ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 1 maggio 2013

Il primo incidente diplomatico di Francesco? Sullo Ior


Al centro della querelle anche la riforma della Curia

L’Osservatore romano ha pubblicato un’omelia di Bergoglio omettendo un passaggio critico sullo Ior 

Cominciamo dallo Ior. Alcune affermazioni del Papa dal sapore polemico relative all’Istituto erano state riportate la mattina del 24 aprile dalla Radio Vaticana. Si trattava di parole che Bergoglio aveva pronunciato nella consueta messa del mattino a Santa Marta, occasione nella quale il Papa non di rado affronta in termini colloquiali e pastorali temi delicati relativi alla vita della Chiesa. Nel corso di queste omelie il Pontefice ha evocato di volta in volta un modello di Chiesa meno mondana, estranea al carrierismo, all’autoreferenzialità, alle lotte di potere. E appunto in tale contesto aveva detto: «Quando la Chiesa vuol vantarsi della sua quantità e fa delle organizzazioni, e fa uffici e diventa un po’ burocratica, la Chiesa perde la sua principale sostanza e corre il pericolo di trasformarsi in una ong. E la Chiesa non è una ong». Al contrario, spiegava, la Chiesa «è una storia d’amore. Ma ci sono quelli dello Ior . Scusatemi, eh! Tutto è necessario, gli uffici sono necessari. Eh, va bè! Ma sono necessari fino a un certo punto: come aiuto a questa storia d’amore. Ma quando l’organizzazione prende il primo posto, l’amore viene giù e la Chiesa, poveretta, diventa una ong. E questa non è la strada». Quella mattina alla messa in Santa Marta era appunto presente una rappresentanza di dipendenti dello Ior. 
L’intervento del Pontefice sembrava una critica, sia pure espressa in termini colloquiali, a una certa gestione iperburocratica della macchina curiale, fino al punto di spiegare che nessun ufficio era indispensabile, Ior compreso. Una provocazione, certo, ma comunque un messaggio in linea con quanto il Papa stava dicendo fin dal primo giorno del suo pontificato. Ma che qualche sensibilità era stata urtata lo si capiva quel giorno stesso quando l’edizione pomeridiana dell’Osservatore romano pubblicava la stessa omelia di Bergoglio omettendo però il passaggio sullo Ior. Successivamente, sulla stampa, l’intervento del Pontefice veniva interpretato come l’evocazione – anche solo per far capire che faceva sul serio – di una possibile soppressione dello Ior.
La cosa naturalmente non è all’ordine del giorno, tanto che di recente uno dei più stretti collaboratori di Francesco, il laico Eduardo Guzman Cariquiry, segretario della Pontificia commissione per l’America Latina, precisava che non aveva senso parlare di abolizione dello Ior. La Chiesa, ha bisogno di risorse per mandare avanti strutture, iniziative, seminari e quant’altro nei Paesi poveri. Il punto è, spiegava Guzman, che bisogna procedere invece verso «la massima pulizia e trasparenza». Il che comunque non è poco.
Se questa è la linea lungo la quale intende muoversi il Papa, oggi in un’intervista pubblicata dall’Osservatore romano, il Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato, monsignor Angelo Becciu, in merito al tema soppressione dello Ior, ha detto: «Il Papa è rimasto sorpreso nel vedersi attribuite frasi che non ha mai pronunciato e che travisano il suo pensiero». «L’unico cenno in merito – ha aggiunto - è stato durante una breve omelia a Santa Marta, fatta a braccio, in cui ha ricordato in modo appassionato come l’essenza della Chiesa consista in una storia di amore tra Dio e gli uomini, e come le varie strutture umane, tra cui lo Ior, siano meno importanti». Dunque il Papa quella parole le ha dette, ma erano solo «un cenno di una battuta». In ogni caso di soppressione, appunto, non si parla. 
Ma Becciu ha toccato anche l’altro tema caldo, quello della riforma della Curia, dei cambiamenti di cui si è parlato in queste settimane. Pure in questo caso c’è un precedente significativo: il cardinale Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio consiglio dei testi legislativi, in un’intervista al Corsera aveva evocato già un abbozzo di riforma della Curia romana delineando anche la figura di una sorta di coordinatore fra i vari dicasteri, il Moderator Curiae romanae
Becciu, prima ha frenato, «in questo momento è assolutamente prematuro avanzare qualsiasi ipotesi circa il futuro assetto della Curia», poi ha dato però alcune indicazioni di un certo peso. I tempi della riforma non sono prevedibili, ha detto il Sostituto della Segreteria di Stato, ma «il Papa tuttavia ha chiesto a tutti noi, responsabili dei dicasteri, di continuare nel nostro servizio, senza però voler procedere, per il momento, ad alcuna conferma negli incarichi». «Lo stesso – ha aggiunto - vale per i membri delle Congregazioni e dei Pontifici Consigli: il normale ciclo di conferme o nomine, che si verificano alla scadenza dei mandati quinquennali, è per il momento sospeso, e tutti continuano nel proprio incarico ‘sino a nuova disposizione’ (donec aliter provideatur)». Insomma, i vari capi dicastero sono in carica, potremmo dire, provvisoriamente, una sorta di limbo durante il quale il Papa si prenderà il suo tempo «per avere un quadro approfondito della situazione».
L’intervento autorevole del braccio destro del Segretario di Stato sta a indicare una qualche tensione nei sacri palazzi. Anche perché diversi altri sono stati gli interventi di porporati che hanno evocato cambiamenti forti nel governo centrale della Chiesa, alcuni di loro fanno parte di quel gruppo di otto cardinali incaricati dal Papa di lavorare a un piano di riforma complessivo in vista del prossimo ottobre. Da qui le fibrillazioni crescenti, non escluso lo Ior, strumento del quale la Chiesa non intende privarsi e che dovrà essere profondamente trasformato. E così, in attesa di nomine e nuovi incarichi, è stato lo stesso Francesco a voler dare qualche rassicurazione ‘interna’ per non alimentare ulteriormente un clima di scontro fra le varie anime della Curia e della Chiesa universale. Lo stesso Pontefice, del resto, deve fare i conti con resistenze e alleanze in un percorso che si presenta quanto mai accidentato. 
Francesco Peloso
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/papa-francesco-ior#ixzz2S1tPUZlo
"Ior va chiuso"
VATICANISTA DE LA STAMPA
Il libro mette insieme documenti e avvenimenti noti ma in un quadro di insieme. Ci sono però «documenti pubblici, come le risposte alle interrogazioni parlamentari in Europa, che sono rimaste tra gli addetti ai lavori», riferiscono gli autori. Da queste emergerebbe una sorta di «giustificazione» da parte di Bruxelles. Per esempio nel 2002 l''Eurocommissario al Mercato interno Frits Bolkestein faceva presente che lo Ior è l'unica banca operante in Vaticano e «di conseguenza non esistendo un settore commerciale finanziario nello Scv, il campo d'applicazione delle normali misure antiriciclaggio che includono il sistema finanziario sarebbe necessariamente limitato». Fino ad arrivare al 2012 quando il Direttorato generale per gli Affari economici e finanziari della Ue scrive esplicitamente che «l'Unione europea non ha mezzi per applicare o eseguire qualsiasi regola sul contrasto al riciclaggio del denaro nei confronti della Santa Sede e di persone fisiche o giuridiche che rientrino sotto la sua giurisdizione».Venendo alle gestioni degli ultimi anni emergono nel libro i dati sui consistenti investimenti finanziari della banca. Negli Stati Uniti, dove ogni anno è stilato dal Dipartimento del Tesoro e della Fed un rapporto sui Paesi che detengono titoli e partecipazioni azionarie, «il valore totale dei titoli americani a lungo termine era di 176 milioni di dollari nel 2011, di cui ben 173 in partecipazioni azionarie». Le partecipazioni azionarie dello Ior in Usa sono state - sempre stando ai dati pubblicati nel dossier - costanti negli ultimi anni: 142 milioni nel 2010, di cui 126 in partecipazioni azionarie, 152 mln nel 2009, di cui 128 in azioni. Ma delle società nelle quali investe il Vaticano «non si sa - dicono gli autori - nulla di più». «Lo Ior va chiuso». È una conclusione drastica, senza alternative, quella che propone un libro-inchiesta sulla banca del Vaticano, «Paradiso Ior», scritto da Maurizio Turco, Carlo Pontesilli e Gabriele Di Battista e pubblicato da Castelvecchi. Per gli autori, che con il partito radicale hanno promosso negli ultimi anni campagne proprio legate alle questioni economiche e fiscali della Chiesa, «forse Francesco, Francesco che si fa povero» potrebbe prendere questa decisione. Anche il leader storico dei radicali, Marco Pannella, che firma la postfazione, dice: «Chissà che Papa Francesco non faccia quello che i suoi predecessori non hanno potuto, o saputo, o voluto fare». L'inchiesta mette insieme fatti e documenti dalla fondazione dell'istituto fino al crack del Monte dei Paschi. Dagli anni di monsignor Marcinkus ai misteri irrisolti che ruotano intorno alle morti di Calvi e Sindona, passando per la bancarotta del Banco Ambrosiano fino ai legami con Jp Morgan e altre società finanziarie lussemburghesi e svizzere. Mettendo in fila tutto quello che è accaduto, senza «leggere i fatti solo a piccole dosi», gli autori si chiedono «cosa c'entri una banca con una religione e cosa c'entri una religione con il potere». E per l'immediato futuro, visto anche l'annunciata riforma della Curia, gli autori avvertono che: «qualora lo Ior dovesse essere trasformato da ente dello Stato della Città del Vaticano a ente centrale della Chiesa cattolica significherebbe che sarebbe esente da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano» e quindi non sarebbe più possibile andare a fondo alle inchieste. 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.