ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 19 febbraio 2013

PRETI UNITI D’AMERICA

- ANCHE SE QUANDO SI PARLA DI SOLDI SONO I PRIMI AD ESSERE TENUTI IN CONSIDERAZIONE, PRATICAMENTE MAI SI È PENSATO A UN PAPA STATUNITENSE - MA STAVOLTA NON È DA ESCLUDERE: I CARDINALI E I VESCOVI AMERICANI SONO UNA MINORANZA, MA SONO FORTI E ORGANIZZATI - TRASCINATI DALL’ESULE VIGANÒ, SI OPPONGONO NON SOLO ALLE LOGICHE COMPLOTTISTE E GOSSIPPARE DEL VATICANO, MA ANCHE ALLA CASA BIANCA...

Massimo Franco per il "Corriere della Sera"


LARCIVESCOVO CARLO MARIA VIGANO jpegLARCIVESCOVO CARLO MARIA VIGANO JPEG
Su una cosa sono più o meno tutti d'accordo: sarà difficile prescindere dal «partito nordamericano». Decidere il prossimo Papa senza concordarlo con il manipolo dei cardinali statunitensi significherebbe sottovalutare uno degli episcopati più potenti e influenti della Chiesa; e non solo per questioni finanziarie. Non conta il fatto che in tutto siano quattordici, inclusi due canadesi: la metà degli italiani con diritto di voto.

CARLO MARIA VIGANO jpegCARLO MARIA VIGANO JPEG
Né che siano reduci da uno scandalo devastante dei preti pedofili, partito nel 2002 da Boston e dal quale stanno riemergendo. L'arcivescovo della città, Bernard Law, dovette dimettersi nelle mani di Giovanni Paolo II il 13 dicembre del 2002; e alla fine le diocesi americane hanno pagato oltre un miliardo di dollari per risarcire le vittime, chiudendo parrocchie e vendendo palazzi. Eppure, il cattolicesimo ha recuperato forza. L'afflusso di immigrati dal centro e Sud America fa lievitare il numero dei fedeli, che oggi negli Usa supera i 67 milioni.
Ma soprattutto, nell'atteggiamento nei confronti della Roma papale e sul modo in cui dovrebbe cambiare la Curia, le idee della pattuglia cardinalizia sono piuttosto convergenti.
TIMOTHY DOLAN ARCIVESCOVO DI NEW YORK jpegTIMOTHY DOLAN ARCIVESCOVO DI NEW YORK JPEG
La presenza a Washington come nunzio (l'equivalente dell'ambasciatore) di monsignor Carlo Maria Viganò, l'ex segretario del Governatorato vaticano «esiliato» in America perché aveva osato denunciare «situazioni di corruzione e prevaricazione» ai vertici della Chiesa, garantisce una visione poco edulcorata di quanto accade a Roma.
Viganò, nonostante le accuse rivolte al segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, è diventato un beniamino della Conferenza episcopale statunitense. C'è chi arriva a dire che, invece di essere l'occhio e l'orecchio della sola Santa Sede in terra d'America, sia il portavoce delle istanze del clero guidato dall'arcivescovo di New York, Timothy Dolan.
LARCIVESCOVO AMERICANO TIMOTHY DOLAN jpegLARCIVESCOVO AMERICANO TIMOTHY DOLAN JPEG
Dolan, presidente della Conferenza episcopale Usa dal novembre del 2010 e cardinale da un anno, nativo di St Louis e ratzingeriano di ferro, quando alcuni mesi fa gli è stato chiesto che pensasse delle vicende denunciate da Viganò, ha risposto seccamente: «Noi vescovi prendiamo per buono un decimo del gossip che proviene dal Vaticano».
E Viganò «ci è piaciuto sempre di più» perché racconta la realtà curiale senza «le lenti rosa»: un modo per liquidare le beghe romane con una punta di fastidio. D'altronde, esponenti di primo piano dell'episcopato a stelle e strisce come il cardinale Francis George, capo della diocesi di Chicago e critico coriaceo di Barack Obama e dei democratici, confessano da tempo ai loro interlocutori di limitare le visite a Roma: le considerano inutili, per la piega sconfortante che hanno preso le cose vaticane.
papa obamaPAPA OBAMA
È l'atteggiamento di una Chiesa che si è forgiata fin dall'inizio come minoranza e come «fede degli immigrati poveri», prima irlandesi, poi italiani e polacchi, poi latinos, rispetto alle versioni diverse del protestantesimo; ma che ora sembra determinata a giocare un ruolo sempre meno marginale nelle scelte della Santa Sede in questa fase di transizione. Da qualche tempo si parla di «momento americano» in Vaticano per la presenza, in realtà discreta, di alcuni statunitensi in ruoli chiave. Monsignor Peter Wells è il numero tre della Segreteria di Stato e partecipa spesso agli incontri di Bertone, facendogli da interprete per l'inglese.
PAPA BENEDETTO XVI E TARCISIO BERTONEPAPA BENEDETTO XVI E TARCISIO BERTONE
Fino a pochi mesi fa, il cardinale William Levada, oggi a San Francisco, ha presieduto la Congregazione per la dottrina della Fede. E un'altra «eminenza», Raymond Burke, solido conservatore, presiede il massimo tribunale ecclesiastico. A loro si affiancano i capi di diocesi Usa strategiche: da quello di Washington, Donald Wuerl, a quello di Boston, Sean O'Malley, a Justin Rigali a Philadelphia.
In più c'è Marc Ouellet, il canadese che guida la Congregazione dei vescovi e viene considerato un «papabile». Molti di loro hanno una lunga esperienza romana al Collegio Nordamericano, del quale Dolan è stato rettore negli anni Novanta. Michael Harvey conosce Roma da un quarto di secolo. «È un gruppo di grandi elettori, più omogeneo degli altri», spiega un osservatore statunitense alle questioni vaticane.
CARDINALE WILLIAM JOSEPH LEVADACARDINALE WILLIAM JOSEPH LEVADA
«Sono cardinali che uniscono modernità, ortodossia sui principi e senso di responsabilità», spiega. «E spingeranno perché venga eletto un Papa forte sul piano del governo. Un manager di Dio, se si può definire così». Si può, anche se la definizione rischia di avere un'eco troppo yankee.
MARC OUELLET jpegMARC OUELLET JPEG
Agli occhi del mondo cattolico mondiale, la diversità statunitense finora è stata un limite, un fattore di diffidenza: troppo efficientismo, troppa potenza finanziaria. Per averne un'idea, seppure parziale, basta scorrere il curriculum di Carl Anderson, gran capo dei Cavalieri di Colombo, e per questo anche vicepresidente dello Ior. Si scopre che i «Cavalieri», un milione e ottocentomila, sono la maggiore compagnia di assicurazione cattolica: gestiscono polizze per 85 miliardi di dollari.
Anche per questo, quando si tratta di misurare i fondi destinati all'Obolo di San Pietro, gli americani sono al primo posto, seguiti da italiani e tedeschi. Nella lista dei «papabili», invece, appaiono sempre in coda. «Il Conclave non amerebbe eleggere una persona che proviene dalla superpotenza mondiale», teorizza Thomas Reese, della Georgetown University, l'ateneo dei gesuiti a Washington.
CARL ANDERSON CAVALIERE SUPREMO DEI CAVALIERI DI COLOMBOCARL ANDERSON CAVALIERE SUPREMO DEI CAVALIERI DI COLOMBO
«La gente penserebbe che la sua elezione sia stata combinata dalla Cia o "comprata" da Wall Street». In realtà, i rapporti con la Casa Bianca sono, a dir molto, tiepidi. Dolan è stato scelto, a sorpresa, per il suo profilo di tenace oppositore dell'agenda dei democratici su temi come aborto, matrimoni omosessuali, eutanasia: sebbene non sia descritto come un repubblicano ma come un democratico deluso.
Con Obama ha avuto sempre un rapporto duro, arrivando allo scontro sulla riforma dell'assistenza medica. Al punto che il Vaticano ha dovuto spesso attenuare le proprie aperture di credito alla Casa bianca per tenere conto della strategia e degli umori dell'episcopato statunitense. Un dettaglio minore: nella sua visita negli Usa, il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha riferito di avere parlato con Obama di molte cose, ma non di Benedetto XVI.
CASA BIANCACASA BIANCA
La Casa Bianca vuole evitare di toccare temi sensibili che la porterebbero in rotta di collisione con il «Papa americano», come viene chiamato Dolan, 63 anni, figlio di un ingegnere aeronautico del Midwest. Eppure, c'è chi sostiene che per la prima volta, non è da escludersi del tutto che diventi Pontefice un cardinale degli Stati uniti.
L'ha scritto il vaticanista del National Catholic Reporter, John Allen. Ma stranamente lo dicono anche alcuni italiani, che al Conclave del 2005 scartavano a priori un'ipotesi del genere.
È probabile che queste voci riflettano soprattutto l'incertezza e la confusione provocate dalle dimissioni di Benedetto XVI; e l'assenza di una candidatura «pronta». Quando qualche giorno fa è stato chiesto al «Papa americano» se pensasse al pontificato romano e universale, ha liquidato la prospettiva come «altamente improbabile». Ed ha scherzato con il giornalista della Saint Louis Gazette: «È per questo che lei si sta inginocchiando?». Il cronista ha insistito: non è che per caso alla fine potrebbe votare per sé? «No. In Conclave», è stata la replica secca di Dolan, «i matti non possono entrare».
 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/preti-uniti-damerica-anche-se-quando-si-parla-di-soldi-sono-i-primi-ad-51167.htm


BERTONISMO SENZA LIMITISMO - PER BLINDARE ALCUNI CENTRI DI POTERE PRIMA DEL CONCLAVE, BERTONE BRIGA PER EPURARE I NEMICI E PIAZZARE I SUOI - LA NOMINA DI GIUSEPPE VERSALDI ALL’IDI E LA SOSTITUZIONE DALLA COMMISSIONE CARDINALIZIA SULLO IOR DEL ‘NEMICO’ NICORA CON IL FEDELISSIMO CALCAGNO, FA CAPIRE CHE IL SEGRETARIO DI STATO, INCETRIOLATO DALLE DIMISSIONI A SORPRESA DI RATZINGER, NON VUOLE MOLLARE IL POTERE…

Massimo Franco per il "Corriere della Sera"


C'è una frenesia decisionale inedita, nell'interregno fra la rinuncia al papato di Benedetto XVI e l'inizio della nuova era. Il pontefice sembra indotto dal tempo che corre via e dai collaboratori in scadenza a chiudere in fretta i problemi più spinosi lasciati aperti per mesi, mentre si consumava il dramma epocale delle sue dimissioni. Di colpo, quello che prima appariva impossibile o secondario, si sblocca e diventa fattibile.
CARDINALE TARCISIO BERTONECARDINALE TARCISIO BERTONE
Sotto gli occhi un po' sconcertati di alcuni degli stessi cardinali in arrivo per il Conclave, programmato per il 15 marzo, in pochi giorni è stato nominato il presidente dello Ior; cambiata per un quinquennio la Commissione cardinalizia di vigilanza della banca vaticana; e nominato il «delegato pontificio» all'Istituto dermatologico italiano (Idi), da mesi in sofferenza per una gestione fallimentare.
La scelta di intervenire per salvare l'Idi, in particolare, viene considerata una mossa positiva. Si tratta di un centro di eccellenza lasciato andare alla deriva, con i dipendenti per mesi senza stipendio, da parte della Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione. La scelta del cardinale Giuseppe Versaldi, fedelissimo del segretario di Stato, Tarcisio Bertone, garantisce un interessamento diretto e di peso.
SAN RAFFAELESAN RAFFAELE
La decisione è stata presa da Benedetto XVI e formalizzata ieri, ma nonostante questo le reazioni soddisfatte si mescolano a quelle guardinghe. Pesa l'ombra del tentativo di salvataggio dell'ospedale San Raffaele, che gli uomini di Bertone non riuscirono a portare a termine; e che si è risolto con conflitti dentro i vertici vaticani tali da destabilizzare lo Ior nel maggio del 2012.
La prospettiva di assistere a una variante di quell'operazione, tesa a dare forma a un grande «polo sanitario» sotto il controllo delle persone più vicine al segretario di Stato, ha creato qualche ritardo nella comunicazione della notizia. L'ipotesi che il Vaticano si impegnasse finanziariamente sarebbe stata oggetto di discussione. Ma nel comunicato della sala stampa di ieri si precisa che Versaldi agirà «escludendo una partecipazione della Santa Sede in tali opere».
OSPEDALE SAN RAFFAELEOSPEDALE SAN RAFFAELE
Oltre tutto, rimane aperto un fronte giudiziario che costituisce un'incognita. E il cardinale spedito a risanare l'Idi è lo stesso che mesi fa, secondo una ricostruzione apparsa sul Foglio del 20 ottobre scorso, creò qualche sconcerto osservando, a proposito di finanze vaticane: «Nei casi di cattiva amministrazione dei beni ecclesiali, come terapia deve valere nella Chiesa la medicina evangelica della correzione fraterna. Prima della denuncia all'autorità deve valere il confronto personale..».
CARDINALE GIUSEPPE VERSALDI jpegCARDINALE GIUSEPPE VERSALDI JPEG
Sono soprattutto il metodo e la tempistica, tuttavia, a provocare mugugni diffusi, probabilmente destinati a diventare qualcosa di diverso al momento del Conclave. Il decisionismo delle ultime ore fa storcere il naso a quanti ritengono che nel vuoto di potere apertosi con l'annuncio dell'11 febbraio, sarebbe stato meglio aspettare l'insediamento del nuovo Papa. Si parla di perplessità manifestate da cardinali sudamericani e dell'Oceania, oltre che italiani. E il richiamo dell'episcopato statunitense a evitare un Conclave frettoloso viene indicato come il segno di un altolà a qualunque accelerazione impropria.
Il fatto che dalla commissione cardinalizia dello Ior sia uscito il cardinale Attilio Nicora, considerato in rapporti non buoni con Bertone, e sostituito con Domenico Calcagno, bertoniano di stretta osservanza, ha suscitato i primi sospetti. Adesso, la scelta di Versaldi minaccia di rafforzarli; e di offrire magari strumentalmente armi agli avversari del «primo ministro» vaticano.
I critici di Bertone denunciano una «strategia del fatto compiuto», per mettere alcuni centri di potere al riparo da qualunque cambiamento prima dell'arrivo del successore di Benedetto XVI. D'altronde, l'accusa a Bertone di avere il monopolio del controllo delle finanze vaticane non è di oggi. Risale allo scorso anno, quando fece nominare Calcagno all'Apsa, l'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica; Versaldi alla prefettura degli affari economici; e un terzo fedelissimo, Giuseppe Bertello, a capo del Governatorato.
GIUSEPPE BERTELLOGIUSEPPE BERTELLO
Ufficialmente fu proprio la designazione di Bertello, ex nunzio in Italia, a provocare la reazione furiosa di monsignor Carlo Maria Viganò, allora segretario del Governatorato e sicuro di essere promosso. Le sue lettere di fuoco spedite al Papa per denunciare la corruzione nell'amministrazione delle finanze vaticane sono state una stella fissa nella ricostruzione delle faide fra monsignori e cardinali che si sono consumate negli ultimi due anni.
Quando esattamente un anno fa, il 18 febbraio del 2012 il Concistoro nominò una serie di «berretti rossi», fra i quali quelli appena citati, si parlò di una vittoria della Curia e di un rafforzamento della pattuglia bertoniana e del «partito italiano» in vista di un futuro Conclave. In realtà, presto apparve una vittoria numerica, più che di peso. E comunque fu bilanciata mesi dopo da un successivo Concistoro nel quale non un solo italiano fu promosso cardinale.
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Nel frattempo si è ugualmente consolidata la fama di un Segretario di Stato dato in disgrazia dagli avversari, che hanno continuato ripetutamente a chiedere al Papa di sostituirlo; e che invece è riemerso sempre come un collaboratore del quale Benedetto XVI non sembra in grado di fare a meno. «Ogni volta che sono a tu per tu», racconta un alto prelato, stupito e insieme infastidito, «Bertone riesce a ottenere quello che vuole».
Le decisioni degli ultimi giorni confermano questa vulgata, e preparano forse altre sorprese. Anche se pochi sono disposti a scommettere che la strategia dei fatti compiuti possa reggere all'impatto con l'elezione di un nuovo pontefice. Per paradosso, la rapidità decisionale di questi giorni potrebbe gettare sulle istituzioni interessate un'ombra di provvisorietà della quale la Santa Sede pagherebbe le conseguenze; ed essere usata come un'arma dai cardinali elettori per contrastare alcuni «papabili».
papa ratzinger benedettoPAPA RATZINGER BENEDETTO
Non si può dire che siano scenari molto spirituali. Rischiano di offrire un'immagine distorta e riduttiva del futuro Conclave. Ma le dimissioni di Benedetto XVI cambiano lo sfondo anche da questo punto di vista. Costringono a guardare in faccia una realtà meno edificante e pia di quella che i vertici ecclesiastici hanno offerto in passato, e tentano di accreditare anche adesso. Ieri, nella folla di porporati che si accalcavano nel Palazzo apostolico vaticano per seguire gli esercizi spirituali guidati dal cardinale Gianfranco Ravasi, biblista raffinato, questi veleni arrivavano attutiti.
Si parlava sotto voce di «papabili», si scrutavano i possibili candidati che a loro volta si schermivano: come d'obbligo. Eppure, dietro questi fruscii si stanno saldando gli ultimi conti. Si scavano trincee per prepararsi a difendere posizioni di rendita davanti a qualunque insidia dovesse provenire dal successore di Benedetto XVI e da nuovi collaboratori decisi a sapere e ad andare fino in fondo.
 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/bertonismo-senza-limitismo-per-blindare-alcuni-centri-di-potere-prima-del-conclave-bertone-briga-51161.htmù

SE RATZINGER HA PROVATO A STANARE E SCONFIGGERE IL FENOMENO DELLA PEDOFILIA NELLA CHIESA, SUONA ANCOR PIÙ ASSURDO CHE IN CONCLAVE SIEDA CHI HA CERCATO DI INSABBIARE MOLTI ABUSI - QUELLO DEL CARDINAL ROGER MAHONY NON È L’UNICO CASO: A DECIDERE LE SORTI DI SANTA ROMANA CHIESA CI SARANNO ANCHE IL PRIMATE IRLANDESE SEAN BRADY E L'EX ARCIVESCOVO DI BRUXELLES GODFRIED DANNELLS, ENTRAMBI ACCUSATI DI INSABBIAMENTI...


Anna Maria Greco per "Il Giornale"
Roger MahonyROGER MAHONY
L'ombra dei preti pedofili si allunga sul prossimo Conclave. E riporta all'attenzione uno dei mali della Chiesa che forse è alla base delle dimissioni di Benedetto XVI. Proprio lui, che da cardinale fu considerato troppo «giustizialista» verso i religiosi accusati di molestie sessuali.
Il caso che provoca polemiche e imbarazzi è questo: tra i 117 cardinali che sceglieranno il nuovo Papa ci sarà Roger Mahony, ex arcivescovo di Los Angeles accusato di aver coperto 129 casi di abusi sessuali su minori. Una fatto che ha già suscitato proteste oltreoceano e in casa nostra.
cardinal roger mahonyCARDINAL ROGER MAHONY
Negli Usa il gruppo Catholics United ha lanciato una petizione per chiedere che il porporato statunitense rinunci al ruolo di «elettore». E in Italia Famiglia Cristiana pubblica un ampio dossier sulla vicenda, aprendo un sondaggio online per chiedere agli utenti di esprimere la loro opinione: Mahony al Conclave sì o no?
CARDINALE ROGER MAHONYCARDINALE ROGER MAHONY
Il cardinale arriverà a Roma il 26 febbraio, due giorni prima dell'addio di Ratzinger. Ma il prossimo sabato testimonierà in tribunale sotto giuramento sul caso di un prete messicano, Nicolas Aguilar Rivera, accusato da un uomo di averlo molestato negli anni Ottanta e sospettato di aver abusato di altri 26 ragazzini. Mahony dovrà rispondere anche su altri 25 sacerdoti sospettati di molestie.
Il cardinale ha già deposto per questo tipo di vicende, ma quella del 23 febbraio sarà la prima volta dopo che la diocesi, ora guidata da Josè Gomez, ha pubblicato a fine gennaio 12mila pagine di documenti prima segreti su come la Chiesa ha gestito i casi di sacerdoti accusati di pedofilia. Atti che si traducono in una pubblica accusa contro Mahony, anche se risulterebbe che più volte tentò di ottenere dal Vaticano la rimozione dei preti.
papa ratzinger benedettoPAPA RATZINGER BENEDETTO
«Chiedo la grazia di sopportare l'umiliazione», scrive il cardinale sul suo blog. Mahony, 77 anni, è stato arcivescovo di Los Angeles dal 1985 al 2011, poi Benedetto XVI ha nominato Gomez, che l'ha riconosciuto responsabile del grave insabbiamento e lo ha sollevato da tutti gli incarichi pubblici.
Pedofilia Chiesa - BambinoPEDOFILIA CHIESA - BAMBINO
Nella Cappella Sistina ci saranno, con Mahony, altri personaggi simbolo in positivo e in negativo della vergogna dei preti pedofili. Campione della lotta agli abusi è il cappuccino Sean O'Malley. A Boston ha restituito credibilità alla Chiesa, dopo la «fuga» a Roma del suo predecessore Bernard Law, inseguito dalle cause per risarcimento, anche vendendo l'episcopio per indennizzare le vittime e trasferendosi a vivere in seminario.
Il domenicano Christopher Schoenborn, allievo prediletto di Papa Ratzinger, ha una storia emblematica: Giovanni Paolo II nel 1994 lo nominò vescovo ausiliare di Vienna, quando sul cardinale Hans Groer cominciavano a girare voci inquietanti su accuse che poi lo travolsero fino alle dimissioni e al ritiro in convento.
Ma al Conclave siederà anche il primate irlandese Sean Brady, al quale il Papa ha affiancato un coadiutore con pieni poteri perché responsabile di almeno un insabbiamento e l'ex arcivescovo di Bruxelles Godfried Dannells, su cui pesano le stesse accuse.
Ratzinger lascia alla Chiesa un'eredità «irremovibile» sui preti pedofili, dice Charles Scicluna, promotore di giustizia dell'ex Sant'Uffizio per 10 anni, perchè «si è impegnato con molto coraggio a rompere la cortina di silenzio».
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/se-ratzinger-ha-provato-a-stanare-e-sconfiggere-il-fenomeno-della-pedofilia-nella-chiesa-51147.htm

FATE IN FRETTA SE POTETE – DOPO LA “FUGA” DI RATZINGER, MENTRE GIA’ DEFLAGRA LA GUERRA TRA CARDINALI PROGRESSISTI E CONSERVATORI, UN CONCLAVE LUNGO SAREBBE LA PEGGIOR JATTURA PER LA CHIESA - LE DIMISSIONI DEL PAPA NON HANNO SORPRESO CHI LO CONOSCE BENE: NE AVEVA PARLATO APERTAMENTE, SI SAPEVA CHE STAVA CONSIDERANDO LA POSSIBILITÀ DI LASCIARE, E SECONDO ALCUNI AVREBBE VOLUTO FARLO GIÀ UN ANNO FA, AL COMPIMENTO DEGLI 85 ANNI….

Paolo Mastrolilli per LaStampa.it
BENEDETTO XVI RATZINGER DI SPALLEBENEDETTO XVI RATZINGER DI SPALLEpapa ratzingerPAPA RATZINGER

Un conclave lungo, che finisca per attirare l'attenzione sulle divisioni della Chiesa. È la preoccupazione che comincia a circolare in ambienti vicini alla Curia, mentre i cardinali hanno già avviato i contatti fra di loro per arrivare ad una soluzione il più possibile rapida e condivisa.

Le persone che conoscono meglio Joseph Ratzinger dicono di non essere rimaste molto sorprese dalle sue dimissioni. Ne aveva parlato apertamente, si sapeva che stava considerando la possibilità di lasciare, e secondo alcuni avrebbe voluto farlo già un anno fa, al compimento degli 85 anni.
PAPA RATZINGERPAPA RATZINGER
Proprio in quel periodo, però, erano in corso gli scandali interni alla Curia, il trasferimento a Washington del nunzio Viganò, i documenti usciti dall'appartamento papale, che si erano sommati ai continui imbarazzi provocati dalle tristi vicende degli abusi sessuali commessi dai religiosi. Tutto questo aveva reso impossibili le dimissioni immediate, perché avrebbe dato la sensazione di una fuga davanti alle difficoltà, ma le aveva solo rimandate.

Chi stava vicino a Benedetto sapeva che era comunque questione di tempo, e quindi bisognava prepararsi. L'annuncio fatto l'11 febbraio ha completato questo percorso, e nonostante la profonda scossa che ha provocato, ha dato anche la possibilità al Vaticano di meditare e gestire meglio la successione. La fine non è stata improvvisa.

Quando arriveranno a Roma per il Conclave, anche i cardinali meno informati sulle intenzioni di Ratzinger avranno avuto settimane per riflettere, contattare i colleghi, farsi un'idea di dove possa andare l'elezione del successore. Questo però aumenta la pressione per una soluzione rapida, soprattutto nel panorama mediatico attuale, dove la comunicazione corre ventiquattro ore al mondo, dai giornali alle tv, passando per internet e i telefonini, che tutto raccolgono e tutto trasmettono in continuazione. Se dopo qualche giorno di votazioni la fumata fosse ancora nera, la sensazione di una spaccatura e di una crisi profonda nella Chiesa farebbe in fretta il giro del mondo.

Negli ambienti vicini alla Curia, però, si teme proprio questo. La ragione - dicono le fonti - non sta solo nelle tradizionali rivalità tra i cardinali, e le varie correnti sempre esistite. È lo stato stesso della Chiesa che potrebbe allungare i tempi del Conclave, per la difficoltà di trovare un candidato capace di sintetizzare tutte le qualità necessarie a superare la crisi.

Giovanni Paolo II aveva certamente delle grandi capacità di comunicazione, mentre Benedetto XVI ha senza dubbio una profondità intellettuale non comune. Il nuovo Papa però deve unire tutte queste doti e sublimarle, per avere successo nel compito molto duro che lo attende.

Gli osservatori, infatti, notano che la Chiesa è più divisa di quanto appare guardando solamente alla Curia. È divisa al suo interno, tra i fedeli e le gerarchie. Fra i gruppi più conservatori, che continuano a guardare ad un passato che non può tornare, e quelli più progressisti, che si sono spinti troppo avanti per trovare ancora un terreno d'incontro con gli altri.

Chiunque guardi con onestà e intelligenza al prossimo Conclave, sa che la sfida più difficile del prossimo papa sarà proprio questa. Non solo riformare la Curia, renderla più moderna e più efficace. Non solo affrontare la questione degli abusi, e risolvere anche il grave problema di immagine che porta con sé. La sfida più difficile sarà ricomporre le anime divise della Chiesa, intorno ad un messaggio comune che riporti l'istituzione all'origine della sua missione, e consenta di comunicarla in tutto il mondo in maniera convincente.

Tutto questo richiede riflessione e potrebbe allungare il Conclave. I candidati della prima ora, italiani e non, rischiano di scontrarsi con i veti incrociati, anche perché la regola dei due terzi per l'elezione, rinforzata proprio da Benedetto, facilita l'ostruzionismo. La discussione quindi rischia di allungarsi, e magari concludersi con una sorpresa che in questo momento nessuno vede, come quella di Karol Wojtyla. Un uomo libero, per cambiare davvero il passo.

Tutto questo potrebbe trasformarsi in un vantaggio per la Chiesa, se spingerà i cardinali a meditare meglio le loro posizioni e trovare la soluzione più adatta ai problemi che vanno risolti. Più complicato, però, sarà insegnare la pazienza al mondo contemporaneo, che dopo le prime fumate nere potrebbe non comprendere e allontanarsi ancora di più.
RATZINGER E PADRE GEORGRATZINGER E PADRE GEORG

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