ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 4 dicembre 2013

IL VENTO GELIDO DELL' "EVANGELII GAUDIUM"

J.M.Bergoglio ha emanato l’Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”, suo primo atto di magistero ordinario, nel quale va a sugellare ciò che ha sempre affermato nelle sue numerose esternazioni, che erano già una sorta di “magistero informale”:  http://radiospada.org/2013/10/il-papa-giacobino-e-il-papa-modernista/
Doverose premesse:
La Congregazione per la Dottrina della Fede del 1973, quindi addirittura nel postconcilio, conferma quanto Il Concilio Vaticano I definí circa l'oggetto della Fede cattolica: “Si devono credere con fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o trasmessa, e che dalla Chiesa, con solenne giudizio o nel Magistero ordinario e universale, sono proposte a credere come divinamente rivelate”. Leone XIII già nella Satis Cognitum: “Per questo i padri del concilio Vaticano nulla hanno decretato di nuovo, ma solo ebbero in vista l’istituzione divina, l’antica e costante dottrina della Chiesa e la stessa natura della fede, quando decretarono: "Per fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che si contiene nella parola di Dio scritta o tramandata, e viene proposto dalla Chiesa o con solenne definizione o con ordinario e universale magistero come verità da Dio rivelata".
Don Giuseppe Murro, in estrema sintesi commenta così
(per leggere l’articolo intero: http://gurgulium.wordpress.com/2009/03/24/gallicanesimo-oggi/

“….il Papa gode della stessa infallibilità della Chiesa (DS 3074). Ora, la Chiesa è infallibile nel suo magistero ordinario (DS 3011). Quindi, anche il Papa, è infallibile nel suo magistero ordinario.”
Can. 750 - § 1. Per fede divina e cattolica sono da credere tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata, vale a dire nell'unico deposito della fede affidato alla Chiesa, e che insieme sono proposte come divinamente rivelate, sia dal magistero solenne della Chiesa, sia dal suo magistero ordinario e universale, ossia quello che è manifestato dalla comune adesione dei fedeli sotto la guida del sacro magistero; di conseguenza tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria.
Iniziamo con una nota di colore. Liu Ming, il medico cinese di J.M. Bergoglio è stato ricevuto in Vaticano e pratica l'agopuntura, dubbia e rischiosa pratica sconsigliata da esorcisti ed esperti di esoterismo. Tanto qual è il problema? Mica dobbiamo essere chiusi davanti alle esperienze! Forse però è stata una puntura di troppo ad aver fatto dire a Bergoglio che: “Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato … Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria”. Il Papa che deve convertirsi e le conferenze episcopali che devono avere poteri anche dottrinali? Una degenerazione dell’errore promulgato con Lumen Gentium 22 contrario a Bonifacio VIII che così lo condannava: «Colui dunque che presiede la Chiesa Romana è Successore di Pietro e perciò gode del potere di lui, altrimenti il Dio e Uomo Cristo Gesù, che siede alla destra del Padre, avrebbe lasciato la sua Chiesa o acefala, cioè senza qualcuno che tenesse le sue veci su tutta la terra, oppure come un mostro a più teste: ciò che non sarebbe soltanto da ritenersi contrario alla ragione anche in natura, quanto piuttosto eretico. E per questo la Sede Romana è Madre della fede, sola concede ai Concili l’autorità da loro ricevuta, stabilisce i diritti e fa le leggi. Sulla collegialità si può leggere un ottimo articolo di Carlo di Pietro:  http://radiospada.org/2013/09/dalla-chiesa-monarchica-alla-chiesa-conciliare-la-potesta-di-giurisdizione/
Si nota in modo inequivocabile come nella Evangelii Gaudium, l’Umile Bergoglio, quello Semplice che regala zucchetti, telefona alle persone e bandisce gli “orpelli” della dignità papale, sia incorso in quella tipi
ca caratteristica delle persone che vogliono rivoluzionare gli stili e i metodi: la contraddizione dei fatti con le intenzioni. L’Esortazione infatti è prolissa, lunghissima, quasi snervante tra richiami e riflessioni che si accavallano, si ingarbugliano mettendo uno dietro l’altro discorsi e ragionamenti diversi. La E. G. è una raccolta obesa di complesse e slegate considerazioni psicologiche e pseudo-sociologiche senza chiarezza ed unità testuale, un qualcosa che se voleva esortare, riesce molto più facilmente invece a sfiancare il lettore.  
Veniamo ai contenuti, facendo presente che non riporterò per esigenze di spazio il contenuto dei punti elencati, facilmente consultabili anche on-line per una lettura sinottica:
Al n° 6 sembra di leggere il proclama di un qualunque critico prevenuto e superficiale, che attacca goffamente le pratiche penitenziali confuse con una generica “tristezza” senza pensare che magari, la maggioranza assoluta delle masse sedicenti cristiane, oggi vive una sorta di carnevale permanente e non ha mai osservato la Quaresima che è necessaria preparazione alla Pasqua.
Al n° 33 traspare la tipica superbia del ribelle, che offusca a tal punto il “passato” da pretendere di dover fare tabula-rasa, perché la Chiesa deve ancora capire come evangelizzare. Chissà come avranno fatto i missionari di ogni tempo prima di leggere la Evangelii Gaudium e soprattutto, cosa faranno adesso!!
Al n° 35 si evince ancora quel minimalismo da marketing del messaggio vincente, già proferito più volte, come se davvero si possa portare le anime alla Salvezza scremando l’evangelizzazione al minimo sindacale! E’ l’errore dello “archeologismo” condannato da Pio XII, tipica nostalgia della (presunta) Chiesa “pre-costantiniana”, tutta “kerigmatica” e fluida. J.M. Bergoglio considera la Tradizione ostacolo alla sua “evangelizzazione”.
Al n° 41 Traspare ancora la considerazione della inadeguatezza della chiesa ad evangelizzare, come se fosse balbuziente o muta, come se dovesse trovare qualcosa che le manca e che viene cercato invano dai neomodernisti da decenni. Il Giuramento Antimodernista, documento dogmatico voluto da San Pio X così invece insegna:
“Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli apostoli tramite i padri ortodossi, sempre con lo stesso senso e uguale contenuto, e respingo del tutto la fantasiosa eresia dell'evoluzione dei dogmi da un significato all'altro, diverso da quello che prima la Chiesa professava; condanno similmente ogni errore che pretende sostituire il
deposito divino, affidato da Cristo alla Chiesa perché lo custodisse fedelmente, con una ipotesi filosofica o una creazione della coscienza che si è andata lentamente formando mediante sforzi umani e continua a perfezionarsi con un progresso indefinito.
Quinto: sono assolutamente convinto e sinceramente dichiaro che la fede non è un cieco sentimento religioso che emerge dall'oscurità del subcosciente per impulso del cuore e inclinazione della volontà moralmente educata, ma un vero assenso dell'intelletto a una verità ricevuta dal di fuori con la predicazione, per il quale, fiduciosi nella sua autorità supremamente verace, noi crediamo tutto quello che il Dio personale, creatore e signore nostro, ha detto, attestato e rivelato….. Riprovo altresì l'errore di chi sostiene che la fede proposta dalla Chiesa può essere contraria alla storia, e che i dogmi cattolici, nel senso che oggi viene loro attribuito, sono inconciliabili con le reali origini della religione cristiana… Mi dichiaro infine del tutto estraneo ad ogni errore dei modernisti, secondo cui nella sacra tradizione non c'è niente di divino o peggio ancora lo ammettono ma in senso panteistico, riducendolo ad un evento puro e semplice analogo a quelli ricorrenti nella storia, per cui gli uomini con il proprio impegno, l'abilità e l'ingegno prolungano nelle età posteriori la scuola inaugurata da Cristo e dagli apostoli.”.
Al n° 43 Disgustosa insofferenza per i precetti della Chiesa, dissimulata da un disinvolto storicismo rosminiano. Appare curiosa la spocchia di certi increduli neo-ghibellini, incapaci di mettere in discussione l’autorità di un designato al pontificato, proprio quando esso invece non si fa alcun problema nel mettere in discussione la Chiesa stessa.
Al n° 63 dopo la solita estenuante premessa, viene auspicata una forma di evangelizzazione diversa dalla “sacramentalizzazione” (!?!). Il Vangelo dovrebbe fare scisma dai Sacramenti? Davvero bisogna capire se J.M. Bergoglio o chi per lui, legga quello che scrive oppure la sfrontatezza di affermare simili enormità, sia ormai qualcosa che passa senza fare rumore!
 Dal n° 93 al n° 97 ci sono delle autentiche calunnie indirizzate ad ignoti proprio per indurre i lettori ad un clima di sospetto generalizzato ed un uso dilettantesco dei termini “soggettivismo”, “gnosticismo” “pelagianesimo autoreferenziale” che sono autentici boomerang. Invito gli amici cattolici che studiano la sana filosofìa a pesare il pensiero di J.M. Bergoglio alla luce dei termini sopra citati. Sembra parli di se stesso! Ma la iattanza inacidita del Bergoglio, subito dopo le astrazioni, è diretta contro i cattolici, che non possono fare altro che difendersi co
n le armi invincibili del Decreto Lamentabili Sane Exitu che ai numeri 58, 62, 63, 64, condanna già dal 1907 le sue funeste ed improvvide dichiarazioni mettendolo nella condizione di “corruttore della sincerità della fede”.
Al n° 104 J.M. Bergoglio accetta chiaramente e senza distinguo una terminologia femminista, auspicando chiaramente l'ingresso delle donne nelle gerarchie ecclesiastiche, ancora troppo soggiogate purtroppo, dal tallone tirannico del potere sacerdotale.
Al n° 113 viene annunciata la salvezza collettiva, con l’espressione assurda e falsa che nessuno può salvarsi da solo. Magari una maggiore precisione sarebbe necessaria quando si affronta il tema della salvezza, ma come si può notare, magistero “informale” o ufficiale, il pensiero è sempre lo stesso.
Al n° 147 sembra che il predicatore debba fare una elaborazione personale dei testi biblici, insidiosa e pericolosa, come se non potesse già attingere abbondantemente ai commentari e al magistero. Ricorre una smania di novità e di volontarismo che, ripeto, considera orpello non solo il paramento o qualche aspetto cerimoniale ma il Depositum Fidei stesso. Invece la Professio Fidei Tridentina (confronta anche i documenti magisterialiProvvidentissimus Deus, Satis Cognitum, Dei Filius) dichiara: “Fermissimamente ammetto ed accetto le tradizioni ecclesiastiche e le altre osservanze e costituzioni della stessa Chiesa. Ammetto pure la sacra Scrittura secondo l'interpretazione che ne ha dato e ne dà la santa madre Chiesa, alla quale compete giudicare del senso genuino e dell'interpretazione delle sacre Scritture, né mai l'intenderò e l'interpreterò se non secondo l'unanime consenso dei padri”.
Il testo di questa Esortazione contiene elementi interessanti ed in larga parte condivisibili riguardo il problema della povertà nel mondo, anche se sembra condizionato da un qualunquismo pauperista che mette nel calderone speculazione finanziaria, egoismi, evasione fiscale senza avere alcuna acutezza di analisi a riguardo. La Caritas in Veritate  del suo predecessore, scritta meglio, può considerarsi al pari un buon documento sociopolitico come ebbi modo di scrivere ( http://radiospada.org/2013/06/veritas-in-caritate-un-commento-alla-caritas-in-veritate/), ma in fin dei conti come tantissimi documenti programmatici che girano nei vertici dei partiti politici o dei sindacati, davvero nulla di più.
Dal n° 182 in avanti, cede ad una visione terrena della beatitudine, evidente lascito della teologìa della liberazione che inquina l’impianto della Dottrina diRerum Novarum (Leone XIII) e Quadragesimo Anno (Pio XI) ancora documenti apicali della Chiesa. La destinazione universale dei beni in una concezione comunitaria dell’economìa e la proprietà, come gestione temporanea e funzionale alla società dei medesimi beni, non furono forse i capisaldi del pensiero giuridico medievale e di “quella” società così tanto disprezzata da J.M. Bergoglio? Quella di ritrovare una simile armonia nel rancore terzomondista o nel qualunquismo populista può essere l’illusione di qualche caudillo bolivarista, generoso ma poco istruito, ma certamente non del Vicario di Cristo.
Al n° 214 condanna sì l’aborto ma dicendo che non è una soluzione progressista, come se fosse più preoccupato di difendere il progressismo “cattolico” del cattolicesimo stesso. Sembra di risentire Augusto Del Noce quando asseriva che: “Un cattolico progressista è più vicino ad un progressista non cattolico che ad un cattolico non progressista”.
Al n° 222 appare pervaso da utopie futuriste, perché quando si lascia la Casa del Padre si trova solo il vuoto nichilista, eccitante preludio al pasto delle ghiande.
Al n° 241 dopo una interminabile dissertazione, si può affermare che la Chiesa non ha soluzioni? Si può continuare a spacciare la Chiesa come uno dei tanti soggetti che danno un contributo alla costruzione di una società migliore? Leggasi urgentemente la Notre Charge Apostolique di San Pio X come antidoto cattolico a queste dichiarazioni fuorvianti!! Sull’annoso equivoco della “dignità della persona umana” già abbondantemente confutai in Radio Spada http://radiospada.org/2013/09/dignita-umana-e-coscienza-analisi-di-un-equivoco/
Al n° 246 si ribadiscono anche in materia di ecumenismo i gravissimi errori conciliari, il tradimento della Mortalium Animos di Pio XI, con l’espressione “controtestimonianza” della “divisione” tra “cristiani”. In realtà sono coloro che si sono separati dalla Chiesa, tra cui evidentemente lo stesso J.M. Bergoglio, a dare scandalo che è ostacolo per la Fede e controtestimonianza anticristica.
Al n° 247 – 249 si bestemmia contro Matth 26,28; Marco 14,24; 2 Cor 3, 10; Eb 7,22; 1 Cor 12,3 e 16, 22. e il Concilio Ecumenico di Firenze: «La sacrosanta Chiesa Romana … crede, professa ed insegna fermamente che la materia riguardante l’Antico Testamento, la Legge Mosaica, che si divide in cerimonie, riti sacri, sacrifici e sacramenti, poiché essi vennero stabiliti per significare qualcosa di non ancora avvenuto, anche se furono propri del culto divino di quel tempo, dopo la venuta di Nostro Signore, essi hanno CESSATO la loro funzione, e hanno avuto inizio i sacramenti del Nuovo Testamento». (D.S. 1348). La VIS immateriale della Parola sovrasta quella del Sangue perché la prima è divina mentre l’altra caduca ed accidentale. GESU’ vero Verbum rompe i legami che congiungevano i giudei al padre Abramo: ‘Voi avete per padre il diavolo’ (Ioann. VIII, 44). Infatti Jesse, padre di Davide, non sarebbe padre del Messia nella carne e nella fede se non fosse stato sostenuto dalla Potenza del Figlio: non Cristo è ebreo perché nato da ebrei, come se la sua dignità fosse effetto della dignità loro; ma essi sono ebrei perché nati da Cristo e la loro dignità discende dalla Sua, la loro elezione dalla Sua, la loro santità  dalla Sua. Non è la Radice ad essere portata da Te ma è Essa che Ti porta. Eliminare la teologìa della sostituzione con l’invenzione dell’attesa parallela tra “fratelli minori e maggiori” significa ragionare come se la Rivelazione e la prima venuta fossero imperfette (rendendo scusabile l’incredulità) ed avessero assurdamente realizzato un nuovo Patto universale, perfetto e definitivo, ma lasciando ancora vivo quello Antico (compiutosi in quanto annunciante il Nuovo avvenuto), Patto ancora vivo nonostante l’apostasìa del Venerdì Santo che rifiutò la Rivelazione divina. Da quel momento è la Chiesa nascente il Vero Israele. Come ha ricordato anche Don Giorgio Maffei (“Il popolo deicida” – 1994): “…il primato salvifico diviene, col rifiuto, primato di condanna”, ribadendo quanto già la Sacra Scrittura con San Paolo aveva mostrato: ira divina sui giudei e loro accecamento fino a quando non si convertiranno al Signore (2Cor III 12, 16  - 1Ts II 14, 16). Un punto centrale rimane quello dell’insegnamento dottrinale, in quanto (Matth, XXIII, 2): “sulla cattedra di Mosè si sono seduti scribi e farisei”. Chi si siede sulla cattedra di un altro è un usurpatore (Caifa) se il suo insegnamento è in contraddizione con l’altro: la cattedra garantisce proprio al popolo, che lo scambio accidentale della carne e della storia non muta la sostanza e cioè la continuità essenziale dello spirito, ma solo se non vi è usurpazione. La cattedra è di Pietro, è di Mosè in quanto Vicari di Gesù Cristo, uno seguente l’altro precedente di UNA cattedra. I giudei che erano figli di Abramo nella carne si illusero di essere
giustificati quasi a titolo ereditario, mentre nello spirito erano “figli del diavolo”(Ioann VIII, 44). Pertanto i cattolici non devono illudersi di essere tali solo perché “materialmente” appartengono alla Chiesa, come se fosse un dato “storico-anagrafico-culturale” il loro tratto essenziale, ma devono esserlo per la Fede. Ormai da Nostra Aetate n° 4 (leggasi il magistrale commento di Don Curzio Nitoglia http://www.doncurzionitoglia.com/commentanostraetate.htm) tutti i “papi” postconciliari hanno insegnato dottrine erronee e queste dichiarazioni di J.M. Bergoglio non devono sorprenderci più di tanto essendo l’ennesima conferma di un traviamento dalla Fede promulgato solennemente nel dicembre del 1965 e sempre ribadito.
Dal n° 250 si insiste sull’assurdità dell’arricchimento e della purificazione reciproca nel dialogo interreligioso, dialogo che addirittura alimenterebbe l’evangelizzazione stessa. Si considerano i non cristiani quasi automaticamente in grazia di Dio senza specificare bene i termini della questione o i mussulmani semplicemente come monoteisti da accogliere in una prospettiva umanitarista e di convivenza pluralista. Anche qui, tutta roba condannata in modo sovrabbondante dalla Chiesa.
Quali conclusioni trarne? Nulla di nuovo sotto al sole, ma intanto dal coma collettivo si sveglia il Reverendo Paul  Kramer che dichiara la Sede Vacante dopo aver letto le vergognose dichiarazioni di Bergoglio specie al n° 247, concedendo anche un’intervista a Radio Spada:http://radiospada.org/2013/12/scoop-rev-kramer-bergoglio-deve-dimettersi-il-vero-papa-e-benedetto-xvi-e-stato-obbligato-alle-dimissioni/ . Con la Evangelii Gaudium, atto di magistero ordinario ed universale, gli argomenti inerenti alla Fede hanno il crisma dell’infallibilità se solo J.M. Bergoglio fosse Papa, ma essendo tali argomenti e conclusioni in verticale contrasto col Magistero della Chiesa, non possono che indurre alla schizofrenìa il cattolico che considera J.M. Bergoglio come vero Papa perché dovrebbe aderire con l’intelletto ad insegnamenti contraddittori. Si può essere visibilmente in comunione di Fede con J.M. Bergoglio quando interiormente e realmente si rimane cattolici?
Ecco perché e purtroppo, non solo dalla data di pubblicazione di questo vergognoso documento, si pone la questione della non menzione del nome del “Papa” durante la Messa, da parte dei sacerdoti cattolici ed oggi pertanto sedevacantisti, al momento delTe igitur. Come è stato chiarito in diversi dibattiti on-line, nonostante il ‘catechismo anti-sedevacantista’ affermi che: “ L’espressione «una cum» nel canone della Messa non significa che si sia «in comunione» con la persona del Papa e le sue idee erronee, ma che si vuole pregare per la Chiesa e «per» il Papa” (Questo per dire che i sedevacantisti non hanno ragione di rifiutarsi di pronunciare il nome del Papa durante la Messa, perché pronunciarlo significherebbe soltanto pregare per quella persona e non già manifestare di essere in comunione con lei. ),  già col fatto che si preghi per il Papa, si manifesta la propria comunione con il Papa. Sarebbe assurdo che un cattolico riconoscesse e pregasse per il Vicario di Cristo e si affermasse però, al contempo, non in comunione con lui e non sottomesso alla sua Autorità. D’altra parte è lo stesso autore di questo ‘catechismo’ che citando e commentando San Tommaso dice che il celebrante prega per coloro che sono “costituiti in autorità”, riconoscendo quindi la loro Autorità: “ San Tommaso d’ Aquino, nella Summa teologica, quando commenta le preghiere della Messa (III, q. 83, a. 4, corpus), equipara l’«una cum» all’«et pro»: Quindi il sacerdote segretamente [all’inizio del canone] ricorda innanzi tutto coloro per i quali viene offerto questo sacrificio, cioè la Chiesa universale, “coloro che sono costituiti in autorità” [sia il Papa, sia il vescovo, sia il re] e in modo speciale le persone “che offrono o per le quali viene offerto il sacrificio” [il memento dei vivi)”.È del tutto naturale quindi che offrire il Sacrificio per il Papa significhi, implicitamente ma chiaramente, ammettere che egli sia vero Papa, che egli possegga l’autorità pontificia e che per conseguenza si presta a lui sottomissione, come deve fare ogni sacerdote cattolico nei confronti del Papa. È opportuno, poi, ricordare che in questo momento della Messa si prega per il Papa in quanto immagine dell’unità visibile della Chiesa. E così come la celebrazione della Messa è comandata dalla Chiesa (e offerta per la Chiesa), allo stesso modo essa è comandata dal Papa (ed offerta anche per il Papa). Il che spiega perché il Vescovo che celebra prega per se stesso. Prega infatti non per un uomo qualunque ma per un membro della gerarchia ecclesiastica. Quella stessa gerarchia che, a partire dal Papa, comanda il Sacrificio e riceve, assieme alla Chiesa intera, i frutti del Sacrificio. Quindi, nominare Francesco I nel canone della Messa significa attestare che quella Messa è da lui stesso ordinata come Romano Pontefice. Pertanto, per coloro che non riconoscono Francesco I come Papa, non citarlo nel canone della Messa è non solo un diritto, ma anche e soprattutto un dovere per non offrire a Dio preghiere per le sue funeste intenzioni e per non unirsi alle sue eresìe materiali.
Pietro Ferrari
4 dicembre 2013 by guelfonero

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.