ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 27 aprile 2013

Onnipresenza mediatica del Papa


Può contribuire a distrarre o a raffreddare la fede del cattolico?



I neretti sono nostri


Da anni, osservando ciò che accade nel mondo e più ancora nella Chiesa, con Fra’ Maximilien-Marie abbiamo sviluppato una complessa riflessione sulla perdita quasi generalizzata della comprensione di cosa sia la funzione gerarchica e, di riflesso, sugli esecrabili sviluppi del culto della personalità.

Nei secoli di autentica fede, i fedeli erano in grado di distinguere la funzione investita da un’autorità data da Dio, dalla persona che rivestiva bene o male tale funzione. Così, per esempio, si erigevano nelle cattedrali dei magnifici stalli dove si poteva sedere in cattedra il vescovo: era l’espressione del rispetto dovuto alla funzione episcopale, rispetto che derivava dalla fede, indipendentemente dalle qualità o dai difetti della persona. Di contro, e senza che questo sminuisse il rispetto per la funzione, si potevano scolpire a decoro degli stessi stalli, delle raffigurazioni, talvolta molto crude, dei difetti fisici e morali della persona rivestita allora della dignità episcopale.

E questa era cosa santa.


Oggi, al contrario, col fallace pretesto dell’umiltà e della povertà, i prelati sembrano rivaleggiare in ingegnosità per sottrarsi agli onori dovuti alla funzione da essi assunta e si rifiutano di pontificare:alle cattedre preferiscono delle comuni poltrone e al posto di ricchi ornamenti che magnifichino la grandezza dell’episcopato, preferiscono le mitre in macramè e le casule in tela di iuta: tuttavia raramente sopportano che ci si lamenti dei loro difetti, fisici o morali, quantunque molto reali… Si pensi alla protesta che susciterebbe, per esempio, l’istallazione in una chiesa milanese di un doccione che fosse la caricatura di un certo cardinale oggi defunto!

E questa non è cosa saggia.

Il fatto è che la perdita del senso della funzione gerarchica, quasi sistematicamente sminuito dalla diminuzione degli onori che le sono dovuti, degenera molto spesso nel culto della personalità, rivolta a colui che riveste quella funzione. Si tratta di qualcosa di moralmente esecrabile; qualcosa di rovinoso sia per le istituzioni sia per la salute psicologica e spirituale delle persone.
Nella Chiesa, questo genera delle mode superficiali e sentimentali che non hanno più niente a che vedere né con la fede soprannaturale, né con la sana riverenza dovuta all’autorità.
Nei secoli di autentica fede, quando appariva il Sommo Pontefice si faceva silenzio e ci si inginocchiava per ricevere la benedizione del Vicario di Gesù Cristo che passava, ieratico. Oggi il Papa moltiplica i giri di pista, i saluti, i sorrisi, i baci, come fanno le divette, e passa senza più benedire le folle, che da parte loro si agitano e gridano, tanto che a volte ci si può chiedere se tutto questo emana da esseri dotati di ragione… tanto l’emozionale e il coinvolgimento collettivo sembrino prevalere…

Mentre ci soffermavamo a riflettere su queste cose, Juan Manuel de Prada, uno dei nostri fedeli amici che vive in Argentina, ci ha trasmesso un testo molto interessante, al quale aderiamo totalmente e che offriamo alla vostra riflessione.

Lully



L’esposizione mediatica del Papa è un fenomeno che può sembrarci “normale” e in effetti lo è nell’attuale fase della storia. Ma questo fenomeno è così spettacolare che incide inevitabilmente nella vita dei cattolici, se non addirittura nella stessa sostanza della loro fede, quantomeno nel modo di viverla.
Nel corso dei secoli un cattolico poteva tranquillamente morire senza neanche sapere chi fosse il Papa di Roma, oppure sapendolo solo in maniera nebulosa, ignorando se fosse grasso o magro, grande o piccolo, taciturno o spavaldo, fine teologo o pastore molto rustico.
Nel corso dei secoli, per un cattolico era sufficiente sapere che a Roma vi fosse un uomo che era il Vicario di Cristo sulla terra, che quest’uomo, la cui successione era certa, conservasse il deposito della fede professata e ricevuta dagli antenati.

Interi secoli sono trascorsi, durante i quali un cattolico viveva la sua fede nella preghiera, nella frequentazione dei sacramenti, nella celebrazione comunitaria; durante i quali riceveva degli insegnamenti solo dal curato del suo villaggio, seduto in cattedra, e dai suoi parenti, nel calore della sua casa.
È così che sono andate le cose dalla fondazione della Chiesa fino a qualche secolo fa, e si tratta dei secoli d’oro della Cristianità.


Prima dell’arrivo di questa fase mediatica della storia, ve n’è stata un’altra intermedia, durante la quale la diffusione della stampa ha permesso ad un cattolico curioso di conoscere le prese di posizione dei papi sulle questioni di fede e di costume, per mezzo delle loro encicliche; nonché, quand’era il caso, le difficoltà incontrate dal papato nel contesto politico internazionale.
Allora, un cattolico conosceva l’effige del Papa grazie a delle piccole stampe e, se era un lettore avido di giornali e riviste, poteva farsi un’idea sommaria delle linee maestre del suo pontificato. Ma l’immensa maggioranza dei cattolici restava ignorante circa tali particolarità, e viveva ancora la sua fede alla maniera tradizionale: in comunione con gli altri fedeli del suo paese e ascoltando gli insegnamenti del curato del villaggio, foss’egli santo o di costumi rilassati, talvolta anche dissoluto; cosa che appariva alquanto banale al cattolico ordinario: poiché per lui era sufficiente sapere che, santo o libertino, questo curato, quando diceva Messa era un “alter Christi”. Si trattava di un’epoca in cui le istituzioni rimanevano al di sopra delle persone che le incarnavano.

Ma ecco che è arrivata questa fase mediatica della storia, e tutto si è sconvolto. Ed ecco che il Papa ad un tratto, è divenuto una figura onnipresente, e il cattolico ordinario ha incominciato a conoscere su di lui delle cose inaudite: se soffre di gotta o è calvo, se ama il calcio o gli scacchi, se è austero o prodigo nel vestire, se calza scarpe di vitello o di capretto, se preferisce usare il berretto o il tricorno ricevuto in dono dai fedeli accolti in udienza o se preferisce declinare un onore così dubbio.
Si ritiene che, conoscendo queste inaudite intimità del Papa, il cattolico possa amarlo meglio, e che in questo modo egli diventi più «umano», più «prossimo» e «accessibile». Veduta del tutto grottesca, poiché la missione del Papa sulla terra è solo quella di essere il Vicario di Cristo, e per accostare Cristo, per renderlo più «umano», più «prossimo» e «accessibile», la modalità ci è stata suggerita da Cristo stesso: «Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato… ecc.». Non è conoscendo le intimità inaudite del Papa che il cattolico si accosta a Cristo, ma soffrendo con i piccoli nei quali Cristo si nasconde.

Ci si può chiedere, invece, se questa onnipresenza mediatica del Papa non contribuisca a distrarre o a raffreddare la fede del cattolico.
Ci si può chiedere se l’attenzione mediatica sul Papa, non solo riguardo alle sue prese di posizione sulle questioni relative alla fede e ai costumi, ma anche riguardo alle più diverse sciocchezze quotidiane, non generi qualche sorta di “papolaria” del tutto estranea alla tradizione cattolica e che spesso induce il fenomeno dei “fans”, tipico dei cantanti, dei giocatori e degli attori.

E ancora ci si può chiedere se questa esposizione mediatica totalmente abusiva non generi una distorsione nella trasmissione della fede.
 Poiché, se Cristo avesse voluto che la fede fosse trasmessa “alla grande”, avrebbe subito generato gli altoparlanti, la radio, le antenne, l’ADSL, la televisione digitale, le reti internet; e invece, pur potendolo fare, ha preferito che la fede fosse trasmessa nel calore umano, per mezzo di piccole comunità che crescessero con la testimonianza personale e insostituibile del faccia a faccia dei suoi discepoli.

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