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venerdì 28 novembre 2014

Pastori o burocrati?

Francesco va in città

La nuova pastorale: “Non siamo più nella cristianità”

Il cuore oltre l’ostacolo: la chiesa non è più maestra, ma non sia “relativista”


Papa Francesco (foto LaPresse)
Roma. “Una vera trasformazione ecclesiale. Tutto pensato in chiave di missione. Un cambio di mentalità pastorale”. E’ la richiesta avanzata stamattina dal Papa, dinanzi ai partecipanti del Congresso internazionale sulla pastorale delle grandi città. Il suo intervento, lungo e non formale – “vorrei essere un po’ spontaneo e non ho avuto tempo di fare un discorso formale” – ricorda in più punti quanto da lui detto lo scorso anno ai vescovi del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) durante la Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro: “E’ giunto il momento di porci degli interrogativi, di fare un esame di coscienza: siamo più pastori o burocrati?”.
Su questa linea, Francesco oggi ha delineato il modello di chiesa che chiede sia attuato a tutte le latitudini del globo. Una rivoluzione, dice, che deve partire da un presupposto fondamentale: “Veniamo da una pratica pastorale secolare in cui la chiesa era l’unico referente della cultura. E’ vero, è la nostra eredità. Come autentica maestra essa ha sentito la responsabilità di delineare e di imporre non solo le forme culturali, ma anche i valori, e più profondamente di tracciare l’immaginario personale collettivo”. Ma quell’epoca, ha osservato il Papa, “è passata. Non siamo più nella cristianità”, dal momento che “non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati”. Ciò non significa, ha aggiunto, che si debba attuare una “comoda pastorale relativista”, vale a dire una pastorale “che per voler essere presente nella cucina culturale perda l’orizzonte evangelico, lasciando l’uomo affidato a se stesso ed emancipato dalla mano di Dio”. Mica è pastorale, questa, ha sottolineato il Pontefice: “Chi fa così non ha vero interesse per l’uomo, ma lo lascia in balìa di due pericoli ugualmente gravi: gli nascondono Gesù e la verità sull’uomo stesso”. Ecco perché “occorre avere il coraggio di fare una pastorale evangelizzatrice audace e senza timori”, senza provare “vergogna a esporsi”.

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Quell’empatia che serve “per trovare nella religiosità questo substrato”. Francesco non si ferma alla teoria, e passa a elencare “le proposte” per rendere operativo il piano della svolta ecclesiale. Prima parola d’ordine è l’uscita: “Uscire per incontrarsi, per ascoltare, per benedire, per camminare con la gente. E per facilitare l’incontro con il Signore”. Il che si traduce nella piena accessibilità al sacramento del battesimo, nel tenere le chiese aperte e nel predisporre catechesi adatte nei contenuti e negli orari della città. Inoltre, tema caro all’ex arcivescovo di Buenos Aires, far sì che le segreterie parrocchiali abbiano orari compatibili con le persone che lavorano. Quindi, l’auspicio che si lavori per “continuare ad approfondire quei cambiamenti necessari nelle nostre varie catechesi, affinché i contenuti siano meglio compresi”.
di Matteo Matzuzzi | 27 Novembre 2014 ore 20:23

© FOGLIO QUOTIDIANO

3 commenti:

  1. Le segreterie parrocchiali? E' giunto il momento di osservare che questa strategia è la migliore per far sparire il cattolicesimo da dove era storicamente presente. Il Sud America è ormai protestante. Dopo il protestantesimo c'è il nulla , altro che autentico substrato.

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  2. Bergoglio ricorda, quando smette l'abito da cekista, e cerca di esprimere concetti superiori agli ormai canonici "buonasera" e "buon pranzo" (dico che cerca, perché il riuscirvi non mi pare tanto nelle sue corde), il personaggio di Molière: " c'est un drôle de parleur/ qui sait trouver toujours/ l'art de vous rien dire/ avec un gros discours"

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  3. allucinante !!!dice“non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati”.abbiate fede ci raccomanderà di imparare il corano!!!!Quanto sarà contento Gesù.....andate e predicate il vangelo ad ogni creatura....tutti moderni!

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