ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 2 dicembre 2014

Cattogiudaismo e neopaganesimo



E.M. Radaelli nel suo “Il mistero della sinagoga bendata” Effedieffe 2002 / Milano, denuncia i complici e i favoreggiatori di quei ladri ed assassini di Naboth, nel Patto Antico (1RE XXI 1,16) e dei vignaioli perfidi, del Vangelo (Matth XXI 34,36). Falsari della Santa Religione che cadono nel tranello di pensare (o pongono tale tranello a chi li ascolta) che sia l’antropologìa a produrre il divino, che Dio sia frutto e prodotto delle contingenze storiche ed ideali dei popoli, smascherando in modo limpido il cuore giudaizzante di troppi porporati tipo Carlo Martini o Etchegaray, ma anche dei vari Cantalamessa che spargono i semi di una nuova religione che ripudia implicitamente il Dio Trinitario. L’unico Dio E’ trinitario e pertanto la trinitarietà è coessenziale a Dio: senza di Essa Dio non è. G.B. Montini non si contraddistinse solo per tale vocazione verso “il Culto dell’Uomo”, ma anche per il suo ecumenismo quando parlò di cattolicesimo, giudaismo ed islamismo come di: “…tre espressioni che professano un identico monoteismo, attraverso le tre vie più autentiche”. E’ una frase contenente due falsità: una falsità metafisica, non avendo i cattolici elementi essenziali in comune con giudei e islamici essendo la nostra essenza proprio l’essere cristiani, non accidentalmente ma sostanzialmente; una falsità religiosa, in quanto per avere un “identico monoteismo”occorrerebbe escludere da parte nostra la Rivelazione stessa, il principio stesso della nostra religione e cioè Gesù Cristo, che rivela il mistero divino e che riassume in se stesso il Libro che rivela. Quale rapporto allora tra Chiesa e Sinagoga?

Gli ebrei, intesi come veri fedeli, popolo eletto e quindi custode delle promesse messianiche, credono a tal punto alla Forza della Parola da definirsi ‘figli della Legge’; infatti: “Nella benedizione di Isacco ai gemelli Esaù e Giacobbe è LA PAROLA a ribaltare l’ordine della natura e della storia per cui il primogenito deve cedere il primato al secondo … La VIS immateriale della Parola sovrasta quella del Sangue perché la prima è divina mentre l’altra caduca ed accidentale. GESU’ vero Verbum rompe i legami che congiungevano i giudei al padre Abramo: ‘Voi avete per padre il diavolo’ (Ioann. VIII, 44). Infatti Jesse, padre di Davide, non sarebbe padre del Messia nella carne e nella fede se non fosse stato sostenuto dalla Potenza del Figlio: non Cristo è ebreo perché nato da ebrei, come se la sua dignità fosse effetto della dignità loro; ma essi sono ebrei perché nati da Cristo e la loro dignità discende dalla Sua, la loro elezione dalla Sua, la loro santità  dalla Sua. Non è la Radice ad essere portata da Te ma è Essa che Ti porta. Eliminare la teologìa della sostituzione con l’invenzione dell’attesa parallela tra “fratelli minori e maggiori” significa ragionare come se la Rivelazione e la prima venuta fossero imperfette (rendendo scusabile l’incredulità) ed avessero assurdamente realizzato un nuovo Patto universale, perfetto e definitivo, ma lasciando ancora vivo quello Antico (compiutosi in quanto annunciante il Nuovo avvenuto), Patto ancora vivo nonostante l’apostasìa del Venerdì Santo che rifiutò la Rivelazione divina. Da quel momento è la Chiesa nascente il Vero Israele. Come ha ricordato anche Don Giorgio Maffei (“Il popolo deicida” – 1994): “…il primato salvifico diviene, col rifiuto, primato di condanna”, ribadendo quanto già la Sacra Scrittura con San Paolo aveva mostrato: ira divina sui giudei e loro accecamento fino a quando non si convertiranno al Signore (2Cor III 12, 16  – 1Ts II 14, 16).
Un punto centrale rimane quello dell’insegnamento dottrinale, in quanto (Matth, XXIII, 2): “sulla cattedra di Mosè si sono seduti scribi e farisei”. Chi si siede sulla cattedra di un altro è un usurpatore (Caifa) se il suo insegnamento è in contraddizione con l’altro: la cattedra garantisce proprio al popolo, che lo scambio accidentale della carne e della storia non muta la sostanza e cioè la continuità essenziale dello spirito, ma solo se non vi è usurpazione. La cattedra è di Pietro, è di Mosè in quanto Vicari di Gesù Cristo, uno seguente l’altro precedente di UNA cattedra. I giudei che erano figli di Abramo nella carne si illusero di essere giustificati quasi a titolo ereditario, mentre nello spirito erano “figli del diavolo”(Ioann VIII, 44). Pertanto i cattolici non devono illudersi di essere tali solo perché “materialmente” appartengono alla Chiesa, come se fosse un dato “storico-anagrafico-culturale” il loro tratto essenziale, ma devono esserlo per la Fede. In tal senso Santa Brigida di Svezia (Rivelazioni – Libro VII, 7): “…non avendo il Papa commesso eresia, la vera fede è credere che nonostante i numerosi peccati commessi, egli abbia comunque la piena facoltà e autorità di assolvere le anime, poiché tale potere gli è stato dato da San Pietro e affidato da Dio … similmente affermo che, malgrado i loro peccati li rendano indegni davanti al Dio di gloria, i sacerdoti sono veri sacerdoti – e quindi consacrano, somministrano l’eucaristia e gli altri sacramenti ai fedeli e con le loro mani sull’altare innalzano e toccano realmente il corpo di Cristo – purchè non siano eretici.”
Insomma, quella delle “tre religioni monoteistiche” non è solo una trovata giornalistica che riduce la religione a sociologìa d’accatto, ma una balla colossale spacciata per “verità” dalle gerarchie conciliari e postconciliari. Tale confusione sulle “tre religioni monoteiste” induce ulteriori confusioni o travisamenti che vanno a consolidare vecchi errori e pregiudizi,  come nel libro di Adriano Scianca “Riprendersi tutto – le parole di CasaPound: 40 concetti per una rivoluzione in atto” – SEB: “Non a caso il monoteismo religioso è figlio del deserto: fra le dune non c’è alcun Dio che possa manifestarsi attraverso la natura … piatta monotonìa che genera per riflesso un Dio che è Totalmente altro rispetto al mondo. La desolazione desertica rinvia alla solitudine metafisica di un Dio che non è afferrabile concettualmente né rappresentabile figurativamente”.Qualche risposta bisogna darla anche perchè Adriano Scianca ha in parte ragione.
Perché Dio non potrebbe manifestarsi nel deserto? E il miracolo della manna e del roveto ardente? L’autore ragiona come se Dio avesse bisogno per forza di una materia particolare per manifestarsi, palesando una concezione materialistica e immanentistica della divinità. Un “dio” totalmente altro e inafferrabile concettualmente, né rappresentabile figurativamente è invece quello a cui credono di credere (perché non esiste) giudei ed islamici, mentre Dio può essere “afferrato” (parzialmente ma esattamente) dalla ragione come insegna san Tommaso e può essere benissimo raffigurato, non come per giudei ed islamici, loro sì fratelli maggiori e minori, ma di un’altra famiglia. Se Dio non si identifica col mondo allora sarebbe irrimediabilmente Altro e Distaccato da esso? Questo secondo il neopaganesimo monista e immanentista che non conosce Dio come Padre. Dio E’ l’Essere stesso creatore di tutto per mezzo del Suo Figlio Unigenito, Sapienza incerata, il Verbum, generato ab aeterno dal Padre che contempla con Carità se stesso e viene contemplato ed amato ab aeterno dal Verbum con la Carità scambievole dello Spirito Santo, che quindi, procede da entrambi. La Trinità divina è relazione di Amore che viene comunicato all’esterno proprio perché, prima e da sempre, vissuta internamente. Quindi Dio può liberamente creare il mondo e l’uomo, facendolo Suo figlio adottivo nella fede per mezzo del battesimo, laddove un “dio” rigidamente “unico” e non trinitario (che non esiste in realtà) diventa Lontanissimo ed inafferrabile, distaccato dagli uomini che tutto saranno o potranno essere tranne che suoi figli. Dio è Altro dal mondo ma non è distaccato da esso, né dai destini umani che segue con la Sua provvidenza. Mi pare ovvio come l’aver insistito troppo sull’aspetto monoteistico scisso da quello trinitario da parte delle gerarchie ecclesiastiche, abbia consolidato anche in altri ambienti ostili al “monoteismo” la falsa idea dei “tre monoteismi”. Parafrasando il prof. Adriano Nardi, il cristianesimo comprese il significato della rivelazione divina, afferrandone il riferimento allo “eschatòn” ultraterreno, mentre l’ebraismo cadde in un fraintendimento interpretando lo “eschatòn” come accadimento storico intramondano, traducendo la verità palesatagli dalla manifestazione trascendente in una dimensione immanente … il giudaismo ha trasformato lo spirituale in materiale, la redenzione in riscatto, l’attesa in rivalsa, la promessa del paradiso ultraterreno nel perseguimento del dominio sulla terra; di Dio ha fatto lo strumento del suo potere. Tale concezione ebraica ha trionfato su quella cristiana ateizzandola, con la conseguenza per i “cristiani ateizzati” della perdita della fede nella salvezza ultramondana, trasformata nella “fede” in un riscatto nella storia verso un Eden terreno, con l’unica differenza però rispetto al giudaismo, che sarebbe condiviso da tutti senza distinzioni. Nei Paesi occidentali vi è una bassa percentuale di atei teorici (“devoti” e non…), mentre le masse vivono un ateismo pratico, un distacco dalla dimensione religiosa vista come per niente necessaria o poco importante per la propria esistenza; giudicata magari come retaggio di epoche “buie”. Tale ateizzazione di massa fatta da “credenti-non-praticanti”, è il frutto di una civiltà apostata che genera agnostici, cioè figure troppo immerse nei propri interessi e desideri, per porsi il fastidioso ed “ozioso” problema del senso stesso della loro esistenza. Ingranaggi dunque, di una macchina nullificante, che pretende un moto continuo ed implacabile: un “fare” senza mai “essere”. Non bisogna chiamarli “credenti-non-praticanti”, ma “agnostici che praticano l’ateismo”. Tutto ciò sembra impossibile ai più anche se la Chiesa ha avuto e sempre avrà dei nemici, esterni ed interni che combattono per corrompere il dono prezioso della Fede nelle anime; ma del resto non fummo forse direttamente avvisati da Cristo che disse: “Quando il Figlio dell’uomo tornerà, incontrerà ancora la Fede? (Lc 18, 8).

Pietro Ferrari

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