ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 24 gennaio 2014

2014: l’anno del riscatto?


di Fabrizio Cannone
E’ impossibile, pur con tutta la buona volontà del mondo, negare la spaventosa crisi di civiltà che stiamo vivendo. Forse in passato ci furono delle crisi più gravi, ma per noi che stiamo vivendo questa, è questa la crisi che deve interessarci maggiormente, la crisi più importante e forse la più esiziale.
Lo stesso Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, in un illuminante articolo pubblicato sull’Osservatore Romano (8.12.2013), parlava ripetutamente della crisi del sacerdozio in termini inequivocabili: “Penso in particolare alla crisi della dottrina del sacerdozio, avvenuta durante la Riforma protestante, una crisi a livello dogmatico, con cui il sacerdote è stato ridotto a un mero rappresentante della comunità, mediante una eliminazione della differenza essenziale tra il sacerdozio ordinato e quello comune a tutti i fedeli. E poi alla crisi esistenziale e spirituale, avvenuta nella seconda metà del XX secolo ed esplosa dopo il Concilio Vaticano II, delle cui conseguenze noi oggi ancora soffriamo” (corsivo mio). Ma se il sacerdozio è in crisi spirituale ed esistenziale, la Chiesa tutta è in crisi. E se la Chiesa è in crisi, il mondo intero e tutte le società umane sono in crisi, anche quelle che ignorassero Cristo e la sua Divina Rivelazione. La crisi di fede, cioè nel pensiero, comporta una crisi nella morale, cioè una crisi nell’azione, nella vita quotidiana dei credenti. La vita mal impostata poi genera confusione, caos, perdita di punti certi di riferimento, specie al livello dell’educazione dei figli e della scuola. Il legame tra queste varie crisi è precisato dallo stesso Mueller in un brano successivo dello stesso articolo, quando scrive: “La crisi del sacerdozio nel mondo occidentale, negli ultimi decenni, è anche il risultato di un radicale disorientamento dell’identità cristiana di fronte a una filosofia che trasferisce all’interno del mondo il senso più profondo e il fine ultimo della storia e di ogni esistenza umana, privandosi così dell’orizzonte trascendente e della prospettiva escatologica”. Parole forti e tutte da meditare… Se c’è in effetti un “radicale disorientamento dell’identità cristiana”, allora la crisi culturale della modernità esiste ed è molto seria. Tant’è che il Presule usa ripetutamente lo stesso termine: la “crisi del sacerdozio” è infondo la sintesi e la ricapitolazione di tutte le altre crisi, come la crisi della fede (o altrimenti detta della Chiesa) o la crisi sociale. Terminando la sua riflessione, che partiva dagli scritti del card. Ratzinger sul sacerdozio, Mueller invita ad una “riconquista dell’identità sacerdotale”, sapendo che lo “sguardo e le parole di Gesù” ci sostengono “oltre il deserto di ogni crisi”. Dopo la constatazione realista e amara, è bene concludere con ottimismo sovrannaturale. Per sconfiggere o almeno per allontanare la crisi globale o di civiltà che stiamo vivendo osiamo proporre per questo 2014 già iniziato, tre riconquiste ormai difficilissime ma improcrastinabili: la riconquista dell’identità sacerdotale, la riconquista dell’identità familiare e la riconquista dell’identità nazionale e culturale.

1. La riconquista dell’identità sacerdotale. Essa appare come la più urgente, ma forse altresì come la più ardua, vista l’immane crisi spirituale del XX secolo, esplosa dopo il Concilio, come diceva argutamente Mueller. Il sacerdote non è un angelo, è un uomo come tutti gli altri. E proprio per questo, cioè per mantenere integra la sua identità, la sua vocazione e la sua missione, deve vivere in primis non per servire gli altri, ma per servire Dio, e Dio solo. Dall’assunzione volontaria e decisa di questo concetto di fondo verrà la soluzione alla crisi del sacerdozio, e non da altro. Non serve o non basta la formazione scientifica e spirituale, fosse pure “permanente” e comunitaria. Né gli incontri tra sacerdoti, i pellegrinaggi ai bei santuari della cristianità (Lourdes, Fatima, Pompei), il ritiro spirituale annuale, l’aggiornamento teologico, etc. Tutte cose utili, ma né strettamente necessarie, né tanto meno sufficienti per restaurare il senso della missione sacerdotale. Ancora meno giovano certe letture, di riviste e giornali che preferisco non menzionare, fatte per essere al corrente della vita della Chiesa. Dopo tanto essere al corrente e aggiornarsi,torniamo allo studio sapienziale e meditato della Bibbia, della Patristica, della Dogmatica e del Magistero. Se questo studio sarà fatto per servire Dio e poi i fratelli, esso sarà proficuo. Ma se queste due finalità saranno invertite (prima i fratelli e poi, eventualmente, Dio) tale studio sarà inefficace e aggraverà la crisi invece che risolverla.Si è arrivati infatti fino al punto di strumentalizzare la Bibbia per suffragare le istanze più balorde della modernità e della democrazia. Certi pretini televisivi moderno-democratici hanno fatto il loro tempo, e dobbiamo augurarci che scompaiano al più presto nel nulla da cui sono venuti. Tutto per Dio e per Dio solo: questa deve essere la divisa del sacerdote cattolico del XXI secolo e se lo sarà saranno poste le vere basi per una ripresa storica fondamentale.Logicamente, se Dio deve avere il primo posto, lo deve avere nelle occupazioni sacerdotali tutto ciò che ha a che fare direttamente e immediatamente con Dio e il suo onore, ovvero il Culto. La prima occupazione del sacerdote sarà dunque la celebrazione della sacrosanta liturgia cattolica. Ma anche qui la celebrazione non deve essere finalizzata in primis all’edificazione del Popolo di Dio, ma all’adorazione della Divina Maestà. Solo così l’edificazione sarà reale e non funzionalistica, e solo così il culto sarà sentito e vissuto, e non meramente ritualistico. D’altra parte, dopo la celebrazione del santo sacrificio della Messa, il sacerdote, sia che si nutra, sia che conversi, sia che usi il computer o lavori, deve sempre tener a mente l’ordine delle priorità: prima Dio Ottimo Massimo, dopo il Popolo da Lui redento. Questo dopo non è evidentemente un dopo cronologico, ma un dopo assiologico: Dio viene sempre prima anche se deve parlare ai fedeli prima di celebrare o pregare. Avendo messo Dio al centro della giornata, e non più ai margini come avviene oggi, il sacerdote rinnovato ad mentem Dei, deve riprendere alcune attività che sono sparite ormai da tempo. Prima fra tutte secondo noi è la lettura spirituale seria e coerente, usando i classici testi della spiritualità cattolica (come l’Imitazione, sant’Agostino, sant’Alfonso, lo Scupoli, Francesco di Sales, Garrigou-Lagrange). Una lettura pacata e attenta, sapienziale più che scientifica, cioè per mettere in pratica degli insegnamenti di vita, più che per conoscere la formazione storico-critica del testo. Se ogni giorno, oltre alla Messa (mezz’ora), al Breviario (un’ora) e al Rosario (20 minuti), ogni sacerdote cattolico, facesse un’oretta, anche suddivisa in 2 momenti, di codesta lettura, non ci saremmo già instradati sulla soluzione della crisi sacerdotale? Come contrappeso psicologico alla profondità meditativa di queste attività, che generano un certo stress che il clero conosce, sarebbe bene leggere anche riviste di svago e attualità, soprattutto quelle che possono divagare e assieme formare. Si pensi tra quelle in lingua italiana al Timone, a Radici Cristiane, a Notizie ProVita e al Settimanale di Padre Pio.

2. La riconquista dell’identità familiare. Questa riconquista si basa sulla stima della famiglia tradizionale cattolica, delle sue regole non scritte e delle sue leggi. Tutti i cattolici debbono stimare la famiglia tradizionale, debbono lottare per essa e debbono vedere in essa uno dei più grandi beni della civiltà umana universale. Se la famiglia scomparirà nel mare del nulla, scomparirà la stessa società, civile ed ecclesiale. Gli attacchi dell’Occidente ateo e nichilista alla famiglia non hanno nulla di casuale. Dobbiamo essere consci del valore storico di questa crociata per la difesa e il rilancio dellafamiglia cattolica, monogamica, eterosessuale, aperta alla vita e tendenzialmente numerosa, altrimenti noi stessi resteremo vittime dell’influsso malefico del sistema anti-familiare egemone. Un punto decisivo è questo: tornare al padre! Dopo oltre un secolo di disprezzo e di odio verso la figura del padre-padrone, giova formare delle famiglie fondate, oltre che sul necessario amore materno, anche e in primo luogo sull’autorità paterna. Questa autorità, sabotata dal comunismo, dal socialismo e oggi dal liberal-capitalismo, è il miglior antidoto a tutte le deviazioni morali dell’anti-famiglia proposta dal sistema. Questo consiglio vale sia per i padri che per le madri: riscopriamo subito l’autorità del padre. Egli, quale capo della famiglia, non ha uguali diritti agli altri membri della stessa, ma ne ha evidentemente di più, come il capo dello Stato ha più diritti del cittadino comune. Disuguaglianza protettiva e benefica, come il clero che possiede un’autorità spirituale non condivisa dai laici, e così via. Il bene comune sociale, l’educazione dei figli, la coesione della famiglia dipendono in larga parte dalla presenza di questa benefica autorità. Proprio le donne cattoliche (mogli, madri e figlie) debbono oggi, nel contesto culturale ammorbato dal femminismo, essere le prime sostenitrici dell’autorità paterna. Sarà una riconquista non facile, ma sicuramente felice e risolutiva.

3. La riconquista dell’identità nazionale e culturale. Oggi come italiani ci troviamo sottoposti ad una propaganda esterofila davvero scriteriata e assurda. Non perdiamo mai il santo orgoglio dell’italianità! Abbiamo mille motivi per amare l’Italia che, ricordiamolo, nasce con Dante e san Francesco e non con Cavour. San Pio X definiva l’Italia la più illustre nazione della terra e Pio IX esclamò: "Benedite Gran Dio, l’Italia!". Restiamo dunque amanti della nostra patria, stimiamo tutti gli amanti della propria patria e disprezziamo invece tutti i sabotatori e i livellatori di questo mondo. Non senza riconoscere le cose che non vanno e che non sono poche (la mancanza di patriottismo è una delle nostre carenze storiche più evidenti).Senza un forte, convinto, sincero e propositivo amor di patria, la società collassa, specie oggi sotto il rullo compressore dell’Europa e dell’Occidente laicista. Si può discutere sulla validità o meno di un ritorno alla lira, o di un’uscita dall’Unione Europea, ma non si deve discutere sull’amor di Patria, uno dei più nobili sentimenti che mai debbono mancare in un cuore cristiano.

Il sacerdozio (Dio), l’Italia (la Patria) e la famiglia: siano ancora una volta questi i 3 punti fermi e inamovibili della nostra lotta per la riconquista della vera civiltà.

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