ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 2 gennaio 2013

ANCORA SULL’APPOGGIO A MONTI


 Un articolo dell’”Osservatore Romano” del 27 dicembre, nel quale la candidatura di Monti viene definita “espressione di un appello a recuperare il senso più alto e più nobile della politica” e una successiva intervista del presidente della CEI e arcivescovo di Genova, cardinale Bagnasco, che loda “l’onestà e la capacità” del candidato premier, sono stati interpretati dalla stampa come un “endorsement” del Vaticano in favore del presidente del Consiglio uscente.
Questo fatto ha gettato nello sconcerto non pochi cattolici italiani, che si domandano se si tratti di pronunciamenti ufficiali della gerarchia o di opinioni di alcuni esponenti del mondo ecclesiastico italiano.
Se è vero che gli articoli pubblicati sul quotidiano della Santa Sede sono sottoposti al preventivo vaglio della Segreteria di Stato vaticana, è pur vero che l’articolo del 27 dicembre non è stato redatto da un ecclesiastico ma è l’espressione di un’opinione del notista politico del giornale vaticano Marco Bellizi. Quanto alle dichiarazioni del presidente della CEI, peraltro piuttosto generiche, esse sono state rilasciate nel corso di una intervista estemporanea fatta per strada.

Non si tratta, quindi, in entrambi i casi, di pronunciamenti ufficiali gerarchici, ma solo e soltanto di opinioni personali. Lo testimonia, tra l’altro, l’articolo del “Corriere della Sera” del 31 dicembre, che titola: “Quei dubbi nella Chiesa dopo il sostegno al premier” e, nell’occhiello: “Le parole della Cei, i silenzi del cardinale Scola, le perplessità di Ruini”.
Peraltro, un pronunciamento ufficiale della gerarchia presupporrebbe un attento esame dottrinale, mediante un corposo documento, della “agenda” del candidato premier e, comunque, sarebbe difficile immaginare un intervento in favore di una persona e di un programma che di cattolico hanno ben poco, se non la partecipazione alla messa domenicale.
Come coniugare con la dottrina sociale cattolica il programma di liberalizzazioni, comune ai due principali contendenti delle prossime elezioni politiche, fondate, in fin dei conti, sul pensiero liberista e, quindi, illuminista, degli economisti della cosiddetta scuola austriaca, rivisitato, nel caso di Monti, dal keynesianesimo del suo maestro James Tobin ? [1]
Di comunanza tra i programmi dei due esponenti politici parla anche Eugenio Scalfari, che nel suo editoriale domenicale su “la Repubblica” del 30 dicembre, scrive: “Tra l’agenda Bersani e quella Monti non vedo grandi differenze, anzi non ne vedo quasi nessuna…”.
Se tra il programma di Monti e quello di Bersani non c’è alcuna differenza, allora perché prendere posizione in favore di Monti? In nome di che?
Né va dimenticata la formazione scientifica del presidente del Consiglio appena dimissionario.  Dopo il liceo dai gesuiti dell’Istituto milanese Leone XIII e la laurea in economia alla Bocconi, Monti, nella seconda metà degli anni 60, partì per New Hawe, Connecticut, per una specializzazione presso la prestigiosa università privata di Yale, fondata nel 1701 da puritani e calvinisti e alla quale si poteva accedere solo dietro potenti raccomandazioni. Pare che il patrono di Monti, in quell'occasione, sia stato Raffaele Mattioli, amministratore delegato della laicissima Comit, banca fondata nel 1894 dai finanzieri ebrei Otto Joel e Federico Weil.
Da allora è stato un percorso tutto in salita, non nel senso di faticoso, ma di continua ascesa, culminato, appunto, nell'attuale “salita in politica”.
Non è solo la carriera accademica di Monti, iniziata nel 1969 come professore ordinario presso l'Università degli Studi di Trento e coronata, nel 1994, dalla carica di presidente dell'Università Bocconi di Milano, ad essere interessante, ma anche il suo percorso nel mondo dell’alta finanza e delle lobbies politico affaristiche internazionali. Nel 1988 diviene membro del consiglio di amministrazione della Fiat Auto S.p.A. e della Banca Commerciale Italiana. Tra il 2005 e il 2008, è stato il primo presidente del Bruegel, un comitato di analisi delle politiche economiche, fondato a Bruxelles nel 2005 e attualmente presieduto da Jean Claude Trichet, governatore della Banca Centrale Europea fino al 1.11.2011. Nel 2010 è divenuto presidente europeo della Commissione Trilaterale, un “serbatoio di pensiero” di orientamento neoliberista e supercapitalista fondato nel 1973 da David Rockefeller, e membro del comitato direttivo del Gruppo Bilderberg, altro “think-tank” del genere Trilaterale. Tra il 2005 e il 2011 è stato international advisor per Goldman Sachs e precisamente membro del Research Advisory Council del Goldman Sachs Global Market Institute presieduto dalla economista statunitense Abby Joseph Cohen. È stato inoltre advisor della Coca Cola Company, membro del "Senior European Advisory Council" di Moody's ed è uno dei presidenti del "Business and Economics Advisors Group" dell'Atlantic Council.
Anche se dagli incarichi apicali rivestiti nella Commissione Trilaterale e nel Gruppo Bilderberg si è dimesso dopo la sua nomina a presidente del Consiglio, è difficile immaginare come Monti possa sottrarsi alle pressioni, dirette e indirette, provenienti da un tale mondo e dalle associazioni internazionali super capitalistiche, alcune di carattere segreto, settario e massonico, di cui ha fatto e fa ancora parte. Proprio in questi giorni, nel discorso per la giornata della pace a Capodanno, Benedetto XVI ha condannato la “mentalità egoistica e individualistica espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato”.
Un’ultima domanda, infine, ci si deve porre. Se la candidatura Monti si rivelasse un “flop” elettorale, come i sondaggi lasciano presagire, cosa ne sarebbe dell’immagine di chi per questa candidatura si è tanto, e forse troppo, secondo i canoni della tradizionale prudenza ecclesiastica, speso?

 di Stefano Nitoglia

[1] Sul tema cfr. il mio “Convergenze e divergenze, e scelta dei cattolici”, in “Riscossa Cristiana” del 17.12.2012.

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