ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 26 luglio 2014

Contesti kafkiani

Alcune chiose al frate FI nuovo corso intervistato da Radiospada

Apro le chiose di EP che seguono, in ordine all'intervista al frate felice dalle idee come minimo un po' confuse e in un contesto kafkiano, con la riflessione di un lettore:  come mai i Camilliani, tanto per fare un esempio, non sono stati commissariati? Scandalo per milioni di euro, sostituzione di persona, sequestro di persona, superiore generale e compagni in galera e nessuno fa niente? Vogliamo parlare delle suore eretiche americane proaborto ? Vogliamo parlare delle scandalose messe yoga dei Camaldolesi ? E nessuno fa o dice nulla? Poi sei o sette frati si lamentano per il breviario in latino e scatta il commissariamento? Siamo alla farsa... questa "gente anonima" non merita neppure un pernacchio... sono solo dei poveracci rinnegati e fanno pena, anzi anche un tantinello schifo ! 
Possono farci tutta la pena e lo schifo che vogliamo (riferito, più che alle persone, alle loro idee e comportamenti); ma sta di fatto che il papa ascolta loro e non i fedeli dell'ala tradizionale. Di altro non pare gli importi un bel niente: di fatto gli interessa solo il "lío" che piace a lui. Mentre invece il "lío" che infanga la Chiesa, quando non è addirittura ben accolto, non sembra neppure sfiorare il Soglio che, nel frattempo, ha perso molta della sua sacralità...(MG)

Leggo su Radio Spada l'intervista a un frate ribelle normalista e non posso non permettermi qualche chiosa.

Tolti i "non so, non mi risulta" (che costituiscono più della metà dell'intervista), c'è un dato che torna molto spesso: il rifiuto di pregare il breviario in latino, "che non si capisce". L'intervistato dà l'impressione che il commissariamento sia stato per buona parte edificato su quel rifiuto.

Il breviario tradizionale in latino è oggettivamente "più lungo" (le ore canoniche sono nove salmi ciascuna, contro i "due salmi e un cantico" del breviario postconciliare). La questione del "latino che non si capisce" è del tutto strumentale perché chi prende i voti è tenuto a recitare il breviario ogni giorno: dopo qualche mese a recitare preghiere in latino tutti i giorni a tutte le ore canoniche il latino finisce per diventare la tua seconda lingua. Lo assorbi anche se non capisci, così come i giovani di oggi padroneggiano i termini "week-end", "meeting", "smartphone". Il latino diventa parte del tuo esprimerti anche se sei analfabeta. Chi si lamenta di "non capire il latino" sta infatti dicendo che lo detesta, che non ha alcuna intenzione di usarlo, tanto meno di comprenderlo. Sta cioè opponendo un rifiuto capriccioso. Si pensi poi al fatto che le canzonette chiesastiche moderne si accordano bene col breviario Novus Ordo ma suonano del tutto fuori luogo se allegate al breviario tradizionale.

Insomma, viene il legittimo sospetto che quei frati "ribelli al breviario tradizionale" da un lato temono di dover pregare di più (cfr. l'excusatio non petita delle "5 ore di preghiera al giorno") e dall'altro si rifiutano di lasciar fuori le canzonette parrocchiali fastidiosamente in voga nelle comunità religiose Novus Ordo. Sono convinto che questo sia uno degli inconfessati obiettivi dei frati "ribelli al breviario tradizionale": l'ostentato omologarsi all'andazzo ecclesiale per sentirsi "à la page".

Del resto l'onestà delle intenzioni di un frate che si rifiuta di pregare col "breviario tradizionale in latino" più volte al giorno è ancor meno credibile di quella di un laico che rifiuta la "messa tradizionale in latino" nelle domeniche e feste comandate.

Vorrei poi far presente che l'emettere i voti, nella vita religiosa, significa rinunciare ad ogni pretesa nei confronti dell'Ordine che ti ha accolto. Emettendo i voti, sottometti anche la tua volontà a quella del superiore. Se il superiore vuole che tu preghi col "breviario tradizionale in latino", tu o ubbidisci o vai via (così come già avviene nella direzione opposta quando ti impongono il Novus Ordo). E se "vai via" non è per gusto del superiore ma è per ubbidienza ai voti che hai liberamente emesso: il superiore prende atto che sei talmente debole da non poter continuare ciò che desideravi. La tua santità passa attraverso le virtù cristiane e l'unico caso in cui non devi ubbidire è quello in cui il superiore ti comanda di compiere un peccato. Devi avere idee ben strane in testa, se pensi che il "breviario tradizionale in latino" ti renda impossibile la santità (mentre ha accompagnato alla santità tantissime anime, a cominciare quelle che trovi elencate nel santorale e nelle memorie e feste del breviario stesso).

Infine il frate intervistato ammette che il "breviario tradizionale in latino" non era mai stato "ufficialmente imposto". Ma allora contro cosa si ribellavano quei frati ribelli? Si ribellavano solo alla "possibilità" che in "alcune occasioni" avrebbero dovuto usare un diverso breviario? Ribellarsi ad una "possibilità"?

L'altro argomento "normalista" è che alcuni dei superiori dei Francescani dell'Immacolata avrebbero sviluppato delle opinioni deleterie per la vita della congregazione. Sono mere opinioni o incidono drammaticamente sulla vita dell'Istituto? In che modo impedirebbero la santità? In che misura rinnegano lo spirito francescano? Non è dato di sapere: l'intervistato non sembra riuscire a dare nemmeno un esempio. E' quantomeno umoristico notare come quel frate non abbia letto nulla di padre Lanzetta (forse preferiva i libri del priore della comunità di Bose?) e accusi padre Manelli nientemeno che di un "ratzingerismo" ad oltranza (ohibò)...

Il frate intervistato indica le questioni sotto titoli sempre troppo generici, senza mai fare un esempio concreto. Per esempio al principio parla di "problemi sul concetto di Tradizione". Quali? Quando? Chi? Parla di "dichiarazioni poco prudenti" di alcuni docenti del Seminario. Quali dichiarazioni? Quale doveva essere la prudenza? In che modo ledono la formazione e l'Istituto? Non è dato di sapere. Quanto alla spaccatura nei FFI l'intervistato dice che ci sono "quelli contro il Commissario" da una parte, mentre dall'altra quelli che "semplicemente hanno fede nella Chiesa". Cioè i cattivi e i buoni? Come può sostenere simile affermazione? Neppure un esempiuccio concreto? Aggiunge poi che "si poteva risolvere, sia pure con un po' di sofferenza, senza fare macelli": è proprio così difficile dire chi, quando e come? Chi è che avrebbe dovuto "soffrire": chi ha promosso ma "non ha imposto" il breviario tradizionale, oppure i frati ribelli che lo rifiutavano? E sul padre Manelli che "non muove foglia", un esempietto pratico, una testimonianza personale, niente, nulla?

L'intervistato, in breve, ha dichiarato di non conoscere le questioni. Sulle quali, però, esprime dei giudizi.

Tutto ciò vi fa venire in mente qualcosa?

Siamo proprio sicuri che per distrazione o fretta sia stato incapace di circostanziare almeno uno di quei giudizi?

Quanto alla vita religiosa, la parte più succosa (e più nascosta) dell'emettere voto di ubbidienza è il trasferire ai propri superiori - presenti e futuri - tutte le responsabilità delle decisioni della propria vita. Un frate che lamenta "difficoltà" col breviario è perciò un ipocrita, un traditore della sua comunità e soprattutto di se stesso. Un frate che di fronte ad una simile tempesta si premura di dire che in comunità "si prega ancora 5 ore al giorno" sta solo tentando di apparire "normale" a qualcosa o a qualcuno.

Il ragionamento sarebbe uguale anche a parti invertite: se un ipotetico giovane entrasse in una ipotetica congregazione Vetus Ordo e all'improvviso disgraziatamente si ritrovasse per ubbidienza a dover usare il Novus Ordo, o ubbidisce o serenamente abbandona l'ordine e cerca altre strade. L'emettere liberamente voti non prevede il diritto di lamentarsi.

In che modo il presunto "culto della personalità" costituiva un ostacolo alla santità personale dei frati che poi si sono ribellati? Perché mai hanno anteposto la loro idea all'ubbidienza? Perché mai non hanno serenamente scelto altre strade? La "famiglia" francescana è vastissima, si possono trovare ovunque comunità di frati in cui vige obbligatoriamente il Novus Ordo e nessuna considerazione del padre Manelli e della sua opera: perché non hanno fatto le valigie ma hanno preferito scatenare un pandemonio?

Sono certo che il frate intervistato risponderebbe a queste domande con altri giudizi preconfezionati, naturalmente senza dare esempi. A quanto pare, in quest'epoca moderna non ci si sente obbligati ad usare sempre la propria intelligenza e a saper rendere ragione della propria speranza.

1 commento:

  1. forse, può darsi, ma, non so , io non c' ero e se c' ero dormivo .

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