ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 8 agosto 2014

Cazzotti papali?

Don Luigi Ciotti schiaffeggia impiegato: non voleva più lavorare in nero…

ROMA – Don Luigi Ciotti ha schiaffeggiato e preso a pedate un suo impiegato, Filippo Lazzara, chevoleva un regolare contratto. Poi colto dal rimorso ha confessato di averlo picchiato e gli ha scritto unalettera di scuse.
Antonio Amorosi su Libero quotidiano  (^) ricostruisce la storia che vede protagonisti Don Ciotti, fondatore di Libera, e un lavoratore siciliano, Filippo Lazzara, “reo” di essersi rifiutato di lavorare a nero:

“Lazzara aveva depositato l’esposto nel 2011, ma lo ha reso pubblico solo qualche giorno fa pubblicando la notizia sulla propria bacheca Facebook. I fatti: ancora nel 2010, Filippo lavorava con un contratto a tempo indeterminato in un supermercato a Partinico, in provincia di Palermo. È uno di quelli che non ama l’omertà mafiosa – caratteristica preziosa e rara da quelle parti – e si impegna nel sociale con dedizione. Conosce don Ciotti e dopo un confronto col prete si convince a denunciare per infiltrazioni mafiose l’impresa per cui lavora, pesantemente collusa con alcune cupole”.
Lazzara si espone e rinuncia al contratto a tempo indeterminato:
“Eppure Lazzara si espone, anche perché una promessa di don Ciotti lo ha convinto che può esserci anche per lui un altro tipo di futuro. La proposta è trasferirsi in Piemonte e lavorare per don Ciotti stesso”.
Poi nel 2010 si trasferisce al nord:
“«Don Ciotti mi fa lavorare per alcuni mesi presso la Certosa», scrive nella denuncia e «precisamente presso l’associazione 15-15». Di seguito viene trasferito all’associazione «Filo d’erba» del gruppo Abele, che fa sempre capo a don Ciotti. Non è in regola e tenta ripetutamente di incontrare il fondatore di Libera per avere un contratto ed essere finalmente a norma come promesso. Nel marzo del 2011, nella sede del gruppo Abele di Torino, dopo tanti tentativi riesce a ottenere un confronto diretto, ma lo scambio verbale presto degenera. Don Ciotti passa alle mani e – stando alla ricostruzione dello stesso Lazzara – lo colpisce con pugni e calci. Il ragazzo, rimasto basito, viene poi allontanato dalla scorta del prete”.
Per il ragazzo una visita al pronto soccorso e 10 giorni di prognosi. Poi arriva la lettera di Don Ciotti:
“Scrive di pedate, il sacerdote, e tenta di fare ammenda: «Quelle pedate le merito io». Lazzara al telefono conferma la propria versione: «Oltre a essere stato picchiato, mi hanno fatto terreno bruciato intorno. Non avevo un lavoro e non sapevo dove sbattere la testa. Lui è un intoccabile». L’uomo cerca di spiegarsi: «Denunciare lui è come denunciare Nelson Mandela. Chi mi crede? Chi starà dalla mia parte? Per me tutte le porte si sono chiuse. Per il peso che ha, in certi ambienti, don Ciotti è come il Papa. Ma ricevere dei cazzotti dal Papa è una cosa che ti lascia scosso. Se questa è l’antimafia…»”.

(^)

"Non lavoro più in nero per te"
Don Ciotti lo prende a ceffoni

Voleva un impiego regolare. Il prete lo prende a sberle e pedate, poi colto dal rimorso gli scrive e confessa di averlo picchiato. Leggi la lettera

"Non lavoro più in nero per te"
Don Ciotti lo prende a ceffoni













Tra le scelte improprie e i comportamenti discutibili attribuiti ad esponenti dell’associazione «Libera» emerge in questi giorni un episodio sconcertante e rimasto finora sconosciuto.
È la storia raccontata a Libero da Filippo Lazzara, un lavoratore siciliano impegnato nell’associazionismo che ha presentato denuncia ai carabinieri (la quale, per la cronaca, è   stata successivamente ritirata) proprio contro il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti.
 Lazzara aveva depositato l’esposto nel 2011, ma lo ha reso pubblico solo qualche giorno fa pubblicando la notizia sulla propria bacheca Facebook. I fatti: ancora nel 2010, Filippo  lavorava con un contratto a tempo indeterminato in un supermercato a Partinico, in provincia di Palermo. È uno di quelli che non ama l’omertà mafiosa - caratteristica preziosa e rara da quelle parti - e si impegna nel sociale con dedizione. Conosce don Ciotti e dopo un confronto col prete si convince a denunciare per infiltrazioni mafiose l’impresa per cui lavora, pesantemente collusa con alcune cupole.
È un gesto di per sè coraggioso, addirittura incredibile se si pensa che un contratto di lavoro a tempo indeterminato, per di più in Sicilia  e di questi tempi,  è una fortuna della quale ben pochi sarebbero in grado di privarsi. Eppure Lazzara si espone, anche perché una promessa di don Ciotti lo ha convinto che può esserci anche per lui un altro tipo di futuro. La proposta è trasferirsi in Piemonte e lavorare per don Ciotti stesso.
L’uomo denuncia il malaffare e nel settembre 2010 si trasferisce al nord. «Don Ciotti mi fa lavorare per alcuni mesi presso la Certosa», scrive nella denuncia e «precisamente presso l’associazione 15-15». Di seguito viene trasferito all’associazione «Filo d’erba» del gruppo Abele, che fa sempre capo a don Ciotti. Non è in regola e tenta ripetutamente di incontrare il fondatore di Libera per avere un contratto ed essere finalmente a norma come promesso. Nel marzo del 2011, nella sede del gruppo Abele di Torino, dopo tanti tentativi riesce a ottenere un confronto diretto, ma lo scambio verbale presto degenera. Don Ciotti passa alle mani e - stando alla ricostruzione dello stesso Lazzara - lo colpisce con pugni e calci. Il ragazzo, rimasto basito, viene poi allontanato dalla scorta del prete.
Finisce però al pronto soccorso con una prognosi di 10 giorni. Lazzara, a dimostrazione di quanto è accaduto, posta in rete una lettera privata, firmata proprio da don Ciotti (e datata marzo 2011), nella quale  il sacerdote fa riferimento a delle percosse: si scusa per le «sberle», le «pedate» e «i nervi saltati, un po’ per la stanchezza e un po’ per il tuo modo di fare». Scrive di pedate, il sacerdote, e tenta di fare ammenda: «Quelle pedate le merito io». Lazzara al telefono  conferma la propria versione: «Oltre a essere stato picchiato, mi hanno fatto terreno bruciato intorno. Non avevo un lavoro e non sapevo dove sbattere la testa. Lui è un intoccabile». L’uomo cerca di spiegarsi: «Denunciare lui è come denunciare Nelson Mandela. Chi mi crede? Chi starà dalla mia parte? Per me tutte le porte si sono chiuse. Per il peso che ha, in certi ambienti, don Ciotti è come il Papa. Ma ricevere dei cazzotti dal Papa è una cosa che ti lascia scosso. Se questa è l'antimafia...».

di Antonio Amorosi

http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/1379573/-Non-lavoro-piu-in-nero-per-te---Don-Ciotti-lo-prende-a-ceffoni.html

3 commenti:

  1. Picchiato ? Malmenato ? Terra bruciata attorno ? Ma tutto è stato fatto per il suo bene ! Con tanta tanta, ma tanta misericordina ! Se il povero Filippo vuole, le pedate al Ciotti ( visto che lui stesso le ha richieste ) gliele allungo io . Però sempre con tanta e tanta misericordina ed esclusivamente all' uomo e mai alla tonaca . Che dite mi farà causa ?

    RispondiElimina
  2. O porgerà cristianamente l' altra guancia ?

    RispondiElimina
  3. dal frutto si riconosce l'albero...

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.