ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 21 marzo 2013

AFFLIZIONE NELLA DELUSIONE


Francesco I è il primo Papa che bacia pubblicamente un Capo di Stato. 
Pur permanendo nel silenzio pubblico con piacere un bel commento di Terzio, titolare del blog Exorbe. Commento che non posso non condividere parola per parola, a testimonianza del fatto che storie di vita diverse e sensibilità distanti si ritrovano a pensare le medesime cose, fin nei minimi dettagli. Straordinarietà del Cattolicesimo Romano. 

Francesco I riceve l'omaggio dell'erede al trono spagnolo in abito piano (prima volta nella storia).
 Il Principe Felipe in uniforme.
Francesco I incontra Bartolomeo I in Santa Marta: niente zucchetto, niente pellegrina.
Papa Francesco pronuncia l'omelia della messa di intronizzazione, senza indossare la mitria. Un unicum.
Non mi ispirano confidenza, non mi comunicano sicurezza coloro che non riescono a convivere comodamente e felicemente con i segni storici della loro identità, propri di una istituzione, di un ministero, di una missione. Se si rinuncia ad essi, se si opta per un minimalismo accondiscendente, penso che ci si voglia sganciare con un certo fastidio da ciò che bisognerebbe ostentare responsabilmente, consci della propria dignità.
Tanto più quando si tratta della dignità più alta. Il pauperismo ecclesiastico impoverisce la Chiesa e lascia più poveri i poveri, perché li priva della ricchezza della Chiesa, che è, in questo senso, davvero di loro proprietà.
Ogni volta che ho incontrato un pauperista militante (a parole, generalmente) mi sono sempre chiesto perché pur parlado tanto di povertà non si fosse fatto povero come Sant'Antonio abate e non se ne fosse andato nel deserto a vivere radicalmente la povertà e il romitaggio, con un saio di fibre di palma e facendo la dieta del Battista. Intuisco che la risposta all'enigma è che la povertà, in questi casi, suole essere solo un predicato, una costruzione verbale, una risorsa retorica, uno schermo, un annuncio propagandistico, un topos ideologico. 
L'ideale della povertà è una buona presentazione, attira ancora, anche se la praticano poco coloro che fanno sventolare questa bandiera dalla tribuna, davanti alle masse. La cosa importante, ciò che bisogna servire e soddisfare, è l'obbligazione assunta, il triplo munus sacerdotale, che, pur essendo sostanzialmente il medesimo per tutti i sacerdoti, trattandosi di Somma Gerarchia, chiede somma trascendenza: Munus regendi, munus docendi, munus sanctificandi. Reggere, insegnare, santificare. Governo. Dottrina. Sacramenti.
Mozzetta, rocchetto, stola e croce pettorale. C'era ancora la cortina di ferro e la società era più povera.
Un Papa mite ed umile riceve l'omaggio di tutti i cardinali con una mitria preziosa.
Benedetto XVI, venerdì santo - totalmente sdraiato dinanzi al Signore
I restanti aspetti sono solo estensioni di quelli, o integrazioni (alcune convenienti, altre più o meno improprie). Ciò che si è assunto non può essere alleggerito del suo peso storico. A meno che non si pretenda di interrompere la Storia, la propria, quella che deve informarsi nel momento in cui si accetta l'elezione senza obliterare il passato, senza ritoccarlo a partire dal presente. 
Mi emoziona il Papa vicino, pio, che prega con la gente, si avvicina agli umili, benedice gli infermi, abbraccia i piccini. Simpatizzo con tutti i segni di misericordia, di compassione, di vicinanza. Mi piace, mi edifica, mi anima vedere il Papa sentirsi Papa con i più piccoli, con quelli che il mondo ignora, con i semplici e gli innocenti feriti dal mondo e dalla vita.
Carcerati in ginocchio alla presenza del Papa che va ad abbracciarli
Paolo VI benedice un infermo a Gerusalemme
Paolo VI al Bambin Gesù con Mozzetta, rocchetto e stola.
Giovanni Paolo II abbraccia un bambino.
Benedetto XVI con il Saturno in campagnola (scoperta) - non papamobile - saluta i fedeli.
Benedetto XVI abbraccia un infermo.
Benedetto XVI abbraccia i bambini.
Così deve essere, così deve mostrarsi. Però non rinuncio al papa coronato dalla tiara, portato sulla sedia e fiancheggiato dai flabelli. E' sempre lo stesso, senza contraddizioni, senza diminuzione della sua umiltà, senza lesione del suo titolo di Servus Servorum Dei. Sento che qualcosa si è perso, che qualcosa di ciò che dovrebbe esserci si è rotto, che manca la coscienza della dignità - la più alta - che non può esser sostituita da un succedaneo di semplicità apparente che non definisce ciò che dev'essere riconosciuto e apprezzato esattamente come ci à stato trasmesso, arricchito dai secoli.
Mi inquieta veder titubare coloro che devono essere i primi ad apportare solidità personale alla Chiesa, convinti di ciò che sono, serenamente investiti di tutte le prerogative di ciò che rappresentano validamente e autenticamente, persuasi della loro forza spirituale. 
Un giorno fa ho commentato in tal senso riferendomi ai Cardinali del Conclave. Ora lo dico pensando a qualcuno più in alto, il più alto. E se questo succede nella cuspide, cosa accadrà alla base? Ci aspettano mari procellosi. Per questo, durante la Messa, al momento dell'elevazione, spontaneamente ho recitato: "Misericordia, Signore, misericordia..." Come recita un versetto di un salmo, ma spontaneamente, ho continuato a recitare il resto del verso "...la mia anima si rifugia in Te; il mio rifugio è all'ombra delle tue ali mentre passa la calamità..." (Sal 56). Poi però ho ricordato un altro versetto, di un altro salmo, che pure invoca misericordia: "...miserere nostri, Domine, miserere nostri, quia multum repleti sumus despectione, quia multum repleta est anima nostra obprobrium abundantibus et despectio superbis" (Sal 122) 
Con l'impressione di avere una opinione diversa su chi siano i poveri, chi gli orgogliosi, chi i sobri, chi coloro che prendono in giro, chi coloro che disprezzano. Di certo mi considero preso in giro e disprezzato. Sinceramente
+ Terzio


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