ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 23 febbraio 2013

Deus nos avertat ab anglis americanisque barbaris


“Perché dovrei essere eletto Papa”

Conclave
CONCLAVE

Il gesuita James Martin scrive ai cardinali che entreranno in Conclave

Non è nuovo ad articoli ad effetto: del resto è un grande comunicatore e possiede una buona dose di umorismo,  a cominciare da se stesso. Padre James Martin, redattore della rivista America ha scritto oggi una Lettera indirizzata ai Cardinali elettori per convincerli a … votare lui. Una sorta, dice, di “Habemus Me”.


“Signori Cardinali, so che vi aspetta un lavoro  impegnativo al vostro arrivo in Conclave”, inizia p. Martin. Quasi una missione impossibile: eleggere un ragazzo che sia super santo, intelligente, parli di una dozzina di lingue e possa guidare un’organizzazione internazionale, qual è la Chiesa.
Probabilmente ti capiterà che quel giorno non conosciate proprio tutti i presenti, soprattutto se hai ottenuto che il cappello rosso da poco. Così potrebbe capitarti di essere seduto nella Cappella Sistina ad ascoltare qualcuno che parla in francese chiedere imbarazzato a chi sta alla tua sinistra: "Chi diavolo è questo?".  D’altra parte sembrano assomigliarsi un po’ tutti: capelli grigi, cappello rosso, occhiali. 
“Quindi, per rendere le cose più facili, continua il gesuita con una certa ironia, vorrei suggerire un candidato che potresti non aver mai immaginato, ma dopo alcuni secondi di riflessione eccolo qui: il vostro uomo è il sottoscritto”. E per  12 buon i motivi.

1. Sono un uomo. Sono già a metà strada, giusto?

2. Sono battezzato. E posso dimostrarlo con un certificato.

3. Parlo diverse lingue. Parlo inglese e Bonjour! Parlo anche il francese. Ho cominciato a studiare français in seconda media. Posso comunicare praticamente con tutta l'Africa occidentale e la Francia: che significa un sacco di cattolici. Purtroppo, per il congiuntivo o il piuccheperfetto sarei nei guai, ma tutto quello che dovrò fare è evitare di usarli in nessuna delle mie encicliche e sarei a cavallo. Ma c'è di più: Hola! Parlo anche lo spagnolo e sono moltissimi i cattolici di lingua spagnola.

4. Per metà sono italiano. Da parte di mia madre. Quindi, quando fossi eletto vescovo di Roma potrei facilmente essere in grado di affrontare i problemi della Curia, perché là tutti sono italiani e mi riconoscerebbero come loroPaesan. Scandali? Finiti! Cattiva gestione? Basta così! La mia elezione potrebbe anche soddisfare chi è alla ricerca di un papa italiano: vale a dire, tutti i cardinali italiani. L'altra metà di me, tra l'altro, è di origine  irlandese, e va bene anche per gli Stati Uniti, dammi retta.

5. Ho lavorato in Africa. Dove ho quasi dimenticato la mia lingua. Parlo Swahili. O Kiswahili. Ho lavorato in Kenya per due anni. Quindi, a tutti coloro che si augurerebbero  un papa proveniente dal mondo in via di sviluppo, beh, io andrei anche bene.

6. Libri. Probabilmente si desidera un papa che sappia leggere e scrivere, ma non forse qualcuno che spenda così tanto tempo a scrivere. Io ho già scritto i miei libri, così quando sarò in Vaticano sarò papa al 100%.
7. Business Experience! Ho ottenuto una laurea presso la Wharton School, una delle più prestigiose scuole di business degli Stati Uniti. Ho lavorato presso la General Electric per sei anni. Ecco una buona notizia: addio a tutti i problemi gestionali della curia. Mai sentito parlare di Gestione per Obiettivi? Propensione marginale al consumo? Le famose "Quattro P" del marketing? Lo imparerai quando sarò Sommo Pontefice.  Rivolterò quel posto come un calzino.

8. Dimenticavo: sono già un prete. L'unica cosa che mi manca è di essere ordinato vescovo. Ma vorrei anticipare una piccola obiezione: scommetto che tu sappia che, come gesuita,  ho fatto un voto di non "lottare per ambizione o qualsiasi alta carica nella Chiesa”. Una volta eletto papa, dovrei  chiamare il Superiore Generale dei Gesuiti e dire: "Ehi, che ne dici farmi accettare il fatto dell’ordinazione a vescovo e la mia elezione a papa?" E che sarà lui a dire di sì. Problema risolto.
9. Ho studiato. La formazione dei gesuiti è molto, molto, molto lunga. Non riesco nemmeno a ricordare quanti anni ho passato a studiare. Ho studiato filosofia (buono a sapersi), teologia (bello) e un sacco di altre cose come la storia della chiesa, abbastanza utile per un papa. Conosco persino il greco antico, cosa che impressiona davvero i tipi studiosi nella chiesa. Quando mi chiedono: "Che traduzione del Nuovo Testamento stai usando?", rispondo: "La mia!”. 10) Disponibilità a viaggiare. Non tutti sono pazzi per i viaggi aerei, con tutti i ritardi e doversi togliere le scarpe e sedersi accanto a qualcuno che tossisce, ma questo non sarà un problema. Il Pontefice ha il suo aereo personale: il Shepherd One. Quindi una volta che potrò vedere film gratis in oro e bianco potrò anche volare fino ai confini della terra, se necessario. L’importante è avere un sacchetto di noccioline. 11) Umiltà. Posso già prevedere la vostra ultima obiezione è: la mia campagna per farmi eleggere papa potrebbe sembrarvi non proprio un capolavoro di umiltà. Ma se non fossi umile, potrei pensare che non occorra farmi campagna personale, perché tutti mi conoscerebbero già. Dal momento che sto conducendo una campagna, io sono il numero uno in termini di umiltà. 12) Un nome Cool. Tutti sanno che la prima decisione importante per  il papa  è quella di scegliersi un nome. Sempre preoccupati per la continuità. Io ho già scelto il mio nome. Il successore di Paolo VI ha scelto Giovanni Paolo I, per mostrare la continuità con Giovanni XXIII e Paolo VI. Poi Giovanni Paolo II e dopo Benedetto XVI. Se sarò eletto, e spero proprio di esserlo, dirò Accepto e continuità plus: "JPB1", anche se richiederà un po’ di tempo per abituarsi. Comunque, Signori Cardinali - conclude padre Martin - spero di avervi aiutato a rendere più facile una decisione difficile. E conclude con una battuta:  “per sapere cosa ha detto quel gesuita quando è stato eletto papa, avete un solo modo per scoprirlo”.

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVAROMA

Gli americani spingono per un Pontefice non europeo

In processione verso la Cappella Sistina
IN PROCESSIONE VERSO LA CAPPELLA SISTINA

Secondo un sondaggio il 60% gradirebbe l’elezione di un terzomondista

PAOLO MASTROLILLINEW YORK

La maggioranza dei cattolici americani ha un’opinione positiva di Benedetto XVI, ma pensa anche che per la Chiesa sia venuto il momento di cambiare, ad esempio eleggendo al prossimo Conclave un papa del Terzo Mondo. Sono gli elementi che emergono da un sondaggio condotto dal Pew Research Center, subito dopo le dimissioni di Jospeh Ratzinger.


Il 74% degli americani vede con favore l’operato di Benedetto, anche se questa percentuale è in calo rispetto all’83% dell’aprile 2008, e più bassa rispetto al picco massimo del 93% raggiunto da Giovanni Paolo II. La questione più controversa resta quella degli scandali per gli abusi sessuali commessi dai sacerdoti: qui solo il 33% degli americani giudica buono o eccellente il lavoro fatto dal Pontefice per contrastarli, mentre il 63% lo ritiene poco soddisfacente. Migliore, invece, la valutazione dei risultati ottenuti nelle relazioni con le altre religioni, apprezzati dal 55% degli intervistati.

I fedeli degli Stati Uniti sono divisi sulla strada che la Chiesa deve seguire nel prossimo futuro, sul piano dottrinale in generale. Il 51%, infatti, ritiene che debba restare sulle posizioni tradizionali, mentre il 46% vorrebbe che si muovesse verso nuove direzioni.

La volontà di cambiamento emerge in maniera più chiara, quando si passa a considerare i temi specifici. Il 60% degli americani, ad esempio, pensa che sarebbe una buona cosa se il prossimo Conclave eleggesse un Papa proveniente dai paesi in via di sviluppo. I continenti indicati sono nell’ordine Sudamerica, Asia e Africa, a dimostrazione anche del peso della comunità latina. Solo il 14% pensa che un Papa terzomondista sarebbe una soluzione cattiva, mentre per il 20% la provenienza geografica non conta. I fedeli dunque sembrano pronti ad abbracciare un nuovo leader non europeo, come ha auspicato lo stesso cardinale di New York Dolan, anche se non viene dagli Stati Uniti. Sarebbe un riallineamento della Chiesa universale che terrebbe conto delle nuove proporzioni nella distribuzione dei cattolici a livello globale, e nello stesso tempo una novità che potrebbe scuotere e generare entusiasmo ovunque, attirando l’attenzione su temi e culture troppo a lungo dimenticate.

La voglia di cambiamento si legge anche nelle posizioni espresse su un altro punto importante, legato tanto al problema delle vocazioni, quanto a quello degli scandali sessuali. Infatti il 58% degli americani sarebbe contento se il nuovo Papa consentisse ai preti di sposarsi.

Solo il 9%, però, ha indicato il sacerdozio delle donne come una delle priorità da realizzare per ammodernare la Chiesa, anche se questa non è una percentuale assoluta, ma relativa a tutte le altre opzioni offerte dal questionario del sondaggio. Il 7%, ad esempio, vorrebbe che il Vaticano accettasse i contraccettivi, e il 9% i matrimoni tra omosessuali. Dallo studio in sostanza esce l’indicazione di un gruppo di fedeli ancora vicino ai valori tradizionali del cattolicesimo, ma pronto al cambiamento.

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