rinnovamento, “una delle voci più autorevoli ed elevate del movimento modernista” (Ib., p. 218). Su tale rivista egli pubblicò alcuni articoli tra i quali colpisce “Una pagina di Mickiewicz”. Nicola Raponi commenta: “nel saggio su Mickiewicz egli sottolineava i motivi religiosi ed il carattere profetico del poeta e patriota polacco” (Ib., p. 218). Ora la “profezia” di Mickiewicz sugli Ebrei, come già visto, riguardava la loro primogenitura rispetto ai Cristiani, che sarebbe stata riconosciuta anche da quest’ ultimi.
Verso la fine della sua vita – scrive il Raponi – Gallarati Scotti “ebbe la soddisfazione di godere della benevolenza e dell’amicizia di papa Giovanni e del cardinal Montini” (Ib., p. 221). Veramente l’amicizia con Montini era di vecchia data: il futuro Paolo VI, da giovane Sacerdote, era l’unico ecclesiastico che frequentava il salotto modernista di Gallarati Scotti. Quanto alla “soddisfazione” di quest’ultimo, L’ Osservatore Romano del 7 luglio 1976, a dieci anni dalla sua morte, scriveva: “Negli ultimi anni, una grande consolazione gli venne dal Concilio Vaticano II perché sentì che le amarezze provate da giovane [modernista] non erano state sofferte invano: la Chiesa si avviava per un cammino aspro e difficile, in cui però tante cose, allora auspicate, divenivano realtà viva”. Come dubitarne? È L’Osservatore Romano, sotto Paolo VI, a confessarlo: il Vaticano II, ha aperto non tanto al mondo quanto al modernismo.

Gallarati Scotti e Fogazzaro
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[1] A. Mickiewicz, Scritti politici, a cura di M. Bersano Begey, Torino, Utet, 2ª ed. 1965.
[2] Giovanni XXIII assieme al card. Augustin Bea e al membro del Bené Berith (la Massoneria ebraica) Jules Marx Isaac ha iniziato la revisione dell’ insegnamento cattolico tradizionale sull’ Ebraismo talmudico nel 1960; la revisione è sfociata nella Dichiarazione conciliare Nostra aetate del 28 ottobre 1965, promulgata da Paolo VI (cfr. C. Nitoglia, Gnosi e Gnosticismo, Paganesimo e Giudaismo, Brescia, Cavinato, 2006, pp. 59-124).
Si legga, inoltre, la preghiera del Venerdì Santo “Oremus pro Judaeis” del Messale Romano riformato da Paolo VI nel 1970: “Preghiamo per gli Ebrei: il Signore Dio nostro, che li scelse primi tra tutti gli uomini ad accogliere la sua parola, li aiuti a progredire sempre nell’ amore del suo nome e nella fedeltà alla sua Alleanza. Dio onnipotente ed eterno, che hai fatto le tue promesse ad Abramo e alla sua discendenza, ascolta la preghiera della tua Chiesa, perché il popolo primogenito della tua Alleanza possa giungere alla pienezza della Redenzione”.
Non una sola parola sulla sostituzione della Nuova ed Eterna Alleanza all’ Antica Alleanza, anzi si lascia intendere che l’Antica Alleanza sia ancora in vigore e che gli ebrei, che non hanno creduto in Gesù Cristo persevirino nell’ «amore» a Dio che li prescelse e nella «fedeltà alla Sua alleanza». Questa preghiera di Paolo VI è stata poi ripresa ed esplicitata da Giovanni Paolo II nel 1980 a Magonza nel suo discorso su “il popolo dell’Antica Alleanza mai revocata”. Il discorso di Giovanni Paolo II era già contenuto nella Preghiera di Paolo VI e questa in Nostra aetate.
[3] Per quanto riguarda il Novus Ordo Missae promulgato da Paolo VI nel 1970, il mensile “30 Giorni” vicino a “Comunione e Liberazione” (n. 6 del 1992 non esitava di titolare apertamente: “La Massoneria e l’applicazione della Riforma liturgica”. Inoltre il mensile conteneva all’interno un “dossier liturgia” di 16 pagine a cura di Andrea Tornielli, in cui l’Autore citava la famosa lettera che il 14 luglio del 1964 il Gran Maestro della Massoneria del Grand’ Oriente d’Italia inviò a mons. Annibale Bugnini (chiamato in codice “Buan”), che fu l’estensore materiale della Messa riformata formalmenteda Paolo VI. La lettera invitava Bugnini a “diffondere la scristianizzazione  mediante la confusione dei riti e delle lingue” (Ib., p. 43). A questa lettera, sempre secondo l’articolista Tornielli, il Bugnini avrebbe risposto il 2 luglio del 1967.
Come si vede, la deriva massonica della nuova Messa di Paolo VI è cosa ammessa comunemente anche in ambiente “conciliare”. Infatti è nota a tutti la filiazione di “CL” da Hans Urs von Balthasar, De Lubac e Joseph Ratzinger, che nel 1971 dettero via alla rivista “Communio” (diretta in Italia da mons. Rino Fisichella e dal card. Angelo Scola) il cui modernismo mitigato rivaleggiava con il modernismo radicale della rivista “Concilium” fondata e diretta da Karl Rahner durante il Concilio Vaticano II.
[4] Cfr. C. Nitoglia, L’Esoterismo, Verrua Savoia (TO), CLS, 2002, p. 116; sul marranesimo ebraico cfr. anche C. Roth, Storia dei Marrani, Milano, Serra e Riva, 1991; L. Poliakov, Storia dell’antisemitismo, Firenze, La Nuova Italia, 1974, vol. II; sul “marranesimo” dei Protestanti cfr. C. Ginzuburg, Il nicomedismo. Simulazione e dissimulazione religiosa nell’Europa del ‘500, Torino, Einaudi, 1970; D. Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento,Firenze, 1939; sul “marranesimo” dei Modernisti cfr. A. Besnard, Les Religions. Les dictionnaires du savoir moderne, voce Modernisme, a cura di J. Chevalier, Parigi, 1972.
[5] Per Alfred Loisy “Gesù ebreo è la formula magica e non dogmatica per capire il vero Cristianesimo” (R. FONTANA, Aimé Pallière. Un “cristiano” a servizio d’Israele, Milano, Ancora, 2001, p. 107). Anche qui “nihil sub sole novi!
[6] La Civiltà Cattolica (1920, n. 3, pp. 64 ss.) rimproverò a Gallarati Scotti “il rosminianesimo e il liberalismo cavouriano” (N. Raponi, cit., p. 220).
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