ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 17 dicembre 2014

La tradizione ascetica, i "putrefatti nel cuore" e Bergoglio



Questo blog non ha affatto come fine quello di rispondere puntualmente a tutte le imprecisioni o  errori diffusi ora da questo ora da quel personaggio. Non vuole neppure assumere uno stile polemico, cosa dalla quale rifugge. 
Tuttavia ci sono circostanze in cui pare necessario parlare chiaramente, non per questioni o antipatie personali ma per stabilire come stanno realmente le cose. È il miglior servizio verso i lettori.

Recentemente ha fatto un certo colpo l'ultima esternazione di Jorge Bergoglio sulla disciplina ecclesiastica del digiuno se non altro perché, oltre a ridicolizzare certe prassi, ha inchiodato i custodi delle tradizioni con la definizione "putrefatti nel cuore", espressione, a mio modo di vedere, abbastanza pesante e indubbiamente stonata e volgare per chi ricopre il suo ruolo. Con quest'espressione non si correggono eventuali erranti ma li si chiude a riccio disponendoli in atteggiamento difensivo. Si creano fazioni e opposizioni ed è, dunque, pure pastoralmente disastrosa.

Prima di entrare in merito a tale discorso, chiedo un attimo di pazienza al mio gentile lettore. Cercherò di ripetere alcuni concetti per quanto riguarda la disciplina del digiuno ecclesiastico. Questo è l'unico modo per poter dare una base concreta al discorso e impedire che fluttui nella pura opinione soggettiva. 

Breve excursus sul digiuno nella storia della Chiesa

Non farò una trattazione esauriente né in questo blog posso farla. Mi limito a ricordare sinteticamente alcuni punti essenziali con qualche riferimento.
Il digiuno ecclesistico nasce sull'esempio di Cristo che, nel deserto, digiunava (Mt 4, 2) e raccomandava ai discepoli di praticarlo assieme alla preghiera in modo interiore e spirituale (Mt 6, 1-6).
I commenti patristici sul passo di Cristo nel deserto, ci mostrano che Cristo, in quanto Dio, poteva benissimo non digiunare, non ne aveva bisogno. Ma lo fece per insegnare agli uomini a praticarlo. Isacco di Ninive (VIII sec.) sintetizza questa prassi dicendo: "Il digiuno è la dimora di tutte le virtù, e chi lo disprezza mette a repentaglio tutte le virtù"

La prassi ascetica dei primi cristiani e delle generazioni posteriori applicava gli insegnamenti di Cristo con questa mentalità. 
Con la nascita del monachesimo, in reazione alla mondanizzazione di una parte della Chiesa, l'ascesi contraddistinse chi voleva fuggire dal mondo e si preparava all'incontro con Cristo. Preghiera e digiuno, infatti, fanno parte di quei mezzi con cui il cristiano si prepara, giorno dopo giorno, alla vita futura in cui il solo cibo sarà Dio, "tutto in tutti" (cfr. 1 Cor 15, 28). Il monachesimo non è altro che quest'impegno vissuto ogni giorno in vista dell'eskaton

Mentre in tutta l'antichità si cercò di mantenere dei saggi equilibri (nonostante alcuni rari eroismi rappresentati da dendriti e stiliti), il basso medioevo latino, inaugurando una devozione umanistica alle sofferenze di Cristo, ne aumentò le asprezze: il pio fedele - a maggior ragione il frate o il monaco - dovevano seguire, crocefissi, Cristo crocefisso. Perciò l'aspetto penitenziale assunse profili particolari, quali nell'antichità è difficilissimo se non impossibile trovare (1). Oramai l'Europa occidentale, anche sotto quest'aspetto, si distinse da quella orientale con l'instaurarsi di un suo precipuo Cristianesimo.
In questo contesto, l'ascesi oltre ad accentuare la sofferenza, iniziò a prendere una fisionomia sempre più legale. Finì per divenire, per molta mentalità comune, una sorta di "soldo" con il quale il fedele poteva "comperare" la grazia di Dio. Digiuni e preghiere erano, allora, dei "tesori" per riscattare se stessi e gli altri (vivi o defunti) dall'ira divina.

In questo contesto il pio praticante superava e di molto i sapienti equilibri del tempo antico quando praticava la sua flagellazione, s'imponeva il cilicio e praticava dei digiuni debilitanti, apprezzato dagli altri come gran virtuoso anche se, in realtà, nascondeva una concezione dualistica di marca platonica per la quale la carne era male per se stessa, inciampo allo spirito.

Quest'impianto d'idee riesce a superare il duro colpo che la Riforma Luterana gli infligge nei paesi del nord Europa, sopravvivendo nei paesi cattolici. Il Romanticismo, che riscopre il basso medioevo, ripropone nelle sue pratiche di pietà, alcune di queste "intense pratiche" arricchendole di sentimentalismo zuccherato. 

Il digiuno, prassi della Chiesa, passa attraverso tutte queste trasformazioni e si codifica come una  rigorosa legge ecclesiastica, non praticando la quale il fedele cade in peccato mortale.
A questo punto, non pochi tendono a pensare al digiuno in modo piuttosto superficiale. 
Nel mondo cattolico lo si pratica per ottenere grazie divine e per non peccare contro i dettami della Chiesa che lo impone. Nel mondo protestante lo si dichiara "opera umana", quindi motivo di orgoglio e inciampo offerto dal diavolo, ragion per cui è totalmente rigettato.
Generalmente in questi contesti è difficile comprendere profondamente il senso del digiunare da parte del popolo tranne, probabilmente, in alcune isolate élites cattoliche.

Al momento in cui si celebra il concilio Vaticano II (1962-1965), il Cattolicesimo decide di avvicinarsi al mondo moderno fino allora visto con sospetto, inaugurando la famosa stagione del "dialogo". Questa nuova mentalità coinvolge pure la liturgia e la prassi ascetica con i cosiddetti "aggiornamenti". Il digiuno se, fino a poco prima, aveva ancora un suo statuto e una sua consistenza - seppur mitigata da Pio XII (1876-1958) che portò il digiuno eucaristico dalla mezzanotte prima della comunione a tre ore prima -, finì de facto per annullarsi quasi totalmente (2).

Si passò, dunque, da una situazione in cui la mancanza del digiuno o una sua pratica negligente era considerata peccato mortale, ad una situazione in cui praticamente ne veniva fatta "tabula rasa" senza alcun scrupolo di coscienza.

In realtà, cos'è sostanzialmente il digiuno? È mettere anche il corpo in una condizione di tensione spirituale poiché la pratica della fede non è solo una questione di sentimento o di spirito ma di anima e di corpo in mutua interdipendenza. La preghiera richiede, in un certo senso, il sudore del corpo e quest'ultimo che digiuna insegna all'anima ad avere fame di Dio. L'anima affamata capisce che il suo unico cibo non è confidare nei beni terreni (neppure nel cibo in se stesso) ma in Dio. Si tratta, allora, di una pedagogia psicosomatica che gli antichi asceti avevano ben compreso e che ritenevano indispensabile per il progresso nella vita cristiana.
Oggi tutto ciò, in gran parte del mondo Cattolico, è quasi incomprensibile e non è affatto praticato al punto che è molto difficile trovare libri che spieghino in modo preciso il senso del digiuno, pure nel periodo quaresimale. Vedremo come pure Bergoglio manifesta lo stesso tipo d'incomprensione, seppur a volte la celi in frasi volutamente imprecise, fumose e ambigue.

Il discorso sui "putrefatti nel cuore"

Veniamo, dunque, al discorso che ci sta a cuore, poiché tale argomentare è all'origine di non pochi malintesi e profondi errori valutativi.

Cito i punti salienti senza tradire il contesto dell'omelia da lui tenuta il 15 dicembre 2014 in santa Marta e presentata dal sito vaticano (3). 


Gesù «ci insegna che il cristiano deve avere il cuore forte, saldo, che cresce sulla roccia, che è Cristo, e poi nel modo di andare, con prudenza». Infatti, ha proseguito il Pontefice, «non si negozia il cuore, non si negozia la roccia. La roccia è Cristo, non si negozia! Questo è il dramma dell’ipocrisia di questa gente. E Gesù non negoziava mai il suo cuore di Figlio del Padre, ma era aperto alla gente, cercando strade per aiutare». Gli altri, invece, affermavano: «Questo non si può fare; la nostra disciplina, la nostra dottrina dice che non si può fare». E gli domandavano: «Perché i tuoi discepoli mangiano il grano in campagna, quando camminano, il giorno del sabato? Non si può fare». Insomma «erano rigidi nelle loro discipline» e sostenevano: «La disciplina non si tocca, è sacra».


Questo passo riporta idee condivisibili. Cristo è al di sopra di tutto e non dev'essere scambiato con nient'altro, quindi chiede di essere riconosciuto ovunque e dinnanzi a tutti (cosa che Bergoglio per opportunità umane non sempre fa). Cristo, pur non compromettendo il suo messaggio, riesce a stare all'altezza dei semplici per aiutarli e non scambia il mezzo con il fine, la prescrizione o la norma di comportamento con l'amore per Dio e per il prossimo. 

Poi Bergoglio ricorda un aneddoto d'infanzia.

«Quando Papa Pio XII ci liberò da quella croce tanto pesante che era il digiuno eucaristico. Non si poteva neppure bere un goccio d’acqua. E per lavarsi i denti, si doveva fare in modo che l’acqua non venisse ingoiata». [...] «Io stesso, da ragazzo, sono andato a confessarmi di aver fatto la comunione, perché credevo che un goccio d’acqua fosse andato dentro». Perciò quando Papa Pacelli «ha cambiato la disciplina — “Ah, eresia! Ha toccato la disciplina della Chiesa!” — tanti farisei si sono scandalizzati. Tanti. Perché Pio XII aveva fatto come Gesù: ha visto il bisogno della gente: “Ma povera gente, con tanto caldo!”. Questi preti che dicevano tre messe, l’ultima all’una, dopo mezzogiorno, in digiuno».

Questo passo presenta delle problematicità. Il papa inserisce la narrazione sull'acqua anche in funzione di una "drammatizzazione" del discorso e per indicare come la soluzione sia stata una vera e propria rivoluzione liberatoria, liberazione che non poteva che nascere da una negazione della situazione precedente (4). 


Definire il digiuno "croce pesante" è comunque un errore. Se non si fanno delle precisazioni, qui inesistenti (ad es. "alcuni eccessi del digiuno potevano renderlo pesante"), chi ascolta queste parole le intenderà in tal modo: ogni sorta di digiuno è una "croce pesante". Inutile dire che, storicamente il digiuno non è stato sempre qualcosa di rigido e impositivo (nel monachesimo antico esisteva una progressione con la quale si applicava gradualmente l'ascesi alle persone e il digiuno eucaristico si faceva raramente perché la comunione era altrettanto rara). 


Pastoralmente definire tout-court "croce pesante" il digiuno, ha conseguenze disastrose, perché se non si distingue tra la pratica esagerata e la pratica equilibrata dello stesso (vedi in alto il mio paragrafo storico), dinnanzi ad un mondo che, come il nostro, sceglie sempre le vie più facili, si otterrà indubbiamente l'oblio totale del digiuno declassato a regola antiumana e bizzarra. Avviene come se, per fare un esempio, un allenatore definisse "troppa fatica" allenare una squadra suggerendo un sistema sempre meno faticoso fino a farla addormentare su un divano. Quella squadra diverrà velocemente un gruppo di rammoliti! (5)


Il cambio di disciplina nel mondo cattolico, operato da Pio XII, non può non aver causato alcune reazioni scandalizzate. Di questo non ci si deve meragliare! Infatti ci si allontanava, tra l'altro, da una tradizione ininterrotta che accomunava il Cattolicesimo con l'Oriente cristiano (6). L'errore non proveniva, come suggerisce Bergoglio, dal fatto che dei preti digiunavano dalla mezzanotte. Diciamo en passant che dinnanzi ai casi di chi celebrava a mezzogiorno, soprattutto in determinati stati di salute, era prevista l'assunzione di una leggera refezione (nascostamente per non turbare i semplici fedeli). 

L'errore, in tal caso, non era digiunare dalla mezzanotte, ma fare la messa a mezzogiorno! 

Questo è così vero che nell'Oriente mediterraneo, in cui si mantiene tranquillamente il digiuno dalla mezzanotte e dove le giornate estive sono particolarmente calde, la Liturgia eucaristica si celebra in prima mattinata (verso le ore 8,00 o, al più, verso le ore 9,00), non oltre! 

Voler celebrare molte messe, per esigenze pastorali, ha spinto i sacerdoti a celebrarle sempre più tardi fino a rendere insopportabile lo stesso digiuno. Purtroppo queste considerazioni vengono omesse ed è il digiuno a rimetterci le penne! 
Ora, un'eucarestia odierna senza digiuno, significa aver parificato di fatto  il banchetto celeste ad un qualsiasi banchetto umano. Effettivamente è a questo che spesso si riducono molte messe odierne e allora è normale che lo sguardo dei partecipanti si curva sulla comunità umana, più che elevarsi a Dio. 
Bergoglio, finalmente, lancia il suo "anatema" sui farisei dietro ai quali vede, evidentemente, certi cattolici:

«E questi farisei erano così — “la nostra disciplina” — rigidi nella pelle, ma, come Gesù dice, “putrefatti nel cuore”, deboli fino alla putredine. Tenebrosi nel cuore».

È vero che nel mondo cattolico di allora (e in parte in certi circoli tradizionalisti odierni) si ha un concetto molto legale di Cristianesimo in cui quello che conta è applicare la legge in modo formale. So per esperienza quanto questo concetto sia sterile e fuorviante, soprattutto quando si perde di vista il profondo motivo per cui la Chiesa ha storicamente fatto certe scelte. Tuttavia, in questo discorso, l'evidente  mescolanza tra legalismo e disciplina o prassi del digiuno significa rendere equivalente quello a questa o quanto meno suggerirlo. L'equivalenza comporterà inevitabilmente la condanna del digiuno poiché l'ascoltatore farà 1+1=2. Francesco spinge le persone a certe conclusioni, sapendo di farlo, ma nasconde la mano con la quale li ha spinti poiché le sue espressioni hanno quell'ambiguità sufficiente per poter sostenere di non averlo detto. Intanto le persone pensano ciò che non devono dimenticando che 
"Il digiuno è la dimora di tutte le virtù, e chi lo disprezza mette a repentaglio tutte le virtù"

Niente, nel discorso di Bergoglio, porta a mitigare o a precisare la sua accesa critica che ha bisogno di definizioni eclatanti poste addirittura in bocca allo stesso Cristo, niente mitiga la sua 
pericolosa ambiguità  e la sua amarezza dinnanzi al mondo tradizionale. 

È vero che la prassi ascetica nel mondo cattolico  è stata non di rado equivocata, magari con le migliori intenzioni, ma questo non consente a chi rappresenta il Cattolicesimo di spingere i suoi uditori a massacrarla in toto magari negando di averli pure spinti. Equivoci e abusi ci sono sempre stati ma, in qualche modo, c'è sempre stato chi cercava un'autenticità oltre il formalismo e il legalismo. Spesso i migliori cercatori di verità non sono quelli che procedono per opposizioni (come sembra fare Bergoglio ridicolizzando in toto un passato che poteva anche avere persone pie e autentiche) (7) ma quelli che sanno cogliere dal tesoro della Chiesa le cose antiche senza violentarle o sacrificarle per le novità odierne.

E questo è proprio quanto Bergoglio, con i suoi suggerimenti, non fa e pare proprio essere impotente a fare.


© Traditio Liturgica
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Note

1) Ad es. Santa Margherita da Cortona (1247-1297) morendo grida: "Sangue, sangue!!!". La santa cattolica ben rappresenta quello che definirei un vero e proprio fenomeno di "dolorismo" cristiano, ossia l'amore per i patimenti e la ricerca degli stessi. Un altro esempio di "dolorismo" è santa Veronica Giuliani (1660-1727) la quale, non paga di una vita penitente in convento, si alzava di notte per portare panche pesanti sulla schiena, per imitare la via dolorosa di Cristo al Calvario. Questi atteggiamenti sono severamente proibiti nell'Oriente cristiano il quale insegna che se, per un verso, bisogna sopportare pazientemente la sofferenza laddove si manifesta, per un altro, non bisogna in alcun modo procurarsela o cercarla. Cfr. Jean-Claude Larchet, Le chrétien devant la maladie, la souffrance et la mort, Cerf, Paris 2002, pp. 145-165.
2) Il Codice di Diritto Canonico del 1917 prescrive ai fedeli in buona salute di privarsi di nutrimento solido e di bevanda, compresa l'acqua, dalla mezzanotte fino al momento della comunione.
"La legge del digiuno eucaristico, già notevolmente mitigata dalla Costituzione apostolica Christus Dominus, emanata dal sommo pontefice Pio XII il 6 gennaio 1953, ebbe la sua definitiva regolamentazione e semplificazione col Motu proprio Sacram Communionem dello stesso sommo pontefice, pubblicato in data 15 marzo 1957 ed entrato in vigore il 25 marzo dello stesso anno.
[...] Ecco le nuove norme che regolano il digiuno eucaristico. 
1. Cessa la legge per cui l'inizio del digiuno eucaristico era fissato dalla mezzanotte.
2. I sacerdoti ed i fedeli sono tenuti ad astenersi per tre ore dai cibi solidi e dalle bevande alcooliche, per un'ora dalle bevande non alcooliche rispettivamente avanti la s. Messa e la s. Comunione, sia nelle ore mattutine che nelle ore pomeridiane.
3. L'acqua non rompe il digiuno qualsiasi sia il tipo di acqua, anche minerale o resa effervescente con gas o disinfettata o immunizzata con sostanze chimiche. [...]
Queste due esortazioni, appunto perché esortazioni, non impongono alcun obbligo, ma lasciano libera qualsiasi persona di attenersi alla legge o di osservare, per devozione o per spirito di mortificazione, il pieno digiuno come si faceva anticamente". R De Journel - M. Mignone, I sacramenti, in R. Aigrain (a cura di), Enciclopedia Liturgica, (Multiformis Sapientia, 9), Ed. Paoline, Alba 1957, pp. 689-690.
Nel 1965, Paolo VI ridusse ad un'ora il tempo di digiuno prescritto per comunicarsi. È vero che nel mondo cattolico quest'ulteriore contrazione del digiuno non era obbligatoria per chi voleva rimanere alle tre ore di Pio XII (cfr. can 919 CJC 1983) ma, di fatto, non solo non si tornò alla prassi precedente ma si finì per restringere ulteriormente il digiuno eucaritico fino ad abolirlo praticamente. Una tale indifferenza per il digiuno eucaristico ho potuto riscontrarla perfino in qualche chiesa della diaspora ortodossa in Francia.
3) Cfr. http://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2014/documents/papa-francesco-cotidie_20141215_cuori-di-tenebra.html
4) La tendenza di procedere per contrapposizioni è tipica di una certo gruppo di cattolici che sottolineano le rotture nel Cattolicesimo, rispetto alla tesi di continuità sostenuta da Ratzinger.
5) Quando vedo Bergoglio che incontra Bartolomeo e si augura che il Cattolicesimo si unisca all'Ortodossia mi chiedo spesso: sulla base di cosa? Nel tempo - e soprattutto nel periodo postconciliare - buona parte del mondo cattolico si è ulteriormente allontanata dalla tradizione comune. Un'unità con l'Ortodossia può essere proclamata solo nelle idee o scritta sulla carta ma sarà certissimamente insostenibile nella realtà. Ve lo immaginate, voi, il figlio spirituale di un asceta atonita che giunge a Roma e sente Bergoglio ironizzare sul digiuno? Se ne riscappa immediatamente indietro e fa bene! Un'unità, forse, la si otterrà, ma sarà sicuramente con cristiani che oramai si sono già distaccati dalle loro antiche tradizioni o le hanno fortemente relativizzate secolarizzandosi. Ma non è questa l'unità della Chiesa!
6) Si rimane quanto meno disorientati quando, a fronte di questa incredibile svalutazione del digiuno eucaristico (o almeno a fronte di questi suggerimenti che spingono a svalutarlo) lo stesso Bergoglio si spertichi valutando positivamente e chiaramente il digiuno dei mussulmani nel periodo del Ramadam. Ci crede? Non ci crede? È sincero o no? È un bel dilemma che, pastoralmente, semina dubbio e confusione. Non a caso si sta diffondendo sempre più una certa irrequietezza presso il clero cattolico. Vedi, a tal proposito l'articolo Il papa disorienta molti vescovi perché gioca su più piani e spesso si contraddice anche, intervista a Sandro Magister di Goffredo Pistelli.
7) Spiace dover constatare che il pensiero dell'attuale vescovo di Roma pecchi sovente di superficialità, improvvisazione, avversione preconcetta per il mondo tradizionale di cui è ben lungi dal capire e valutare alcune autenticità. Mi sembra uno degli ultimi figli della contestazione del 1968, uscito da un mondo utopistico e ingenuo che, in verità, è tramontato da un pezzo. 


2 commenti:

  1. E come diceva brancaleone da norcia ( in un film ) : godiamo e pecchiamo, pecchiamo e godiamo cuccurucu cuccurucu. Che ci volete fare, sono un putrefatto nel cuore e ....... john

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  2. D'altronde, meglio putrefatti nel cuore che vicarii di Satana.

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