ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 25 febbraio 2013

Sindrome da assedio


Vaticano: sindrome da assedio, i cattivi sono i giornali

La Segreteria di Stato si scaglia contro la stampa, ma dietro le parole c'è la frustrazione di una struttura scossa dalle lotte interne e incapace di incidere sugli eventi.



La Segreteria di Stato alla fine ha perso le staffe e anche un po' il controllo: al punto da arrivare a dire che la stampa con i suoi attacchi e le sue critiche può influenzare i cardinali e quindi il conclave.

La durissima presa di posizione del cardinale Tarcisio Bertone - il giorno seguente la nomina del suo ministro degli Esteri, monsignor Ettore Balestrero, quale nuovo nunzio in Colombia - è insieme la manifestazione di un timore e di una frustrazione. Il timore è quello dell'isolamento, dell'assedio mediatico che già si è visto numerose volte nell'arco del pontificato di fronte a scandali e crisi di varia portata; la frustrazione invece è la spia di un sentimento più profondo: la percezione di esercitare un potere che non riesce a diventare governo, pervasivo nelle sue diramazioni e nel numero degli uomini - considerati a volte affettatamente 'fedelissimi' - ma mai del tutto in grado di assumere autorevolezza e distacco.

Inoltre, per la prima volta, i destini di Ratzinger e del suo più fidato collaboratore appaiono lontani; il che non aiuta di certo Bertone il quale forse puntava a restare in carica, come da prassi, anche con il nuovo pontefice almeno nel primo periodo. La questione relativa alla nomina del nuovo Segretario di Stato, invece, accompagna in queste ore in modo incessante quella relativa all' elezione del nuovo Papa, quasi fosse un problema unico da risolvere. Negli anni passati ci fu già una mezza sollevazioni di cardinale di varie parti del mondo contro il Segretario di Stato accusato di non essere all'altezza della situazione. Si parlò di una lettera sottoscritta da molti di loro inviata al Pontefice. L'arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois - per citare solo il più noto fra molti esempi - parlò delle possibili dimissioni di Bertone.

D'altro canto il fastidio della Segreteria di Stato per la pressione mediatica ha anche altre componenti, perché in effetti è tutta la Curia ad essere finita sotto accusa. E' come se l'apparato vaticano si ribellasse a questa messa in stato d'accusa mediatica. E tuttavia molti prelati sembrano dimenticare che il riflesso dell'opinione pubblica è scattato dopo che il Papa il 13 febbraio scorso, mercoledì delle ceneri, due giorni dopo l'annuncio delle dimissioni, puntò chiaramente il dito accusatorio contro le divisioni interne alla Chiesa il carrierismo, la ricerca del potere. Da quel momento gli eventi sono precipitati.

Angelo Sodano, vecchio Segretario di Stato, uomo di potere che ha contrastato Bertone a lungo, è uno degli altri protagonisti di questa fase di decadenza. Fu Sodano a scontrarsi con Christoph Schoenborn, l'arcivescovo di Vienna amico di Ratzinger, che lo attaccò sul delicato caso di Marcial Maciel, il fondatore dei Legionari di Cristo accusato di abusi, violenze sessuali e di traffici illeciti di ogni tipo. Schoenborn sostenne che Sodano impedì al cardinale Ratzinger di fare pulizia; si scatenò un putiferio e il grande cardinale austriaco fu costretto quasi a chiedere scusa a Sodano. Maciel era però amico di Wojtyla e di Stanislaw Dziwisz, il suo potente segretario, oggi cardinale a Cracovia.

E' un mondo di intrighi e di ricatti, di vicende poco chiare che sta venendo rovinosamente alla luce. Ancora la questione della lobby gay vaticana, emersa come ulteriore boatos incontrollabile negli ultimi giorni - ma non poi così inverosimile considerando l'intreccio fra sessuofobia e trasgressione latente nei sacri palazzi - ha fatto andare su tutte le furie una Segreteria di Stato che sembra non riuscire a trovare gli argomenti per difendere quello che rimane, tutto sommato, il buon nome della ditta. Allo stesso tempo dietro le nomine ultrabertoniane per gestire la voragine di debiti dell'Idi, l'Istituto dermopatico dell'Immacolata, e le varie ruberie che il caso fa emergere, s'intravede l'ennesimo scandalo in grado di far tremare il palazzo apostolico. Il cardinale Giuseppe Versaldi in qualità di commissario e Giuseppe Profiti - vero ministro della sanità ombra del Vaticano - come suo braccio destro, dovranno mettere mano a un caos di debiti e malversazioni notevoli. Nella vicenda s'intravede però, come è emerso qualche tempo fa, anche la figura della nipote di monsignor Angelo Becciu, il Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato. La signora in questione è stata l'assistente personale di padre Franco Decaminada, l'ex capo dell'Idi sotto inchiesta per i dissesti finanziari. Anche in questo caso, come altrove, non è l'aspetto giudiziario che conta, tutto da verificare, ma la rete di legami e rapporti, di sodalizi e inimicizie, di complotti veri o verosimili, che porta ormai fino ai vertici dei sacri palazzi senza soluzione di continuità. Dalle parti di San Pietro, un sacerdote che conosce bene gli ambienti curiali, commenta: "E' questo stato di cose estremamente delicato, spesso usato strumentalmente dalla stampa, a suscitare certe reazioni un po' eccessive e controproducenti nei toni da parte della Segreteria di Stato".

FRANCESCO PELOSO
lunedì 25 febbraio 2013 09:08
ilmondodiannibale.globalist.it
http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=40461&typeb=0&Vaticano-sindrome-da-assedio-i-cattivi-sono-i-giornali


Siri, un siluro di carta...


La Segreteria di Stato si irrita con i giornali perché vogliono influenzare il Conclave. E in parte forse hanno ragione. Anche alla luce dell’esperienza passata. Perché in realtà un papa quasi sicuro è già stato silurato dai giornalisti; ed è successo nel 1978, quando elessero papa Wojtyla.
MARCO TOSATTI
Siri aveva chiesto al giornalista che l'intervista, rilasciata malvolentieri, fosse pubblicata quando gli elettori sarebbero già stati chiusi in Conclave. Invece i cardinali se la trovarono nella cartellina, e Siri perse il favore di una parte dei porporati. E’ probabile che senza la pubblicazione anticipata dell'intervista Siri avrebbe potuto davvero essere eletto. 

 Giuseppe Siri, considerato conservatore e perciò avversato dalla sinistra, era super favorito dopo la morte di Luciani. Gli si opponeva Benelli, di Firenze, benvisto a sinistra. Anche il cardinale Stefan Wyszyński, primate di Polonia, pensava all'elezione di Siri. “E adesso si prepari ad un grande compito”, gli disse. Ma il 14 ottobre, a poche ore dall'inizio del conclave, sulla “Gazzetta del Lunedì”, settimo numero del Corriere Mercantile di Genova, uscì un'intervista a Siri. Nell'intervista Siri attaccava apertamente alcune riforme del Concilio, ed in particolar modo la collegialità episcopale: “Non so neppure cosa voglia dire lo sviluppo della collegialità episcopale. Il Sinodo non potrà mai diventare istituto deliberativo nella Chiesa perché non è contemplato nella costituzione divina della Chiesa. Potrà al massimo divenire, se il diritto canonico lo ammetterà, un'istituzione ecclesiastica, ma non di diritto divino”. Siri aveva chiesto al giornalista che l'intervista, rilasciata malvolentieri, fosse pubblicata quando gli elettori sarebbero già stati chiusi in Conclave. Invece i cardinali se la trovarono nella cartellina, e Siri perse il favore di una parte dei porporati. E’ probabile che senza la pubblicazione anticipata dell'intervista Siri avrebbe potuto davvero essere eletto.  

Veti, alleanze e “veleni” per scegliere il Pontefice

Pio IX
PIO IX

Le trame che da sempre accompagnano l’elezione

MARCO TOSATTICITTA' DEL VATICANO
Il Conclave deve ancora iniziare e già volano attacchi e veleni: contro Mahony di Los Angeles e O’Brien di Edimburgo, per ora; ma non è escluso che le prossime ore riservino nuove sorprese. Ma a dispetto della nota stizzita con cui la Segreteria di Stato, nei giorni scorsi denunciava interferenze dell’opinione pubblica, bisogna rilevare che la storia degli ultimi Conclavi è stata ricca di colpi bassi, scontri, e accordi pre-Conclave, che certamente ora verrebbero stigmatizzati.

La vittima eccellente di un’operazione di questo genere è stato il cardinale Giuseppe Siri, nel 1978, nel Conclave che elesse il Papa polacco. Fu una vera trappola. La candidatura di Siri appariva inattaccabile. Siri era considerato un conservatore; gli si opponeva Benelli, di Firenze, benvisto a sinistra. Anche il cardinale Stefan Wyszyski, primate di Polonia, pensava a Siri. «E adesso si prepari a un grande compito», gli disse.

Ma il 14 ottobre, a poche ore dall’inizio del conclave, sulla «Gazzetta del Lunedì», settimo numero del Corriere Mercantile di Genova, uscì un’intervista a Siri. Siri attaccava alcune riforme del Concilio, in particolar modo la collegialità episcopale: «Non so neppure cosa voglia dire lo sviluppo della collegialità episcopale. Il Sinodo non potrà mai diventare istituto deliberativo nella Chiesa perché non è contemplato nella costituzione divina della Chiesa. Potrà al massimo divenire, se il diritto canonico lo ammetterà, un’istituzione ecclesiastica, ma non di diritto divino».

Siri aveva chiesto che l’intervista fosse pubblicata quando gli elettori sarebbero già stati chiusi in Conclave. Invece i cardinali la trovarono nella cartellina e Siri perse il favore di una parte dei porporati. E’ probabile che senza la pubblicazione anticipata dell’intervista Siri avrebbe potuto essere eletto.

Quando morì Giovanni XXIII invece accadde qualcosa di diverso. Una riunione segreta, il 18 giugno 1963 nel convento dei frati cappuccini di Frascati. Erano cardinali «progressisti», convocati dal cardinale Clemente Micara, amico di vecchia data del cardinale Giovanni Battista Montini, che era arcivescovo di Milano e il candidato più quotato. Arrivarono, fra gli altri, Achille Liénart, Bernard Jan Alfrink, Paul-Émile Léger, Franz König, Montini stesso, Léon-Joseph Suenens e Joseph Frings. I progressisti temevano un Conclave duro, a Concilio aperto, e allora compirono questo passo, che senza essere formalmente criticabile poteva apparire come un accordo di parte. I cardinali decisero di candidare Montini. Che fu eletto come Paolo VI.


Lo scontro di voti nel Conclave è legittimo, come nel caso di Roncalli contro il cardinale armeno Agagianian nel 1958. Giovanni XXIII visitando il Collegio Armeno di Roma raccontò: «Sapete che il vostro cardinale e io eravamo come appaiati nel conclave dello scorso ottobre? I nostri nomi si avvicendavano or su, or giù, come i ceci nell’acqua bollente».


Qualcosa di scandaloso accadde invece nel Conclave del 1903, da cui uscì papa Pio X, papa Sarto. Lo scontro alla pari era con Mariano Rampolla del Tindaro, segretario di Stato del papa scomparso, Leone XIII. Il cardinale della corona austriaca, Jan Puzyna, principe vescovo di Cracovia, si alzò in piedi, quando a Rampolla mancavano pochi voti per essere eletto. Puzyna estrasse di tasca un documento ricevuto da Vienna e disse che l’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria, avvalendosi dell’antico “ius exclusivae”, poneva il veto contro Rampolla troppo filofrancese e antiaustriaco. «Un episodio disgustoso» fu il commento di un cardinale. Pio X, appena eletto, abolì il diritto di veto delle potenze politiche.
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/papa-pope-el-papa-conclave-22635/

Cardinali in clausura subito dopo l’arrivo la mossa della Curia per evitare sorprese

Il centralino della Domus Sanctae Marthae, l’edificio che durante il conclave ospiterà i cardinali elettori, suona in queste ore ripetutamente.
Fra le 117 eminenze che entreranno in Sistina, infatti, si è diffusa la notizia che già dal primo marzo le stanze della Domus potranno essere occupate e tutti si stanno organizzando per quello che suona come una sorta di “extra omnes” anticipato.
Certo, soltanto quando il maestro delle cerimonie pontificie, in questo caso il fine liturgista di scuola ligure Guido Marini, chiamerà il “fuori tutti” dalla Cappella Sistina, il contatto col mondo esterno non sarà più possibile.
Eppure, già il fatto di risiedere in periodo di sede vacante nella Domus, in locali che la gendarmeria vaticana dai mesi di Vatileaks controlla con dovizia di mezzi, significa entrare in una clausura anticipata.
Benedetto XVI auspica conciliaboli discreti nei giorni che precedono il conclave. E così si augura il partito romano, i porporati di Curia che temono che un candidato outsider prenda il sopravvento e scompagini le carte.
L’idea dei curiali è di portare al soglio di Pietro un candidato straniero, si fa con insistenza il nome dell’arcivescovo di Sydney, il cardinale George Pell, a cui affiancare un segretario di Stato italiano che garantisca continuità con la gestione precedente.
L’altra ipotesi, “sponsorizzata” invece maggiormente dai porporati della Mitteleuropa, è di spendersi per l’arcivescovo di Milano Angelo Scola – in suo favore sembrano orientati sia l’ex segretario particolare di Giovanni Paolo II, Stanislaw Dziwisz, che l’arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn – seppure l’impresa appaia ardua principalmente a motivo dei suoi 71 anni.
In queste ore coloro che abitualmente sono ospiti della Sanctae Marthae sono stati invitati a trasferirsi nella Domus Romana Sacerdotalis di via della Traspontina, in fondo a via della Conciliazione.
La gendarmeria vaticana, infatti, ha il compito di entrare nella residenza situata appena dietro il palazzo dell’ex Sant’Uffizio e occuparsi della bonifica di ogni ambiente e arredo presente: l’organo donato nel 1997 a Giovanni Paolo II dai Cavalieri di Colombo, la potente lobby statunitense molto considerata oltre il Tevere per le cospicue offerte che annualmente traghetta verso l’obolo di San Pietro; i baldacchini in ferro battuto dei letti dove i cardinali elettori dormiranno; fino ai salottini adiacenti ogni stanza, poltrone foderate e parquet in legno scuro.
Molto i gendarmi avranno da lavorare per garantire – rete wireless inclusa – l’impossibilità per i cardinali elettori di avere qualsiasi contatto col mondo esterno.
Ma parecchio i gendarmi dovranno faticare per offrire ai padri conclavisti anche una garanzia di totale riservatezza dallo stesso apparato Vaticano, dai potenti mezzi di controllo posizionati su tutto il territorio dopo il furto dei documenti riservati ad opera dell’ex maggiordomo di camera papale Paolo Gabriele.
Un lavoro da svolgere in tempi brevi e per facilitare il quale il governatorato vaticano ha predisposto la chiusura ai turisti (da lunedì) dell’accesso ai giardini vaticani, il cui consueto via vai è già in queste ore reso problematico dal fatto che in troppi sostano incuriositi davanti al monastero che dietro la basilica vaticana andrà a ospitare Benedetto XVI.
Alla ristrutturazione del monastero, fra l’altro, sta lavorando una ditta esterna i cui lavori sono stati appaltati direttamente dalla segreteria di Stato fin dallo scorso dicembre, lavori che nei piani alti del palazzo apostolico si vuole far portare avanti lontano da occhi indiscreti.
Roma teme l’outsider. E in particolare l’ipotesi che la numerosa compagine nordamericana e latino americana trovi il tempo di coagularsi su un nome alieno dai giochi di potere romano. Non a caso, è già a Roma il cardinale arcivescovo di Boston, Sean Patrick O’Malley.
Cappuccino, ha ribaltato le sorti di una diocesi che con il suo predecessore, il cardinale Bernard Law, non era riuscita ad estirpare il cancro dei preti pedofili. O’Malley, come l’arcivescovo di New York Timothy Dolan, dovrebbe preferire per più tempo possibile un alloggio esterno alle mura leonine, in modo da potere discutere con maggiore libertà su una scelta così delicata come è quella del 266esimo vescovo di Roma.
In favore di discussioni più diluite nel tempo si è espresso anche l’arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois. Anche lui a Roma è considerato un outsider. Non a caso fu uno dei primi, ai tempi di Vatileaks, a dire che la curia romana è una macchina vecchia di secoli e non è adatta al funzionamento della Chiesa di oggi.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.