CITTÀ DEL VATICANO - Monsignor Viganò starebbe per tornare a casa, in Vaticano. Dopo oltre un anno di esilio dorato alla guida della nunziatura apostolica di Washington, per l'arcivescovo Carlo Maria Viganò sembra iniziato il conto alla rovescia per un clamoroso rientro ai vertici della Curia pontificia. Stando a quanto filtra in questi giorni dai Sacri Palazzi, il vescovo - su decisione di papa Francesco - sarà il nuovo presidente di quel Governatorato dal quale era stato estromesso per aver denunciato nella sua veste di segretario generale, in una serie di lettere a papa Ratzinger e all'allora segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, una lunga fila di scandali all'ombra del Cupolone che poi avrebbero dato il via allo scandalo Vatileaks.

In quelle lettere - alcune poi trafugate dall'appartamento papale e pubblicate su giornali e riviste - il monsignore rivelava l'esistenza in Vaticano di una sorta di lobby per l'assegnazione di appalti, il ricorso alla corruzione tramite mazzette e bustarelle, casi di nepotismo e gestioni allegre di beni della Santa Sede da parte di vescovi e monsignori. Accuse tremende e circostanziate, tutte respinte con una nota ufficiale della Segreteria di Stato, che portarono Viganò in rotta di collisione col cardinal Bertone, dando anche vita ad una sorta di inedito braccio di ferro tra Governatorato e Segreteria di Stato, a cui Benedetto XVI pose finetrasferendo il monsignore a Washington.

Viganò cercò di opporsi con forza, appellandosi a Ratzinger in una lettera in cui, tra l'altro, chiedeva di poter restare in Vaticano per accudire un suo fratello maggiore, sacerdote, colpito da un ictus. Gli andò male: padre Lorenzo Viganò, gesuita, pur ammettendo di essere stato colpito "anni fa" da un ictus spiegò che in realtà lui viveva proprio negli Usa e di avere rotto i rapporti col fratello monsignore per questioni di denaro legate a un'eredità. Beghe familiari a parte, Viganò fu convinto ad andare a Washington da Benedetto XVI che, in un drammatico colloquio, gli chiese di accettare il trasferimento, poggiandogli le mani sulle spalle e dicendogli: "Ti prego, fallo per me".

Con l'avvento di papa Francesco la situazione per l'arcivescovo sembra cambiata. Bergoglio lo ha ricevuto più volte in Vaticano, dedicandogli udienze riservate durate a volte anche più di un'ora. Clamorosa quella dello scorso mese di ottobre, quando Bergoglio rinunciò ad assistere al concerto di chiusura dell'Anno della Fede per restare a parlare a Santa Marta con Viganò, che dopo il colloquio uscì dalla stanza con le lacrime confessando di essere stato "ascoltato come un figlio".

Ora, da qualche giorno, Oltretevere si dà per imminente il ritorno di Viganò in Governatorato, ma da presidente, in sostituzione del cardinale Giuseppe Bertello, candidato a presiedere la Congregazione per le Cause dei Santi. Per Viganò sarebbe una promozione e nello stesso tempo un risarcimento. Come lo è stato per uno dei suoi più stretti collaboratori, il vescovo Giorgio Corbellini, vice segretario generale del Governatorato, allontanato anch'egli perché troppo vicino a Viganò, ma che il mese scorso il Papa ha nominato presidente dell'Apsa, l'ente che amministra i beni della Santa Sede.