ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 12 novembre 2013

Io speriamo che non sia come il Kurtz di Apocalypse now!

Il moderato Kurtz succede a Dolan

Pensieri, parole e opere del nuovo presidente della conferenza episcopale degli Stati Uniti, monsignor Joseph Kurtz, che prende il posto di Timothy Dolan
Nessuna sorpresa, si torna alla prassi. Il nuovo presidente della conferenza episcopale degli Stati Uniti è monsignor Joseph Kurtz, arcivescovo di Lousville. Prende il posto diTimothy Dolan, del quale è stato vice nell’ultimo triennio. Com’era prevedibile, dunque, i vescovi americani hanno deciso di tornare alla consuetudine di eleggere colui che aveva affiancato il presidente nel mandato precedente. Una consuetudine che si è rotta solo due volte: nel 1960 e nel 2010. Joseph Kurtz, 67 anni, è arcivescovo di Louisville dal 2007, dopo essere stato per otto anni alla guida della diocesi di Knoxville, in Tennessee.

VITTORIA NETTA AL PRIMO TURNO
La vittoria è stata netta, al primo turno: 125 voti sui 236 espressi. Staccatissimi gli altri candidati (in tutto erano dieci). A piazzarsi secondo il conservatore Daniel DiNardo, cardinale arcivescovo di Galveston-Houston, terzo monsignor Charles Chaput, arcivescovo di Philadelphia. Questi due, poi, si sono giocati al ballottaggio la vicepresidenza. A spuntarla è stato DiNardo, che diventa così il favorito alla successione di Kurtz nel 2016. Se l’alternativa era tra il proseguimento della battaglia contro il governo liberal di Barack Obama e la dichiarazione di fine delle ostilità, i vescovi d’oltreoceano hanno scelto di stare nel mezzo. Kurtz incarna infatti una leadership mediana, moderata, priva di slanci a destra come a sinistra. Convinto sostenitore dei princìpi cosiddetti non negoziabili e tanto declamati dai pulpiti delle chiese americane negli ultimi anni, il neopresidente è anche considerato un uomo pragmatico (come scrive il vaticanista John Allen su Vatican Insider), capace di “correggere la rotta alla luce della nuova direzione impostata a Roma”.
LIBERAL CONTRO KURTZ
Sulle questioni di dottrina e morale, mons. Kurtz non è disposto a scendere a compromessi. Commentando nel 2010 la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, il neoeletto presidente della conferenza episcopale americana diceva che tale atto era paragonabile alla macchia presente sulla coscienza degli americani dopo la decisione della Corte Suprema su Roe v Wade che aveva permesso l’aborto. Frasi che portarono un gruppo di attivisti liberal a indire una petizione per chiedere all’assemblea dei vescovi di non eleggere Kurtz come successore di Dolan. L’arcivescovo di Louisville veniva definito “diviso e conservatore sulle questioni sociali”.
IL PROFILO DEL VICE DINARDO
Pragmatico è anche il suo numero due, il cardinale DiNardo, che può vantare anche un’importante esperienza nella curia romana. Dal 1984 al 1990, infatti, fu funzionario della congregazione per i Vescovi, allora guidata dal cardinale Bernardin Gantin. Il profilo è simile a quello di Kurtz: ortodosso su etica e morale, ma non fautore di battaglie ideologiche. Un conservatore meno schierato e meno arcigno del cappuccino Chaput, cheda mesi è l’esponente di punta dell’episcopato americano più perplesso sul nuovo corso diFrancesco. Una sua elezione sarebbe stata interpretata come una chiusura a riccio davanti alle priorità fissate da Bergoglio.

12 - 11 - 2013Matteo Matzuzzi
http://www.formiche.net/2013/11/12/il-moderato-kurtz-succede-dolan/


L'assemblea dei vescovi elegge il conservatore Kurtz come nuovo presidente

Il disagio della chiesa americana nella periferia di Francesco

L’insistenza sulle pecorelle smarrite imbarazza i conservatori

New York. Domenica il New York Times ha dedicato un reportage da prima pagina a quello che il vaticanista americano John Allen aveva definito, con espressione efficace, la “questione del figlio maggiore”. Il figlio maggiore è quello che non ha sperperato la sua parte di eredità con le donne e il vino, non ha lasciato la casa paterna, non ha mai smesso di lavorare nei campi e dal padre non ha ottenuto nemmeno un capretto per festeggiare con gli amici. Al prodigo, invece, tocca il vitello grasso e l’anello al dito. Nell’analogia con il mondo cattolico il figlio maggiore rappresenta la sensibilità più tradizionalista della chiesa, che cova un disagio più o meno esplicito nei confronti di Francesco e delle sue dialoganti aperture nei confronti del mondo, una pastorale che si fa muscolare quando si tratta del recupero delle pecorelle smarrite e quasi non posa lo sguardo su quelle che dal gregge non si sono mai mosse. Anche lo schema linguistico della periferia come dimensione privilegiata dell’evangelizzazione coglie il disagio che il New York Times – quotidiano che non si fa pregare quando si tratta di mettere il dito nelle piaghe conservatrici, ecclesiali e non – intercetta puntualmente.

I passaggi del dialogo di Francesco con Scalfari sulla coscienza, sull’idea “relativa” del bene e del male, la dismissione del proselitismo come “assurdità” e il riposizionamento dei valori non negoziabili come bagaglio ovvio della dottrina cattolica, che non richiede dunque ulteriori specificazioni né ossessioni, hanno generato un alone di perplessità in un cattolicesimo americano tradizionalmente polarizzato e che – almeno in una sua parte – ha organizzato la propria presenza pubblica attorno alla militanza in difesa della vita e dei modelli sociali contestati dall’offensiva della secolarizzazione. Alcuni vescovi, fra cui Raymond Leo Burke e Charles Chaput, hanno fatto affiorare le divergenze con un Papa che sembra svilire quell’aspetto militante che è stato decisivo per la chiesa americana degli ultimi decenni. Una delle poche battaglie pubbliche che ha ricongiunto il composito fronte del cattolicesimo americano è stata, ad esempio, quella sulle linee guida dell’Obamacare: i vescovi si sono mossi in formazione a testuggine per contrastare l’obbligo, anche per gli istituti religiosi, di offrire contraccettivi e farmaci abortivi nei piani assicurativi, una battaglia per la libertà religiosa che ha coinvolto l’intero spettro delle sensibilità cattoliche. Per individuare il cambio di vento basta osservare il voto che la settimana scorsa ha aperto la strada al matrimonio gay nell’Illinois. Due deputati cattolici hanno usato le parole di Francesco per giustificare il loro voto a favore: “Su quelli che sono gay, e vivono relazioni produttive, armoniose e tuttavia illegali, chi sono io per giudicare?” ha detto lo speaker della Camera, Michael Madigan. Senza arrivare alle visioni mistiche di Catherine Emmerich sul doppio Papa come segno della falsa chiesa che avanza, diversi commentatori cattolici americani criticano in modo pugnace concezione, stile e ambiguità di Francesco. Delle dichiarazioni più controverse del Papa, il columnist Steve Skojec ha scritto: “Sono esplicitamente eretiche? No. Sono pericolosamente vicine all’eresia? Certamente”. 
La questione del figlio maggiore si riflette anche nell’assemblea della Conferenza episcopale americana che si è aperta ieri a Baltimore e ha visto l'elezione a nuovo capo di Joseph Kurtz, arcivescovo di Louisville. I vescovi dovevano eleggere il successore del cardinale Timothy Dolan, incarnazione della corrente dei cosiddetti conservatori aperti al mondo. Dolan ha rifiutato tanto il ripiegamento della chiesa nelle sagrestie quanto la compromissione con il paradigma montante del laicismo, guadagnando l’appoggio caloroso di Benedetto XVI e la berretta cardinalizia.
Alla luce della discontinuità, almeno stilistica, di Francesco, l’assemblea di Baltimore si è trasformata dunque in una riflessione intorno all’identità del cattolicesimo americano, sospesa fra rupture francescana e status quo militante. Un insider della conferenza episcopale ha spiegato al National Catholic Reporter che la chiesa americana deve decidere se “continuare a essere definita da ciò a cui si oppone” o indossare un abito adatto alle dialoganti periferie di Francesco. Il nome di Kurtz, conservatore pragmatico, è in continuità con Dolan: un uomo che può tenere insieme i due mondi, un buon padre per figli prodighi e non.
Leggi anche de Mattei Liquefazione della Chiesa

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