ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 16 settembre 2013

CARO FRANCESCO, CARO EUGENIO… dimmi.

Inchini reciproci tra Papa Bergoglio ed Eugenio Scalfari

parte prima 
di L. P.



Dalle inattese telefonate ai giovani con esordio “Buongiorno, sono Francesco” all’epocale e strillato scambio epistolare con Scalfari!
Ecco i massimi e i minimi dell’oscillazione mediatica di Papa Bergoglio. Minimi che, comunque, diventano boati, amplificati dai massmedia ad uso di folle di fedeli che fedeli non sono, ma soltanto curiosi spettatori sempre in ansiosa attesa di ulteriori e visibili scene, meglio, sceneggiate, che un’attenta regìa ci vuol  far credere estemporanee – l’uzzolo di un pontefice “laico” che domanda  e vellica dall’alto di una presunta cultura pansofica, e il vezzo paterno di un pontefice “religioso”  che risponde e adula, il tutto steso su una  lenzuolata  del mondialista “La Repubblica” – ma che sanno tanto di strategico programma studiato a tavolino, né più né meno dello sconvolgente “dialogo fraterno” Bergoglio/Skorka ( rabbino talmudista di Buenos Aires) pubblicato in “Il cielo e la terra – Mondadori 2013”.

Ci vien da pensare che mai, i papi precedenti, diciamo quelli preconciliari, nutrirono la vanitas di inviare lettere, missive, bigliettini connotati di affettazione e di reiterati attestati di stima e di rispetto culturale perché, quando ciò avveniva, i loro messaggi portavano seco il carattere di ferme definizioni, di autorevolezza e serietà docente, di correzioni, di conferme, di suggerimenti, di ammonimenti, di condanne; altro che pacche sulle spalle o salottiere espressioni di reverenza. “Exurge Domine!” di Leone X, “Ausculta fili” di Bonifacio VIII non sono lettere di untuosa familiarità ma documenti di chiaro significato dogmatico e di spirito aderente alla eterna dottrina evangelica.

Eugenio Scalfari scrive, il 7 luglio, replicando il 7 agosto, una lettera aperta al pontefice elencando, sotto forma di domande, alcuni temi in ordine alla conoscenza di Dio, alla salvezza, all’etica, all’ebraismo.
E cosa scrive, nella lettera di risposta  –  4 settembre 2013  –  Papa Bergoglio?
Predomina, in essa, l’ansia del “dialogo”, perno ed ancoraggio vaticanosecondo; dialogo e dialogo, senza preoccuparsi se questo si snodi all’infinito, diremmo asintotico, senza mai convergere e senza mai preoccuparsi, da parte della Chiesa, se lo scopo sia la conversione dell’infedele. Non sia mai!
In tutta la lettera – ma lo espresse chiaramente  in un intervento del 2010, replicato nel libro sopra citato cap. XXIX pag. 206 – papa Bergoglio velatamente fa intendere che la conversione non si pone come scopo primario in quanto tale essendo soprattutto un cammino condiviso, il  “fare un tratto di strada insieme” e, perciò, l’abolizione dell’opera di proselitismo è stata, finalmente “ oggi  - grazie a Dio - cancellata dal lessico pastorale” ( Cielo e terra op. cit. pag. 209).

Papa Bergoglio ha facile gioco nel  riportare  nel libro  - un libro che già contiene ciò che viene risposto a Scalfari – il sostegno complice dell’emerito dimesso expapa  Benedetto XVI, cardinal Ratzinger che, nel solco della nefasta “Dignitatis humanae” osò cancellare l’ordine perentorio di Gesù – “Andate in tutto il mondo, predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi sarà battezzato e crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato” ( Mc. 16, 16) con una nuova e aberrante definizione – “formula”, come la chiama il cardinal Bergoglio – così espressa: “ La Chiesa è una proposta (!) che arriva per attrazione, non per proselitismo”.
Insomma, tanto l’ex Prefectus defensor fidei ed expapa, quanto l’attuale pontefice, si congratulano per aver deformato la Chiesa, nominata come “proposta” – che altro non è  se non  lo strapazzamento indecente di un valore trascendente quale è la Chiesa di Cristo – he ekklesìa mou = la Chiesa di me – in una semplice mozione, offerta, progetto di tipo umano. Se l’individuo possiede energia magnetica, ecco, allora, che  la Chiesa potrà essere attratta, o viceversa. Un meccanismo, come si vede, di tipo deterministico secondo cui si scatena quello che papa Bergoglio chiama “incontro”. Non serve più andare per il mondo a diffondere il seme della buona Novella, questo impegno lasciatelo ai Testimonii di Geova; la Chiesa è diventata una calamita e ciò basta.

Faremmo, tuttavia, torto all’emerito papa dimesso, e all’attuale, se attribuissimo loro questa “novità”, dacché essa è stata formulata già da un ventennio quando, per ordine del defunto GP II, si ebbe la dichiarazione, detta “ di Balamand (Libano)” con cui la Commissione Internazionale mista  Cattolici/Ortodossi affermò che “ la forma di apostolato missionario sopra descritto  ( quello dei cattolici uniati – nostra nota ) non può più essere accettata né come metodo da seguire – perché anacronistico – né come modello dell’unità cercata dalle nostre chiese” ( punto 12) – cfr: Doc. Cath. N. 2077 1/8/1993 pp. 711-714 ( cit. in  Sac. Andrea Mancinella – 1962RIVOLUZIONE NELLA CHIESA ed. Civiltà, Brescia 2010 pag. 242/243).

Papa Bergoglio, in questa sua epistola di replica, si dimostra senz’altro educatissimo e, forse troppo, manifestando un che di timidamente subalterno quale lo vedemmo nell’inchino offerto alla regina islamica di Giordania. Ma questo è un aspetto su cui, per questa contingenza, non vorremmo essere categorici e perentorii, avendone già parlato.

Vediamo, allora, per sommi capi, in ordine di escussione sì da ottenere uno sviluppo della nostra analisi scorrevole e coerente, taluni  temi esposti nell’epistola papale che, alla luce dell’ortodossìa, appaiono in netto contrasto con la dottrina eterna della Katholika.
L’incipit è improntato a “viva cordialità” – l’avessero sperimentata anche i Frati dell’Immacolata!!! – e il discorso procede con un preliminare rendimento di grazie, e per l’attenzione che Scalfari ha dimostrato leggendosi  integralmente l’enciclica LUMEN FIDEI – postuma opera di Benedetto XVI e, tuttavia, recepita come anche propria da Papa Bergoglio – ma soprattutto per l’occasione che  si offre nel suscitare un “dialogo sincero e rigoroso (!)” con chi si definisce “un non credente da molti anni”, cioè con una persona che credente era ma che, poi, ha pensato bene di perdere la fede a vantaggio di un illuminismo tanto alla moda e, soprattutto, redditizio in termini di fama e di gloria terrena. Un non credente che, tuttavia, “è affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazareth” in termini, ci par di pensare,  puramente estetici; un credente che non si degna di corrispondere – permetteteci questa illazione – con un semplice parroco ma brama ed esige l’incontro col sommo pontefice della Chiesa cattolica. Certo, perché parafrasando il detto del marchese del Grillo: “Io sono io e voi non siete un…” non tutti sono Scalfari Eugenio.

Costui ha bisogno del papa, mica d’un semplice curato di campagna, ché le sue domande e le sue argomentazioni sottili – avete presenti, cari lettori, le analoghe elucubrazioni di Cacciari? - volano alto sicché  papa Bergoglio, non potendone fare a meno in quanto tirato in causa dalla lettera dello stesso giornalista apparsa  su “La Repubblica”, deve rispondere. Compito, dovere  del pastore, si dirà, come in effetti così pare.
Ed allora, Papa Bergoglio, con un’espressione dal tono piuttosto dilatato, a mo’ di soffietto – diciamola per come è: una captatio benevolentiae – dichiara d’aver letto la lettera ritenendola un fatto positivo non solo per loro due interessati ma per tutta la società. Se così fosse, premerebbe precisare che a noi non interessa punto l’angoscia esistenziale del dottor Eugenio che in tante circostanze ci è stato dato di conoscere e le sue intellettualoidi acrobazie da ateo in “cortile”.

Santità, Scalfari, lo ripetiamo, ha sempre sentito l’interiore urgenza di parlare e conversare con i “grandi” e non coi minimi a cui riserva ed ammannisce le sue omelìe negli editoriali domenicali  del suo giornale. E, per questo, ha già conversato con il cardinale Martini, ha scritto a 4 mani con Mancuso, ha interpellato Ratzinger, pare che abbia parlato con Dio stesso.  Sentendo, da un po’ di tempo in qua, scemare la sua presa sui lettori, è salito sul palco dell’informazione nazionale/europea e, aperto il sipario, ha cercato un nuovo interlocutore: lei, Santità.

Scalfari sa scegliersi i suoi contraltari e, pertanto, ha programmato “l’incontro” con Lei, nuovo vescovo e papa romano. Qualcuno, su un sito abbastanza frequentato, ha scritto che la sua risposta, Santità, è stata la trappola in cui Scalfari è caduto. Noi, che siamo sufficientemente scafati e svezzati dalla vita e dall’età, osiamo pensare che, per il troppo zelo di dialogo e di ministero missionario, Ella, invece, sia caduta nella rotonda retorica dell’ateo il quale, detto fra noi, di occasioni per rivedere le proprie posizioni in termini di fede, ne ha avute, ed in abbondanza. Con questa che Lei gli offre, specialmente laddove gli viene esposto il tema dell’amore di Dio per i peccatori, speriamo e confidiamo  che l’Eugenio nazionale possa ravvedersi e smettere di seminare odio, tramite i suoi libri, le sue interviste, il suo giornale, armando campagne devastanti e cattive contro avversarii politici. 
Ci auguriamo che nel suo cuore  germogli la bella pianta della misericordia e del rispetto. Speriamo, cioè, che mercé la sua risposta, egli sappia ravvedersi pur se il veleno sparso – similmente a quello della vipera di Trilussa che, persi i denti, ebbe la crisi – danni ne ha provocati. Ma, come dice Gesù: “C’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte”  (Lc. 15,7).
Lei, Santità, può certamente nutrire una speranza, ma assai  flebile in tal senso, perché il tipo è capace di ri/convertirsi più che pentirsi, e noi glielo possiamo dimostrare col farLe noto come e qualmente il suo corrispondente sia riuscito a cancellare dalla propria memoria, e da quella collettiva, un antica menda: l’appartenenza al PNF, vale a dire, al Partito Nazionale Fascista. Ma non pentito perché del tutto dimentico, tanto è vero che, folgorato sulla strada della resistenza, cancellata e rimossa quella macchia, s’è trasformato in una vestale della democrazia impalcandosi a maestro e censore ( cfr.  Mirella Serri – I redenti: gli intellettuali che vissero due volte. 1938-1948 – ed. Il Corbaccio 2005 - pp. varie).

Ci vien da pensare, commentando una sperabile conversione di Scalfari, a quella rigenerazione verginale a cui perveniva Athena ogni qualvolta, perduta l’integrità, si lavava nei ruscelli dell’Arcadia che ripristinavano l’originaria innocenza e le facevano dimenticare d’averla perduta.
    http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV605_L.P._Caro_Francesco.html

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