ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 20 dicembre 2014

Prossimo Papa (o Dio?)


Tutti gli intellettuali cattolici estasiati (o quasi) per i Dieci Comandamenti di Roberto Benigni

Anche il Papa, ha scritto Repubblica, alla fine s’è complimentato con Roberto Benigni. Martedì, prima della seconda serata dello show trasmesso da Raiuno, è arrivata la tanto attesa telefonata. “Un momento di gioia privata che Benigni ha voluto tenere per sé, per pudore. La conversazione è stata affettuosa, raccontano le persone vicine all’attore-regista, e l’abbraccio ideale del Pontefice è la soddisfazione più grande”. Tanti i telespettatori, tanti i commenti sui social e sulla stampa. Non tutti, però, concordi nel plaudire all’ultima avventura del premio Oscar italiano.

“HA RESO CONTEMPORANEO IL SINAI” 
Entusiasta sia per i contenuti sia per il linguaggio usato s’è detto fin da subito monsignor Bruno Forte, teologo e vescovo di Chieti-Vasto: Benigni, dice, “è riuscito a far capire che i Dieci comandamenti non sono lontani da noi. Ha reso vivo e contemporaneo il Sinai, cosa non da poco”, anche perché quelle “pagine della Sacra Scrittura svelano l’uomo all’uomo. Di ogni tempo. Di ogni cultura. Di ogni categoria sociale. Benigni l’ha dimostrato con maestria.  Di più: ha dimostrato che la legge di Dio, lungi dall’essere gabbia e prigione, è radice di libertà”.
IL PLAUSO DI ENZO BIANCHI
Parole che hanno avuto un’eco pressoché immediata dalle parti del monastero di Bose, dove Enzo Bianchi concorda nel giudizio positivo circa la capacità di rendere contemporaneo un messaggio vecchio di millenni: “Il lavoro di chi come Benigni presenta come fresche, pronunciate oggi, per noi qui e ora, norme che risalgono a più di tremila anni fa consiste non tanto nel fare esempi più o meno efficaci o divertenti, ma nel togliere l’accumulo di pesantezze depositatosi su un distillato di sapienza che, una volta liberato, sprigiona da solo tutta la sua ricchezza”. Inoltre, aggiunge Bianchi, “chi conosce la ricca interpretazione ebraico-cristiana dei comandamenti avrà notato come ad essa l’attore abbia attinto copiosamente e con sapienza”.
“MEGLIO QUESTO CATECHISMO”
Qualcuno ha osservato che l’attore-regista si messo a dare lezioni di catechismo, e a tal proposito su Formiche.net don Massimo Naro ha commentato che “se catechismo è stato, in ogni caso, sempre meglio di quell’altra catechesi che negli anni scorsi è stata propinata agli italiani nei salotti televisivi in cui si martellava, sera per sera, su improbabili fisime psico-analitiche e temi affini”. Benigni, aggiunge il sacerdote, “ha offerto agli spettatori un saggio di quella che i padri della Chiesa antica chiamavano ‘metanoia’”, e “non occorre necessariamente tradurre questa parola greca col termine italiano ‘conversione’”. Concorda pienamente, sempre suFormiche.net, l’intellettuale cattolico Benedetto Ippolito: “Con grande abilità e maestria, Benigni ha condotto la questione della chiamata di Dio all’umanità, attraverso il Popolo di Israele e la figura del suo Profeta maggiore, dando la spiegazione storica del profilo personale di Mosè, radicata all’interno della straordinaria missione che Dio stesso gli ha affidato di liberare gli ebrei dalla schiavitù dell’Egitto”.
NIENT’ALTRO CHE “UN’OMELIA LUNGA, PLETORICA E RIPETITIVA”
Ma le voci critiche non mancano. Tra i più perplessi verso la performance di Benigni c’è un altro intellettuale cattolico, Gianfranco Morra. Su Italia Oggi, prendendo in rassegna gli entusiastici commenti dei giornali, ha osservato che “qualche perplessità rimane”. Il motivo? “a trasmissione ha piuttosto testimoniato il «Sunset boulevard» del papa guitto, del commesso viaggiatore del cuore, del bardo della sinistra buona, del funambolo dei sentimenti”. E poi, “per essere credibile, Benigni ha cercato di farsi sacerdote di campagna. Non solo nel linguaggio, semplice e di buon senso, ma anche nel look, simile alle mises dei preti postconciliari”. Peccato che la sua “omelia sia stata troppo lunga, pletorica e ripetitiva”, e alla fine lo spettacolo si è trasformato “in una esibizione piuttosto stucchevole, a metà tra la lezione teologica e la predica domenicale. Non pochi si sono addormentati davanti al teleschermo, qualcuno, purtroppo, con la sigaretta accesa”.
IL GRADIMENTO DI MONS. FISICHELLA
Sullo show è intervenuto anche mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la Nuova evangelizzazione. “Sono anni che continuo a dire che la Chiesa ha bisogno di una nuova apologia della fede, ovvero di una nuova presentazione della fede. Benigni ha dato un segno concreto di come la fede può essere presentata”, ha detto al Messaggero. L’arcivescovo va oltre, e si interroga sulla difficoltà di comunicazione che ha oggi la chiesa cattolica: “Uno degli elementi della crisi che vive la fede oggi è certamente quella di non sapere più comunicare con un linguaggio che attragga, convinca, penetri nel profondo. L’attrazione dovrebbe essere la nostra chiave di forza, del resto il cristianesimo non si impone”. Forse, aggiunge, “siamo stati troppo concentrati su una dimensione dottrinale e sacramentale, tanto che fatichiamo a fare comprendere fino in fondo con il nostro linguaggio tutta la ricchezza del nostro patrimonio di fede. Un limite”.
20 - 12 - 2014Matteo Matzuzzi


















http://www.formiche.net/2014/12/20/gli-intellettuali-cattolici-estasiati-o-quasi-i-dieci-comandamenti-roberto-benigni/

Il comandamento (dimenticato) di Benigni

L’intellighenzia italiana assieme alle gerarchie vaticane si spella le mani per la rappresentazione dei “Dieci comandamenti” di Roberto Benigni, peccato che gli sfugga lo squallore e la reale statura del personaggio.
“Se nasce un mongoloide è una cosa molto trista, ma la cosa più schifosa è se nasce un fascista” così comincia la squallida poesia recitata dal comico toscano recitata nel film “Effetti personali” di Giuseppe Bertolucci del 1983. A stanare la raccapricciante rappresentazione di Benigni è stato Pietrangelo Buttafuoco intervistato ieri da Libero.
A parte l’insulto rivolto con la discutibile rima alle persone nate con la sindrome di down e ai loro familiari, si dovrebbero ricordare a Benigni quei ragazzi ammazzati per la sola colpa di essere fascisti. Dall’immediato dopoguerra ai più recenti anni di piombo il motto “uccidere un camerata non è reato” ha garantito la massima impunità a quanti si sono macchiati di omicidi verso quei morti, a volte ragazzi giovanissimi, considerati di “serie B”.
Ma al Benigni di inizio anni ’80 queste cose non interessavano. Anzi, per assicurarsi la carriera di grande attore si prestava a una poesia che come unico scopo aveva quello di fomentare l’odio tra opposti estremismi. O meglio, l’odio fomentato è stato sempre e solo verso un unico estremismo, quello di destra.
“Maledetta l’ora e il giorno in cui due merdaioli ti misero al mondo; maledetta l’ora, il giorno e l’annata che la tua mamma ti dette la prima poppata”, Benigni recitava queste parole nauseanti nello stesso anno in cui ha perso la vita Paolo Di Nella, a Roma nel quartiere Trieste-Salario, all’età di 20 anni, aggredito vigliaccamente da alcuni militanti antifascisti nel corso di un’affissione. Quella di Di Nella è stata considerata la morte che ha concluso la triste stagione degli anni di piombo, ma forse Benigni si augurava che potesse continuare.
“Poi arrivasse Terracini, Paietta, Longo, Ingrao, ti cacassero sugli occhi mentre cantan ‘Bella Ciao’” ecco cosa recitava chi qualche sera fa si è permesso di interpretare i “Dieci comandamenti”, norme e prescrizioni, secondo lo stesso Benigni, che diffondono amore verso il prossimo.
A quanto pare il Benigni redento è piaciuto molto anche al Vaticano. Monsignor Fisichella su vari quotidiani nazionali ha elogiato il provocatore antifascista, ora convertito al calore e alla dolcezza: “Una lezione per la Chiesa”, l’ha definita.
Anche Monsignor Paglia ha raccontato la sua conversazione telefonica, ricca di complimenti, con il comico toscano. Qualcuno sussurra anche lo stesso Papa Francesco lo abbia chiamato, ovviamente per porgergli i suoi convenevoli.
Tra le principali celebrazioni arrivate, c’è quella de Il Giornale il cui payoff in prima pagina recita “Da 40 anni contro il coro”. All’anima! Più coro di questo in favore di Benigni in questo momento in Italia proprio non ce n’è.
Ma come mai questa conversione del “Piccolo diavolo” in angelo celeste e messaggero del verbo divino?
La risposta la suggerisce sempre Buttafuoco su Libero: «Confermo quello che disse Ionesco quando aprì la porta del suo appartamento di Parigi e vide la folla sgargiante e urlante dei sessantottini: “Diventerete tutti notai”. È quel che è successo a Benigni».
Dal “Piccolo diavolo” a “La vita è bella”, anzi… la vita è bellissima: con 4 milioni di euro (a spese dei contribuenti) oltre alle conversioni succedono i miracoli.
Fonte: “L’ultima Ribattuta”
http://appuntiitaliani.com/il-comandamento-dimenticato-di-benigni/

1 commento:

  1. VERGOGNA VERGOGNA VERGOGNA . Miserabili cattolocastri da 4 $ , La PAROLA DI DIO IRRISA e ridicolizzata da un attorucolo blasfemo e prezzolato .

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