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venerdì 31 ottobre 2014

Il Papa che piaceva troppo

Cattolici americani sicuri: “Relax, God’s still in charge”
Chaput, che organizza il family day, è perplesso. Tobin più che perplesso

L’arcivescovo di Philadelphia, Charles Chaput (foto LaPresse)


Roma. Un anno fa esatto, l’arcivescovo di Philadelphia, il pellerossa Charles Chaput, pubblicava sul sito della diocesi un messaggio in cui ricordava che “il diritto alla vita non è semplicemente una priorità. E’ la questione fondamentale su cui poggia l’intera architettura della battaglia in difesa della vita”. Per questo bisogna marciare in strada e lottare pubblicamente contro “gli attacchi diretti alla vita umana innocente, che colpiscono le fondamenta della casa di Dio”. Parole che non passarono inosservate in un paese dove la chiesa per decenni ha predicato la battaglia in difesa dei valori non negoziabili, espressione che qualche mese più tardi, in un’intervista al Corriere della Sera, il Papa avrebbe detto di non comprendere – “i valori sono valori e basta, non capisco in che senso vi possano esserci valori negoziabili”. Un anno dopo, mons. Chaput, se la prende con la confusione che s’è venuta a creare durante e dopo il Sinodo straordinario sulla famiglia che si è chiuso con la beatificazione di Paolo VI.


ARTICOLI CORRELATI  Basta ipocrisie: Mogavero usa le parole di un attivista lgbt, non di un vescovo cattolico. Giuliano Ferrara a Ballarò Sua Eccellenza contro lo storico progressistaNon tanto con i padri che si sono accapigliati attorno all’ostia da dare ai divorziati e alle aperture alle coppie omosessuali messe nero su bianco nella relazione intermedia di Bruno Forte e poi bocciate dall’assemblea, quanto con i media che hanno dato un’immagine del Sinodo distorta, quasi “ci fosse stata la mano del Diavolo”, il cui mestiere è appunto quello di seminare confusione – “padre dei bugiardi”, l’ha definito ieri mattina Bergoglio nell’omelia di Santa Marta. Non ce l’aveva con il Papa, ha chiarito l’arcivescovo, dopo che l’autorevole mensile conservatore First Things pubblicava un articolo in cui proprio Francesco appariva come l’oggetto delle critiche di Chaput, che tra l’altro è l’organizzatore dell’Incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Philadelphia il prossimo settembre, preludio al grande Sinodo ordinario del mese successivo. Il fatto è che, spiega il vaticanista del Boston Globe, John Allen, “la luna di miele è finita”. Sembra  sempre più chiaro – scrive – che “si sta entrando nella fase 2 del pontificato di Francesco”, dove dei buoni sentimenti iniziali è rimasto ben poco e nonostante la conta dei secondi di applausi tributati dall’assemblea a questa o quella relazione, la spaccatura tra i padri è emersa anche all’esterno. E questo lo si avverte in particolare in una chiesa, come quella americana, che fin dagli anni Ottanta ha fatto delle battaglie in difesa di quei valori oggi in discussione uno dei capisaldi della propria agenda e azione pastorale.

“Il Sinodo? Roba da protestanti”

Se Chaput ha spiegato le sue affermazioni, insiste piccato il vescovo di Providence (Rhode Island), mons. Thomas J. Tobin, al quale il Papa non piace, proprio per il modo in cui è stato gestito il Sinodo. Sempre a mezzo bollettino diocesano, il presule ha osservato che “tentando di soddisfare le necessità del tempo, come Papa Francesco suggerisce, la chiesa corre il pericolo di perdere la sua voce profetica, coraggiosa e controculturale. Una voce che il mondo ha bisogno di sentire”. Addirittura, dice mons.

Tobin, “l’idea di avere un corpo rappresentativo della chiesa che vota su applicazioni dottrinali e soluzioni pastorali mi sembra piuttosto protestante”. Nel mirino, soprattutto, finisce il testo post disceptationem letto dal cardinale Péter Erdö e scritto in gran parte da mons. Forte: “Abbiamo capito –  si domanda –  che non è una buona idea pubblicare resoconti delle libere discussioni su temi sensibili, a maggior ragione quando sappiamo che i media laici dirotteranno il dibattito preliminare sulle proprie agende?”. Grazie al cielo, aggiunge, ai tempi del Vaticano II non c’era Twitter, altrimenti chissà quali danni. In fondo, dice, “a Papa Francesco piace fare casino. Missione compiuta”. Un po’ più di calma non guasterebbe, scrive a conclusione del messaggio: “Relax, God’s still in charge”. Rilassatevi, Dio è ancora in carica.

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