ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 5 dicembre 2012

Spes contra spem


Pontifex.Roma
Yves Congar, uno dei principali teologi conciliari, vide nel Vaticano II la fine della “Chiesa costantiniana” e nel Concilio stesso “un nuovo ‘89”. La maggioranza conciliare quindi, volle scientemente - plaudendo alla Rivoluzione fino ad allora promossa dai nemici della Chiesa - mettere fine alla Cristianità, all’epoca nella quale il Sacerdozio e l’Impero, pur tra mille difficoltà, riconoscevano come propria legge il Vangelo e collaboravano al Regno di Cristo e alla salvezza delle anime redente dal Suo Sangue prezioso.
Se quindi il terminus ad quem della Cristianità può essere fissato alla fine del pontificato di Pio XII, ed il suo apogeo nei secoli che vanno da San Gregorio VII a Bonifacio VIII, il terminus a quo, il punto d’inizio, come l’esprime il termine stesso, ci rimanda ai tempi di Costantino e dell’Impero romano divenuto cristiano. In questo 2013 commemoriamo i 1700 anni dal cosiddetto “Editto di Milano”, col quale gli Imperatori Costantino e Licinio misero ...
... fine anche in Oriente alle persecuzioni contro i cristiani. I due Cesari, per assicurare “la riverenza per la divinità”, concedevano “tanto ai cristiani che a tutti gli uomini, la religione che ciascuno preferisse così che, qualunque divinità ci sia nella sede celeste, questa possa essere soddisfatta ed essere benevola nei nostri confronti così come nei confronti di tutti coloro i quali sono stati posti sotto il nostro potere”. Paolo VI vide in queste parole un’anticipazione della “libertà religiosa” insegnata dal Vaticano II (“esempio al mondo di libertà religiosa”, sta scritto nella lapide commemorativa posta nella chiesa di San Giorgio al Palazzo a Milano, che data del 1978), e non avrebbe avuto torto senza l’avvenimento del 28 ottobre 312, e senza i fatti che, coerentemente, seguirono “l’Editto di Milano”.
Non era la prima volta, infatti, che lo stato romano accordava ai cristiani il diritto di esistere (così Gallieno nel 260, e lo stesso Galerio, il vero ispiratore della persecuzione detta di Diocleziano - la più terribile di tutte - durata dal 303 al 311, che concesse con l’editto di Nicodemia del 30 aprile 311, sottoscritto da Costantino e Licinio e da loro confermato poi a Milano, la libertà di culto ai cristiani). La libertà religiosa per tutti, quindi, non fu espressione di fede cristiana, ma di un paganesimo che addiveniva a più miti consigli e includeva anche i cristiani nel suo sincretismo, così confermerà più tardi l’esempio di Simmaco. Ma se il pagano Licinio vedeva nel suo rescritto del 313 una semplice conferma di quello del 311, non così Costantino.
La vittoria da lui riportata a Saxa rubra, nella battaglia di Ponte Milvio, il 28 ottobre del 312 contro le truppe dell’usurpatore Massenzio, grazie al nome di Cristo (il Labarum o Chrismon) posto sugli stendardi e sugli scudi del suo esercito, gli avevano fatto capire che solo nel segno della Croce avrebbe avuto la vittoria: in hoc signo vinces; la promessa fu confermata dai fatti nel 324 quando sconfisse Licinio che si era levato contro di lui in nome degli dèi pagani. La domenica divenne allora giorno festivo (321), e poco a poco la legislazione iniziò ad ispirarsi al Vangelo. Il processo iniziato con la battaglia del Ponte Milvio ebbe il suo coronamento con la vittoria di Teodosio al Frigido nel 393 contro le truppe di un altro usurpatore, truppe che avanzavano sotto le insegne di Ercole e di Giove. Tra le due date (312-393) la Chiesa aveva dovuto vincere tante battaglie: quella contro l’eresia ariana in nome della fede trinitaria proclamata a Nicea (325); quella degli scismi donatisti e novaziani; quella contro i nemici esterni alleati tra loro, il giudaismo e il paganesimo, che sembrarono risorgere sotto l’effimera meteora dell’Apostata (non a caso oggetto dell’ammirazione del rabbino Di Segni, il quale tributa invece a Costantino tutto il suo disprezzo).
Ma neanche settant’anni dopo Ponte Milvio e l’Editto di Milano, la Chiesa Cattolica e Romana era dichiarata dall’Imperatore Teodosio l’unica Chiesa riconosciuta in tutto l’Impero: “Tutti i popoli (Cunctos populos) che sono retti dalla moderazione della nostra clemenza, vogliamo che restino fedeli a quella religione che la tradizione afferma che sia stata trasmessa dal divino Apostolo Pietro ai Romani e a partire da lui insegnata fino a oggi, e che è chiaro che è seguita dal Pontefice Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, uomo di santità apostolica, e cioè che crediamo, secondo la disciplina apostolica e la dottrina evangelica, una sola divinità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, sotto una pari maestà e una pia Trinità. Ordiniamo che il nome dei cristiani cattolici abbracci coloro i quali seguono questa legge, mentre giudichiamo che gli altri, pazzi e insensati, sopportino l’infamia legata al dogma ereticale e che le loro conventicole non possano ricevere il nome di chiese: esse devono essere punite in primo luogo dalla vendetta di Dio e poi anche dalla nostra volontà, che noi riceviamo da una decisione del Cielo” (editto di Tessalonica, 27 febbraio 380).
Invano il senatore pagano Simmaco, prefetto di Roma, nell’affare della statua della Vittoria che egli voleva fosse reintrodotta nel senato, invocò la tesi della pluralità delle vie con le quali è possibile pervenire al mistero divino e la tolleranza verso tutti i culti: “Dobbiamo riconoscere che tutti i culti hanno un unico fondamento. Tutti contemplano le stesse stelle, un solo cielo ci è comune, un solo universo ci circonda. Che importa se ognuno cerca la verità a suo modo? Non si può seguire una sola strada per raggiungere un mistero così grande”.
Sant’Ambrogio rispose ricordando all’Imperatore (Valentiniano II) che uno solo era il Dio e una la Verità che l’Imperatore doveva far rispettare, per cui non doveva tollerare neppure quell’ultimo vestigio dei culti pagani proprio nel luogo simbolico del potere romano: il Senato. L’ara della Vittoria non ebbe mai più i sacrifici del Senato Romano. Così, Sant’Ambrogio contro i pagani, i giudei, gli eretici e Sant’Agostino contro gli scismatici, e gli altri Padri e Vescovi del IV secolo, invocarono tutti l’appoggio dello Stato, delle leggi e perfino del braccio secolare in favore della vera religione, e contro i culti pagani, eretici e scismatici, e il pericolo giudaico.
I cristiani dunque da perseguitati divennero persecutori? Risponde e spiega S. Agostino: “se dunque vogliamo riconoscere e proclamare la verità, v’è una persecuzione ingiusta inflitta dagli empi alla Chiesa di Cristo e v’è una persecuzione giusta inflitta agli empi dalle Chiese di Cristo. Beata pertanto è questa che soffre la persecuzione a causa della giustizia; miserabili al contrario essi che subiscono la persecuzione a causa dell’ingiustizia. La Chiesa pertanto perseguita spinta dall’amore, quelli invece spinti dal furore; questa per farli ravvedere, quelli per distruggere; questa per distogliere dall’errore, quelli per precipitare nell’errore…”. Non vi è libertà, se non nella verità; la “libertà” dell’errore è il delirio della libertà della perdizione. I Padri della Chiesa non videro pertanto nei martiri cristiani dei martiri del diritto alla libertà religiosa (come insegna Ratzinger), ma dei martiri della vera fede.
La Chiesa così facendo si sottomise al potere mondano e politico? I cristiani che nel 311 soffrirono per la fede, divennero tutti, pochi anni dopo, traditori dello spirito evangelico? La fine della “Chiesa costantiniana” con la svolta conciliare ha ridato alla Chiesa la libertà evangelica tradita allora dai Padri? È vero il contrario. Se è vero che Costantino e successori hanno anche tante ombre e che in Oriente poco a poco nacque una chiesa di corte che sfociò nello scisma e nel “cesaropapismo”, è altrettanto vero che la Chiesa Romana ricordò sempre a Cesare che l’Imperatore è nella Chiesa, non sopra la Chiesa: lo ricordò a Teodosio Sant’Ambrogio, costringendo il Cesare a penitenza, o a rivedere le sue decisioni. La cosiddetta “chiesa conciliare” al contrario, dimentica della regalità di Cristo, è sempre più umiliata e sottomessa ai potenti di questo mondo, e allo spirito del mondo, avendo fatto proprio, secondo le parole di Paolo VI, il “culto dell’Uomo”. Proprio i fautori della “libertà religiosa” hanno vergognosamente abdicato alla libertà evangelica di fronte ai poteri e alle massime mondane del mondo moderno.
Che ogni giorno del 2013 sia per i cattolici di oggi un’occasione per rinnovare la propria militanza sotto i vessilli di Cristo Re, contro l’empietà dell’ateismo e dell’agnosticismo, la laicità di stato, la perfidia giudaica, l’eretica pravità, la setta maomettana, il rinato paganesimo e le sue tenebrose logge massoniche, e qualunque altro errore che danna le anime nell’altra vita, e mina la società nella presente.
Editoriale del calendario 2013 della rivista Sodalitium. Per chi non è abbonato alla rivista e desidera riceverlo, scrivere a: info@sodaltium.it
segnalazione Centro studi Giuseppe Federici
http://federiciblog.altervista.org/   
http://www.centrostudifederici.org/  

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