ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 13 novembre 2013

Come ti erudisco il pupo


PEDAGOGIA E DIDATTICA NEOTERICA:
testi e sussidii per l’insegnamento religioso
nella scuola primaria

( Come ti erudisco il pupo )

Prima parte 


In un precedente intervento – LA GRAVITA’ DELLA SITUAZIONE ECCLESIALE ATTUALE : siamo giunti al Vaticano III ? – ottobre 2013 - riportato su questo sito, Don Curzio Nitoglia citava, a ragguaglio e rinforzo dell’analisi in tema, pertinente cioè al degrado non solo pastorale, ma soprattutto,  teologico del Magistero Cattolico, un passo tratto dal testo “UNA STRADA DI STELLE – CORSO DI IRC per la Scuola primaria – vv.2 – ed. Elledici 2010” - approvato con “nulla osta” CEI – Cardinale Angelo Bagnasco (protocollo 811/2010 ) del 19 novembre 2010, pagina 73/74  v. I -  in cui, mediante l’apologo dell’elefante, veniva dichiarato, con presunzione di dimostrazione, essere Dio presente come quota costitutiva in ogni confessione al modo in cui le orecchie, la proboscide, le zanne pur essendo parti sono, al contempo, gli indizii e le caratteristiche dell’elefante. 

Insomma: Dio è, più o meno, in tutte le religioni: un brano nell’induismo, un lacerto nel buddhismo, la testa nell’ebraismo, gli arti nel cristianesimo e via narrando. Da considerare una bischerata, partorita da cervelli allucinati ed ebbri di ecumenismo sincretistico neomodernista e panteista, se non fosse che il tossico dell’eresia, sapientemente distillato, scorre inarrestabile a devastare, inquinare e paralizzare le coscienze dei fanciulli della scuola primaria.

Don Curzio ha fatto cenno alle sole pagine 73/74 del secondo volume, tanto per offrirci un esempio della deriva gnostico/modernista verso cui va la barca di Pietro. Noi vorremmo, sullo slancio di  questa denuncia, allargare la breccia aperta e dilatare, con pignola e puntuale ricognizione, l’indagine su questi due testi che, come noteranno i lettori, si rivelano per esser contenitori di dolciastre rappresentazioni sentimentali ma col DNA del modernismo che, come sappiamo, proprio sul sentimento e  sulla categoria dell’ antropologìa fonda tutta la sua capacità di persuasione e di penetrazione.
  
Sono due volumi, corredati da schedarii e da tavole in bianco da colorare, che non si discostano da un qualsiasi documento UNICEF, tanto per il linguaggio accattivante che per un contenuto di soffuso umanesimo intriso di irenismo millenarista e per le immagini con cui si illustrano le aberranti definizioni spacciate per verità. Una melassa massonica vera e propria che, da tempo, invisca anche le alte sfere e le sacre stanze della Gerarchìa.
Ora, “se contra factum non valet argumentum, purtroppo è giocoforza constatare, dopo aver assistito ai pantheon di Assisi nel 1986, di Roma nel 1987, di Varsavia nel 1989, di Bari nel 1900, di Malta nel 1991, di Bruxelles nel 1992. … – e molti altri! – che non si tratta più di incidenti di percorso, ma di tappe di un cammino voluto, iniziato col Concilio Vaticano II, che procede di pari passo con le iniziative ONUsiane e, quindi, delle logge massoniche… attorno agli altari della massoneria, il cristiano, l’ebreo, il mussulmano, il buddhista, il seguace di Confucio e Zoroastro possono unirsi come fratelli e accomunarsi nella preghiera al solo Dio che è al di sopra di tutti gli dèi” (Epiphanius: Massoneria e sette segrete - La faccia occulta della storia – Ed. Controcorrente 2002 – pag. 448 ).
  
Abbiamo inteso addurre questa avvertenza per affermare che i due volumi respirano l’aria e lo spirito malsano  di Assisi già indagato dal poderoso studio di Johannes Dormann: “La teologia di G. P. II e lo spirito di Assisi – vv. 4 – ed. Ichthys – Albano Laziale 2002”  e per marcare a fuoco, condannare  senza veli di reverenza e di rispetto – inopportuni in questi casi – la degenerazione dottrinaria e la corruzione che questa opera nelle menti e nei cuori dei fanciulli.
Perciò, constatata la dimensione non picciola del nostro intervento, lo abbiamo ripartito in due segmenti riferiti, rispettivamente al primo e al secondo volume evidenziando, in ordine di pagina, ogni affermazione scorretta, ambigua ed ogni opinabilità, invocando a nostro diritto
la buona compagnìa che l’uom francheggia
sotto l’asbergo del sentirsi pura
” (Inf. XXVIII, 115/116),
la consapevolezza, cioè, di scrivere nel rigo e nel solco dell’ortodossìa.
   
Il primo volume, riservato agli alunni di 1/2/3^ elementare, si correda, come già detto, di schede da completare in ossequio alla moderna didattica che conduce ogni fase di studio come “lavoro di ricerca” compilativa che, come chiunque può osservare, si riduce alla ri-produzione di carta e carta. Da ciò balza assai evidente la differenza qualitativa tra questo procedere per immagini  e fotocopie tipico di siffatta metodologìa moderna e l’assimilare, in una prima fase mnemonica, le verità di fede al modo con cui il sempre prezioso Catechismo di san Pio X  esigeva, quando, a soli 7 anni, imparavamo, pur non comprendendone appieno la sostanza, domande e risposte, le stesse che son rimaste fisse e che ci consentono di affermare la fede senza debolezze.
Non vorremmo essere tacciati di filo ebraismo o di filo-islamismo se ricordiamo come l’insegnamento, colà, presso queste confessioni, viene amministrato con severa applicazione mnemonica. Nelle madrasse, come in sinagoga, non ci si perde con giochi e con schede policrome, ma si imparano capitoli e versetti a memoria. E tanto è invidiabile il profitto che talune scuole cattoliche francesi non si peritano di condurvi i propri alunni a fare esperienza di preghiera e di studio. Si rinnova, insomma, ciò che è avvenuto col digiuno: cancellato o sminuito dalla Chiesa stessa quello cattolico, esaltato da papa Bergoglio quello islamico. E così, questo, che dovrebbe essere un percorso “intellettuale”, gestito con didattica adeguata, graduale, fondata sulla “parola” e sulla conservazione del messaggio, “ché  non fa scienza
sanza lo ritenere aver inteso” (Par. V, 41/42 ),
viene a trasformarsi in un itinerario ludico piastrellato per lo più da immagini e colori.
Ma fosse soltanto questo il problema -  l’aspetto pedagogico e metodologico -  potremmo limitarci a una semplice osservazione motivata dall’esperienza maturata in decenni di servizio “missionario” nelle scuole di Stato e, al postutto, essere propensi a dargli un minimo di credito. Ma ciò che attira la nostra attenzione è proprio quel tipo di catechesi e di esegesi postconciliare impastata di ottimismo, di irenismo, di egalitarismo liberale, di sincretismo e di ambiguità  per niente congrua alimentazione per menti infantili. Ed allora, non dobbiamo e non possiamo esimerci dal sottolineare, a pro nostro e di quanti ne sentano l’urgenza, tutto ciò che di scorretto e di falso v’è contenuto stanando il verme all’interno della mela.
  
Vediamo, allora, di sottoporre a radiografìa il primo volume.
    

Pag. 6 – “per i credenti, la vita è un dono di Dio”,
pag. 7 -  “per i credenti anche l’uomo e la donna sono stati creati da Dio”.

Noi avremmo scritto semplicemente “La vita è un dono di Dio” e “l’uomo e la donna sono stati creati da Dio”. Quel “per i credenti” postula già una limitazione e una distinzione che, sottilmente sedimenta nell’inconscio infantile rendendo, più tardi, come ovvia e naturale la categorìa del non credente, così come ovvio e naturale è, per costui, il non credere. Ed oggi, con il parossistico dinamismo di incontro che ruota intorno  alla  figura “privilegiata” dell’ ateo / non  credente – ultimo  fenomeno, il  libro “ Papa  Francesco / Eugenio  Scalfari : Dialogo tra credenti  e  non credenti – ed. Einaudi - La  Repubblica – 2013” (apporti  di  Vito Mancuso – Umberto  Veronesi – Joaquin Navarro Valls – Enzo Bianchi (pseudo monaco) – Massimo Cacciari – Hans Kung – Leonardo Boff – Guido Ceronetti – Gustavo Zagrebelsky – Adriano Prosperi – Mariapia Veladiano – Juliàn  Carròn) – sembra  proprio che questi sia una delle fonti della verità dal momento che lo stesso papa Bergoglio  la definisce come “relazione” e non come “sostanza”. E, per sostanza, intendiamo Cristo, VIA, VERITA’ E VITA.
    

Pag. 17 -  Nel fumetto, che riporta le parole di Gesù al momento della  Consacrazione  del  vino, si  legge: “Questo è il mio sangue donato per tutti”.

Facciamo due osservazioni:

a – l’adozione di un linguaggio “corretto”, pulito ed edulcorato ha cancellato la semantica originaria dei verbi “spargere, versare, effondere, spandere”  - ché tale è il significato del greco “ekkhein” e del latino “effundere” - a pro’ di un sentimentale e materno “donare”, ad evitare – presumiamo – che al fanciullo si addensi una qual che sia sensazione di disturbo, di trauma ma anche di attenzione commossa che, innegabilmente, con la corretta formulazione del primitivo significato avrebbe, beneficamente, concorso a scolpire l’idea del sacrificio. Si vedano: Mt. 26, 28  -  Mc. 14, 24  -  Lc. 22, 20.
b -  Coerentemente alla riforma del Novus Ordo Missae paolinosesto – riforma, occorre rammentare, condotta dal massone mons. Annibale Bugnini – gli autori citano il sintagma “per tutti” quando, in Matteo e Marco si riporta ben altra espressione, cioè: “per molti” – perì pollòn/pro multis – ad intendere come Cristo avesse già previsto che “non tutti” avrebbero profittato del suo Sacrificio. Interpretazione che ben si accorda a quanto si recita  nella 5^ del ciclo annuale “Le preghiere di Santa Brigida”. Ma l’ansia ecumenica della Chiesa postconciliare e, soprattutto, l’adesione all’eretica teologìa della “redenzione universale” a prescindere, predicata dal defunto GP II in “Segno di contraddizione. Meditazioni – ed. Vita e Pensiero Milano 1977”, e nelle tre sue encicliche: “Redemptor hominis”, “Dives in misericordia” e “Dominum et vivificantem”, corregge addirittura Cristo, purgando e censurando una pericope di  ben altro significato. Come ben si nota, una delle tante conseguenze del nefasto “spirito di Assisi”.
    

Pag. 18 – “Gesù muore e risorge”, capitolo commentato con la seguente esegesi: “Non tutti però volevano bene a Gesù. I suoi nemici, infatti, lo fecero arrestare e condannare a morte.”. 

Vive, in questa frase, lo spirito del documento “Nostra aetate” che, come è arcinoto, fu concordata segretamente, nel 1962, a Strasburgo, da padre Congar emissario di Giovanni XXIII e del cardinal A. Bea, e dalla locale sinagoga (J. Madiran: L’accord secret de Rome avec les Juifs – Itineraires n° III, settembre 1990, pag. 3 nota 2 – cit. in SI SI NO NO  30 novembre 2011 pag. 7).
Il bambino non saprà mai che i “nemici” di Gesù furono i capi del popolo ebraico e il popolo stesso, anzi, a pag. 47  si dirà che sarà Pilato a condannarlo alla croce mentre i capi del popolo, aiutati da Giuda, saranno responsabili soltanto della cattura. Niente che citi la richiesta del Sinedrio: “Crucifige, crucifige eum… Nos legem habemus et secundum legem debet mori quia Filium Dei se fecit” (Gv. 19, 6/7 ). Non sta, infatti, bene, nel clima di armonia instaurato dalla Gerarchìa con l’Ebraismo mondiale, a cui i papi postconciliari hanno riconosciuto il persistente possesso dell’alleanza, sollevare e mostrare la verità. Ipocrisìa allo stato puro e sacrilego.
    

Pag. 23 -  “I cristiani oggi sono sparsi in tutto il mondo, parlano tante lingue, appartengono a diversi popoli, ma tutti condividono la stessa fede in Gesù”. 

Con questa affermazione non si dà specifica qualifica di quali cristiani si parli, si tace l’attributo “cattolici” preferendo, nell’aura di pacifica convivenza, ritenere tutti presenti  in Cristo di cui si  “condivide” – ecco il termine totem! – la fede. Eppure Nostro Signore, nel conferire a Pietro l’esclusiva della “Sua Chiesa” (Mt. 16, 17/20 ), aveva ben chiarito che solo in essa, cattolica, apostolica e romana,  unica depositaria della Rivelazione, sarebbe stata possibile la salvezza. Qui, invece, si dice che anche i rami secchi, i tralci staccati dalla vite privi di linfa e, perciò, destinati alla Geenna, sono vivi e partecipi nella “condivisione” della fede in Lui. Paradossale!
Tutto il discorso di Cristo sul rapporto “tralci e vite” – cfr. Gv. 15, 1/8 – viene, pertanto, scavalcato e messo a tacere a pro’ di un’esegesi di comodo che stima più proficuo dialogare che convertire oscurando, perciò  “cattolico”, vocabolo che ovviamente disturba il processo di unificazione all’ombra della massonerìa. A corollario di quanto sopra, osserviamo che soltanto con la Chiesa preconciliare si può parlare di “stessa fede, stessa liturgìa” in quanto la lingua latina, unica per tutte le latitudini, permetteva il sentirsi cattolico sia in Oceania, sia in Patagonia, sia in Norvegia, nell’unità dello stesso rito.
Oggi? Frammentazione e sperimentalismo dissacrante.
    

Pag. 32 – “Dopo la comunità di cristiani a Gerusalemme, ne sono nate tantissime altre, in tutte le parti del mondo, fino ad oggi. Tutte questa comunità, insieme formano la: CHIESA”. 

Ciò che si è detto sopra, vale anche per questa pagina al cui commento possiamo aggiungere la connotazione eretica che, velatamente, ne emerge e che si connette allo stravolgimento del “subsistit” espresso nel documento conciliare “Lumen gentium – 8 . Non più Ecclesia Catholica, ma una delle tante convogliata nel calderone della ecclesialità gestita dal Consiglio Mondiale delle Chiese, CMC o WCC, organo fondato a Ginevra nel 1948 di ispirazione settaria e massonica che si qualifica come “comunità fraterna di Chiese che confessano il Signore Cristo Gesù come Dio e Salvatore, secondo le Scritture e si sforzano di rispondere insieme alla loro vocazione comune per la gloria di un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo”.
Non v’è chi non ravvisi, in siffatta dichiarazione, un pecioso e falso unanimismo puramente verbale visto che le cause della separazione non sono state mai rimosse. Vocazione comune? E dove, se per tale deve intendersi l’opera evangelizzatrice da svolgersi in seno all’unica Chiesa? Retorica, inganni, interessi  che alla lunga han conquistato anche la Chiesa cattolica.
    

Pag. 36 – “I racconti del Natale”. 

Gli autori, evidentemente digiuni degli sviluppi conseguiti, in questi anni, dalla ricerca storica, ripetono la stereotipata nozione che racconta di una festa – il dies natalis - istituita e fissata il 25 dicembre, per soppiantare la pagana celebrazione solstiziale del “Sol invictus” ignorando che, al contrario, furono gli imperatori romani che tentarono di cancellare il Natale cristiano a vantaggio della propria festività.
Ne parlammo, su questo sito, nel nostro “EPIFANIA: STELLA E MAGI” gennaio 2013, in cui citammo lo studio del prof.  Michele Loconsole “Quando è nato Gesù – ed. San paolo 2011 pagg. 78/85”, dimostrando la correttezza e la congruità di un Natale cristiano fissato il 25 dicembre.
    

Pag. 47 – “Abbasso Gesù! A morte!

In questo capitolo si dice che “i capi erano gelosi di Gesù e  volevano ucciderlo”.  Segue, poi, la menzione di Pilato quale unico responsabile della Sua morte  ritenendo, i suoi nemici – i farisei, gli scribi, i sadducei, il Sinedrio – colpevoli di sola… gelosìa. Non è male come assoluzione.
    

Pagg. 57/58/59/60/61/62/63 – 

Gli autori inseriscono due doppi  fogli “Perché? Come mai?” su cui pongono al fanciullo molte domande e ai quali, gli stessi, offrono linee guida e risposte comprendenti un breve excursus di storia delle religioni - i Miti, la scienza, il racconto della Bibbia -  che hanno un effetto più agglutinante, inquinante  e confuso che chiarificatore. D’altra parte, porre a un bambino del primo ciclo elementare, quesiti  sull’origine della vita, del mondo, dell’uomo significa creargli uno scenario di completo disorientamento. Ne capirà soltanto gli aspetti di mera e ingenua affabulazione. Una tale didattica è comprensibile a livello di scuola superiore.
    

Pag. 72 -  “I libri sacri delle religioni”. 

Un capitolo di vera e propria propaganda pagana. Per il cristiano cattolico i libri che vengono citati: CoranoVedaTripitaka non sono affatto sacri ma, secondo quanto afferma il salmo 95,5 essi rappresentano la parola di Satana. “Omnes dii gentium daemonia”. Ma è invalsa la dannosa credenza che anche in siffatti testi vi alberghi lo Spirito Santo, fede facendo GP II che bacia il Corano (giugno 1994) o Teresa di Calcutta che prega, a fior di loto, in una pagoda.
E’ questo il veleno più micidiale che il neomodernismo sta distillando e procurando ai catechisti, ai parroci, alle congregazioni religiose alle diocesi e alla Gerarchìa. Simile a un lusinghevole narcotico esso provoca allucinazioni e fantasìe ireniche che niente hanno a che fare con la realtà evangelica. E tutto si tramuta in una generale apostasìa.
    

Pag. 92 – “La nuova alleanza”. “Con Gesù ha inizio la Nuova Alleanza tra Dio e l’uomo. Un’alleanza che continua e approfondisce l’antica amicizia tra Dio e il popolo ebraico”.  

Ritorna, in questa pagina l’apologìa del popolo d’Israele depositario ancora, si dice, dell’Alleanza. Opinione, questa, che gli autori mutuano e trasferiscono dal magistero “politico” della santa Sede la quale preferisce tener conto delle coordinate umane trascurando o rinnegando quelle divine. Noi vorremmo, allora, chiedere che significato possano avere la parabola dei vignaioli perfidi, il velo del Tempio che, alla morte di Gesù si scinde in due e la diaspora del popolo eletto predetta da Gesù quale castigo per il tradimento perpetrato.
Ridicolo, poi,  fuorviante e disonesto quell’“approfondisce” che sottintende come l’attuale ebraismo talmudico possa essere considerato l’erede dell’antico.
La Nuova Alleanza, invece,  apre altri scenarii cancellando, dalla storia di Israele, la prerogativa di “popolo eletto”. E per quanto i papi postconciliari, e soprattutto Papa Bergoglio, ci dicano e ci raccontino e ci raccomandino questa teoria, resta oggettiva e immutata una verità: Dio ha tolto a Israele l’eredità per trasferirla alle “genti” e solo col ritorno delle pecorelle di Israele nell’unico ovile, essa potrà essere restituita, ma non più in termini di esclusiva elezione ma in quella universale ed unica di “Chiesa cattolica”.
    

Pag.  96  -  “Giorni di festa”. 

Senza troppi giri di parole, vorremmo chiedere agli autori che cosa possa e debba interessare al fanciullo conoscere che, accanto alla Domenica cristiana, esista anche il sabato ebraico e il venerdì islamico giorno, quest’ultimo, in cui l’imam “che si distingue per la sua cultura e anche per la sua saggezza”, tiene il sermone. Un capolavoro di adulatoria retorica quell’“anche”, quasi a dire che la saggezza sia esclusiva degli imam.

Non sentite, cari lettori, salirvi su la nausea e la riprovazione?
Vi si scorgono una completa e consapevole distorsione del messaggio evangelico e la demolizione dell’integrità del dogma, oltre a una sconfinata ignoranza delle sacre Scritture.
Ma perché meravigliarci se anche papa Bergoglio si produce quotidianamente in esegesi eccentriche? Che dire, infatti, dell’omelìa tenuta ieri, 11 novembre in Santa Marta, durante la quale, commentando il settimo comandamento e riprovando la beneficenza operata con denaro rubato allo Stato, ha scorrettamente citato la maledizione di Cristo contro lo scandalo, reato che meriterebbe che al colpevole “gli si metta una macina da mulino al collo e sia gettato in mare?”, applicandolo al furto ed equiparando, o confondendo, perciò questo reato con quello dello scandalo vero e proprio a danno dei fanciulli e per il quale, e solo per il quale, Gesù commina la pena della macina? (Lc. 17, 2 ).

E sarebbero questi  i catechisti, “nullaostati” addirittura dal presidente CEI, cardinale Angelo Bagnasco, i maestri abilitati alla docenza? Ovvio che Gesù, prevedendo i tempi abbia esclamato:
Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? (Lc. 18, 8 ).
di L. P.



continua )




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