ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 4 aprile 2013

Il pentecostalismo, Gioacchino da Fiore e il nuovo Papa


Lo spunto per la riflessione che segue nasce dall'interessante notizia riportata oggi da Vatican Insider sulla Conferenza organizzata a Roma, dal 9 all'11 aprile, dalla Conferenza episcopale tedesca. Riporto l'incipit: 

I vescovi tedeschi hanno deciso di parlare dei movimenti pentecostali e della sfida che portano alla Chiesa cattolica. Lo fanno addirittura a Roma, in un convegno internazionale che si svolge dal 9 all’11 aprile ed è organizzato dalla Commissione per gli Affari Internazionali della Conferenza episcopale e dal Gruppo di ricerca guidato dal gesuita Johannes Müller che studia appunto il pentecostalismo. Dagli anni Novanta la Conferenza episcopale tedesca sta analizzando i cosiddetti «nuovi movimenti religiosi», che all’epoca era il termine con cui si definiva la «New Age», analizzata peraltro anche da un apposito documento del 2003. (seguito dal link)
Il maggior interesse al tema è dato dalla circostanza che il card. Bergoglio, ora Papa Francesco, non era estraneo a certe commistioni. Nella foto a lato, che lo documenta, vediamo anche p. Raniero Cantalamessa, la cui omelia del Venerdì Santo alla presenza del Papa ci lascia sconcertati per diversi motivi, insieme alle sue convinzioni sulla cosiddetta era dello Spirito Santo. In proposito volevo solo aggiungere qualche notazione, ma poi mentre scrivevo si sono affacciate alla memoria alcune correlazioni che mi sembrano significative e che ho documentato con i rispettivi link. E dunque ora il discorso si allarga e consente altre piste di lettura, sulle quali sarà necessario tornare per ulteriori puntualizzazioni.
Chissà? Al di là dei timori espressi successivamente, la Conferenza potrebbe essere un segnale positivo, di riflessione e chiarimenti adeguati almeno su questo versante. Staremo a vedere.
Per approfondire il tema del Pentecostalismo: link ad un articolo di Fede e Cultura.

Inizio dalle parole di p. Cantalamessa durante la citata omelia nella Basilica Vaticana:
« Dobbiamo fare il possibile perché la Chiesa non divenga mai quel castello complicato e ingombro descritto da Kafka, e il messaggio possa uscire da essa libero e gioioso come quando iniziò la sua corsa. Sappiamo quali sono gli impedimenti che possono trattenere il messaggero: i muri divisori, a partire da quelli che separano le varie chiese cristiane tra di loro, l’eccesso di burocrazia, i residui di cerimoniali, leggi e controversie passate, divenuti ormai solo dei detriti ».
A prescindere dalla insolita oltre che retorica e impropria citazione di un buio autore esistenzialista come Kafka, nel cui discorso sul "castello" la Chiesa passata presente e futura non entra neanche di striscio e a prescindere anche dalla definizione di chiese cristiane attribuita alle Confessioni eretiche,
1. se per "detriti" si intendono gli aspetti liturgici e cerimoniali e
2. se per "muri divisori", si intende la retta dottrina contro l'eresia,
3. se queste non sono parole al vento o estemporanee
più che di "impedimenti" si tratta di puntelli, abbattere i quali rischia di far crollare l'Edificio. E allora c'è da chiedersi perché mai Papa, cardinali, vescovi e sacerdoti tacciano, avallando di fatto simili tendenze. Possiamo sperare che siano parole estemporanee, ma in ragione delle frequentazioni precedenti del cardinal Bergoglio i nostri timori, pur da verificare, ci stanno tutti.

Possiamo completare questa riflessione col commento, alla stessa affermazione sopra riportata, tratto da Rorate Caeli, che aggiunge del suo a frasi riprese da questo articolo di Sandro Magister:
[Inizio cit.] « Nella mitologia pseudofrancescana e pauperista che in questi giorni tanti applicano al nuovo papa, la fantasia corre a una Chiesa che rinunci a poteri, strutture e ricchezze e si faccia puramente spirituale.
Ma non per questo visse il santo di Assisi. Nel sogno di papa Innocenzo III dipinto da Giotto, Francesco non demolisce la chiesa, ma la sorregge sulle sue spalle. Ed è la chiesa di San Giovanni in Laterano, la cattedrale del vescovo di Roma, a quell'epoca da poco magnificamente restaurata e abbellita, ma resa brutta dai peccati dei suoi uomini, i quali sì andavano purificati. Furono alcuni seguaci di Francesco a cadere nello spiritualismo e nell'eresia [fine citazione Magister].
Rorate Caeli: Dopo tutto, se si abbattono "partizioni, scale, camere e armadi", che sono stati aggiunti per un motivo, diventano reali i rischi, inavvertitamente o meno, di distruggere le travi di sostegno, con il crollo di tutta la struttura, o della maggior parte di essa ».
Lo stesso Magister, citando proprio p. Raniero Cantalamessa in relazione a Gioacchino da Fiore, così ha scritto in un suo articolo del 30 marzo 2012:
Ottocento anni fa giusti giusti, il 30 marzo 1202, morì Gioacchino da Fiore, l'abate calabrese «di spirito profetico donato» che Dante collocò nel Paradiso....Oltre che dall'avvio del processo di santità, il centenario è segnato da una serie di convegni. Che dietro la facciata dell'erudizione nascondono questioni vitali per il presente e il futuro della Chiesa.
Perché le visioni di Gioacchino da Fiore hanno traversato i tempi, anche se per il grande pubblico egli resta uno sconosciuto. E continuano a influenzare larga parte del cattolicesimo d'oggi.
Affiorano, ad esempio, nelle tesi sostenute dal francescano Raniero Cantalamessa, che è il predicatore ufficiale della Casa pontificia: «La storia sacra ha tre fasi. Nella prima, l'Antico Testamento, si è rivelato il Padre. Nella seconda, il Nuovo Testamento, si è rivelato il Cristo. Ora siamo nella terza fase, quando lo Spirito Santo brilla in tutta la sua luce e anima l´esperienza della Chiesa».
Proprio questo, infatti, Gioacchino profetizzò: la venuta di una terza e ultima età del mondo, quella dello Spirito Santo. Con una nuova Chiesa tutta spirituale, tollerante, libera, ecumenica. Che prende il posto della vecchia Chiesa dogmatica, gerarchica, troppo materiale.
Padre Cantalamessa è vicino al movimento dei carismatici e quindi sensibile a queste visioni. Ma l'influsso di Gioacchino da Fiore sul pensiero cattolico è molto più ampio e profondo.[...]
Quanto quest'influsso incide sulla spiritualità del nuovo Papa? C'è una continuità anche in questo con il suo predecessore che forse a molti è sfuggita. Leggiamo cosa ne scrive Emiliano Morrone su Il Fatto quotidiano del 1 settembre 2012, che vede coinvolti sia Carlo Maria Martini che Joseph Ratzinger- Benedetto XVI:
In Verso Gerusalemme (Feltrinelli, 2002), il suo testamento spirituale, Carlo Maria Martini definì il mistico e teologo Gioacchino da Fiore ”il più grande profeta del secondo millennio” insieme a Giorgio La Pira.
Nella sua tesi di laurea, Benedetto XVI trattò dell’abate florense Gioacchino, che credeva possibile la giustizia in questa vita e, idealmente vicino al vangelo di Tommaso e pure al Buddismo, anticipò il francescanesimo su un piano teorico e concreto. [Un dato rilevante: questa parte della tesi fu a suo tempo espunta da Joseph Ratzinger perché considerata quanto meno ardita. Ma reinserita da Benedetto XVI nella sua Opera Omnia - ndR]
Gioacchino, la cui causa di beatificazione è ferma in Vaticano, fondò una piccola comunità in Calabria, basata sul lavoro, la pratica religiosa e la contemplazione. Una comunità solidale al suo interno: di individui responsabilizzati, uniti dalla fede e dalla profezia della salvezza; lontani dall’individualismo, dall’homo homini lupus di Hobbes, dall’imperialismo, dal capitalismo e dal dominio dell’altro.
Le idee di Gioacchino, la sua concezione “politica” e l’utopia del futuro di giustizia trovarono attuazione nelle missioni in Messico dei francescani spiritualisti, i quali, spinti dalla potenza del suo messaggio, mitigarono l’azione del governo spagnolo nelle terre conquistate. Vi sono ampie prove nelle cronache dell’evangelizzazione del Nuovo Mondo.
Tornando a Francesco, finora la negazione del Magistero precedente risulta concretizzata nel gesto clamoroso della lavanda dei piedi extra Ecclesia, non soltanto in riferimento alla Cattedrale disertata il Giovedì Santo o al Cæremoniale Episcoporum praticamente ignorato, ma anche in riferimento al coinvolgimento in un rito cattolico di persone di altre fedi e non-credenti. Senza contare che, nei confronti delle donne musulmane, ammesse al Mandatum che il Vangelo di Giovanni solennizza come destinato agli Apostoli, il Papa si è esibito in grandi e profondi inchini a terra (bacio compreso), mentre invece paradossalmente è solito non genuflettersi alla Consacrazione... Leggiamo su Vatican Insider dei giorni seguenti, dopo una tanto sgradevole quanto pretestuosa "menata" nei confronti del mondo tradizionale, la dichiarazione giustificativa estremamente sommaria, riduttiva e banalizzante di Padre Lombardi, incastonata nel periodo che segue:
Fino allo strappo umile di papa Francesco. Per il portavoce vaticano Federico Lombardi, interpellato dall'Associated Press, ha spiegato che se in una “grandiosa celebrazione solenne” sarebbe logico lavare i piedi di soli uomini in commemorazioni dell'Ultima Cena di Gesù con gli apostoli, “in una comunità piccola e unica, composta anche di donne”, come quella di Casal del Marmo, sarebbe stato “inopportuno” escludere le donne “alla luce del semplice obiettivo di comunicare un messaggio di amore a tutti in un gruppo che certo non comprendeva raffinati esperti di regole liturgiche”.
Si parla di inopportunità in relazione all'obiettivo di comunicare un messaggio d'amore in una piccola comunità. Ma in quella piccola comunità il papa c'è andato per una sua decisione personale. E il problema non è da "raffinati esperti liturgici", ma risiede nel fatto che un papa abbia banalizzato il mandatum divino del Signore ai "suoi" sacerdoti trasferendolo a persone di altre fedi... Se qualcosa di analogo (non proprio identico perché almeno era fatto nell'ambito diocesano e parrocchiale e non esteso a non cristiani) è stato deciso da conferenze episcopali, ciò appartiene alla deriva post-conciliare centrata sull'uomo e non sul Signore, che arriva all'uomo nel modo che Egli solo ci rende possibile. E non sminuisce la gravità del gesto di un papa, che appare in sintonia con la peggiore creatività non liturgica ma anti-liturgica.

C'è una tradizione ed esistono norme liturgiche che il papa può, semmai, cambiare; ma legiferando (eodem sensu eademque sententia) e non facendo "strappi umili". E non si tratta di giuridismo o formalismo, ma di rispetto per il significato profondo e per il valore immenso di gesti che ci sono consegnati dalla Rivelazione Apostolica e che hanno anche un potere trasformante conferito loro dal Signore e non possono essere né oltrepassati né banalizzati, se questo senso profondo lo si conosce e lo si ri-conosce.  Il risultato è che Associated press (insieme a tutto il resto della grancassa mediatica) presenta la questione centrata sulle dichiarazioni di Padre Lombardi e quindi sul pressappochismo demagogico che ne deriva. Ovviamente nessun accenno ai tesori della fede che sarebbe stata l'occasione opportuna per accennare alla stampa, che in ogni caso appare ovviamente più interessata e 'rapita' dallo "strappo umile" del papa che ne ha fatto scempio, mentre sacerdoti già ampiamente e arbitrariamente 'creativi' si sentiranno autorizzati a trattarli nello stesso modo.

Naturalmente ci sono cose così profonde che non è possibile divulgare nelle poche battute richieste da una comunicazione così frammentaria e superficiale come quella dei media, perché sono per 'iniziati', cioè per credenti. Gesù le dice ai "Suoi" e le opera su di loro, per poi operarle attraverso di loro. Non si possono dunque spiegare nei dettagli, ma penso si debba almeno accennarvi in maniera seria e senza banalizzarle! E, invece, costoro cosa ne stanno facendo?

Attenzione a che lo strappo con la Chiesa precedente, non riguardi la reinterpretazione delle norme liturgiche. Attenzione allo snaturamento del cattolicesimo in una filosofia sincretistica alla moda.

I denigratori del Cattolicesimo e, tra i progressisti, quelli della Tradizione, stanno già diffondendo i loro 'mantra' con i quali accusano i tradizionalisti di lamentarsi per l'assenza dei simboli del Papato (scarpe e mozzetta), proprio per attribuir loro l'immagine di persone attaccate alle formalità e alle apparenze. La mossa non manca di astuzia, com'è logico aspettarsi, ma va rintuzzata con energia. Mi chiedo quale canale mediatico sia disposto a darci voce, oltre a quella che la libertà della Rete ora ci consente. Persino TV2000, che almeno in teoria dovrebbe essere una nostra Agorà di riferimento e di coinvolgimento, è asservita al potere della cultura dominante. Altre possibili Agorà, libere e non asservite ai modernisti o ai nemici della Chiesa che troviamo inopinatamente (ma forse non tanto) sullo stesso fronte, all'orizzonte non ne vedo proprio.

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