ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 14 giugno 2013

Per il posto di Bertone il papa pensa a Maradiaga


In Vaticano i tempi sono maturi per la sostituzione del Segretario di Stato. Papa Bergoglio sta procedendo con circospezione per non fare errori nella scelta di una persona che sarà determinante a realizzare il suo progetto di una Chiesa più viva, dotata della freschezza delle origini. La nomina dovrebbe arrivare dopo il viaggio in Brasile previsto per la fine di luglio. Nella rosa dei favoriti che Francesco sta esaminando ultimamente è spuntato anche il nome del cardinale Oscar Luigi
Maradiaga, uno dei grandi elettori del pontefice, un salesiano poliglotta, con una grande esperienza internazionale maturata in virtù del ruolo di presidente di Caritas Internationalis. Maradiaga, attuale arcivescovo in Honduras condivide con Bergoglio la medesima visione del mondo, la stessa
attenzione verso i poveri e le periferie esistenziali.

E’ famoso per le sue battaglie contro la droga e la
corruzione che lo hanno costretto in passato a girare con la scorta. Nella Chiesa latino-americana gli è stata riconosciuta la dote di unire modernità e tradizione. Le affinità con Bergoglio non difettano.
Recentemente ha manifestato aperta insofferenza per la gestione finanziaria della Santa Sede, e in
diversi colloqui privati ha detto che lo Ior non essendo una banca vera e propria ha bisogno di un
profondo restyling all'insegna della più totale trasparenza dato che «San Pietro non aveva una
banca». Il metodo di lavoro che Maradiaga ha suggerito al Papa prima di dar vita a qualsiasi tipo diriforma è di raccogliere tutte le informazioni possibili al fine di avere un quadro dettagliato e
preciso. Maradiaga si era anche lamentato del fatto che nonostante vi fosse una commissione di
vigilanza formata da cinque cardinali di quello che succedeva dentro lo Ior nessun altro porporato
era conoscenza. «Noi non ne sapevamo niente, ecco perché bisogna avere la documentazione
necessaria per capire e prendere le decisioni più opportune». Papa Bergoglio condivide il metodo ed è anche per questo che il mese scorso ha scelto Maradiaga come coordinatore di un gruppo formato da otto cardinali, otto 'saggi' con l'incarico di affiancarlo nel grande progetto di riforma della costituzione Pastor Bonus, il testo quadro che regola l'organizzazione della curia romana. Di certo l'ascesa di Maradiaga non avrà sollevato grandi entusiasmi da parte dell'attuale Segretario di Stato visto che pur essendo salesiano come Bertone, Maradiaga non gli ha mai lesinato critiche per come in questi anni ha fatto funzionare la macchina curiale. Ma tant’è.
RELIGIOSI
Una delle obiezioni contro la sua candidatura è che il prossimo Segretario di Stato difficilmente può appartenere ad un ordine religioso visto che esiste già un pontefice proveniente dalla Compagnia di Gesù. Bergoglio però di Maradiaga si fida ciecamente e così il suo nome, nonostante i rilievi, ha preso ugualmente quota. Restano però nella rosa anche il cardinale Bertello, attuale presidente del Governatorato con il quale il Papa si consulta almeno per una mezz'ora al giorno su varie questioni;
monsignor Baldisseri, i nunzi Ventura, Migliore e Parolin e il cardinale Filoni. Infine, nel tam tam
interno c'è chi è pronto a scommettere sul ritorno in curia, con un incarico di rilievo, del nunzio a
Washington, monsignor Viganò, l'ex segretario del Governatorato promosso e allontanato da Roma dopo avere denunciato corruzione e scorrettezze in Vaticano.
di Franca Giansoldati
in “il Messaggero” del 14 giugno 2013
http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201306/130614giansoldati.pdf

Ior e riforma della Curia I nodi di papa Francesco
Prudenza e azione. Discernimento come ogni buon gesuita, ma poi decisione, senza perdere la
«mitezza». A tre mesi dalla sua elezione a vescovo di Roma, è questo lo stile di Papa Francesco.
Accoglienza, invito alla speranza ed anche alla tenerezza, ma fermezza nella condanna della
«corruzione» della Chiesa, soprattutto quando cede alle logiche «mondane». Quando preferisce il
potere e la ricchezza o l’«efficienza» allo spirito di servizio, alla vicinanza ai poveri e alle loro
sofferenze definite «carne viva di Cristo». In ogni occasione invita ad uscire dalle proprie sicurezze e ad andare, rischiando, verso le «periferie esistenziali». È il percorso indicato alla Chiesa dal momento della sua proclamazione e dalla scelta del nome Francesco. Perseguito con
determinazione e serenità quel mandato di «riforma» della Curia romana nella fedeltà al Concilio
Vaticano II affidatagli dai cardinali elettori al Conclave.
Ma il sorriso accogliente, che esprime simpatia e rassicurazione e i suoi gesti semplici non devono
trarre in inganno. È determinato il primo Papa «gesuita» della storia. Segue un suo programma. Ne dà conto ogni mattina con le omelie pronunciate nella Casa di Santa Marta, dove ha scelto di vivere rinunciando all’appartamento papale e agli altri simboli esteriori del potere regale. Ogni giorno offre uno spunto di riflessione che è già un indirizzo programmatico. Come l’invito a riflettere sul fatto che «Pietro non aveva una banca». Non sono frasi casuali. Come non lo sono le sue confidenze durante le udienze private o le aggiunte o le sottolineature ai testi pronunciati durante le occasioni ufficiali. Sono il chiaro segno che tra i primi nodi da sciogliere vi è la radicale riforma dello Ior, l’Istituto delle Opere religiose. L’«operazione trasparenza» iniziata dal suo predecessore, Benedetto XVI può non bastare. Come la «bonifica» dei conti sospetti confermata dal neo presidente Ernst von Freyberg che ieri ha assicurato che entro la fine dell’anno «sapremo meglio della maggior parte delle altre banche se uno dei nostri clienti è sospetto». Il rischio riciclaggio, il coinvolgimento dello Ior in operazioni equivoche, spingono il «vescovo di Roma» che ha deciso di non portare la croce d’oro ad andare oltre per «recuperare la buona reputazione» dell’istituto finanziario vaticano.
Un passaggio delicato, perché per la Santa Sede e per il bilancio della Città del Vaticano è ancora
essenziale l’azione dello Ior. Von Freyberg non crede che Papa Francesco possa puntare alla
chiusura dell’Istituto. Sarebbero solo chiacchiere per il banchiere tedesco. Ma i continui richiami
alla povertà e ad una Chiesa libera dai condizionamenti economici danno forza all’idea che il Papa
abbia deciso di accogliere la richiesta di un rapido e profondo ripensamento sulle finalità e sul
funzionamento della «banca» vaticana emersa anche durante il Conclave. Che questo sia uno dei
punti della riforma della Curia romana su cui ha chiesto di lavorare gli otto cardinali provenienti da tutti i continenti, lo ha confermato il coordinatore del gruppo l’honduregno Maradiaga.
Bergoglio è benintenzionato a «pulire la Curia romana». Questi primi tre mesi di governo sono stati di studio, di presa di coscienza diretta dei problemi da affrontare. Si è imbattuto in gruppi di potere che resistono. In zone opache che favoriscono la corruzione.
Nell’incontro con i vertici del Clar (la Conferenza latino americana dei religiosi) avrebbe ammesso l’esistenza di una «lobby gay» in Vaticano, di un gruppo di potere che riuscirebbe a imporre le proprie scelte, favorendo carriere, posizioni di potere e soprattutto interessi economici di varia natura. Vengono alla mente i fatti di cronaca legati alla vicenda della «cricca Balducci» e poi quelli emersi con lo «scandalo Vatileaks», raccolti nel rapporto della commissione d’indagine cardinalizia voluta da Benedetto XVI e trasmessa soltanto al successore. Il Papa sta valutando come affrontare il problema. Intanto vi è lo Ior. Non è detto che le decisioni arriveranno entro luglio. Papa Francesco si riconosce «disordinato» e fa affidamento sulle capacità degli otto cardinali che collaboreranno con lui alla riforma della Curia. La loro prima riunione è fissata per il 1° ottobre. Intanto il pontefice ha annunciato l’uscita dell’«enciclica a quattro mani», quella preparata da Benedetto XVI per l’Anno della Fede e che ha deciso di ultimare. «Papa Benedetto me l’ha consegnata, è un documento forte. L’ha fatto lui e io l’ho portato avanti».
di Roberto Monteforte
in “l'Unità” del 14 giugno 2013

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