ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 10 luglio 2013

Iniziano i botti?

SCARANO B
Aveva due conti presso lo Ior e uno in una normalissima banca italiana. Però monsignor Nunzio Scarano, arrestato nei giorni scorsi assieme a un agente dei servizi segreti e a un faccendiere italo-svizzero per una scivolosa storia di milioni di euro che dovevano rientrare clandestinamente in Italia, quando c'erano da fare operazioni spregiudicate utilizzava immancabilmente il conto dello Ior. Perché? «Effettivamente allo Ior sarebbe stato più facile».

Più facile. Sì, perché le procedure opache dello Ior, che non chiede e non dà spiegazioni, che emette bonifici senza indicare i mittenti né la causale, violando così ogni normativa antiriciclaggio, sono miele per i faccendieri.
LA GUARDIA DI FINANZA ACCOMPANGA MONSIGNOR SCARANO DOPO LARRESTO jpeg
Al tribunale del Riesame, ieri, si discuteva della detenzione di monsignor Scarano. È stato analizzato il suo interrogatorio davanti al gip Barbara Callari. Gli chiedono conto di quell'operazione anomala per cui esce dallo Ior con 560 mila euro in contanti in una valigia.
«Non credo - lo incalza il gip - che una banca italiana le avrebbe mai dato... ». È per questo motivo che monsignor Scarano faceva confluire sul suo conto Ior le «offerte» degli armatori D'Amico e di tanti altri ricchi benefattori? I D'Amico gli davano migliaia di euro al mese. Secondo i conteggi della procura, il tesoretto di monsignor Scarano si aggira attorno al mezzo milione di euro. E ancora non si parla della grande operazione di rientro dei capitali - che forse sono 20 milioni di euro, forse sono 40, finiti alla fine in Libano attraverso l'agente segreto Giovanni Zito, operazione per cui il monsignore chiedeva una «commissione» di 2,5 milioni di euro.
scarano
In un modo o nell'altro, sono le procedure dello Ior che finiscono al centro dell'indagine. Il religioso nel corso dell'interrogatorio conferma che le offerte arrivavano sul suo conto presso lo Ior. «Io ho dato disposizione alla banca - afferma Scarano - che nel caso c'era bisogno di chiedere ulteriori informazioni, erano tutti bonifici con la causale per opere di carità».
Lo stesso monsignore, però, racconta di quando l'armatore Cesare D'Amico si recò agitatissimo presso la sua abitazione. «Era molto preoccupato. Io gli dissi di non mandare più bonifici, di togliere di mezzo ogni cosa anche perché tutta questa situazione è diventata incandescente e poco piacevole. Lui mi assicurò che io ne sarei uscito senza alcun problema».
SEDE DELLO IOR
E comunque monsignor Scarano ha chiaro il quadro di sostanziali illegalità e l'ha denunciato ai pm nel suo ultimo interrogatorio: non soltanto lo Ior si muove come una banca che non rispetta le norme antiriciclaggio, ma così farebbe anche l'Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica), dove lui ha lavorato fino a tre mesi fa, e dove c'è un direttore, Paolo Mennini, che odia di tutto cuore. L'ultimo interrogatorio di monsignor Scarano è tutto qui: non solo lo Ior, ma anche l'Apsa, che opera estero su estero, e non passa mai per l'Italia, schermerebbe i capitali alla stessa maniera.
TORRIONE NICCOLO QUINTO SEDE DELLO IOR
2. FURGONI DI LINGOTTI D'ORO IN VATICANO
Marco Lillo per "Il Fatto Quotidiano"


Due furgoni pieni di lingotti d'oro. Monsignor Nunzio Scarano e uno dei suoi più cari amici, Massimiliano Marcianò, un imprenditore 45enne di Roma, hanno visto con i loro occhi la seguente scena: due camioncini si fermano davanti alla Città del Vaticano.
IOR istituto per le opere di religione
Aprono gli sportelloni e in gran fretta mani nervose caricano, proprio lì sul piazzale, davanti al monsignore e al suo amico, alcune valigie piene di lingotti d'oro. Marcianò ha raccontato questa e altre scene che sembrano prese da un film, quando è stato ascoltato come testimone dalla Guardia di Finanza di Salerno guidata dal colonnello Antonio Mancazzo, nell'ambito dell'indagine dei pm campani per riciclaggio.

Il verbale di Marcianò del 4 luglio scorso è stato girato dal procuratore di Salerno Franco Roberti e dal pm Elena Guarino, ai colleghi di Roma Nello Rossi, Stefano Fava e Stefano Pesci nell'ambito del coordinamento investigativo. Il Tribunale di Roma ieri si è riservato di vagliare la richiesta di scarcerazione presentata dall'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi nell'interesse di Scarano, sulla quale c'è il parere negativo della Procura. Marcianò ha raccontato ai pm di Salerno di avere assistito alla scena dei lingotti insieme a Nunzio Scarano e di avere chiesto al suo amico dove fosse destinato quel carico di valigie piene d'oro. Senza risposta dall'ex contabile dell'Apsa. Ieri il Fatto ha rivelato che Scarano nel suo ultimo interrogatorio di lunedì scorso ha puntato il dito sull'APpsa.

Il Monsignore ha raccontato di essere stato messo da parte dopo avere denunciato al segretario di Stato Tarcisio Bertone alcune operazioni poco chiare effettuate da un collaboratore del direttore Apsa, Paolo Mennini. Inoltre ha fatto il nome di un peso massimo della finanza come il gruppo Nattino. Monsignor Scarano ha parlato di operazioni sospette effettuate dall'Apsa, l'altro grande ente finanziaro del Vaticano, accanto allo Ior: imprenditori che intestavano le loro ricchezze a società svizzere o monegasche e che poi facevano girare i soldi sui conti Apsa.
PAPA BERGOGLIO
Inoltre ha spiegato alcune operazioni lucrose di spostamento di masse enormi di capitale tramite banche italiane, con utili finanziari occultati alle autorità italiane sempre grazie all'istituto vaticano. Il monsignore inoltre aveva nel suo archivio alcuni dossier sulle operazioni dell'Apsa.
Tarcisio Bertone
Lo ha raccontato agli investigatori salernitani il suo amico Marcianò. Anche gli armatori D'amico, indagati a Roma per dichiarazione dei redditi infedele come svelato dal Fatto , sono stati interrogati dai pm romani sui loro rapporti finanziari con Scarano e il broker Carenzio. Paolo D'Amico, presidente dellla Confitarma, organizzazione padronale degli armatori, ha raccontato: "ho conosciuto Carenzio attraverso Scarano che lo ha indicato come persona affidabile. Io ho concesso un finanziamento di 5 milioni di euro a una società amministrata dalla moglie di Carenzio alle Canarie e ne ho riavuto indietro solo 1,5 milioni". Mentre Cesare D'Amico, suo cugino e socio, ha dichiarato: "ho affidato a Carenzio nel 2008, 1 milione di euro per investimenti immobiliari e non ho recuperato nemmeno in parte la somma. Mai saputo di somme di denaro in Svizzera".
VATICANO mages
Nell'interrogatorio di garanzia del primo luglio scorso davanti a gip di Roma Barbara Callari, Scarano ha detto che il denaro depositato in Svizzera (in ipotesi dei D'Amico) sarebbe stato trasportato a Roma con l'aereo ma poi sarebbe finito a Beirut. Sempre secondo quanto dichiarato al giudice da Scarano, l'agente dei servizi segreti Giovanni Maria Zito avrebbe poi portato la somma (20 milioni di euro) a Beirut, perchè il Libano "è un paradiso fiscale".
vaticano m

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