ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 9 luglio 2013

Senza polemica

Prima di entrare nel cuore dell'argomento, sento prima di tutto il dovere di mettere nero su bianco alcune perplessità: non voglio, infatti, correre il rischio di essere scambiato per uno dei tanti tradizionalisti o presunti tali convertiti sulla via di Damasco e diventati, di colpo, laudatoresdel nuovo corso vaticano, pronti a metter su fette di salame davanti agli occhi e a sforzarsi di fornire interpretazioni concilianti di pensieri, parole e opere di Papa Francesco.

Quindi, è vero che apprezzeremmo molto che il Papa spendesse parole altrettanto forti di quelle impiegate ieri a Lampedusa per ribadire la santità del vincolo matrimoniale e dell’unione familiare e la follia della pretesa di insozzarli attraverso provvedimenti legislativi come quelli adottati di recenti in alcuni Paesi, tra cui la Francia. E’ vero che la scelta di visitare l’isola siciliana per porre al centro dell’attenzione la questione dell’immigrazione porta con sé il rischio di fraintendimenti e strumentalizzazioni. E’ vero che la scelta di una Messa penitenziale rischia di accreditare una volta di più l’immagine di una Chiesa che ha sempre qualcosa da farsi perdonare, come se non fossero bastati i “mea culpa” giubilari del 2000. E’ vero che talune scelte liturgiche, in primo luogo l’altare-barchetta e l'ambone-timone, sembrano più adatte a un parco di divertimenti stile Magicland o a una réclame di Capitan Findus che alla celebrazione del Santo Sacrificio della Messa.

Insomma, le ragioni per storcere il naso non mancano. Però non bisogna esagerare. Ieri ho letto commenti che non mi sono piaciuti, anche da parte di persone che stimo. Ho percepito, da parte di molti che pure si professano cattolici a tutto tondo, un’evidente mancanza di rispetto nei confronti del Papa, come si trattasse di una Boldrini qualunque. Si possono avere tutte le idee che si vogliono sull’immigrazione, è lecito osservare che proprio un certo atteggiamento buonista e l’idea di un’accoglienza indiscriminata costituiscono i migliori alleati dei mercanti di morte di cui ha parlato Francesco. Si può rivendicare la legittimità delle proprie posizioni anti-immigrazioniste, proprio alla luce dell’autonomia che deve contraddistinguere i cattolici impegnati in politica e che costituisce l’unica, vera, sana e accettabile forma di laicità delle realtà temporali rispetto al potere spirituale.

Ma trattare il Papa alla stregua di un avversario politico, con un astio che eravamo abituati a vedere solo in certi cattolici “democratici” e “progressisti”, questo non è accettabile. Il Pontefice ha inteso ricordarci che la dignità della persona umana è un principio universale, che vale anche e soprattutto per le migliaia di disperati che, vittime di un meccanismo più grande di loro, sbarcano sulle nostre coste o affogano prima di arrivarci. Ha voluto lanciare un grido contro l’indifferenza di fronte alle necessità e alle sofferenze dell’uomo, di tutti gli uomini. Ci ha ricordato che la misura sulla base della quale saremo giudicati nell’ultimo giorno sarà la carità (“ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi […] In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”) e che proprio nell’amore verso il prossimo incontriamo veramente Cristo. Ha predicato il Vangelo, come manuale di santificazione personale. Ha fatto il Papa, cosa che ci auguriamo continui a fare anche su altri e più divisivi versanti.

Chi, di fronte a questo, si preoccupa di fare polemica politica, di evocare i martiri di Otranto e gridare all’invasione islamica, di distinguere in maniera sprezzante tra i propri nonni, veri “emigranti”, e i “violentatori extracomunitari” che Papa Bergoglio avrebbe sdoganato, forse dovrebbe porsi qualche domanda sulla sostanza della propria fede. Dovrebbe chiedersi se essa è l’incontro della propria imperfezione con Cristo, vero Dio e vero uomo, o ideologia politica. Se il proprio cattolicesimo ha ancora qualcosa a che fare con il trascendente o è diventato una ricetta puramente “orizzontale” per organizzare la società. Se l’obbedienza al Papa e alla Chiesa vale sempre o solo nella misura in cui compiace e rispecchia i propri pregiudizi. Forse il caso di Magdi Allam non è così isolato come avevamo pensato: forse questo pontificato sta diventando veramente “segno di contraddizione, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”. 
di Marco Mancini

http://www.campariedemaistre.com/2013/07/il-papa-lampedusa-attenti-alle.html

Il papa a Lampedusa

Sul papa a Lampedusa si sprecano i commenti ideologici. In verità i fatti sono semplici: il papa, come dice un amico sacerdote, ha fatto il funerale a 20.000 persone morte in mare; ha ricordato i danni collaterali della globalizzazione; ha invitato a vivere davvero la pietas verso i fratelli, come faceva sant’Agostino quando da Roma si scappava in massa verso l’Africa.
Non ha invitato gli Stati ad aprire le frontiere; a cambiare le leggi; non ha fatto del cosmopolitismo a buon mercato; non si è intromesso in un ragionamento politico, di destra o di sinistra: ha ricordato il dovere della carità, della pietà, ai singoli cristiani e alle comunità cristiane.
Per questo, svincolandosi dalle letture schematiche e politiche, il fedele deve cogliere un richiamo, a se stesso, al modo in cui guarda ai nuovi venuti, al fatto che, volenti o nolenti, loro e noi, loro ci sono….
Uno sguardo cattolico significa sguardo caritatevole, cioè capace di portare amore, rispetto, con Cristo e in Cristo.
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2013/07/il-papa-a-lampedusa/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-papa-a-lampedusa

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