ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 6 settembre 2013

Da Washington il primo no a Francesco




IL PAPA SCRIVE A PUTIN PERCHÉ 

OBAMA INTENDA: “

NIENTE SOLUZIONE MILITARE IN SIRIA

Lettera di Papa Francesco a Putin - "La Stampa"
PAPA FRANCESCO BERGOGLIO TWITTA CONTRO LA GUERRA IN SIRIA

Nell'anno in corso, Ella ha l'onore e la responsabilità di presiedere il Gruppo delle venti più grandi economie mondiali. Sono consapevole che la Federazione Russa ha partecipato a tale Gruppo sin dalla sua creazione e ha svolto sempre un ruolo positivo nella promozione della governabilità delle finanze mondiali, profondamente colpite dalla crisi iniziata nel 2008.

PAPA JORGE BERGOGLIO
Il contesto attuale, altamente interdipendente, esige una cornice finanziaria mondiale, con proprie regole giuste e chiare, per conseguire un mondo più equo e solidale, in cui sia possibile sconfiggere la fame, offrire a tutti un lavoro degno, un'abitazione decorosa e la necessaria assistenza sanitaria.
PAPA BERGOGLIO A RIO DE JANEIRO
La Sua presidenza del G20 per l'anno in corso ha assunto l'impegno di consolidare la riforma delle organizzazioni finanziarie internazionali e di arrivare ad un consenso sugli standard finanziari adatti alle circostanze odierne.
Ciononostante, l'economia mondiale potrà svilupparsi realmente nella misura in cui sarà in grado di consentire una vita degna a tutti gli esseri umani, dai più anziani ai bambini ancora nel grembo materno, non solo ai cittadini dei Paesi membri del G20, ma ad ogni abitante della Terra, persino a coloro che si trovano nelle situazioni sociali più difficili o nei luoghi più sperduti.
PAPA BERGOGLIO COME FONZIE
In quest'ottica, appare chiaro che nella vita dei popoli i conflitti armati costituiscono sempre la deliberata negazione di ogni possibile concordia internazionale, creando divisioni profonde e laceranti ferite che richiedono molti anni per rimarginarsi. Le guerre costituiscono il rifiuto pratico a impegnarsi per raggiungere quelle grandi mete economiche e sociali che la comunità internazionale si è data, quali sono, per esempio, i Millennium Development Goals.
Purtroppo, i molti conflitti armati che ancora oggi affliggono il mondo ci presentano, ogni giorno, una drammatica immagine di miseria, fame, malattie e morte. Infatti, senza pace non c'è alcun tipo di sviluppo economico. La violenza non porta mai alla pace condizione necessaria per tale sviluppo.
barack-obama
L'incontro dei Capi di Stato e di Governo delle venti maggiori economie, che rappresentano due terzi della popolazione e il 90% del Pil mondiale, non ha la sicurezza internazionale come suo scopo principale. Tuttavia, non potrà far a meno di riflettere sulla situazione in Medio Oriente e in particolare in Siria. Purtroppo, duole costatare che troppi interessi di parte hanno prevalso da quando è iniziato il conflitto siriano, impedendo di trovare una soluzione che evitasse l'inutile massacro a cui stiamo assistendo.
putin- obama
I leader degli Stati del G20 non rimangano inerti di fronte ai drammi che vive già da troppo tempo la cara popolazione siriana e che rischiano di portare nuove sofferenze ad una regione tanto provata e bisognosa di pace. A tutti loro, e a ciascuno di loro, rivolgo un sentito appello perché aiutino a trovare vie per superare le diverse contrapposizioni e abbandonino ogni vana pretesa di una soluzione militare.
napolitano assad jpeg
Ci sia, piuttosto, un nuovo impegno a perseguire, con coraggio e determinazione, una soluzione pacifica attraverso il dialogo e il negoziato tra le parti interessate con il sostegno concorde della comunità internazionale. Inoltre, è un dovere morale di tutti i Governi del mondo favorire ogni iniziativa volta a promuovere l'assistenza umanitaria a coloro che soffrono a causa del conflitto dentro e fuori dal Paese. Signor Presidente, sperando che queste riflessioni possano costituire un valido contributo spirituale al vostro incontro, prego per un esito fruttuoso dei lavori del G20.
Invoco abbondanti benedizioni sul Vertice di San Pietroburgo, su tutti i partecipanti, sui cittadini di tutti gli Stati membri e su tutte le attività e gli impegni della Presidenza Russa del G20 nell'anno 2013. Nel chiederLe di pregare per me, profitto dell'opportunità per esprimere, Signor Presidente, i miei più alti sentimenti di stima.

Diario Vaticano /
I cattolici ai vertici dell'amministrazione Obama tutti a favore dell'intervento militare in Siria. E anche nell'insieme del mondo cattolico americano l'appello del papa ha trovato un ascolto tiepido



di ***


CITTÀ DEL VATICANO, 5 settembre 2013 – “Un voto cattolico contro la guerra in Siria”. È con questo titolo che "L’Osservatore Romano" del 5 settembre ha dato notizia della mobilitazione della conferenza episcopale degli Stati Uniti, USCCB, contro l’azione militare fortemente voluta dal presidente Barack Obama.

L’USCCB, in effetti, ha invitato i cattolici a mettersi in contatto con i loro rappresentanti di riferimento al Congresso, per chiedere loro di "votare contro la risoluzione che autorizza l’uso della forza militare in Siria", in risposta "all’atroce attacco con armi chimiche" condotto "su civili innocenti", e di appoggiare invece un’azione condotta dagli Stati Uniti, in collaborazione con la comunità internazionale, "per un immediato cessate il fuoco in Siria e per autentici e inclusivi negoziati di pace".

E questo alla luce della forte iniziativa di papa Jorge Mario Bergoglio in favore della pace, con la giornata di digiuno e preghiere programmata per sabato 7 settembre.

Ancora non si sa se e quale effetto potrà avere l’appello dei vescovi nel voto del Congresso, che comunque non sarà vincolante per Obama.

Ma intanto l’appello di papa Francesco non sembra aver sfondato tra i cattolici che contano nei vertici istituzionali degli Stati Uniti.

Il presidente Obama non è cattolico e durante il suo primo e secondo mandato ha condotto politiche in evidente contrasto con l’insegnamento della Chiesa su temi eticamente sensibili come l’aborto e i cosiddetti matrimoni gay, A questo ora aggiunge una propensione bellica che non lo distingue dal predecessore George Bush Jr., che però su quelli che una volta venivano definiti temi "non negoziabili" era stato costantemente in accordo con la morale ebraico-cristiana.

Come Bush è ricordato come colui che ha fortemente compromesso la presenza cristiana in Iraq, così Obama – che pure all’inizio del suo mandato fu elogiato per il suo realismo cristiano anche da un eminentissimo teologo quale il cardinale Georges Cottier – potrebbe venire ricordato come il presidente che ha radicalmente indebolito le storiche comunità cristiane della Siria.

A favore dell’azione di guerra contro la Siria si è espresso lo "speaker" del Congresso americano John Boehner, repubblicano dell’Ohio, cattolicissimo e molto impegnato per la vita nascente e contro i matrimoni omosessuali.

A sostegno dell'intervento militare si sono compattamente schierati politici cattolici del Partito democratico rigorosamente pro-choice e favorevoli all’equiparazione delle unioni gay ai matrimoni come Joe Biden (nella foto), John Kerry e Nancy Pelosi, rispettivamente vicepresidente degli Stati Uniti, segretario di Stato e capogruppo dei democratici al Congresso. Il ministro della difesa Chuck Hagen, anche lui favorevole all’attacco militare in Siria, è ora episcopaliano, ma oltre ad essere stato un ex repubblicano è anche un ex cattolico.

Insomma, i non pochi cattolici presenti nei vertici delle istituzioni e nei posti chiave dell’amministrazione Obama non sembrano essere stati scossi dal drammatico appello lanciato domenica 1 settembre da papa Francesco.

Ma anche l'insieme del mondo cattolico degli Stati Uniti non sembra aver brillato per prontezza nel rispondere all’appello del papa.

Ancora tre giorni dopo questo appello, infatti, proprio nelle ore in cui su "L’Osservatore Romano" si dava risalto al suddetto appello della USCCB, se da Roma si andavano a vedere le home page delle più importanti diocesi USA – cioè quelle che nella loro storia hanno avuto almeno un cardinale – si scopriva che solo in tre su dieci era riportato l’annuncio della giornata di preghiera e digiuno lanciato dal papa.

Lo riportavano i siti delle diocesi di Chicago, Baltimora e St. Louis. Ma non ancora quelli di New York, Boston, Los Angeles, Philadelphia, Detroit, Galveston-Houston, Washington DC.

Poi, anche le altre diocesi, più o meno rapidamente, si sono allineate.

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L'appello di papa Francesco all'Angelus di domenica 1 settembre, con l'indizione per il 7 settembre di "una giornata di digiuno e di preghiera per la pace":

> "Cari fratelli e sorelle…"

E il discorso rivolto il 5 settembre dal ministro degli esteri vaticano Dominique Mamberti agli ambasciatori presso la Santa Sede:

> Intervento del segretario per i rapporti con gli Stati

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Il richiamo dei vescovi americani per un voto contro l'intervento militare in Siria:

> Action Alert

La lettera al presidente Obama del cardinale Timothy Dolan, presidente della USCCB, e del vescovo Richard E. Pates, presidente della commissione Iustitia et Pax:

> Letter to President

Ma in un commento sul suo blog personale, lo stesso cardinale Dolan, arcivescovo di New York, si è espresso sull'intervento militare in Siria in termini più possibilisti:

"Le nostre preghiere sono con il nostro presidente e il Congresso, mentre valutano l'appropriata risposta americana. Il Signore sa, come le maggiori potenze del mondo, che noi abbiamo il dovere di ricordare alle nazioni, con la forza se necessario, che certe linee di civile e inumano comportamento non possono essere tollerate nella comunità delle nazioni".

L'intero commento di Dolan:

> God Bless and Guide Us

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Il giudizio molto positivo su Obama espresso nel 2009 dal cardinale Georges Cottier, per molti anni teologo della casa pontificia:

> "Obama mi ricorda i primi legislatori cristiani…"
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350591

Guerra in Siria, la mediazione del Vaticano con gli Usa

Bergoglio vuole evitare il conflitto. Scrive a Putin. E triangola con McDonough, il cattolicissimo capo dello staff di Barack. 

Il presidente Barack Obama, il suo capo di gabinetto  Denis McDonough (a destra) e Lisa Monaco, assistente del presidente incaricata di controterrorismo, in una riunione.
Se la telefonata sia realmente partita non si sa: il Vaticano si è affrettato a smentire chepapa Francesco avesse chiamato il despota siriano Bashar al Assad. Ma la notizia, divulgata dal quotidiano argentinoClarin il 5 settembre, secondo cui il pontefice voleva persuadere il presidente «ad adottare una strategia più conciliante con i ribelli», non ha stupito chi da giorni segue le mosse di Bergoglio.
DALLA LETTERA AL DIGIUNO. Tra diplomatici e uomini di potere, sono in tanti ad aver sentito la voce di Jorge Bergoglio da quando la crisi siriana si è aggravata.
L’ultimo appello alla diplomazia è stata la lettera indirizzata a Vladimir Putin, padrone di casa del G20 in corso e ferreo alleato di Assad. Ma Francesco ha anche indetto una giornata di digiuno sabato 7 settembre, alla quale hanno aderito uomini di potere e fede in tutto il mondo. Compreso quelli vicino alla Casa Bianca. Dove l'offensiva di pace del papa ha fatto squillare il telefono più di una volta.

McDonough, l'uomo dalla grande fede che fa da sponda a Bergoglio

Secondo i bene informati, dall'inizio della settimana il pontefice è in contatto con alcuni stretti collaboratori del presidente degli Stati Uniti. Un nome tra tutti: Denis McDonough, il capo di gabinetto di Barack Obama.
IL CONTATTO TRA OBAMA E IL PAPA.È su di lui che Jorge Bergoglio avrebbe triangolato per cercare di prendere tempo sull'attacco in Siria. Nessuno sa se e cosa si siano detti, ma è certo che, come ha rivelato il Wall Street Journal, prima di decidere di chiedere al Congresso di votare sull’attacco in Siria, Obama abbia trascorso 45 minuti con McDonough, in una lunga chiacchierata-camminata necessaria a schiarire le idee.
UNA VITA DI CHIESA. D'altronde, per la sua storia personale e politica il capo di gabinetto di Obama è la persona adatta per fare da mediatore tra Bergoglio e la Casa Bianca. Cresciuto in Minnesota in una famiglia numerosa di ferreo credo cattolico, è uno dei politici americani più impegnati nel far emergere le posizioni del cattolicesimo sociale.
IL LEGAME CON L’ESTABLISHMENT. McDonough, 43 anni, si è laureato alla Saint John's University, una delle più influenti università cattoliche degli Stati Uniti, che negli anni ha sfornato politici di razza tra cui Mario Cuomo, ex governatore di New York, e William Casey, già capo della Cia, spesso amici tanto tra i banchi di scuola quanto nei corridoi di Washington.
McDonough è noto anche per il suo sostegno a Catholics United, organizzazione no-profit che promuove i valori della solidarietà cristiana nel dibattito politico. E che, con discrezione, porta le istanze della chiesa nelle stanze del potere.
  • La lettera di Francesco ai leader del G20.

La linea del Vaticano passa anche per Biden e Viganò

Non è un caso che la nomina di McDonough a capo di gabinetto, nel gennaio 2013, sia stata salutata con soddisfazione dal direttore dell'associazione James Salt.
LA LINEA DEL VATICANO. Il braccio destro di Obama, esperto di politica estera, sulla Siria ha una posizione vicina a quella del Vaticano.
Nel 2012, quando la situazione in Medio Oriente era già bollente, in numerosi incontri aveva chiesto di tenere gli Stati Uniti fuori da un conflitto perché sarebbe stato un «intervento impopolare», per gli alti costi sia economici sia umani.
Un'opinione che ha di sicuro influito nelle decisioni di Barack Obama: inclusa l’indecisione, che molti hanno dipinto come debolezza. Il presidente ha temporeggiato, scegliendo poi di passare per il Congresso, in linea con le idee di McDonough. E del Vaticano.
LA CHIESA POCO ROMANA. Il capo di gabinetto di Obama, comunque, non è l'unico uomo vicino alle posizioni della Santa Sede ad avere un ruolo di primo piano a Washington. Lo stesso Joe Biden, vice-presidente, è un cattolico praticante. Mentre a rappresentare il Vaticano nella capitale americana c'è il nunzio Carlo Maria Viganò, un uomo di peso della Chiesa cattolica.
La loro azione congiunta, nel momento in cui la chiesa cattolica è meno romana che mai sotto la guida del papa «venuto dalla fine del mondo», potrebbe avere un ruolo cruciale sul destino del Medio Oriente.

di Cinzia Franceschini
http://www.lettera43.it/politica/guerra-in-siria-la-mediazione-del-vaticano-con-gli-usa_43675107334.htm

Vi spiego perché Papa Francesco non è un pacifista che si oppone alle guerre giuste. Parla il vaticanista Thavis

06 - 09 - 2013Matteo Matzuzzi
Vi spiego perché Papa Francesco non è un pacifista che si oppone alle guerre giuste. Parla il vaticanista Thavis
Andateci piano, prima di dire che Bergoglio è un pacifista che ribalta totalmente la concezione wojtylana di guerra giusta. John Thavis, vaticanista di lungo corso e in questi giorni in Italia per presentare il suo ultimo libro, spiega a Formiche.net perché la posizione della Santa Sede non è netta e che un domani, in caso di strike, potrà essere “aggiornata”.
Giovanni Paolo II, all’inizio degli anni Novanta, si pronunciò a favore di interventi di polizia umanitaria “nelle situazioni che compromettono gravemente la sopravvivenza di popoli e di interi gruppi etnici”. Parlò di “dovere per le nazioni e la comunità internazionale”. Pensa che oggi, con Francesco, questo concetto sia ormai superato?
Non credo che per Papa Francesco il concetto di ingerenza umanitaria sia superato. Ritengo che, più semplicemente, per il Vaticano la situazione in Siria non pone le condizioni per giustificare un tale intervento. Anche perché un intervento militare contro il regime di Bashar el Assad sarebbe programmato come punizione o deterrente, ma non come l’avvio di un piano capace di porre fine alla sofferenza della popolazione civile.
A suo parere, Bergoglio sta archiviando il concetto di “guerra giusta”?
Credo che le dichiarazioni del Papa siano indirizzate soprattutto all’attuale situazione della crisi siriana e alla possibile escalation militare che potrebbe coinvolgere altri paesi nella regione. Non penso che Bergoglio stia archiviando il concetto di “guerra giusta” per ogni altra circostanza. E’ certo, però, che gli insegnamenti della chiesa tendono a sottolineare che oggi le condizioni per una “guerra giusta” sono molto limitate.
Ritiene che quando (e se) il conflitto scoppierà, la Santa Sede sarà pronta a riconsiderare la posizione di netta chiusura alla guerra, o a quel punto si potrà assistere a una svolta di tipica Realpolitik?
Il Vaticano valuta anche l’evolversi della situazione in termini politici e diplomatici, e non assume solamente su una posizione tradotta nella frase “mai più guerra”. Ecco perché, se ci sarà un attacco militare contro il regime di Damasco, mi attendo un aggiornamento della posizione circa le opzioni politiche internazionali. Non, però, sul giudizio riguardo l’efficacia o meno della guerra.
La posizione degli Stati Uniti: mentre il presidente Obama spinge per l’intervento, la conferenza episcopale invita i fedeli a premere sui propri membri al Congresso per votare contro la risoluzione che autorizza gli strike. Che peso può avere, l’azione di Dolan & co., sul piano politico?
La posizione della conferenza episcopale statunitense è sorprendente netta, soprattutto perchè non chiedono solo preghiere o riflessione ma una campagna politica contro un piano proposto dal presidente. Avrà un peso per i cattolici, che rappresentano 25 per cento della popolazione, anche se alcuni vedranno in quest’offensiva una mossa politica piuttosto che morale.
Con il ritorno di un diplomatico alla guida della Segreteria di Stato, mons. Pietro Parolin, potrà beneficiarne anche l’azione diplomatica della Santa Sede nei contesti di crisi nel mondo?
Data la situazione attuale, sarebbe stato più opportuno se Parolin, un astuto diplomatico, fosse già al lavoro come Segretario di Stato.

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