ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 12 febbraio 2013

CHI FERMERA’ TARCISIO PRIMO?


Tarcisio Bertone

Carlo Tecce per il "Fatto quotidiano"


Un americano, un colombiano, un nigeriano, un filippino, un indiano e un libanese. Benedetto XVI ha nominato questi sei cardinali a novembre: non europei, non italiani, non curiali. Il Papa aggiunse sei pesi, non marchiati e non compromessi, per riequilibrare il conclave che pendeva, e forse ancora pende, in favore di Tarcisio Bertone, il segretario di Stato, presto camerlengo, cioè la figura che gestisce l'ordinaria amministrazione (e le casse) nei giorni di sede vacante.


Benedetto XVI non ha mai bocciato Bertone in pubblico, non ha mai scalfito un potere oscuro e reticolato: non poteva innescare una sonora guerriglia, già evidente con le fughe di lettere, i rapidi processi, la grazia al maggiordomo Gabriele. Cade il Papa, cade Bertone. E cadono quelli che formano il gruppo bertoniano, ricoprono cariche influenti e indossano il galero - la coppola cardinalizia - da un anno: Fernando Filoni (Propaganda Fide), Domenico Calacagno (Apsa, immobili), Giuseppe Versaldi (Affari economici), Giuseppe Bertello (Governatore vaticano), Antonio Vegliò, Francesco Coccopalmerio. Fa uno strano effetto sapere che il pontefice non ha avvisato in anticipato il collaboratore in teoria più vicino, in pratica più inaffidabile.
PAPA E PAOLO GABRIELE
Il teologo tedesco ha preferito consegnare le sue estreme confidenze ai due Georg: al fratello maggiore e al segretario Gaenswein. E poi ha coinvolto il cardinale Angelo Sodano (e, pare, il presidente Napolitano il 4 febbraio), proprio il predecessore di Bertone, il punto di riferimento di quei porporati che si definiscono "diplomatici" perché lontani, anche fisicamente, dai movimenti vaticani. E non stupisce il silenzio di Bertone, che vede un sistema vacillare perché si azzera il 28 febbraio, e va compresa pure la rivelazione di padre Federico Lombardi: "Credo che Sodano fosse informato".
PADRE FEDERICO LOMBARDI
Un'informazione che conteneva anche una rassicurazione precisa per coloro che, senza ipocrisia, capeggiati da Leonardo Sandri (e Dionigi Tettamanzi) invocavano la sostituzione di Bertone.
Sodano non è soltanto il decano dei cardinali, il responsabile del collegio, ma è un protagonista che traduce le volontà di Benedetto XVI, le più recenti. Dal momento esatto in cui ha pensato di lasciare. L'Osservatore romano indicalo scorso marzo: il viaggio sudamericano di Benedetto XVI tra Messico e Cuba. In apparenza, il periodo non era sciagurato, però prometteva tempeste: la cacciata di Ettore Gotti Tedeschi dal sempre misterioso Ior; il fragoroso avvento di Vatileaks; l'arresto di Paolo Gabriele.
DIONIGI TETTAMANZI E TARCISIO BERTONE jpeg
Ci voleva un'impugnatura vigorosa per tenere il Vaticano dritto e fermo, ma il manico lo teneva Bertone. E Benedetto XVI non ha potuto che proteggere i suoi amici più stretti: riconoscenza per il passato, speranza per il futuro. Le indagine di Vatileaks non hanno risparmiato padre Georg, che condivideva l'ufficio con Gabriele: Gaenswein è stato costretto a deporre in Tribunale, scena saliente di un processo e di un'inchiesta diretti da ossequiosi bertoniani. Il Papa aveva suggerito a Gaenswein di trasferirsi subito in Germania, di sviluppare studi e fede a debita distanza dal Vaticano, tant'è che la segreteria tedesca cercava un nuovo assistente.
Il prete non ha declinato l'invito, tornerà a casa con la livrea di arcivescovo, appuntata un paio di mese fa, però voleva assistere Ratzinger sino all'ultimo giorno con la papalina. Benedetto XVI non tollerava più, e anche il suo fisico ne soffriva, le epurazioni per giochi di banda, come quella di Carlo Maria Viganò, spedito a Washington per aver denunciato corruzione e malaffare. E non concepiva l'accanimento contro Gabriele, che aveva già perdonato a luglio - fu incarcerato a maggio - ma che ha ottenuto la grazia a dicembre, prima di natale, con la visita in gendarmeria. Il Papa non voleva prolungare il suo pontificato e ha lavorato, in assoluto riserbo, per il prossimo erede di san Pietro.

  • Paolo Matrolilli per "la Stampa"
    Bernstein
    «La decisione più moderna, presa dal Papa meno moderno degli ultimi decenni». Così la vede Carl Bernstein, protagonista dello scandalo Watergate insieme a Bob Woodward, e poi autore con Marco Politi del libro «His Holiness» dedicato al pontificato di Giovanni Paolo II. «Questa mossa, però, offre alla Chiesa la grande opportunità di misurarsi finalmente con il mondo che cambia, e fatica a riconoscersi nei suoi insegnamenti».
    1 bernstein woodward
    Lei, insieme a Woodward, ha causato le dimissioni più clamorose del secolo scorso, quelle del presidente Nixon. Ci sono similitudini?
    «Nella vicenda no. Nixon era un criminale, che fu costretto a lasciare la Casa Bianca per i reati commessi, con cui aveva violato la Costituzione. Ratzinger è una persona ormai troppo debole sul piano fisico e intellettuale, che ha scelto di abbandonare la sua carica. È vero che un atto del genere non avveniva da settecento anni, ma il suo valore storico dipenderà più da cosa deciderà di fare ora il Conclave, che non dalle dimissioni in sè».
    RATZINGER PAPA BENEDETTO XVI
    Perché?
    «Il Conclave precedente non ha fatto un grande servizio alla Chiesa, ai cattolici e al mondo intero. Ha scelto una persona molto avanti con l'età, ma soprattutto caratterizzata da un rapporto difficile con la modernità. Benedetto XVI ha scelto di seguire il solco tracciato da Giovanni Paolo II per tutte le cose meno popolari e di minor successo del precedente pontefice: penso al ruolo delle donne nella Chiesa, o anche al modo in cui si è cercato di coprire il problema degli abusi sessuali commessi dai sacerdoti.
    RATZINGER E WOJTYLA
    Sul piano della comunicazione, invece, questo Papa non è riuscito a conciliare la teologia eterna del cattolicesimo con la realtà in rapida evoluzione del nostro mondo. Wojtyla, infine, era un genio della geopolitica, mentre Ratzinger non aveva feeling con questi temi. Magari quelle che sto facendo sono critiche ingiuste, perché parliamo di due persone diverse che hanno vissuto il papato in momenti diversi, ma il risultato è comunque una Chiesa sempre più insulare come istituzione».
    WOJTYLA
    Ammesso che lei abbia ragione, le dimissioni di Benedetto XVI non assumono un valore ancora maggiore come presa di coscienza di questi problemi?
    «Come giornalista, io lavorerei prima di tutto sulle motivazioni fisiche del gesto: ci sono cose che non conosciamo riguardo le vere condizioni di salute e le capacità mentali del Papa? I recenti scandali hanno avuto un ruolo? Appurato questo, non c'è dubbio che l'aspetto più importante della storia è come reagirà la Chiesa.
    Il Papa meno moderno degli ultimi decenni ha fatto una scelta molto moderna, che per certi versi cambia la sua eredità. Ora la sfida è nelle mani del Conclave, che è dominato dagli uomini scelti da Wojtyla e Ratzinger, ma ha l'opportunità di aprire finalmente la Chiesa al mondo. In questo senso, forse, c'è l'unico punto di contatto con la vicenda Nixon: la possibilità offerta ad una grande istituzione di rinnovarsi e rilanciarsi».


    http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-50776.htm

    I

    l futuro di un Papa

    Gli ultimi quindici giorni di regno, l’attesa del successore

    Le Ceneri in San Pietro, le incognite sul ruolo futuro, il monito di Ruini

    Ieri mattina Benedetto XVI era “concentrato” e “deciso” – ha detto il portavoce Federico Lombardi – quando davanti ai cardinali riuniti per il concistoro ha annunciato la volontà di lasciare il pontificato. Una decisione che l’Osservatore Romano dice essere stata presa “a fine marzo scorso, tornato dal viaggio a Cuba”
    e che fonti interne confermano egli abbia comunicato soltanto due giorni fa al decano del collegio cardinalizio, Angelo Sodano, e al segretario di stato, Tarcisio Bertone, che è anche Camerlengo, colui che avrà in mano il governo della chiesa nelle prossime settimane. E concentrato e deciso Benedetto XVI lo sarà anche nei prossimi cruciali giorni, i quindici che lo separano dalle dimissioni, e gli altri quindici (si pensa al massimo venti) che separeranno la chiesa dalla nuova elezione, il tempo della cosiddetta sede vacante, fino all’elezione del 266esimo successore di Pietro.
    Papa Ratzinger parteciperà fino alle ore venti di giovedì 28 febbraio a tutti gli appuntamenti previsti dal calendario. Mercoledì il Papa concelebrerà le Ceneri nella basilica di San Pietro con i cardinali. La tradizionale cerimonia che dà avvio alla Quaresima, dunque, non si svolgerà, come vuole la tradizione, sul colle dell’Aventino. La decisione di spostare l’evento ha una doppia motivazione: ospitare un maggior numero di persone, che prevedibilmente affluiranno per l’occasione, e dare un quadro solenne all’ultima concelebrazione di Benedetto XVI con i cardinali prima delle dimissioni. L’inizio della Quaresima sarà anche caratterizzato dalla settimana di esercizi spirituali al Papa e alla curia romana – in programma da domenica 17 a sabato 23 febbraio – ospitati come di consueto nella cappella Redemptoris Mater in Vaticano e predicati quest’anno dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero della Cultura. Confermati sono anche i due Angelus di domenica 16 e 23 febbraio, durante i quali Benedetto XVI si affaccerà dalla finestra del suo studio al terzo piano del Palazzo apostolico.
    La sera del 28 febbraio il Papa lascerà il Palazzo apostolico, non vi entrerà mai più da Papa. Andrà in elicottero, insieme al segretario particolare Georg Gänswein, a Castel Gandolfo, la residenza sui colli Albani dove da tempo trascorre le vacanze estive.
    E’ dalla sera del 28 febbraio che egli assumerà canonicamente il titolo di “vescovo emerito di Roma”. A “castello” tutto è pronto per accoglierlo. Egli occuperà le stanze che ha già occupato la scorsa estate, sino alla fine del mese di settembre. E’ da qui che seguirà il Conclave. La sua volontà, infatti, è di non interferire in nulla con il lavoro dei cardinali elettori. Cosa farà in questo mese? Difficile rispondere. Senz’altro si dedicherà alla lettura, allo studio e alla meditazione, come aveva dichiarato che avrebbe voluto fare se il 19 aprile del 2005 non fosse stato eletto al soglio di Pietro.
    Una volta terminato il Conclave farà il suo ritorno entro le Mura leonine. Abiterà in ritiro monastico nel Mater ecclesiae, un piccolo monastero all’interno dei giardini vaticani che sta per essere ristrutturato in questi giorni. Si tratta di una struttura relativamente grande, posta su quattro livelli con ambienti comunitari e dodici celle monastiche, un’ala nuova di 450 metri quadri, una cappella, il coro per le claustrali, la biblioteca, il ballatoio, una siepe sempreverde e una robusta cancellata per delimitare la zona di clausura. Al secondo e al terzo piano ci sono dodici celle monastiche. Il piano terra e il seminterrato sono dedicati agli ambienti comuni: il refettorio, la dispensa, la cucina, l’infermeria, l’archivio e un ufficio-studio. E poi anche un grande orto dove si coltivano peperoni, pomodori, zucchine, cavoli, e svettano limoni e aranci. E’ un “normale”, piccolo monastero, dunque, il Mater ecclesiae, l’unico convento nel cuore del Vaticano, a un passo dalla basilica di San Pietro e dal Palazzo apostolico. La struttura è stata voluta da Giovanni Paolo II nel 1992, proprio per creare un centro di vita contemplativa all’interno della Città del Vaticano. Oggi ospita l’ordine delle visitandine, dopo aver accolto le monache benedettine che per anni hanno coltivato gli ortaggi per la mensa del Papa. E con il Papa le visitandine continueranno ad abitare, a custodire l’ultimo ritiro di Joseph Ratzinger.
    Benedetto XVI ha dimostrato più volte l’apprezzamento per il monastero, tanto da aver celebrato per tre volte, nel 2005, 2006 e 2009, la messa nella cappella del convento. Dall’esterno la struttura appare semplice: il collegamento con l’ambiente circostante avviene attraverso una scalinata immersa nel verde e un loggiato coperto; una siepe e una cancellata precludono le zone di clausura alla vista; mentre due percorsi differenti perimetrali consentono l’accesso dei fedeli al monastero, rispettivamente nelle zone della cappella e della portineria. La cappella è spartana: le vetrate artistiche e il crocifisso dello scultore Francesco Messina la abbelliscono. Subito fuori, il giardino dei fiori, dove spiccano due varietà di rose: “Beatrice d’Este”, color carne, e “Giovanni Paolo II”, bianche e profumate, inviate ogni mese di maggio agli appartamenti papali.
    Oltre il Tevere c’è poca voglia di commentare la decisione. Eppure molti porporati si sono detti sorpresi. Stanislaw Dziwisz, segretario di Wojtyla, ha detto che Giovanni Paolo II decise di restare in sella al governo della chiesa “perché dalla croce non si scende”. Ma pochi minuti dopo Camillo Ruini ha lanciato un messaggio a tutto il collegio cardinalizio dicendo: “Come cattolico e come sacerdote, ancor prima che come cardinale, ritengo che le decisioni del Papa non si discutano ma si accolgano, anche quando provocano dolore. Benedetto XVI ha sempre amato e servito Cristo, la chiesa e l’umanità, nella sua vita e durante il suo pontificato. In questa speciale circostanza preghiamo dunque per lui, per la chiesa e per la famiglia umana”.

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