ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 18 febbraio 2013

Ma non era lo Spirito Santo che sceglieva?


Tutto calcolato. In Curia qualcuno mormora che è pur sempre un tedesco. Benedetto XVI ha scelto, non a caso, di dare l’annuncio della sua rinuncia al pontificato alla vigilia della settimana in cui tradizionalmente il Papa si chiude nel silenzio degli esercizi spirituali insieme con i più stretti collaboratori della Curia romana.
In questi sette giorni che iniziano nel pomeriggio di domenica 17 febbraio e terminano la mattina di sabato 23 tutte le udienze, private e pubbliche, sono sospese. Il Papa ascolta le meditazioni del predicatore da lui scelto non nella cappella Redemptoris Mater in Vaticano dove si svolgono gli esercizi, ma in una saletta attigua, al lato destro rispetto alla mensa, da dove può essere visto solo dall’oratore degli esercizi ma non dai cardinali, dai vescovi e dai prelati che vi partecipano. Accanto al Papa ci sono solo i due segretari, Georg Gänswein, che è anche prefetto della Casa Pontificia e che seguirà Benedetto XVI ritornato Joseph Ratzinger prima a Castel Gandolfo e poi di nuovo in Vaticano nell’ex monastero Mater Ecclesiae, e Alfred Xuereb.
Se si è sempre guardato con grande attenzione al predicatore degli esercizi spirituali della quaresima al Papa e alla Curia romana, è prassi, infatti, che nel caso in cui fosse un semplice sacerdote dopo non poco tempo sarebbe insignito della dignità episcopale, quest’anno l’ultimo ritiro di Ratzinger da Vescovo di Roma assume un significato specialissimo. A predicare le diciassette meditazioni sarà il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ordinato personalmente da Benedetto XVI vescovo nella Basilica Vaticana nel 2007 e poi creato cardinale nel concistoro del novembre 2010. Molti guardano a Ravasi, il cui motto episcopale è "Praedica Verbum", anche per questo suo impegno da protagonista negli ultimi giorni di regno di Ratzinger, come a un papabile molto speciale.
La sua formazione di biblista e la sua capacità comunicativa gli consentono di essere paragonato al cardinale Carlo Maria Martini. Ovviamente con le debite proporzioni. Certo è che il suo compito, che già di solito fa tremare le gambe a chiunque, assumerà un valore storico forse irripetibile. Quelle del porporato saranno le ultime meditazioni per Benedetto XVI prima che questi sparisca dal mondo.
Ravasi, 70 anni, nel settembre 2007 fu scelto proprio dal Ratzinger per guidare il ministero della cultura vaticana e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Dal marzo 2012 è anche Presidente della Casa di Dante in Roma, associazione culturale che ha lo scopo di diffondere la conoscenza dell’opera e della figura del sommo poeta sia in Italia che all’estero. Dal 1988, insieme con la giornalista Cecilia Sangiorgi, conduce il programma televisivo "Le frontiere dello spirito" in onda la domenica mattina su Canale 5. Di Benedetto XVI è sicuramente un erede per quanto riguarda il cortile dei gentili, luogo di dialogo tra credenti e non, sognato dal Papa e concretizzato da Ravasi all’interno del suo dicastero vaticano, in particolare con alcuni incontri che si sono tenuti tra la Francia e l’Italia, preludio di altri appuntamenti significativi che vedranno protagonisti uomini di fedi diverse e atei.
È stato proprio Ravasi, pochi mesi fa, a presentare a Roma l’ultimo libro di Benedetto XVI dedicato ai Vangeli dell’infanzia di Gesù. Le sue meditazioni saranno certamente anche occasione di riflessione, alla luce del prossimo conclave, per i cardinali elettori residenti a Roma che le ascolteranno in questi giorni insieme con il Papa.
Chissà se le parole di Ravasi, già in questa settimana, non servano a tracciare nella mente di coloro che saranno chiamati a scegliere il nuovo Vescovo di Roma l’identikit del 266° successore di Pietro. «Il mio compito, dopo il turbine che c’è stato, è soprattutto quello di creare un momento di oasi», precisa Ravasi. Il tema delle meditazioni è "Ars orandi, ars credendi. Il volto di Dio e il volto dell’uomo nella preghiera salmica".
«Io - spiega il porporato - parlerò dei sei volti di Dio così come emergono dai salmi e nelle altre meditazioni parlerò dei volti umani: compreso quello del non credente, nel salmo 14. Nel nostro tempo abbiamo a che fare con quella eclissi del senso del sacro che Benedetto XVI è tornato a denunciare mercoledì, dopo l’annuncio della sua rinuncia, anche come un mandato al suo successore e alla Chiesa».

Francesco Grana


http://www.orticalab.it/Ravasi-il-papabile-gia-nella

Investiture e segni profetici. Quando i Papi “indicano” i loro successori al Soglio

Giovanni Paolo II e il cardinale Ratzinger
GIOVANNI PAOLO II E IL CARDINALE RATZINGER

Paolo VI pose la stola pontificia sulle spalle di Luciani Pio XI mandò Pacelli negli Usa: “Sarà un bel Pontefice”

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
«Come sarebbe bello per il Papa poter assistere all’elezione del suo successore», disse Giovanni Paolo II ai cardinali della Curia romana. Seduto tra di loro c’era Joseph Ratzinger, che certo all’epoca non immaginava di essere il primo dopo sei secoli al quale questa esperienza sarebbe toccata. Wojtyla tornò a parlare della futura elezione nel poema «Trittico Romano», pubblicato due anni prima della morte. Immaginava che l’affresco michelangiolesco della Cappella Sistina potesse «parlare» ai porporati: «Tu che penetri tutto - indica! Lui additerà...».


Il Papa può influenzare l’elezione del successore? Sabato scorso il dimissionario Benedetto XVI ha ricevuto l’ultima delegazione di vescovi italiani in visita ad limina, guidata dal cardinale di Milano Angelo Scola. E ha parlato della Lombardia come «cuore credente dell’Europa». C’è chi ha ritenuto un grande segno della predilezione del Pontefice il trasferimento del cardinale da Venezia a Milano, meno di due anni fa. Ma c’è anche chi, invece, legge il mini-concistoro dello scorso novembre, con l’inclusione di porporati stranieri tra i quali il filippino Luis Antonio Tagle, come un altro possibile segno premonitore per il prossimo conclave.


Nel passato recente episodi simili non sono mancati. In qualche caso sono stati ingigantiti e riletti con il senno di poi, cucendoli agiograficamente su misura addosso al designato. Spesso sono stati smentiti dai fatti, come nel caso di un gesto di affetto di Papa Wojtyla verso il cardinale Dionigi Tettamanzi al momento della nomina a Milano, che qualcuno interpretò alla stregua un presagio in vista del conclave. Altre volte invece se proprio di endorsement non si può parlare, poco ci manca. Era ben nota, ad esempio, la stima di Pio XI, pontefice irruento, per il suo riflessivo Segretario di Stato Eugenio Pacelli. Lo fece viaggiare molto all’estero, Stati Uniti compresi. Mentre Pacelli si trovava negli Usa, Pio XI disse a un suo collaboratore: «Lo mando in giro perché il mondo conosca lui e lui conosca il mondo. Sarà un bel Papa!». Pacelli venne eletto dopo un conclave-lampo nel marzo 1939.

Fu considerato invece un «siluramento» in vista della successione, nel 1954, la decisione di Pio XII di nominare arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, lasciandolo però senza porpora e dunque escluso dal conclave. Papa Pacelli avrebbe visto bene quale successore il suo «delfino» genovese Giuseppe Siri, allora molto giovane: «Con lui avremmo non un padre santo, ma un padre eterno», fu la battuta circolata tra i cardinali. Qualche voto, nel conclave del 1958, Montini lo raccolse lo stesso, pur essendo privo del cappello cardinalizio. Giovanni XXIII, tra le prime decisioni prese, rivestì di porpora l’arcivescovo esiliato. E fece presente varie volte la sua certezza sul fatto che sarebbe stato lui a succedergli: «Noi siamo qui a scaldargli il posto al vostro arcivescovo!», ebbe a dire a due milanesi andati in udienza. Montini in effetti divenne Papa nel 1963.


Tra i segnali premonitori dell’elezione del suo successore Giovanni Paolo I, che ha regnato un solo mese nell’estate 1978, ce n’è uno famoso e pubblico. Da lui stesso ricordato poche ore dopo l’elezione. Nel settembre 1972, Albino Luciani, patriarca di Venezia, ricevette Paolo VI in visita alla città lagunare. Il Papa, in piazza San Marco, davanti a migliaia di persone, si tolse la stola pontificia e la pose sulle spalle del patriarca: «Sono diventato tutto rosso...», racconterà Luciani ai fedeli. L’episodio della stola fu un endorsement velato o soltanto un gesto di cortesia per l’ospite? Di certo Paolo VI nelle ore precedenti doveva aver pensato alla morte, perché proprio quella mattina, prima di partire da Castel Gandolfo, aveva messo mano al testamento. Qualche anno dopo, mentre riceveva Luciani e altri vescovi in visita ad limina, al termine dell’udienza Papa Montini non riusciva a trovare il campanello celato nel bracciolo della poltrona, con il quale si segnalava che l’incontro era finito e poteva entrare il fotografo. Luciani con discrezione avvicinò al campanello la mano del Papa. «Bene, così sa già dov’è», avrebbe detto Paolo VI.

E la sorpresa Wojtyla? Una profezia si racconta anche per lui. Secondo il segretario di Papa Luciani, due sere prima di morire, il Pontefice veneto aveva accennato alla sua prossima dipartita: dopo di lui - disse - sarebbe toccato al cardinale che gli stava seduto di fronte durante il conclave. Quel cardinale era Wojtyla. Su Ratzinger non si raccontano particolari segnali premonitori. Ma si sa che per tre volte chiese a Wojtyla di potersi ritirare per tornare agli studi, sentendosi sempre rispondere di no dal Papa che lo voleva vicino fino all’ultimo e che avrebbe tanto desiderato vedere l’elezione del suo successore sotto l’affresco «parlante» della Sistina.
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/papa-el-papa-pope-vaticano-vatican-22431/


PAPA DON’T CRY - DOPO LO SHOCK DELLA “FUGA” DI RATZINGER, I PORPORATI VANNO ALLA RICERCA DI UN PONTEFICE PALLUTO - CHI PIANGE TROPPO È FUORI: SEMBRA QUESTA LA SORTE CHE TOCCHERÀ AL CARDINALE MARC OUELLET, CONSIDERATO TROPPO SENSIBILE - MA “LA MACCHINA DELL’INCENSO” SI È ATTIVATA ANCHE CONTRO L’INCROLLABILE SCOLA: NON PIANGE, MA PARE CHE UNA PSICOLOGA LO SEGUA DA TEMPO...

Franco Bechis per "Libero"


Benedetto XVI con il cardinale Angelo ScolaarticleBENEDETTO XVI CON IL CARDINALE ANGELO SCOLAARTICLE
Saletta Alitalia all'aeroporto di Fiumicino di Roma. Nell'ultima settimana è facile che gli incontri fra personalità si moltiplichino. Politici di tutti i fronti in attesa di un aereo che li porti a un comizio degli ultimi giorni di campagna elettorale. Staff, giornalisti al seguito, e da qualche giorno anche cardinali e vescovi che a Roma sono venuti per capire qualcosa di più delle dimissioni di Benedetto XVI, magari per un ultimo saluto, e perché no? Anche
per cogliere qualche indiscrezione sul conclave che sta per aprirsi. In effetti a Roma come
nelle altre salette vip degli aeroporti di mezzo mondo, quello è il principale argomento di discussione.
ANGELO SCOLA ARCIVESCOVO DI MILANO jpegANGELO SCOLA ARCIVESCOVO DI MILANO JPEG
Sulla stampa nazionale e internazionale inizia a trasparire qualche nome, e alcuni di questi in effetti collimano passando i confini. Così capita che se ne discuta. Un leader del Pd che non si ricandida incontra ad esempio un vecchio amico come il ministro dei Beni
culturali Lorenzo Ornaghi, che guidò l'Università cattolica. E gli chiede: «Vero che il candidato più forte per la successione è il cardinale franco-canadese Marc Ouellet che guida la congregazione dei vescovi?». Ornaghi scuote la testa: «Dicono di no, che è troppo emotivo. È portato alla commozione, piange spesso».
papa ratzinger benedettoPAPA RATZINGER BENEDETTO
Che c'è di male nelle lacrime? Da quando Benedetto XVI si è dimesso il Vaticano si è trasformato in una sorta di Muro del Pianto. Il Papa non ha disdetto alcun appuntamento,
e in qualche caso li ha perfino intensificati. Gruppi di fedeli, visite ad limina delle diocesi e delle conferenze episcopali regionali o internazionali. Il Papa sorride, legge i discorsi spesso da tempo preparati,ma ogni volta aggiunge qualcosa a braccio per fare capire che è proprio lui a parlare. Giovedì scorso ai sacerdoti di Roma è andato solo a braccio, con un discorso durissimo, senza una sbavatura.
lorenzo ornaghiLORENZO ORNAGHI
Ma per quanto il Papa mostrasse serenità e dispensasse sorrisi, gli occhi degli astanti e perfino di famosi e importanti presuli iniziavano a inumidirsi e poi si scioglievano in lacrime. Piangevano come vitelli pretini e fedeli di provincia. Ma ha dovuto asciugarsi gli occhi anche il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini. Si è commosso incrinando la voce durante il suo discorso anche il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, e subito dopo ha sottolineato alla radio Vaticana che «questa è una cosa bella, che esprime quanto il Papa sia entrato nel cuore di noi vescovi e in quello del popolo di Dio». Lacrime di commozione, di cui evidentemente alla vigilia del conclave bisogna scusarsi, o che comunque bisogna spiegare.
MARC OUELLETMARC OUELLET
La macchina dell'incenso partita in Vaticano (la sorella della macchina del fango nella vita civile) è proprio su quelle lacrime che sta giocando la prima battaglia del conclave. Perché l'identikit del prossimo Papa lo ha già disegnato proprio con la motivazione ufficiale delle sue dimissioni Benedetto XVI: ci vuole un successore fisicamente integro, più giovane, e soprattutto forte nel fisico e nell'animo per portare sulle sue spalle il peso della conduzione
della Chiesa in un'epoca oscura e drammatica.
CAMPAGNA ELETTORALE PER IL PROSSIMO CONCLAVE ANGELO BAGNASCO DA QUINK jpegCAMPAGNA ELETTORALE PER IL PROSSIMO CONCLAVE ANGELO BAGNASCO DA QUINK JPEG
Sulla carta di identità c'è poco da fare: nessuno può ormai sbianchettare i propri natali o togliersi qualche anno di troppo. Per questo è importante quella «forza» fisica e morale. E come capita ad ogni vigilia di conclave, una volta individuato il tema più rilevante per la corsa, iniziano a circolare vocine, e in qualche caso perfino testimonianze o documenti scritti per indebolire il «papabile» ritenuto troppo forte. Così i «dossier lacrime» iniziano a
circolare ricchi di particolari. Veri o falsi che siano, raggiungono le persone che contano, magari vengono perfino pubblicati sulla stampa internazionale, colpiscono nel segno. Così tutti convinti che il cardinale Ouellet sia incline alle lacrime, e quindi un po' debole di nervi.
Christoph SchoenbornCHRISTOPH SCHOENBORN
Analogo dossier «lacrime» sfiora il cardinale di Vienna, Christoph Schoenborn, e addirittura lo si inchioda a un pianto dirotto in cui si sarebbe sciolto dopo le critiche sulla
organizzazione di un viaggio in Austria di papa Giovanni Paolo II. Se uno piange alla prima difficoltà, non è in grado di reggere le sorti della Chiesa, è il veleno che con il ricordo
di questi fatti si somministra alla vigilia del conclave. E ce ne è per tutti i candidati in pole position. Anche per l'arcivescovo di Milano, Angelo Scola, il candidato che ai nastri di partenza sembra sulla carta il più forte di tutti. Nessuno l'ha mai visto piangere, e quindi il dossier lacrime in questo caso non è stato preparato. Ma la vocina maligna punta a fare ancora più male. Forte e sicuro lui? Tutta apparenza, dicono i detrattori. Ma nella cartellina a lui riservata hanno inserito il nome di una amica psicologa che lo seguirebbe professionalmente da anni. Vero? Falso? Non importa: è la macchina dell'incenso che ormai si è messa in moto. E non è ancora a pieni giri...
Cardinale ScolaCARDINALE SCOLA
 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/papa-dont-cry-dopo-lo-shock-della-fuga-di-ratzinger-i-porporati-vanno-alla-51066.htm

SE LE ELEZIONI POLITICHE E QUELLE DEL NUOVO PAPA HANNO QUALCOSA IN COMUNE, È LA CONFUSIONE - NESSUNO PREVALE DAVVERO SUGLI ALTRI, C’È SOLO QUALCHE PROBABILE FAVORITO, E FRA QUESTI SPUNTA IL CARDINAL RAVASI - A BAGNASCO SI RIMPROVERA LA SCARSA DIMESTICHEZZA CON LE LINGUE STRANIERE, A SCOLA LA VICINANZA A COMUNIONE E FATTURAZIONE, AZZOPPATA DA FORMIGONI COL SUO SISTEMA DI POTERE….

Giulio Anselmi per "la Repubblica"


"Da oggi ha una marcia in più". Il commento che si coglieva ieri sera tra cardinali, vescovi e monsignori di Curia, all'uscita della cappella Redemptoris Mater, opera dai toni bizantini realizzata all'inizio di questo secolo dal gesuita sloveno Rapnik, si riferiva al cardinale Gianfranco Ravasi. Non tanto per quello che aveva appena detto col suo amabile garbo di uomo di cultura, nel corso della prima predica degli esercizi spirituali vaticani, su ars orandi e ars credendi.
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Ma perché il fatto di parlare tre volte al giorno, fino a sabato mattina, davanti a un consesso che comprende i futuri elettori del Conclave (e con Benedetto XVI che assiste senz'essere visto da una stanza con affaccio sui presenti) conferisce alle sue parole e alla sua persona un peso crescente.
Ravasi era stato prescelto da tempo per "dare" gli esercizi, un incarico prestigioso e delicato nel mondo religioso, e veniva già inserito in quasi tutte le liste dei papabili, ma da ieri ha una diversa caratura. Può costruirsi, nei fatti, una piattaforma elettorale. E quelli che dicevano di lui «gran testa, uomo squisito, ma se gli chiedessi com'è fatta una parrocchia non saprebbe rispondere» continueranno a mormorare, ma abbassando la voce.
Il dibattito, che si è infittito assieme al prender corpo dell'accelerazione delle votazioni per il prossimo papa, non riguarda naturalmente solo le qualità pastorali del prelato milanese. La straordinaria presenza di un Pontefice in carica, con tutti i dubbi di ordine teologico, ecclesiastico, politico e pratico che l'accompagna, ha finora un po' distratto l'attenzione dai temi della successione ma, poco a poco, prendono corpo alcuni schemi. C'è un imbarazzo generale per il fatto che non esiste una candidatura che si imponga con gran forza.
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«Oggi non c'è un Ratzinger», sintetizza un vescovo italiano da poco romanizzato, dimenticando che otto anni fa anche quella candidatura non passò immediatamente, «quindi non si può parlare solo delle persone». In questa logica i primi conciliaboli enumerano le qualità richieste al successore: che abbia capacità pastorale, che sia in salute, che sia dotato di grande correttezza dottrinale ma anche in grado di trascinare, di trasmettere forza e speranza. Che abbia capacità di governo.
CARDINALE ANGELO BAGNASCOCARDINALE ANGELO BAGNASCO
Qui emerge la critica, durissima, non solo a papa Ratzinger ma anche al suo predecessore Wojtyla: nessuno degli ultimi due pontefici ha saputo gestire la Curia. È una valutazione molto diffusa: già martedì, all'indomani dell'annuncio-shock, alcuni prelati vicini all'Opus Dei avevano scavalcato le rituali considerazioni laudatorie sull'addio, per confessare sinceramente: «Beh, almeno si è mosso qualcosa. C'era uno stallo mortale».
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L'ultima caratteristica considerata necessaria al nuovo papa va sottolineata: occorre che conosca l'italiano. Che vuol dire, al di là dell'ovvia necessità che il vescovo di Roma riesca a farsi capire dai suoi fedeli? Per molti sacerdoti di diverso grado attivi nei 186 Paesi in cui la Chiesa cattolica è presente - ma anche nella Curia di Roma - i cardinali italiani hanno fornito un gramo spettacolo della loro divisione.
E la corsa finale per lo Ior ne ha rappresentato l'ultimo atto. Come se non bastasse a ciascuno dei papabili "di casa" viene trovato un punto debole: all'arcivescovo di Genova Bagnasco la scarsa dimestichezza con le lingue straniere, al cardinale di Milano Scola la vicinanza a Comunione e Liberazione, cui certo non giova lo scandalo in cui sta affogando Formigoni col suo sistema di potere. Alla Cei è facile trovare monsignori che giurano sull'esistenza di molti prelati stranieri per i quali i porporati italiani sono, malgrado tutto, i più "equilibrati" e, quindi, i preferibili. Ma potrebbe trattarsi di spirito di corpo. O di scaramanzia. I giochi stanno appena iniziando.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/se-le-elezioni-politiche-e-quelle-del-nuovo-papa-hanno-qualcosa-in-comune-la-51117.htm

SCOLA-PIATTI, IL SUPER-PAPABILE ITALIANO! – DA BOSSI A CACCIARI, DA TREMONTI FINO A PISAPIA, L’ARCIVESCOVO CIELLINO DI MILANO HA UNA RAGNATELA DI RAPPORTI TRASVERSALI E AMICIZIE SCOMODE (L’EX AGENTE BETULLA-FARINA E FORMINCHIONI) - LA LOBBY CHE PREGA E LAVORA PER IL CIELLINO SCOLA SI È RIUNITA IL 12 FEBBRAIO PER LA MESSA IN SUFFRAGIO DI DON GIUSSANI MA RESTA IL GRANDE FREDDO CON IL CELESTE….

Marco Damilano per "l'Espresso"
Benedetto XVI con il cardinale Angelo ScolaarticleBENEDETTO XVI CON IL CARDINALE ANGELO SCOLAARTICLE
«Siamo come ragnatele di rapporti intricati che cercano una forma», disse un anno fa nell'omelia della messa del gioverdì santo citando Italo Calvino. Un vezzo da intellettuale che il cardinale Angelo Scola sa di potersi permettere. Nei suoi interventi abbondano citazioni di T.S.Eliot, Cesare Pavese e perfino "On the Road" di Kerouac: «Il vostro viaggio è consapevole o un vagabondare senza meta?», chiese ai giovani a Colonia nel 2005.
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Settantuno anni compiuti il 7 novembre, arcivescovo di Milano dal 2011 dopo nove anni da patriarca di Venezia, Scola vanta in effetti una rete di rapporti intricata come una ragnatela. Dal laico Massimo Cacciari al sindaco di sinistra Giuliano Pisapia, per esempio. A Venezia accolse in patriarcato la visita di Umberto Bossi, Giulio Tremonti. Roberto Calderoli e Aldo Brancher, l'asse del Nord al completo. E una volta a Milano il Senatur sospese un comizio in piazza Duomo: «Non volevo che gli schiamazzi disturbassero la messa. Scola, prega per la Padania!».
Anche se gli amici di sempre sono altri. Una mattina di fine giugno il centrista Rocco Buttiglione e il deputato del Pdl Renato Farina, l'ex agente Betulla, entrarono nel ristorante della Camera e chiesero uno spumante: volevano brindare al ritorno a Milano di Scola, amico personale, a entrambi dà del tu. Farina piangeva in piazza San Pietro, quando fu eletto Ratzinger. Ora sogna un altro brindisi.
ANGELO SCOLA jpegANGELO SCOLA JPEGCardinale ScolaCARDINALE SCOLA
Una ragnatela che ora et labora, prega e lavora, per Scola. La sera di martedì 12 febbraio, a poche ore di distanza dalle dimissioni di Ratzinger, la lobby che tifa per il super-papabile italiano si è riunita in Duomo per la messa in suffragio di don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e liberazione morto nel 2005. In prima fila, come sempre, c'era Roberto Formigoni. Il governatore lombardo uscente aveva appena appreso della chiusura delle indagini sul suo conto per i finanziamenti alla fondazione Maugeri, con l'accusa di associazione a delinquere, ma non poteva mancare, non ora.
Scola e Formigoni sono vite parallele: entrambi lecchesi, di Malgrate, più anziano di sei anni, padre camionista e socialista il futuro cardinale, di famiglia borghese agiata il Celeste. Crescono insieme in esperienze di solidarietà, la casa Alber, la casa del Povero, ma l'incontro della vita è con don Giussani.
MASSIMO CACCIARIMASSIMO CACCIARIbossi umbertoBOSSI UMBERTO
È Scola, con altri, a stilare nel 1969 il volantino all'Università Cattolica in cui compare per la prima volta la sigla Comunione e liberazione: «Avevamo stilato un foglietto ciclostilato da diffondere tra gli studenti e non sapevamo come firmarlo», racconterà. Di don Giuss negli anni Settanta don Angelo è il discepolo prediletto, dirige l'uffico stampa di Cl dalla sede di via Pagliano («Sempre in abiti borghesi», lo ricorda il giornalista Giancarlo Galli, «"devo smaltire il guardaroba, con questi prezzi non si può scialare", diceva»), è il vero cervello politico, il leader, Formigoni è solo il braccio. Talmente influente da entrare in collisione con Giussani.
Tremonti GiulioTREMONTI GIULIOfarina renato jpegFARINA RENATO JPEG
Un episodio raccontato con mille prudenze da don Massimo Camisasca, oggi vescovo di Reggio Emilia, nella sua storia di Cl. Nel 1973 Scola guidava gli universitari di Cl, don Giussani li riportò all'ordine, con una sentenza terribile: «La Clu è una grande fioritura, le cui radici si sono inaridite». La vicenda si è riproposta a parti invertite negli ultimi mesi, quando è stato Scola a prendere le distanze dopo gli scandali formigoniani. «Sono stato in Cl fino a 20 anni fa, non ho rapporti particolari con il movimento rispetto ad altre attività associative», disse a Aldo Cazzulllo sul "Corriere".
Massimo CamisascaMASSIMO CAMISASCA
E poi, più ruvido: «Con Formigoni ci vediamo sì e no una volta l'anno a Natale». Eppure nel 2009 aveva aperto il convegno di Rete Italia, la corrente dei formigoniani nel Pdl, con il governatore e Giancarlo Abelli in prima fila, con una relazione intitolata «Una nuova generazione di cristiani impegnati». Era marzo, non Natale. Ma è troppo imbarazzante, ora, quel pezzo di ragnatela, per un papabile.

1 commento:

  1. I TITOLI DEL CLERO, COME SANTITA' ECCELLENTISSIME , ECCELLENZA . MONSIGNORI, EMINENZE , PRINCIPI DELLA CHIESA , VICARI DI CRISTO, ECC.ECC. OLTRE A DARE UNO SCHIAFFO ALLA POVERTA'
    SONO LA PROVA TANGENTE DELLA CIARLATANERIA RELIGIOSA. MAGO PROF SILVA (spettacoli)

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