ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 5 dicembre 2012

NUOVA EVANGELIZZAZIONE E NEGAZIONE DELLA TRASCENDENZA


CARD. PIETRO PALAZZINI: 


Pontifex.RomaCome si è potuto arrivare alla perdita, anzi, alla negazione del senso di peccato? Si tratta di un processo graduale della cultura moderna, il quale ha portato a cancellare la nozione di peccato: questo processo va di pari passo con la negazione della trascendenza. Il filosofo J.P. Sartre (“L’exsistencialisme est un humanisme”, Parigi 1946, pp. 34 ss.) indica i passi che si sono fatti per giungere a questa radicale negazione di peccato.
«Quando nel secolo scorso i professori francesi cercavano di costruire una morale laica dissero: “Dio è una ipotesi inutile e costosa, sopprimiamola”. Tuttavia è necessario che vi sia una morale, è necessario che si prendano sul serio certi valori che esistono a priori. È necessario essere onesti, non mentire, non maltrattare la moglie. Questi valori esistono, benché non esista Dio. L’esistenzialismo pensa invece che con lo scomparire di Dio scompaiano i valori morali. Questi valori non possono esistere in sé, ...
... se non vi è una coscienza a pensarli e sostenerli. Lo aveva già detto Dostojewsky: “Se Dio non esiste, tutto ci è permesso!”» (cfr “I demoni”, in “L’ateismo contemporaneo”, a cura della Facoltà di filosofia della Pont. Univ. Sales. di Roma, III, Torino 1969, p. 205).
Il processo di negazione della morale e quindi del peccato in questa pagina è detto in modo lucido ed espressivo. Ma si può risalire, volendo, anche più a monte.
Come è noto, il principio basilare della filosofia moderna è quel cogito della soggettività umana, messo a fondamento della verità. Per questo l’ateo Sartre si è dichiarato coerente interprete del suo conterraneo Cartesio. Partendo dai principii di soggettività di Cartesio, da questo momento teorico speculativo si è sviluppato il conseguente processo pratico, costituito da tutta un’opera di erosione del sacro e del mistero, operata man mano in tutti i campi: filosofia, arte, letteratura, tecnica, scienza, politica, fino alla desacralizzazione radicale che porta ad eliminare quanto delle azioni umane, del tempo e dello spazio è direttamente volto al culto di Dio, sottraendolo alle attività ed agli impegni terreni.
Tutto parte da là: la negazione del trascendente.
Si può parlare in senso proprio di peccato, com’è ovvio, soltanto in una filosofia di struttura teoretica e personalistica, fondata sulla trascendenza, la quale garantisce non soltanto l’originalità dell’azione umana, ma soprattutto la sua “imputabilità” di fronte all’“Assoluto”. Tale imputabilità presuppone alcune determinazioni metafisiche fondamentali sia rispetto a Dio, come rispetto allo spirito finito e all’uomo in particolare.
Il senso di peccato è, poi, connaturato al concetto di religione e di mistero, non per una semplice nozione astratta del male e della colpa, al quale giunge anche la filosofia, ma come autentico senso di peccato, per via trascendentale e per via immanente. Per via trascendentale, perché c’è un Dio personale e trascendente, dal quale l’uomo dipende; per via immanente, perché c’è stata una “Incarnazione” e una “Redenzione”, appunto per il “peccato” dell’uomo, causa della nascita e della morte del Cristo, Figlio di Dio. Come si è detto all’inizio tutto il fondo teologico della Rivelazione consiste in queste due grandi idee; l’esistenza del peccato e la redenzione da esso. Tutta l’opera di Cristo è in questo senso di “giustizia” e di “giustificazione”.
Il peccato infatti è il rovescio, o meglio, è la morte della rigenerazione soprannaturale, sorgente di una morale tutta filiale che è quella del Vangelo. Perciò è giusto anche dire che il mistero del peccato trova la sua piena spiegazione solo nella Rivelazione cristiana.
L’idea del peccato, infatti, come quella della carità, è una delle idee cristiane del tutto originale, anche se confusamente elaborata nella tradizione giudaica. A tal riguardo è abbastanza conosciuto il testo di Kierkegaard: «Il concetto che stabilisce una differenza radicale di natura tra cristianesimo e paganesimo, è il peccato, la dottrina del peccato...».
Il peccato come “colpa» deliberata, di cui il singolo è veramente responsabile, ha ricevuto la sua piena chiarezza solo nella religione biblica rivelata, la quale insegna che prima radice di ogni peccato è stata la caduta volontaria e colpevole della prima coppia umana: e che la riparazione di questa colpa è stata compiuta da parte di Gesù Cristo, Verbo eterno incarnato nel tempo per la salvezza del mondo.
dal Card. Pietro Palazzini (Piobbico, 19 maggio 1912 – Roma, 11 ottobre 2000)
da Chiesa Viva - Dicembre 2012 - ANNO XLII - N° 455

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.