ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 24 febbraio 2015

Dai corvi al canguro

Diario Vaticano / Caccia al canguro e altre storie

Il cardinale australiano Pell accerchiato dagli avversari. Sant'Egidio che eclissa la segreteria di Stato. Un nuovo vicario argentino per l'Opus Dei 


CITTÀ DEL VATICANO, 24 febbraio 2015 – In questi ultimi giorni un osservatore vaticano non disattento ha trovato parecchi spunti per il suo diario. Eccone qualche foglio sparso.


Quando Sant’Egidio oscura la segreteria di Stato

Sabato 21 febbraio la cancelliera tedesca Angela Merkel ha incontrato per 40 minuti papa Francesco e per un’ora abbondante il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin accompagnato dal ministro degli esteri vaticano, l’arcivescovo Paul R. Gallagher. Con loro ha parlato del prossimo G7, di Ucraina e di altro.

Successivamente Angela Merkel si è recata nella sede della Comunità di Sant’Egidio e anche in questo caso la visita è durata poco più di un’ora. Ma grazie alla efficace gestione comunicativa dell’evento l’incontro con la realtà fondata da Andrea Riccardi ha stravinto mediaticamente su quello con i vertici della diplomazia vaticana. Basti pensare che il "Corriere della Sera", il grande quotidiano italiano letto in tutte le cancellerie, ha dato molto più spazio alla visita a Sant'Egidio che a quella in Vaticano della Merkel, non facendo il minimo cenno agli incontri con Parolin e Gallagher. Uno smacco non da poco per i titolari della diplomazia vaticana, che tradizionalmente vedono come fumo negli occhi le invasioni di campo della decantata "diplomazia parallela" di Sant’Egidio:

> Diario Vaticano / Sant'Egidio in libertà vigilata (20.12.2011)

D’altra parte però questa ricercata auto-ostentazione mediatica dei loro concorrenti potrà forse non dispiacere agli ecclesiastici che collaborano col papa nelle sue iniziative diplomatiche, visto come lo stesso pontefice l'ha stigmatizzata nell'omelia del Mercoledì delle Ceneri: 

"Quando si compie qualcosa di buono, quasi istintivamente nasce in noi il desiderio di essere stimati e ammirati per questa buona azione, per ricavarne una soddisfazione. Gesù ci invita a compiere queste opere senza alcuna ostentazione, e a confidare unicamente nella ricompensa del Padre 'che vede nel segreto'".

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Malleus (aliquorum) cardinalium

Tempi duri per i cardinali ritenuti “dissenzienti” rispetto alle linee guida dell’attuale pontificato. Ne sono esempio le tre martellate che il portale ultrabergogliano "Vatican Insider" ha calato su tre porporati ad esso invisi, nel giro di pochi giorni.

Il 14 febbraio ha rilanciato con enfasi, evidenziando il nome del destinatario, un post del blog del cardinale di Washington Donald Wuerl in cui il porporato, senza farne il nome, rampognava il suo confratello Raymond L. Burke per lesa maestà nei confronti del papa:

> Il cardinale Wuerl risponde a Burke (e ai dissenzienti)

Il 16 febbraio ha informato, con dovizia di particolari inediti, delle mosse che il pontificio consiglio per i testi legislativi, su mandato pontificio, ha messo in atto per limitare i poteri che il cardinale George Pell vorrebbe attribuirsi come prefetto della segreteria per l’economia, negli statuti che si stanno predisponendo:

> Ma sopra Pell c'è uno "zar" più potente di lui

Il 19 febbraio infine ha dato ampio risalto alle critiche, anche sarcastiche, che un prete blogger cinese ha rivolto al cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, accusandolo di boicottare ogni ipotesi di "appeasement" tra Pechino e la Santa Sede:

> "Cardinale Zen, ma tu ci credi nei miracoli?"


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Caccia grossa al “canguro” Pell


Dopo il pontificio consiglio per i testi legislativi (vedi sopra) anche il Fondo pensioni vaticano è sceso in campo contro il cardinale australiano George Pell. Lo ha fatto con un comunicato del 20 febbraio in cui si offrono dati rassicuranti sulla situazione del Fondo stesso, per contrastare i "dati allarmanti" circolanti "da alcuni mesi" e "amplificati anche da notizie di stampa":

> Comunicato...


Il comunicato si dilunga in cifre per dimostrare questo assunto. Ma aldilà degli aspetti contabili quel che è importante è il dato “politico”. È da tempo infatti che il cardinale Pell lancia segnali di allarme sull’equilibrio dei conti a medio termine del Fondo pensioni vaticano. Lo fece nel luglio del 2014, quando annunciò addirittura la creazione di un comitato tecnico – con tanto di nomi – per studiare la questione. Lo ha fatto in un articolo apparso sul "Catholic Herald" in dicembre e lo ha ribadito il 13 febbraio scorso sul sito "Crux" del "Boston Globe":

> Vatican's finance czar reports $ 1.5 billion in hidden assets

Sono queste di Pell, infatti, le esternazioni "allarmanti" contro cui ha reagito il consiglio di amministrazione del Fondo pensioni, che è presieduto dal cardinale Domenico Calcagno, presidente dell’APSA, ed ha come membri i rappresentanti di organismi vaticani quali la Fabbrica di San Pietro (il vescovo Vittorio Lanzani), Propaganda Fide (monsignor Ermes Giovanni Viale), la segreteria di Stato (i monsignori Alberto Perlasca e Tullio Poli), la Radio Vaticana (Alberto Gasbarri) e il Governatorato (Antonio Chiminello): insomma, i rappresentanti di tutti quegli enti che hanno ingaggiato un braccio di ferro con Pell per conservare la propria autonomia economico-finanziaria.

Prosegue quindi la manovra di accerchiamento nei confronti di colui che i media anglofoni si ostinano a chiamare lo "zar" delle finanze vaticane ma che dentro le Sacre Mura, persino "in altissimis", viene più prosaicamente denominato "il canguro”.

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Vescovi emeriti eletti al sinodo? Ora si può

Tra gli ecclesiastici eletti dalle rispettive conferenze episcopali per partecipare al prossimo sinodo sulla famiglia ci sono anche due presuli già in pensione. Uno è il cardinale lituano Audrys Backis, 78 anni, arcivescovo emerito di Vilnius. L’altro è il coetaneo greco Franghiskos Papamanolis, vescovo emerito di Syros, che comunque ricopre l’incarico di presidente dell’episcopato cattolico ellenico.

Una volta ciò non era consentito. È rimasto nella memoria il caso di monsignor Luigi Bettazzi, eletto dalla conferenza episcopale italiana nel novembre del 1998 per partecipare al sinodo speciale per l’Europa che si sarebbe celebrato nell’ottobre dell’anno successivo. La sua nomina non venne infatti ratificata dal Vaticano perché nel frattempo – cioè nel febbraio del 1999 quando aveva 75 anni e tre mesi – erano state accettate le sue dimissioni da vescovo di Ivrea ed era diventato emerito.

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Vanitas vanitatum


Il 2 febbraio durante una conferenza ospitata dalla sala stampa vaticana per presentare la plenaria del pontificio consiglio per la cultura sul tema delle "culture femminili", ha suscitato curiosità e polemiche il fatto che nel documento preparatorio la chirurgia estetica fosse definita un "burqa di carne". Il caso ha voluto che il giorno dopo nella stessa sala stampa un’altra conferenza ufficiale abbia visto la presenza sul podio di più persone consacrate dai capelli visibilmente tinti. 

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Largo ai giovani

In una sua recente intervista il cardinale Tarcisio Bertone ha rivelato di essere stato confermato per un biennio come membro di Propaganda Fide, il dicastero vaticano che assiste il pontefice nella nomina degli ordinari di circa il 40 per cento delle circoscrizioni ecclesiastiche cattoliche, quelle nelle terre di missione. Oltre a lui sono stati confermati membri della congregazione, nonostante abbiano superato gli 80 anni, anche i cardinali Giovanni Battista Re e Franc Rodé. Secondo le norme vigenti i membri dei dicasteri decadono automaticamente al raggiungimento dell’ottantesimo genetliaco. In futuro si capirà se si tratta di semplici deroghe "ad personam" o di un anticipo di riforma curiale.

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La mossa argentina dell’Opus Dei per ingraziarsi Bergoglio

Per la prima volta nella sua storia la prelatura dell’Opus Dei ha scelto un non spagnolo per un incarico ai suoi vertici, quella di vicario generale. E guarda caso la scelta è caduta su un argentino, monsignor Mariano Fazio, ben conosciuto da Jorge Mario Bergoglio. Una scelta che sembra studiata apposta per consolidare e migliorare i rapporti con papa Francesco.

In questi primi due anni di pontificato le relazioni tra il papa e l'Opus Dei sono state formalmente eccellenti, grazie anche alle udienze concesse a monsignor Carlos María Nannei, predecessore di Fazio come vicario in Argentina. Ma sono stati più numerosi i segnali di direzione opposta.

Intanto per la cerimonia di beatificazione di Álvaro del Portillo, successore del fondatore san Josemaría Escrivá, non c’è stata la sperata dispensa per celebrarla a Roma. E così la cerimonia si è tenuta a Madrid lo scorso 27 settembre, nonostante il nuovo beato sia morto nell’Urbe dove ha vissuto gli ultimi decenni della sua vita.

Poi si è notato come nello scorso sinodo sulla famiglia nessun membro dell’Opus – tra i quali pure non mancano valenti teologi e canonisti – sia stato scelto come membro, esperto o uditore di nomina pontificia. E poiché non c'era nessun presidente di conferenza episcopale o capodicastero che fosse dell'Opus, questa è stata totalmente assente dai lavori sinodali. (Per la cronaca, tra i membri eletti dalle conferente episcopali per il prossimo sinodo e ratificati dal papa, sono invece già ben tre i presuli dell’Opus: l’arcivescovo José H. Gomez di Los Angeles negli Stati Uniti, l’arcivescovo Antonio Arregui Yarza di Guayaquil in Ecuador e il vescovo Jaime R. Fuentes Martín di Minas in Uruguay).

Un ulteriore colpo l’Opus Dei l’ha infine subito in Perù, dove negli ultimi mesi sono andati in pensione due suoi presuli, l’arcivescovo di Cuzco e il vescovo di Chiclayo, senza essere rimpiazzati da confratelli della prelatura. Il che ha spostato ancor di più in senso avverso all'Opus un episcopato nel quale il cardinale di Lima, l’opusdeista Juan L. Cipriani, pur essendo in carica dal 1999, al contrario dei suoi predecessori non ce l’ha mai fatta ad essere eletto presidente della conferenza episcopale.

La nomina di Mariano Fazio a vicario generale dell’Opus è stata annunciata lo scorso 12 dicembre, dopo che nel pomeriggio del 30 settembre era stato ricevuto da papa Francesco. Quell’udienza fu resa nota nel bollettino della Santa Sede del 1 ottobre e pubblicata su "L'Osservatore Romano" datato 2 ottobre. Curiosamente, sia nel bollettino sia sul giornale vaticano il cognome è apparso erroneamente storpiato in “Fassio”.

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Paradossi e strabismi ecumenici

Lo scorso 9 febbraio la basilica di San Giovanni in Laterano, la cattedrale del papa, ha ospitato il pellegrinaggio di ringraziamento della congregazione domenicana del “Santissimo Nome di Gesù” di Fanjeaux in Francia, per i 40 anni dalla fondazione. Al pellegrinaggio hanno partecipato, oltre a duecento religiose, 950 delle loro studentesse e un centinaio di insegnanti e genitori. Alle domenicane però non è stato possibile celebrare messa in nessuna chiesa di Roma. Il fatto è che le suore in questione appartengono al ramo femminile della comunità lefebvriana e che la messa che volevano celebrare era quella di rito preconciliare. A nulla è servito – informano le suore – che a perorare la loro causa sia intervenuta con "reiterate richieste" la pontificia commissione "Ecclesia Dei".

La cosa è piuttosto singolare in una diocesi come quella di Roma in cui chiese importanti, come San Teodoro al Palatino o i Santi Vincenzo e Anastasio a Fontana di Trevi, sono state affidate a comunità ortodosse, e dove anche nelle parrocchie sono ospitati riti delle comunità non cattoliche copte o rumene. Ma questo strabismo ecumenico non deve sorprendere, se si pensa che in campo cattolico c’è chi – come il priore di Bose Enzo Bianchi o il teologo Gianni Gennari – applica, spregiativamente, la qualifica di “scismatici” solo ai lefebvriani (che non sono più scomunicati ma non hanno ancora uno "status" canonico nella Chiesa cattolica) mentre i cristiani di altre confessioni che formalmente non sono meno “scismatiche” dei lefebvriani sono tutti amichevolmente chiamati “fratelli”.

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Niente nunzi laici all’orizzonte...

Con la nomina del prelato spagnolo Fernando Arellano Chica ad osservatore permanente presso la FAO a Roma sembra tramontata l’ipotesi, più volte ventilata, di nominare dei laici nelle sedi diplomatiche presso le organizzazioni multilaterali nelle quali il rappresentante pontificio non ha come interlocutori dei vescovi, come invece accade per i nunzi sparsi nei vari paesi del mondo. Con papa Francesco, infatti, oltre a quella presso la FAO sono state rinnovate le rappresentanze pontificie presso le sedi ONU di New York e di Vienna, nonché quella di Strasburgo presso il Consiglio d’Europa. E a tutte sono stati assegnati degli ecclesiastici. Il Vaticano continua evidentemente a ritenere che nei consessi internazionali la presenza di un ministro ordinato continui ad essere più significativa ed efficace di quella di un laico.

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… e niente cardinali orientali dopo due concistori

È risaputo che papa Francesco veda in Paolo VI un suo modello. Ma in un aspetto delle nomine cardinalizie non ne ha seguito finora l'esempio. Nel suo primo concistoro del 1965 papa Giovanni Battista Montini diede la berretta a ben quattro capi di Chiese cattoliche orientali: il patriarca melchita Maximos IV, il maronita Meouchi, il copto Stephanos e l’arcivescovo maggiore dei greco cattolici ucraini Slipyj.

Nei suoi due concistori, invece, papa Bergoglio non ha ancora dato alcuna porpora alle Chiese cattoliche orientali. Neanche all’attuale arcivescovo maggiore ucraino Sviatoslav Schevchuk, che prima di essere eletto a tale carica nel 2001 è stato per due anni vescovo a Buenos Aires. Schevchuk è il primo successore di Slipyj a non essere creato cardinale dopo la nomina ad arcivescovo maggiore. I suoi predecessori Myroslav I. Lubachivsky e Lubomyr Husar ricevettero entrambi la porpora al primo concistoro utile. Non è chiaro se questo sia dovuto alla giovane età di Schevchuk, che è nato nel 1970, o ad altri motivi.

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Salesiani in testa tra i cardinali, ma nella commissione teologica vincono i gesuiti

Con l’ultimo concistoro la congregazione religiosa più rappresentata nel collegio degli elettori del papa è quella dei salesiani, con 5 loro esponenti, mentre i gesuiti hanno ora il papa ma più nessun cardinale votante. Tuttavia nella commissione teologica internazionale, rinnovata da papa Francesco lo scorso anno, i figli di don Bosco, che con quattro membri erano i più numerosi nel quinquennio precedente, sono ora spariti. Mentre i figli di Sant’Ignazio, non presenti nei cinque anni passati, sono ora con tre loro membri i più rappresentati.
di Sandro Magister
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350998

Numeri e baruffe sul fondo pensioni del Vaticano

23 - 02 - 2015Matteo Matzuzzi
Numeri e baruffe sul fondo pensioni del Vaticano
I dipendenti della Città del Vaticano possono stare tranquilli: le loro pensioni non sono affatto a rischio. Smentita pubblica, dunque, alle dichiarazioni del prefetto della Segreteria per l’Economia, il cardinale australiano George Pell, che aveva parlato di un“deficit preventivato di almeno un miliardo di dollari nel fondo pensione”, dopo che lo scorso dicembre al Catholic Herald aveva parlato della necessità di rafforzare quel fondo. Le cose, a quanto pare, non stanno così.
IL COMUNICATO DEL CDA 
Lo scorso 19 febbraio si sono riuniti il Consiglio di amministrazione e il Collegio dei revisori del fondo pensioni e, dopo rapida analisi dei conti, hanno deciso di comunicare pubblicamente “la situazione attuariale, patrimoniale e reddituale del Fondo così come risulta dai Bilanci tecnici attuariali redatti dall’attuario certificatore e dai Bilanci di esercizio”. Decisione che s’è resa necessaria “poiché da alcuni mesi, amplificati anche da notizie di stampa, circolano dati allarmanti sulla situazione del Fondo pensioni vaticano e sulla sua sostenibilità a fronteggiare impegni assunti verso gli iscritti, presenti e futuri”.
“IL FONDO E’ COPERTO AL 95 PER CENTO”
E del buco menzionato dal cardinale Pell, secondo quanto riporta il Bollettino della Sala stampa della Santa Sede, non c’è traccia: “Circa l’aspetto attuariale, si rileva il sostanziale equilibrio tra risorse disponibili e impieghi verso gli attuali e futuri pensionati, grazie anche ad interventi (approvati dalla Segreteria di Stato su proposta del Consiglio di amministrazione) sia in ambito contributivo sia in ambito delle prestazioni”. In sostanza, spiega il Cda, “i bilanci di esercizi evidenziano, nel corso degli anni, la solidità anche della struttura patrimoniale e finanziaria del Fondo stesso”, tanto che “il rapporto di copertura del fondo pensioni è del 95 per cento”.
PELL AVEVA PARLATO DI UN DEFICIT “DI 700-800 MILIONI”
E’ pertanto ipotizzabile che “al 31 dicembre 2015″ si abbia “una consistenza patrimoniale di oltre 504 milioni di euro, a conferma della reale solidità del Fondo, che è passato da uno stanziamento iniziale di 10 miliardi delle vecchie lire italiane nel 1993 ad oltre 500 milioni di euro in poco più di venti anni”. Cose ben diverse, dunque, da quelle denunciate dal capo della Segreteria per l’Economia, come evidenziava sabato scorso sul Corriere della Sera Maria Antonietta Calabrò: “Era stato il cardinale Pell a riferire che ‘da qui a dieci anni per le pensioni esiste un deficit di 700-800 milioni’ e forse di più ‘per la fluttuazione dei tassi di interesse’”.
LE RESISTENZE DI UNA PARTE DELLA CURIA

Una nota inusuale, quella del Cda e del Collegio dei revisori, che amplifica i dubbi sul “conflitto” in curia sulle competenze in materia finanziaria. Il cardinale sudafricanoWilfrid Fox Napierin un’intervista concessa al Catholic News Service, aveva accusato diversi dicasteri vaticani di aver remato contro il progetto di riforma studiato da Pell. Le resistenze, aveva commentato il porporato australiano, “derivano da una piccola porzione della curia che ha fatto un tentativo di grossa resistenza. Ci sono alcuni della Segreteria di stato e forse del Governatorato che hanno dubbi sostanziali sulla riforma”. Di certo, non aveva aiutato il trambusto creato dalle dichiarazioni di Pell dello scorso dicembre riguardo “le centinaia di milioni di euro nascosti in particolari conti settoriali” che “non apparivano nei fogli di bilancio”. Alle polemiche aveva fatto seguito la retromarcia: “Non erano fondi illeciti o illegali. Ma la citazione dimostra che non sono esagerato quando parlo, perché ho scritto di qualche centinaia di milioni. Invece ieri al Concistoro ho spiegato che alla data odierna ci sono 442 milioni di asset addizionali nei dicasteri ed essi si vanno ad aggiungere ai 936 che già avevamo individuati in un primo momento”.

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