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giovedì 21 novembre 2013

Senza santi in vaticano

Emanuela Orlandi, Papa Francesco “la dimentica”. La delusione della famiglia



ROMA – La delusione è stata grande. E non solo per la famiglia Orlandi, anche se certo non si aspettavano che Papa Francesco oggi all’udienza generale in S. Pietro facesse luce sul mistero della fine di Emanuela Orlandi.
Le cose deludenti sono più d’una.
Come abbiamo scritto il 12, il Vaticano aveva concesso 40 biglietti di ingresso per l’usuale l’udienza generale tenuta dal Papa il mercoledì ad altrettanti membri della petizione lanciata un paio di anni fa da Pietro Orlandi perché il Vaticano dica quel che sa. La persona che aveva chiesto i biglietti, Adriana Dari,aveva chiarito che i biglietti erano appunto per membri della petizione. Grande la sorpresa, visto che nonostante firme, interviste, accuse varie e manifestazioni anche in piazza S. Pietro, né Papa Ratzinger né Papa Francesco hanno mai voluto incontrare Pietro o altri della sua famiglia per parlare della misteriosa vicenda. E grande la speranza, come è ben comprensibile.

Fino a ieri pareva che l’udienza sarebbe stata concessa al chiuso, dentro la basilica di S. Pietro, nella Sala Nervi, dove il gruppo dei 40, accorsi da varie parti d’Italia, avrebbe avuto modo di farsi sia vedere che anche sentire. Ma un articolo del Corriere della Sera ha parlato troppo in anticipo e addirittura scrivendo che l’udienza era stata concessa apposta a Pietro Orlandi e al suo gruppo, come udienza privata e non come semplice partecipazione a quella generale, cioè pubblica. Versione avvalorata con entusiasmo nella pagina Facebook della petizione creata da Pietro, dove anzi il petizionista Sandro Masetti Zannini prometteva agli aderenti chissà quale “botto”. Allarmati da tutto ciò, in Vaticano hanno deciso che l’udienza generale era meglio tenerla all’aperta, in piazza: dove un gruppo di 40 persone è difficile che possa fare granché.
Il gruppo dei 40 si è dato appuntamento sotto il colonnato di piazza S. Pietro fin dalle 6,40, pur sapendo bene che l’udienza papale inizia alle 10,30. E dopo ore di attesa, tutto quello che è riuscito ad ottenere, in una piazza affollatissima e col percorso dell’auto del Papa protetto da robuste transenne, è stato il lancio al pontefice una maglietta con stampata una grande foto di Emanuela, che Francesco ha lasciato tranquillamente cadere dentro l’auto assieme a un copricapo sportivo a strisce rosse e nere lanciatogli quasi in contemporanea.
Le immagini parlano chiaro: clicca qui
Non si capisce perché il Papa non si sia fermato a salutare meglio il gruppo, e la famiglia Orlandi dicendo loro qualche parola di conforto, e non abbia almeno mostrato al pubblico la maglietta. Come si vede infatti da questo video  il Papa a 19’ e 40” ferma invece l’auto da tutt’altra parte e scende per parlare con la gente e accarezzare bambini fino a 22’ e 13”. A 22’ e 33” si ferma apposta per mettersi in testa, sotto il suo, uno zucchetto bianco regalatogli da un fedele dalla folla. Una piccola gag, che contrasta con l’avere di fatto ignorato il gruppo dei 40.
A 21’e 46” si vede una maglietta con la grande foto di Emanuela stesa su una transenna, dopo due secondi si vede che viene porta al Papa come un fagottino e che il Papa la prende per lasciarla cadere dietro di sé immediatamente, seguita da un copricapo a strisce rozzo nere. E si vede anche che l’uomo seduto dietro Francesco, alla sua destra, prende la maglietta e il copricapo li lascia cadere entrambi dietro di sé, sul pianale.
Una buona occasione persa anche da parte del Pontefice per dire la sua o almeno accennare a una faccenda che interessa non poche persone e che da 30 anni provoca sofferenza a una famiglia, la madre della quale, signora Maria Pezzano, abita oltretutto ancora in Vaticano. Francamente, almeno questo Papa poteva essere più aperto su un tema che appassiona anche milioni di italiani.

Emanuela Orlandi, il Corriere: “Giallo verso una svolta”. La difesa chiede di ascoltare due arcivescoviP




ROMA - Emanuela Orlandi, “giallo a una svolta”scrive Fabrizio Peronaci ancora una volta. La difesa ha chiesto di ascoltare due arcivescovi, Pierluigi Celata, attuale vicecamerlengo e stretto collaboratore del Segretario di Stato Casaroli negli anni Ottanta, e il lituano Audrys Backis, all’epoca sottosegretario del Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, oggi rientrato a Vilnius.
Qual è la teoria della difesa? Scrive Peronaci:
L’intrigo è complesso. Il nome di battesimo di monsignor Celata, ha detto il teste, lo si ritrova «in codice» nei giorni successivi alla scomparsa di Emanuela. «Il primo a telefonare per rivendicare l’azione fu un certo Pierluigi: scegliemmo tale nome proprio per mandare un messaggio alla controparte». E non basta. Alla testimonianza dei due prelati potrebbe aggiungersi, se la Procura darà il via libera alle richieste di rogatoria, quella di Musa Serdar Celebi, capo dei turchi rifugiati in Germania, assolto nel processo-ter sul ferimento di Wojtyla. E’ stato lo stesso fotografo a parlare di contatti tra il suo gruppo e i complici dell’attentatore. «Fui io a prenotare due alberghi a nome del signor Agca per i sopralluoghi – ha confessato Fassoni Accetti – nonché ad offrire la logistica per l’attentato al signor Celebi, che una volta ospitai presso la mia abitazione». 
La «pista interna» – all’indomani della presenza di una quarantina di aderenti al gruppo Fb dedicato a Emanuela, ieri mattina all’udienza di papa Francesco – torna così d’attualità. Nel 1993-94 le rogatorie furono tre, ma infruttuose: la Santa Sede si limitò a rispondere per iscritto e consegnò materiale audio (le telefonate dell’«Amerikano», che ora si ipotizza fosse proprio Fassoni Accetti) incompleto e scadente.Oggi ci si riprova. Confidando nel pontefice «venuto quasi dalla fine del mondo», paladino della verità. Francesco, ieri, con uno scatto dalla Papamobile, ha preso al volo la maglietta con il volto di Emanuela che gli era stata lanciata dalla folla. Un gesto che tanti hanno considerato di buon auspicio.

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