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martedì 15 luglio 2014

C'è ancora qualche vero ebreo.. (fuori dal vaticano)

Neturei Karta, una voce fuori dal coro

"Una delle figure più importanti di questo gruppo è il rabbino Ysroel David Weiss, il quale, durante un’intervista ad “Al Jazeera”, dichiarò: “ebraismo e sionismo sono opposti e si contraddicono a vicenda”. Weiss fa osservare come le comunità osservanti in tutto il mondo rifiutino l’autorità di Israele, la sua bandiera ed il suo esercito. Inoltre, accusa il Sionismo di aver creato e continuare a creare fiumi di sangue, andando contro i precetti religiosi, nonché i diritti umani."

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«I sionisti utilizzano la questione dell’Olocausto per ottenerne benefici. Noi, ebrei che hanno subìto l’Olocausto, non lo utilizziamo per promuovere i nostri interessi. Noi affermiamo che ci sono centinaia di migliaia di ebrei nel mondo che identificano la nostra opposizione all’ideologia sionista e che pensano che il sionismo non sia uguale all’ebraismo, ma sia solo un’agenda politica»                 
 Ysroel David Weiss 
In questi giorni una situazione, di per sé critica, è precipitata. Sapete tutti a cosa si fa riferimento. Sull’argomento sono stati scritti talmente tanti articoli che sembra difficile poter parlare di quello che succede a Gaza senza ripetere argomentazioni trite e ritrite. In questo articolo si cercherà di fare esattamente l’opposto, analizzando la situazione da un’angolazione diversa. Questo perché, quando un conflitto sembra insanabile e la pace irraggiungibile, l’unica cosa da fare è modificare la percezione che si ha a riguardo, spostando il proprio punto d’osservazione.
Sul “conflitto”, se di questo si può ancora parlare, israeliano-palestinese la percezione tende ad essere sempre la stessa. Non volendo entrare specificatamente nella questione (non basterebbero mille di questi articoli), basta evidenziare come gli oppositori di Israele vengano spesso classificati, dai difensori di quest’ultimo, non come “antisionisti”, ma direttamente come “antisemiti”. Contestare Israele, l’occupazione sionista e la sua politica imperialista in terra araba, sarebbe una copertura per odiare l’ebraismo, la sua gente e la sua storia. Questa versione dei fatti, tanto illogica quanto ridicola, è stata “tradita” proprio dai suoi promotori. Così, durante un’intervista rilasciata su “Democracy Now”, si esprimeva l’ex ministra israeliana, Shulamit Aloni: “La definizione ‘antisemita’? È un trucco, la usiamo sempre. In Europa quando qualcuno critica Israele tiriamo fuori l’olocausto e le sofferenze del popolo ebraico. Quando negli Stati Uniti le persone attaccano Israele, vengono chiamate antisemite”. Israele non rappresenta tutta la comunità ebraica, ma una sua, seppur sostanziale, parte. Per questo, contestare le sue politiche criminali, permesse e supportate da tutto l’Occidente, non significa né negare l’Olocausto, né tantomeno accusare tutti gli ebrei di ciò che sta accadendo da quasi un secolo in Palestina. E non è un caso, allora, che nel mondo esistano differenti comunità ebraiche che, invece di riconoscersi nel movimento sionista, solidarizzano con il popolo palestinese.
L’esempio più rappresentativo in questo senso è quello dei “Neturei Karta”, in aramaico “Guardiani della città”. Questo gruppo, nato nel 1938 a Gerusalemme, da ebrei che da differenti generazioni vivevano in Palestina, rifiutano di riconoscere l’autorità e l’esistenza stessa dello Stato di Israele. Questa posizione deriva dalla loro interpretazione dei testi sacri, in particolare del Talmud, nel quale si afferma di non dover lavorare alla costruzione di uno Stato ebraico nel tempo presente, ma di dover aspettare la venuta del Messia e quindi la fine dell’esilio. Questo avrebbe, infatti, la funzione di punizione per i peccati commessi e non può essere anticipato. Di conseguenza, gli ebrei, oggi, dovrebbero comportarsi come cittadini fedeli delle nazioni in cui vivono e non ambire ad una nazione propria. Ecco allora come, in base a quest’interpretazione, la “terra santa” non sarebbe esclusivamente ebraica, e quindi sionista, ma apparterrebbe a tutti, palestinesi compresi.
È evidente come la motivazione del supporto alla causa palestinese da parte dei “Neturei Karta”, più che politica, sia prettamente religiosa. Sono definiti “ultra-ortodossi”, ma loro non si riconoscono in questo termine, sostenendo di non aver affatto modificato la legge e la tradizione ebraica. I rappresentanti di questo gruppo accusano i sionisti di aver alterato l’interpretazione dei testi sacri, in particolare della Torah, a seconda delle loro esigenze. Dalla motivazione religiosa, però, ne derivano conseguenze politiche. Essi si rifiutano di partecipare alle attività civili israeliane, dalle elezioni fino all’assistenza medica, e manifestano pubblicamente a fianco degli arabi palestinesi. Addirittura rifiutano di avere banconote raffiguranti personaggi sionisti, come Theodor Herzl e Chaim Weizmann. Questo movimento conta differenti migliaia di famiglie presenti in tutto il mondo, le quali, anche in questi giorni, stanno facendo sentire la loro voce, in solidarietà con Gaza.
Una delle figure più importanti di questo gruppo è il rabbino Ysroel David Weiss, il quale, durante un’intervista ad “Al Jazeera”, dichiarò: “ebraismo e sionismo sono opposti e si contraddicono a vicenda”. Weiss fa osservare come le comunità osservanti in tutto il mondo rifiutino l’autorità di Israele, la sua bandiera ed il suo esercito. Inoltre, accusa il Sionismo di aver creato e continuare a creare fiumi di sangue, andando contro i precetti religiosi, nonché i diritti umani. È proprio questo, del resto, il vero punto di incontro tra le motivazioni religiose delle comunità ebraiche e quelle politiche del popolo palestinese: la necessità del rapido e pacifico smantellamento dello stato sionista, per tornare a vivere insieme, arabi ed ebrei, ed in pace come si faceva fino a pochi decenni fa. Il rabbino continua col sostenere che la stragrande parte della popolazione autoctona, prima dell’occupazione, era araba e mussulmana, ma conviveva con la minoranza ebraica. Oggi, per un ebreo, chiedere il ritorno a questa situazione significa rischiare di essere picchiato e denigrato dai propri stessi connazionali. Il tutto con l’appoggio e la propaganda dei media, anche internazionali.
I “Neturei Karta” sostengono tesi che, se espresse da non ebrei, sarebbero bollate dalla propaganda sionista come “antisemite”. Questa comunità rappresenta una voce fuori dal coro, tanto speciale quanto importante. Guardare il genocidio ai danni di palestinesi con una nuova percezione significa, allora, prendere ad esempio e supportare questa minoranza, simbolo di convivenza (e non di oppressione), testimone del fatto che, in futuro come è stato in passato, gli interessi degli arabi e quelli degli ebrei non sono inconciliabili, seppur devono essere ridimensionati, soprattutto (o forse solamente) da una parte.

VEDI IL VIDEO ‘Il sionismo ha creato fiumi di sangue’ , intervista a Rabbi Weiss 

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L’alleanza tra Neocon e Teocon, l’ultima barricata trash a difesa di Israele

L’amore si fa in due, se no è masturbazione. La guerra anche, se no è genocidio.

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“Il cessate il fuoco unilaterale di Israele è un atto saggio e lungimirante”.
Gad Lerner
In Palestina non bisogna fermare un conflitto ma fermare un massacro. L’amore si fa in due, se no è masturbazione. La guerra anche, se no è genocidio. Infatti il sionismo internazionale e il governo di Netanyahu si stanno masturbando sui bombardamenti che si svolgono quotidianamente a Gaza. Le testimonianze di Rosa Schiano e Michele Giorgio fanno rabbrividire. Vittorio Arrigoni definiva la Striscia “una prigione a cielo aperto”, in tempi di pace però, perché da diversi giorni si è trasformata in un vero e proprio campo di concentramento. Ilan Pappé e Noam Chomsky ci avevano avvertiti: “è in corso una pulizia etnica della Palestina”. Circa 200 morti e oltre mille feriti dal lato palestinese, mentre il popolo israeliano non ha perso nessuna vita umana, civile o militare che sia. Non per via della Provvidenza sia chiaro, ma soltanto grazie al loro sistema antimissili Iron Dome.   
C’è un dato più interessante in tutta questa storia: il comportamento di alcuni giornalisti e scrittori italiani che si atteggiano a gangster dell’informazione. Il più celebre di tutti è Roberto Saviano, non per merito bensì perla risposta che Vik gli mandò da Gaza, il quale nel 2010 partecipò alla manifestazione a Roma “Per la verità, per Israele” insieme ad altri ferventi sostenitori dello Stato ebraico come Walter Veltroni, Piero Fassino, Furio Colombo, Francesco Rutelli, Giovanna Melandri, Rita Levi-Montalcini, Umberto Veronesi, Paolo Mieli, Pierluigi Battista e Giorgio Albertazzi. Non solo l’autore di Gomorra, perché in questi giorni a masturbarsi sui bombardamenti israeliani sono in tanti. Stupisce l’atteggiamento del reporter di guerra Gian Micalessin che nonostante le sue eccezionali inchieste internazionali ha pubblicato Lunedì 14 luglio su Il Giornale un articolo intitolato: “I media italiani tifano Hamas più degli stessi palestinesi”. Ha ragione quando afferma che non bisogna confondere la causa palestinese con Hamas, pertanto vincitrice delle elezioni nel 2006, ma sbaglia quando scrive che la stampa italiana si è allineata ciecamente con la Palestina. Gli organi d’informazione e le istituzioni sono sioniste, punto. Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio, dedicò anni fa prima e seconda pagina del suo giornale al libro “Viva Israele” scritto da Magdi Cristiano Allam, oggi editorialista de “Il Giornale”, mentre lo Stato Italiano ha fornito a Israele “i primi dei 30 velivoli M-346 da addestramento avanzato, costruiti da Alenia Aermacchi (Finmeccanica), che possono essere usati anche come caccia per l’attacco al suolo in operazioni belliche reali” (Manlio Dinucci). E poi non parliamo dell’articolo-testimonianza di Fiamma Nirenstein pubblicato sabato e intitolato “Io nella città sotto le bombe Ogni minuto arriva un razzo”: uno sproloquio vittimistico a senso unico che legittima tutti gli atti terroristici commessi da Israele. Ed infine i titoloni del Corriere della Sera che hanno presentato Hamas come l’aggressore e lo Stato ebraico come l’aggredito accanto a dei piccoli trafiletti riguardanti i morti a Gaza, il più delle volte esibiti come scudi umani.
Questi cronisti di secondo livello si dividono in due categorie: i neocon e i teocon. I primi si rifanno al politologo Samuel Huntington (e ad Oriana Fallaci), precursore dell’ideologia neoconservatrice statunitense (divenuta poi la dottrina Bush), il quale nel suo saggio-manifesto intitolato Lo scontro delle civiltà teorizzò nel 1996 una guerra etnica mondiale tra due civiltà costruite artificialmente e semplicisticamente: quella arabo-musulmana e quella giudaico-cristiana. Oltre ad eliminare la civiltà millenaria arabo-musulmana dalla faccia della Terra, i neocon italiani vorrebbero che l’Europa si comportasse con gli immigrati esattamente come fa Israele con i palesinesi: pulizia etnica e ius sanguinis integrale. I secondi invece si rifanno alle radici giudaico-cristiane dell’Occidente, ignorando che la continuità tra Antico e Nuovo Testamento è considerata dagli uni, e derisa dagli altri. e dimenticandosi che l’Occidente nasce in realtà con la filosofia greca, il diritto romano e il Cristianesimo. Quindi con il logos, i diritti, i doveri, l’umanesimo e l’universalismo. Quei valori che in fondo ci legano tutti quanti con il popolo palestinese.  

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