ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 17 febbraio 2013

Un unanimismo di stampo sovietico


La rinuncia di Benedetto XVI
di Jérôme Bourbon

Editoriale del settimanale francese Rivarol  n° 3081 del 15 febbraio 2013





L’11 febbraio, nella sorpresa generale, Benedetto XVI ha annunciato ai cardinali, in occasione del concistoro, che rinunciava ad occupare la sede di Pietro: «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti  e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice

Un unanimismo di stampo sovietico

Subito questa decisione è stata salutata unanimemente. Dai media che hanno lodato questo gesto come testimonianza di una grande modernità. Dal mondo politico, dalla sinistra alla destra nazionale. Dai dignitari delle diverse religioni e confessioni, con le organizzazioni giudaiche che si sono dimostrate particolarmente elogiative. Da notare in particolare il comunicato del Congresso giudaico mondiale, ditirambico: «Nessun papa prima di lui aveva visitato tante sinagoghe. Egli ha incontrato i rappresentanti della comunità ebraica ogni volta che si è recato all’estero. Nessun papa aveva fatto tanti sforzi per migliorare le relazioni con gli Ebrei a così tanti livelli.» Il Consiglio rappresentativo delle organizzazioni giudaiche in Francia non è stato di meno, al pari del grande rabbino di Israele che si è detto «riconoscente verso il papa Benedetto XVI per tutto ciò che egli ha fatto per rafforzare i legami tra le religioni e promuovere la pace interconfessionale». Bisogna dire che Joseph Ratzinger ha ripetuto molte volte che l’Antica Alleanza non è mai stata abrogata, che l’interpretazione ebraica della Bibbia è perfettamente possibile, che ha decorato molti rabbini, ha ricevuto più volte in Vaticano il B’nai B’rith (nel 2006 e nel 2011), ha condannato a più riprese il revisionismo (senza mai denunciare le condanne alla prigione inflitte in Occidente ai ricercatori e agli storici che non credono nell’“Olocausto”), ha visitato le sinagoghe di Roma e di Colonia. È così che si spiega facilmente l’omaggio universale che gli stato reso.

Le ragioni di una partenza

Resta da interrogarsi sulle ragioni di questa rinuncia. La ragione ufficiale è il suo stato di salute. Egli non ci tiene a finire come il suo predecessore, il cui degrado e la cui agonia tanto mediatizzate sono state interminabili. Evidentemente, noi non sappiamo alcunché degli eventuali problemi di salute di Benedetto XVI, ma in ogni caso non sembra che le sue capacità intellettuali siano alterate, poiché due giorni prima di questo annuncio ha meditato, quasi senza appunti, la prima epistola di San Pietro davanti ai seminaristi di Roma! Ciò che è sicuro invece è che questa decisione contribuisce a desacralizzare la funzione che egli afferma di incarnare.
Nel 1964, Paolo VI depose la tiara, che fu un gesto molto forte. In questo mese di febbraio 2013, il gesto di Benedetto XVI è altrettanto significativo.
Come dopo il Vaticano II i preti e i vescovi devono andare in pensione a 75 anni e i cardinali sono privati del diritto di voto a partire dagli 80 anni compiuti, l’occupante la sede di Pietro va ormai in pensione come un volgare AD!
Le conseguenze di questa decisione sono innumerevoli: non appena il suo successore manifesterà dei propositi controversi, non appena invecchierà, lo si inciterà a dimettersi. In definitiva, al ritmo in cui si muovono le cose, si potrebbero anche considerare dei mandati limitati nel tempo, come si fa nelle democrazie per i diversi eletti, dal sindaco al presidente della Repubblica. Cosa che equivarrebbe a spingere la logica democratica e la collegialità conciliare al parossismo.

Certi osservatori pensano che questa improvvisa rinuncia potrebbe essere legata all’affare VatiLeaks, col maggiordomo particolare di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, che ha rubato dei documenti confidenziali commettendo corruzione, malversazione, nepotismo e favoritismo nella gestione dei beni immobiliari ella Città del Vaticano.
Alcuni affermano che la decisione di Benedetto XVI si spiegherebbe in gran parte con lo scacco, almeno temporaneo, delle discussioni con la Fraternità San Pio X. Dopo la sua elezione, il 19 aprile 2005, Joseph Ratzinger aveva deciso di “normalizzare” l’opera fondata da Mons. Lefebvre: ricevendo a Castel Gandolfo il suo superiore generale, Mons. Fellay, nell’agosto 2005; promulgando, nel luglio 2007, il Motu Proprio Summorum Pontificum che ha fatto della Messa tridentina (già modificata dalle riforme di Giovanni XXIII) una «formastraordinaria» del rito romano; levando, nel gennaio 2009, le scomuniche dei quattro vescovi consacrati dal Fondatore della Fraternità San Pio X; organizzando dei colloqui dottrinale con i “lefebvriani”, tra il 2009 e il 2011; proponendo la firma di un preambolo dottrinale in cambio della concessione di una prelatura personale. Questi sforzi non sono riusciti ad avere successo nel giugno 2012 e in definitiva sono stati vani. Esattamente, sembra, come l’ultima lettera che Mons. Di Noia ha inviato a gennaio a tutti i sacerdoti della FSSPX tramite Menzingen. Peraltro, i dirigenti della Commissione Ecclesia Dei, Müller e Di Noia, avrebbero fissato un ultimatum per il 22 febbraio, cioè appena qualche giorno prima della partenza di Benedetto XVI (strana coincidenza!), perché Mons. Fellay accetti il preambolo dottrinale del 13 giugno 2012. Se, com’è probabile, questo scacco sarà confermato, per Benedetto XVI si tratterà di una cocente sconfitta, lui che aveva messo al centro delle sue preoccupazioni e della sua azione la soluzione del «problema FSSPX».

Verso nuovi sconvolgimenti

Quali che siano le ragioni reali di questa abdicazione, tenuto conto dell’atmosfera anticristiana entro la quale evolve il mondo, negli anni, nei decenni che verranno c’è da aspettarsi dei terribili sconvolgimenti. Ecco cosa si è potuto leggere alcuni giorni fa su Le Monde, quotidiano dei benpensanti, a firma del sociologo Eric Fassin: «Così, la Chiesa cattolica è oggi, quantomeno in Francia, il solo datore di lavoro che dimostra con orgoglio una discriminazione omofoba nelle assunzioni – in spregio alla legge. […] La Chiesa cattolica è omofoba? Questo saranno i tribunali a giudicarlo, allorché un seminarista alsaziano o moselliano, escluso dalla carriera ecclesiastica, avrà presentato denuncia contro una tale discriminazione nell’impiego. Questa potrebbe essere l’occasione per contestare un’altra esclusione, talmente comune che la giustizia dimentica di prendere in esame: alle donne è interdetto il sacerdozio. Forse il Vaticano dovrebbe avere meno interesse a mischiarsi nella politica, se non vuole che di rimando lo Stato si immischi nei suoi affari.»
Questo sembra folle, ma la prospettiva di legalizzare un’unione contro natura non sembrava insensata trent’anni fa?
D’altronde, gli anti-cristiani nascondono sempre meno il loro fanatismo. La copertina diLiberazion, del Mercoledì delle Ceneri, era volontariamente blasfema: «Dopo il papa: si dimetta Dio!». Alla vigilia, le lesbiche isteriche del movimento Femen entravano a Notre-Dame, a dorso nudo, e si gettavano sulle campane nuove di zecca esposte nella navata, sbraitando slogan anticattolici, prima di mettersi in ginocchio e di farsi il segno della Croce.

Non nascondiamocelo, il peggio è davanti a noi, tanto più che da un consesso di modernisti matricolati non possiamo aspettarci la minima speranza di raddrizzamento sia sul piano temporale, sia sul piano spirituale.

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