ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 25 giugno 2014

Non serve, ma è vatican trendy..!

Non mi serve la demagogia. Non mi servono i balletti e i letti predisposti nelle chiese. Potete soltanto ridarmi la fede di mio padre?

Leggo su Avvenire, il quotidiano dei vescovi [qui]:
Periferie che accolgono altre periferie. La Chiesa di Palermo offre quello che ha di più caro e prezioso per accogliere centinaia di migranti, che portano sul corpo e nell’anima i segni della paura, del dolore, del naufragio. Nella parrocchia di San Giovanni Maria Vianney Curato d’Ars, a Falsomiele, don Sergio Mattaliano e i volontari hanno svuotato l’aula liturgica dalle panche e l’hanno riempita di letti, così come il salone e le stanze del piano terra: 225 ragazzi africani hanno trovato rifugio sotto le braccia del crocifisso. [...]
E, su Traditio catholica [qui], questo testo di un sacerdote (peccato l'anonimato):
Non mancano altri locali per ospitare gli immigrati.
Perché non aprono loro le moschee?
" In questi giorni scorrono immagini diverse, sicuramente scaturite da un desiderio sincero di soccorrere i poveri.
( Secondo qualcuno si tratta invece di un furbesco business : soldi statali ed europei spacciati per carità cristiana - non c'è nulla di evangelico ... -  N.d.R. )
A me è tornata in mente l'immagine di mio padre, che entrava in una chiesa come se entrasse in in palazzo regale.
Anche quando era anziano e malato, voleva che lo si accompagnasse prima al tabernacolo, perché là c'era il Padrone di casa, il Signore. L'ho visto inginocchiarsi finché ha potuto, anche se con sofferenza.
Non molto tempo fa, in occasione di alcuni incontri pastorali, ho visto entrare in chiesa venti, trenta o più operatori, che dovevano percorrere necessariamente la navata per raggiungere il locale destinato alla riunione.
Ebbene, per tre sere nessuno ha pensato al tabernacolo, ad un segno di riverenza, ad una sosta.
Si attraversa una chiesa come si attraversa una pubblica via.
Poi penso che in quella stessa chiesa, una sera, ho visto tanta gente sculettare (perdonate il verbo, ma bisogna rendere plasticamente l'immagine) attorno all'altare, ed in mezzo un ostensorio che "ballava" seguendo il ritmo di quelle invocazioni.
E penso che ormai nelle chiese si fa di tutto, dai balli alle feste.
Si chiama fraternità, ma è sempre un momento di convivialità.
Le sagre non sono meno conviviali solo perché sono laiche.
Non mancano sale e ambienti in cui si può manifestare la propria gioia.
Non mi meraviglio, pertanto, dello spettacolo indecoroso al quale assistiamo, con alcune chiese ridotti a dormitori.
Non mancano sicuramente locali idonei ad accogliere chi è nel bisogno.
Il problema non è quello del gesto di carità, ma la percezione che ormai si ha del culto da rendere a Dio.
I luoghi destinati a questo culto finiscono per risentire della nuova sensibilità religiosa.
Eppure il Catechismo della Chiesa cattolica ragiona in termini totalmente diversi. Ai nn. 1160 - 1186 richiama il senso dell'edificio destinato al culto, la sua sacralità, la sua funzione.
Il problema - ribadiamo - non è il fratello da soccorrere.
Il problema è l'idea che ci siamo fatta del culto.
Cosa ancora più paradossale se consideriamo che siamo a pochi mesi dalla conclusione di un pontificato altamente illuminante e fecondo (per le generazioni che lo rileggeranno tra qualche secolo).
Non mi serve la demagogia.
Non mi servono i balletti e i letti predisposti nelle chiese.
Potete soltanto ridarmi la fede di mio padre? "
( Un Sacerdote )

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