ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 21 gennaio 2014

Bella Fra'

Nolite jugum ducere cum infidelibus. Quae enim participatio justitiae cum iniquitate? aut quae societas luci ad tenebras? quae autem conventio Christi ad Belial? aut quae pars fideli cum infideli?(II Cor. VI, 14-15)

Se un medico prescrive una cura sbagliata al proprio paziente, viene radiato dall'albo. Se un professore insegna teorie non conformi al programma ministeriale, viene licenziato. Se un ingegnere sbaglia i calcoli di un edificio e ne provoca il crollo, gli si vieta di esercitare la professione. Ma se un sacerdote, un Vescovo o addirittura un Papa insegna qualcosa di contrario alla dottrina cattolica, non succede nulla. Anzi, tutti esultano, o al massimo si voltano dall'altra parte...
Domenica scorsa, in occasione della visita alla parrocchia romana del Sacro Cuore di Gesù a Castro Pretorio, papa Francesco ha invitando a trovare consolazione alle sofferenze quotidiane “quelli che sono cristiani, con la Bibbia, e quelli che sono musulmani con il Corano”, perché “uno solo è Dio: lo stesso”. 

Inutile dilungarci sulle conseguenze mediatiche delle esternazioni papali e fare mille distinguo sulla loro eventuale portata magisteriale. Anche il chierico del primo anno di Seminario dovrebbe sapere che un Pontefice non può insegnare infallibilmente ex cathedra eresie, ma chi sia dotato di un minimo di buon senso sa altrettanto bene che il nuovo Magistero Mediatico, che ha sostituito quello Apostolico, viene colto dalla massa come unica espressione dell'insegnamento della Chiesa: se lo dice il Papa, è vero. E sperare che la flebile voce di padre Lombardi possa scalfire le uscite infelici del Pontefice è ridicolo, oltreché ingenuo. 

A tal proposito pare quantomeno assurdo quanto scrive, pur con le migliori intenzioni, mons. Antonio Livi, nel suo intervento su La Bussola Quotidiana:

Meglio allora, come ho detto, lasciar perdere le tante interpretazioni delle intenzioni del Papa che certi malintenzionati impongono all’opinione pubblica cattolica manipolando il contenuto dei suoi discorsi: ci si attenga ai suoi insegnamenti ufficiali, e certamente si vedrà che – al di là di iniziative di “dialogo” che possono essere imprudenti o accenni ad argomenti dottrinali che possono risultare ambigui – i capisaldi della dottrina cristiana non sono minacciati.

Mons. Livi ci invita a non ascoltare il Papa quando parla in forma non ufficiale, e giunge a riconoscere che iniziative di “dialogo” possono essere imprudenti e che accenni ad argomenti dottrinali possono risultare ambigui. Siamo al paradosso: viene pacificamente dato per normale che un Pontefice possa dire eresie in ambito dottrinale finché non parla in forma ufficiale, e che diventi poi il più strenuo difensore dell'immutabile dottrina cattolica quando agisce come Supremo Pastore. Un Lutero in forma privata e un San Tommaso in forma ufficiale.

Da ormai cinquant'anni l'abitudine papale di dare un colpo informale al cerchio dell'eresia e unoufficiale alla botte dell'ortodossia ha causato disastri immani: da Paolo VI ad oggi è tutto un susseguirsi di discorsi e gesti che più o meno esplicitamente vanno in senso progressista, contraddetti da documenti magisteriali di segno opposto. Il fatto che sotto il profilo mediatico abbiano più eco e presa sulle masse i primi, e che i secondi siano fatti passare quasi sotto silenzio non tocca minimamente le menti egregie della Gerarchia, che anzi su questo equivoco intollerabile ha costruito la nuova chiesa conciliare, che vive in condominio con la Chiesa Cattolica nello stesso Palazzo Apostolico. 

Come si può affermare allora che i capisaldi della dottrina cristiana non sono minacciati? E quand'anche dovessimo considerare il Vicario di Cristo come affetto da uno sdoppiamento della personalità e gli prestassimo ascolto nei soli atti magisteriali, cosa dovremmo dire degli errori contenuti nell'Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, che a rigore dovrebbe far parte degli atti ufficiali di Magistero?

Al n. 255 di quel documento leggiamo:
Essa [la libertà religiosa] comprende “la libertà di scegliere la religione che si considera vera e di manifestare pubblicamente la propria fede”.

Poi prendiamo il Sillabo, al n. 15, e troviamo la stessa proposizione, condannata da Pio IX: 
È libero ciascun uomo di abbracciare e professare quella religione che, sulla scorta del lume della ragione, avrà reputato essere vera.

E ancora:
Come cristiani non possiamo considerare l'Ebraismo come una religione estranea, né includiamo gli ebrei tra quanti sono chiamati ad abbandonare gli idoli per convertirsi al vero Dio.
Uno sguardo molto speciale si rivolge al popolo ebraico, la cui Alleanza con Dio non é mai stata revocata. 

Queste proposizioni sono in aperta opposizione all'insegnamento della Sacra Scrittura (Matth XXVI, 28; Marco XIV, 24; II Cor III, 10; Eb VII ,22; I Cor XII, 3 e XVI, 22), e contraddicono anche il Concilio Ecumenico di Firenze:

La sacrosanta Chiesa Romana crede, professa ed insegna fermamente che la materia riguardante l’Antico Testamento, la Legge Mosaica, che si divide in cerimonie, riti sacri, sacrifici e sacramenti, poiché essi vennero stabiliti per significare qualcosa di non ancora avvenuto, anche se furono propri del culto divino di quel tempo, dopo la venuta di Nostro Signore, essi hanno cassato la loro funzione, e hanno avuto inizio i sacramenti del Nuovo Testamento (DS 1348).

E la Lumen Fidei non è da meno, come ha egregiamente illustrato il prof. Enrico Maria Radaelli. 

Non è possibile affermare che la stampa interpreti le affermazioni di Bergoglio pro domo sua, ossia per la causa dell'Anticristo: basta semplicemente ascoltare le parole del Papa per accorgersi che in esse vi è una nota che stride anche all'orecchio del semplice, e vieppiù a quello di chi conosce la dottrina cattolica. 

I casi limite eretti da Bergoglio a paradigma, quali il povero gay che cerca sinceramente Dio o la divorziata che ha abortito ed è pentita, sono degli assurdi che presuppongono una situazione astratta dalla realtà: chi confessa abitualmente sa benissimo che i gay che strepitano nelle loro grottesche parate e chiedono il riconoscimento di inesistenti diritti si guardano bene dal cercare Dio, anzi Lo odiano e Lo bestemmiano, e con Lui odiano la Chiesa e il Papa. La divorziata assassina, se è così pentita come dice, si aspetta forse di essere trattata dal confessore come una madre che, a costo di mille sacrifici, vive nella fedeltà al coniuge ed alleva cristianamente la prole? Perché questa indulgenza contro chi col suo stesso comportamento dimostra di rifiutare ostinatamente Cristo, e viceversa tanta severità con quanti ad esempio manifestano una cura ostentata della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa (anche qui Bergoglio usa il caso limite), come i tradizionalisti, i Frati dell'Immacolata o le mille altre vittime del disprezzo della Gerarchia? o con chi, per citare mons. Livi, resta sconcertato e scandalizzato credendo di assistere alla liquidazione della Chiesa ad opera dello stesso suo Capo visibile

Afferma ancora monsignor Livi: 
Di questo Papa, come di ogni Papa, non debbono necessariamente interessare tutti i discorsi estemporanei, soprattutto se non vengono poi riprodotti negli Acta Apostolicae Sedis.

Avevano forse bisogno Nostro Signore, o San Pietro, o San Gregorio Magno di pubblicare i loro discorsi negli Acta Apostolicae Sedis? Qui stiamo scadendo in un formalismo da azzeccagarbugli, che copre con codicilli una situazione di sovversione e di apostasia generale. E in quest'apostasia, non uno si leva nel fantomatico Collegio Episcopale ad ammonire il Papa, come fece l'Apostolo delle Genti con Cefa. 

Un uomo che non si veste da Papa, che non abita negli Appartamenti del Papa, che non si comporta da Papa e che non parla da Papa, può esser ostinatamente considerato tale solo perché non si ha il coraggio di trarre le debite conclusioni? Può esser accettabile addebitare le colpe di questo pubblico scandalo ai giornalisti, o peggio ancora considerare i fedeli come dei poveri visionari? E' così scarsa la considerazione in cui certo Clero tiene i fedeli, da pensare di poter ancora, dopo cinquant'anni di imbrogli e menzogne, raccontare la favola bella del Concilio? 

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