ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 24 agosto 2013

MA E’ DI QUESTO CHE ABBIAMO BISOGNO?

“PRONTO!” “SONO PAPA FRANCESCO, DIAMOCI DEL TU”. 

La notizia non è certo nuova, ha già fatto il giro del mondo. Pochi giorni fa uno studente padovano, che aveva scritto al Papa, ha ricevuto una telefonata che, è ben comprensibile, lo ha colpito. Era il Papa in persona che gli telefonava: non solo, lo invitava anche a dargli del “tu”. Leggiamo su Avvenire: "Credi che gli apostoli dessero del Lei a Gesù - gli ha chiesto Bergoglio -? O lo chiamassero Sua eccellenza? Erano amici come lo siamo adesso io e te, ed io agli amici sono abituato a dare del Tu".

La notizia è stata ovviamente ripresa da tutti gli organi di stampa, che non hanno mancato di sottolineare il gesto “di grande umiltà e vicinanza”, “che annulla ogni distanza”, e così via.
Ho pensato a lungo a questo fatto e mi sono domandato: ma è di questi gesti che abbiamo bisogno?
Dio mi scampi dal voler dare lezioni al Papa. Parlo da fedele, da povero peccatore, e vorrei solo fare alcune brevi riflessioni.
Viviamo in un momento di eccezionale difficoltà. L’attacco alla Chiesa e alle stesse basi della convivenza è furibondo e continuo. Se in altre parti del mondo (guardiamo gli ultimissimi esempi nei tumulti in Egitto) il massacro dei cristiani e la distruzione di chiese è pratica quotidiana, tanto da far parte ormai della “routine”, nella civilissima Europa è in atto una subdola guerra che, sbandierando un concetto falso e perverso di “libertà”, mira a sovvertire lo stesso ordine naturale voluto dal Creatore. Mancano autorevoli punti di riferimento e nella stessa Chiesa, duole dirlo, la gran parte dei Pastori tace o sussurra.
Siamo vicini al collasso morale generale e per realizzarlo fino in fondo il primo obiettivo sarà proprio la Chiesa cattolica, custode della Verità.
In questa tragica situazione, noi abbiamo bisogno – ne abbiamo sempre bisogno, ma ora più che mai – dell’Autorità che ci guidi. Ho detto “Autorità”; non ho detto “amico”.
Siamo soldati di Cristo, avendo ricevuto il Sacramento della Cresima. Ma un soldato per combattere ha bisogno di un Comandante che tale sia, anche nei segni esteriori della sua autorità. Quando nella mia giovinezza fui sergente di complemento, avevo un grande comandante, il colonnello Michele Ennio Santaniello, che comandava il Terzo Reggimento Bersaglieri, di cui mi onoro di aver fatto parte. Davanti a lui mi presentavo sull’attenti. Era un uomo che aveva ogni attenzione per i suoi subordinati, ma che pretendeva, giustamente, che fossero ben distinti i ruoli. Lui aveva sulle spalline i gradi di colonnello, io avevo sul braccio la “V” dorata di sergente. Era un comandante di profonde doti umane e di grandi capacità militari. Sarei rimasto deluso se mi avesse concesso eccessiva confidenza, perché ciò che attendevo da lui, e che da lui ricevevo, era che mi fosse da guida per il ruolo inferiore che rivestivo.
Il servizio militare è un periodo breve della vita, ora non è più nemmeno obbligatorio, tanto per non correre il rischio di avere dei giovani educati anche alla durezza, sana, della vita. Ma tant’è. Il servizio militare, dicevo, era un periodo breve, una parentesi educativa.
Nella vita ci misuriamo invece quotidianamente con una realtà che col passar degli anni è sempre più nemica del bene e della giustizia. È la realtà squallida che vediamo ogni giorno, malata di empietà, di egoismo, di disumanità, frutti inevitabili quando si pensa di poter fare a meno di Dio.
In questa tragica quotidiana realtà, dov’è l’Autorità che ci guidi, che ci dia le indicazioni appropriate per combattere per il Bene? Il Bene non può venire che dalla Chiesa cattolica, fuori della quale non c’è salvezza, e l’Autorità a cui ci rivolgiamo per essere guidati è il Papa, Vicario di Cristo, unica Autorità al mondo che è veramente, fino in fondo, legittimata a guidare l’uomo, perché istituita da Cristo stesso. “Tu sei Pietro”.
Un buon padre non è mai “amico” dei suoi figli. È padre, punto e basta.
Con tutto il rispetto e la devozione filiale, mi sento di dire: la notizia che ha tanto mandato in sollucchero i giornalisti di mezzo mondo, mi ha colpito e rattristato. “Noi siamo amici”? No. Ho bisogno, abbiamo bisogno, dell’Autorità del Papa.
L’Italia sta sprofondando nell’abisso. Se di qui a poche settimane il Parlamento approverà una legislazione sciagurata e blasfema, che vuol sovvertire l’ordine naturale delle cose, gran parte della responsabilità ricadrà anche su di noi, cattolici per troppo tempo tiepidi e su tanti Pastori, che tacciono, o se parlano ci offrono incredibili giri di parole per non essere accusati di ingerenze nella politica. Sembra che il consenso del mondo (ma ci ricordiamo chi è il “principe” di questo mondo?) sia diventato più importante dell’affermazione della Verità.
Ma non solo la politica omosessualista mira a scardinare la famiglia e con essa la stessa civiltà. Già è in atto una politica sciagurata che ha impoverito la famiglia; molti, troppi, conoscono una nuova povertà non per loro colpa, ma per le criminose manovre della finanza. La stessa insistenza nel voler continuare a tassare l’abitazione cela un profondo odio per la famiglia, di cui impunemente si vuol mettere in pericolo lo stesso focolare domestico.
Perché solo un piccolo gruppo di animosi sta denunciando questa deriva morale, questo attacco continuo alla razionalità e alla civiltà? Perché il Vicario di Cristo non dice una parola sull’Italia, che ora è anche la Sua Patria, che sta sprofondando? Non parliamo, per favore, di Stato “laico” e di rispetto dei ruoli. La Chiesa ha il preciso ruolo e dovere di guida morale della Società, né può rinunciarvi ora, di fronte alla Società che si sta autodistruggendo.
L’Autorità deve parlare, ammonire, guidare, senza esitazioni. Deve avere cura anche nei segni esteriori, che la facciano riconoscere come tale. Un Re che rinuncia alla corona è “democratico” o sta semplicemente abbandonando i suoi sudditi?
Avrei voluto scrivere tante altre cose, è da giorni che penso e ripenso a queste poche righe.
Mi sento solo di dire e ribadire questo: preghiamo il Santo Padre di essere tale. Non “amico” con cui darsi del tu, ma “Padre” e questa paternità viene da Cristo stesso. Infatti lo chiamiamo “Santo Padre”. Un padre non deve essere l’amico dei suoi figli. A ognuno il suo ruolo.
E parli, lo supplichiamo, parli, dica qualcosa su questa Italia che corre verso il suicidio, nel pavido silenzio di troppo clero che ha scelto come esempio Don Abbondio al posto del Curato d’Ars. Di questo abbiamo bisogno, ora, subito.
Ci saranno pochi, pochissimi applausi dal mondo. Non sarà forse il segno che si è imboccata la strada giusta?
 di Paolo Deotto

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