ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 4 maggio 2013

SAN FRANCESCO NON DIMEZZATO E NON TRADITO


Il Signore perdonerà l’immagine di San Francesco d’Assisi oggi offerta ai fedeli? Ciò appare impossibile. Il Santo fu ben altro, testimoniò ben altro da quello che si vuol far credere.
Colui che si fece poverello mistico, e ricevette il sacro sigillo delle stimmate, volle per i suoi Frati minori (volontariamente umili) una Regola che, oltre ai tre voti canonici comuni agli Istituti di perfezione, prescrivesse sia l’assoluta povertà e la questua per supplire al difetto dei proventi procacciati con il lavoro, sia l’apostolato consistente in opere di carità che includevano la cura della fede e delle conversioni, ossia tanto le opere di misericordia corporali che quelle spirituali. I frati che ne avessero avuto l’attitudine, dovevano accettare di votarsi alla missione evangelizzatrice presso eretici e infedeli. Egli così concepiva la completa attuazione dell’insegnamento e del mandato di Gesù Cristo.

E il suo Ordine monastico mise in pratica la Regola. Sebbene per sua natura San Francesco fosse portato alla penitenza più cruda, alla mistica contemplazione, egli stesso per ben tre volte intraprese viaggi le cui mete erano in terra musulmana, dove avrebbe recato il verbo divino e assolto la missione commessa da Nostro Signore.
Una prima volta, nel 1212, la nave che lo portava in Siria naufragò sulle coste della Dalmazia. Negli anni seguenti si recò nella Spagna occupata dai Mori, ma un’infermità lo costrinse a far ritorno. Nel 1219 giunse in Palestina, e vi incontrò il Soldano (al-Malik al-Kamil) con il preciso intento di convertirlo. Non vi riuscì; tuttavia ottenne da lui la licenza di illustrare il Vangelo nei suoi domini.
I monaci col saio inviati in Spagna vennero arrestati, condannati a morte e graziati. Nel 1220, il Fondatore li mandò in Marocco. Ne conosciamo i nomi: Bernardo, Pietro, Accursio, Adinto, Ottone. Catturati mentre predicavano, furono flagellati e decapitati il 16 gennaio. I loro corpi traslati in Portogallo, contribuirono a suscitare la vocazione francescana di Antonio, dotto canonico regolare di Sant’Agostino, in breve entrato nell’Ordine di San Francesco. Anche Antonio partì per il Marocco e avrebbe seguito le orme dei protomartiri francescani, se una malattia non l’avesse obbligato a imbarcarsi. Durante la traversata il veliero finì per approdare in Sicilia. Di là, egli raggiunse la Porziuncola e conobbe il suo restauratore (1221). Questi lo istituì maestro di teologia. Quindi, dispose che il futuro Sant’Antonio da Padova andasse in Francia a contrastare l’eresia dei Catari. Come il pastore non mercenario della Scrittura, egli si preoccupò delle pecorelle (non ancora modernissime e in grado di badare a sé stesse…) incaricando Antonio di difenderle dall’errore quanto mai contagioso e mortifero.
Francesco compose la Regola dei frati, ne ottenne l’approvazione del Papa, la perfezionò secondo le esigenze tuttavia umane, fu sempre attento al buon governo dei monasteri, fondò quello delle Clarisse.
Tutti questi fatti dimostrano che il figlio di del ricco mercante Pietro di Bernardone, rinunciando al suo stato di guerriero e al mondo, non fu rivoluzionario della società, né un quietista ante litteram, né un pacifista dialogante col solo risultato di scandalizzare o, peggio ancora, di persuadere della falsa dottrina per la quale il dialogo non deve mai essere diretto a convertire, ma deve riconoscere la pari dignità degl’interlocutori, qualunque falsità professino gli erranti, e deve, perciò, transigere in materia di verità, di giustizia, di diritti di Dio.
Quand’anche bisognasse ammettere che sia scomparsa l’idoneità al martirio, non si giustificherebbe l’annullamento del decreto divino: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16, 15-16). E si diventa apostati, quando si evita la persecuzione tradendo il Messia. Infatti: “Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Lc 6, 26).
Il Santo della fraternità universale – per nulla egualitaria e incondizionata (fratello dei lupi che però, restando ribelli, meritano il castigo) - riconobbe semplicemente il valore delle attitudini e delle inclinazioni umane nell’ambito della fede, ricusò l’indulgenza verso gli erranti ostinati e combatté la peste delle eresie, rendendo il dovuto ossequio al Vangelo, al Salvatore (il quale accusa pubblicamente i cattivi maestri e rovescia i banchi dei mercanti nel Tempio), alla Chiesa e alla Tradizione cattolica di sempre.
 di Piero Nicola

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