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giovedì 13 giugno 2013

La caduta di stile


La caduta di stile dal peccato impuro di Pio X alla lobby gay di Francesco

Pio X, il Papa fatto santo quarant’anni dopo la sua morte da Pio XII nel 1954, l’aveva scritto in modo chiaro, nel suo Catechismo maggiore: “Il peccato impuro contro natura grida vendetta al cospetto di Dio”. Non solo, perché a giudizio del Pontefice trevigiano, capofila della lotta al modernismo di stampo ottocentesco, il peccato contro natura era il secondo per gravità, subito dopo l’omicidio volontario.
Pio X l’aveva messo nero su bianco nel 1905. Non aveva risposto a braccio a qualche domanda di religiosi sudamericani venuti a salutarlo nella Biblioteca vaticana. Non aveva parlato di “lobby gay” che convive nella città leonina assieme alla “gente santa che c’è in curia”. Papa Sarto, più di cent’anni fa, si guardò bene dall’usare il lessico del mondo. Denunciò il peccato mortale, la cui iniquità “è così grave e manifesta che provoca Dio a punirli con più severi castighi”. E se qualcuno avesse avanzato dubbi sulla severità di tale minaccia, il Papa rispondeva sicuro: “E’ così perché lo dice lo Spirito Santo”. Punto. Concetti rimasti pressoché immutati, benché nel Catechismo del 1992 curato da Joseph Ratzinger, quei peccati “gridano verso il Cielo” e non più vendetta al cospetto di Dio.
Francesco, invece, ha preferito calarsi nella realtà politica del problema, non parlando né di peccato né di colpa. Lo ha fatto il 6 giugno scorso nella Biblioteca vaticana, riconoscendo che tutti i sospetti circolati nelle settimane che coincisero con la storica rinuncia di Benedetto XVI, corrispondono al vero: sì, “c’è una corrente di corruzione”, la lobby gay esiste ed è pure forte e condiziona il governo della curia. “Bisogna vedere cosa possiamo fare”, ha detto secondo quanto riportato da un sito cileno. Poche parole perché scoppiasse un pandemonio, che secondo il vaticanista dell’Espresso, Sandro Magister, era scontato: “Bergoglio adotta un sistema di comunicazione particolare, diretto. Fino a oggi ha funzionato, ma era abbastanza naturale che prima o poi iniziasse a creare delle difficoltà”.
Gli interlocutori sudamericani sono venuti meno al patto che il Papa chiede ai suoi ospiti prima di iniziare la conversazione riservata: ci diciamo tutto francamente e in modo schietto, ma dovete promettere che nulla di quanto si dirà qui dentro sarà poi rivelato all’esterno. “Per tre mesi questo sistema ha funzionato”, aggiunge Magister. Certo, difficile pensare che in un contesto diverso, a Santa Marta o sul sagrato di San Pietro, Francesco avrebbe accennato all’esistenza di una lobby gay, al contenuto dei faldoni misteriosi redatti dai tre cardinali ultraottantenni e poi messi in cassaforte da Ratzinger. Eppure, per il vaticanista dell’Espresso era un’allusione voluta, fatta tra amici, tra gente che conosceva e che poi ha messo online la trascrizione della conversazione. Ma se le frasi di Bergoglio hanno creato qualche imbarazzo oltretevere – il “no comment” di padre Lombardi era indicativo – nell’episcopato c’è anche chi plaude all’uscita papale: “Finalmente lo ha detto”, commenta un vescovo italiano che preferisce rimanere anonimo.

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