ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 11 marzo 2015

La cattedra degli spretati

Firenze. Dalla cattedra di San Zanobi gli spretati attaccano il celibato sacerdotale  

di Pucci Cipriani

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“Nei Vangeli Gesù chiamò i suoi primi apostoli per fare di essi “dei pescatori d’uomini” (Mt 4,19; Mc 1,17; Lc 5,10) , essi“lasciarono tutto e lo seguirono” (Lc 5,11; cf. Mt 4,20 – 22; Mc 1,18 – 20). Un giorno fu lo stesso Pietro a ricordare questo aspetto della vocazione apostolica, dicendo a Gesù : “Ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito” (Mt 19,27; Mc 10,28; cf. Lc 18,28). Gesù allora indicò  tutti i distacchi necessari “a causa mia – disse – e a causa del Vangelo” (Mc 10,29). Non si trattava soltanto di rinunciare a dei beni materiali , come la “casa” o i “campi” , ma anche di separarsi dalle persone più care “fratelli o sorelle o padre o madre o figli” , - così dicono Matteo e Marco - “moglie o fratelli o genitori o figli” - così dice Luca (18,29)…
Nella sua Prima Lettera ai Corinzi, l’apostolo Paolo afferma di aver preso risolutamente questo cammino (la scelta celibataria n.p.c) e dimostra la coerenza della propria decisione dichiarando : “Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore. Chi è sposato, invece, si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso” (1 Cor 7,32 – 34). Certo, non conviene che “si trovi diviso” colui che è stato chiamato a occuparsi, come sacerdote, delle cose del Signore. Come dice il Concilio (il Vaticano II n.p.c.) , l’impegno del celibato, derivante da una tradizione che si ricollega a Cristo, è : “Particolarmente confacente alla vita sacerdotale. E’ infatti segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale, e fonte di fecondità spirituale nel mondo” (PO 16)
San Giovanni Paolo II
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“Il celibato sacerdotale, che la Chiesa custodisce da secoli come fulgida gemma, conserva tutto il suo valore anche nel nostro tempo.”
Beato Paolo VI
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“ho…deciso …di essere sciolto dagli impegni che mi deriva(va)no dal sacerdozio, per dedicarmi più liberamente alla crescita di mio figlio…e per togliere la Chiesa…dall’imbarazzo”
(ex Don) Paolo Curtaz
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“L’obbligo del celibato per i preti è uno sbaglio in quanto è un’imposizione ormai vecchia mille anni (non parliamo di Gesù e del Vangelo che sono vecchi duemila anni – n.p.c.) . Si dovrebbe dare la possibilità se avere o meno una moglie. Questo è il futuro…Consentire i matrimoni tra gay. E bisogna dare ai preti la possibilità di sposarsi”
Don Giacomo Stinghi
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zzchsdmltQuando abitavo – e non dico quanto tempo è passato da allora – a Firenze, in via Frusa, pur essendo della Parrocchia dei Sette Santi in viale dei Mille (e c’era allora quel caro p. Serpi, tradizionalista, amante del latino e del canto gregoriano che, con me ragazzino, condivideva l’amicizia con lo scrittore Tito Casini) frequentavo la parrocchia di San Zanobi e Santi Fiorentini, in via Centostelle, data la mia amicizia con il parroco don Aldo Bertini e con il cappellano, il compianto amico don Serafino Cieri (epocali le nostre discussioni…che, in genere, finivano burrascosamente), allora Docente di religione al Liceo “Galilei” di Firenze. Sì, i Santi Fiorentini, la parrocchia voluta da Firenze, negli anni Sessanta, in onore del Cardinale Elia Dalla Costa che della Tradizione era quasi la personificazione, come ci ricorda lo stesso Tito Casini nel suo “Elia Dalla Costa” (LEF 1972), quell’arcivescovo che invitava alla recita giornaliera del Santo Rosario :
“Per il trionfo della Chiesa; per la diffusione del Regno di Dio; per la quotidiana lotta contro l’errore e il peccato; per la santificazione del clero; per il ritorno a Dio dei peccatori; per la riforma dei costumi nelle nostre parrocchie; per le anime del Purgatorio” ricordando anche come glorie del Rosario le: “le magnifiche vittorie della verità sopra l’errore , della verità sull’eresia…ricordava la sconfitta degli Albigesi…la battaglia di Lepanto…la liberazione di Vienna. E con il Rosario, con la sua corona fra le mani più scarne per l’astinenza e il digiuno…” (pag 289).
Già, mi tornavano alla mente le parole e gli scritti del Cardinal Dalla Costa – eresie per i “preti di oggi” che della loro incultura si fanno un vanto : “io non celebro in latino perché non lo conosco” – anche l’altra domenica quando, con la mia pronipote, di sette anni, mi recai alla S. Messa in quella stessa chiesa della mia giovinezza… dove, peraltro, per rispetto ai familiari, dovetti, anni fa, assistere ad un funerale, in quella stessa chiesa, dove, all’interno era stato montato un immenso tendone circense – e dato il clima dissacratorio che, ora al culmine, già allora aveva fatto breccia nella mentalità dei preti neomodernisti – pensai subito a un’esibizione circense di trapezisti…ma, mi spiegò un’amica, Elisa , rappresentava invece la “Tenda biblica ” che, probabilmente, aveva a che fare qualcosa con la Menorah, il candeliere a sette bracci che nell’antichità si trovava all’interno del Tempio di Gerusalemme  ed ora nelle sinagoghe e rappresentata sullo stemma dello Stato d’Israele… Siccome, allora, mancavano, pochi giorni alla S. Pasqua ebbi l’impressione che, in quella chiesa, non risorgesse il Cristo, dopo tre giorni, vincendo la morte. Infatti, nonostante la buona volontà, non trovai traccia della croce, ma in compenso trovai la Menorah , come in ogni sinagoga che si rispetti.
Anche domenica, trovandomi a casa di amici, potei assistere alla Messa in quella chiesa fiorentina – ma il tendone circense non c’era – dove, tra l’altro, l’Elevazione, fu annunziata da un colpo di GONG (non apparvero però – ma penso che tra breve avremo anche queste – le odalische a fare la danza dei “sette veli”) …insomma una celebrazione come molte altre che ricordano una “riunione condominiale”  per non usar l’espressione di Tito Casini nella sua celebre “La Tunica Stracciata” (Ed. Il Carro di San Giovanni) :”Un rito che perverte, ai piedi di un altare pervertito, una tradizione da tutti amata”.
Così è se vi pare… ma il bello doveva venire. Il parroco, certo don Marco Zanobini, che non è più un giovincello di primo pelo e dimostra almeno una sessantina di anni, con voce ispirata annunzia, – la stessa voce ispirata  che disse dal pergamo il giorno dell’elezione di Bergoglio : “Finalmente è tornata la primavera nella Chiesa“, evidentemente, dopo i due inverni di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI –  che “Mercoledi 11 marzo (oggi per chi legge) , Paolo Curtaz terrà un incontro dal titolo : ‘Riconciliazion e vita’ , don Paolo Curtaz è stato un prete , oggi è sposato. Lui - ha proseguito il parroco - può parlare del Sacramento della Riconciliazione da due punti di vista: perché come prete lo ha amministrato, e perché come laico lo riceve quando si confessa. Lui ha due punti di vista”.
E bravo lo Zanobi! In altre parole l’ex prete geometra  Curtaz -Fratello caporione e Consigliere Regionale dei “Verdi, lui baccelierato in teologia con una tesi sull’epistolario del prete rosso don Lorenzo Milani, quello che predicava che “l’obbedienza non è più una virtù ma la peggiore delle tentazioni…”  –  a un certo punto della sua vita (come il medesimo spretato scrive su Wikipedia) “dopo un periodo di discernimento , nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale…oggi è sposato con…e ha un figlio di nome …etc”.
In altre parole un prete indegno che mette incinta una ragazza che stava aiutando per problemi di droga…ha avuto “un periodo di discernimento”… non sapevo che l’atto sessuale si chiamasse “periodo di discernimento”.
E la mia nipotina, tirandomi per la giacca : “Zio, ma come, i preti non si possono mica sposare”… Benedetta innocenza … che ancora non conosce – come diceva Benedetto XVI – “quanta sporcizia c’è nella Chiesa” che è pur sempre la Sposa Immacolata del Cristo ma fatta da uomini…da uomini come questi indegni preti.
Sì, perché i preti indegni ci son sempre stati, come racconta nel suo celeberrimo romanzo : “Un Prete sposato”  Barbay d’Aurevilly …quel romanzo tenebroso che mette angoscia e inquietudine al solo pensare a quel dramma tremendo…e Domenico Giuliotti ne “L’ora di Barabba” non inveisce forse contro lo spretato affermando: “..nonostante voglia apparir disinvolto, s’intravvede quel suo comportamento lumacoso e s’indovina che su quella testa maledetta si disonorò la tonsura” ?
Già, ma allora era davvero un dramma: e la Chiesa, sempre comprensiva, con i suoi figli, anche quelli “indegni”  cercava di lenire, di aiutare, di comprendere…ma la legge era la legge, una legge di derivazione evangelica…
Oggi non esiste più il dramma ma la farsa, la “pochade” e questi preti “incontinenti” montano in cattedra, pontificano, vengono chiamati a “insegnare” a testimoniare la loro doppia esperienza…ricordate il”teologo” Gianni Gennari ? E il vescovo – stregone Milingo con le sue clownesche comparsate insieme all’amante Coreana della Setta di Moon?
Del resto nella parrocchia di San Zanobi e dei Santi Fiorentini più volte è stato chiamato anche a pontificare e a “insegnare” ai giovani don Giacomo Stinghi (clicca qui – preghiera islamica durante la S. Messa – Scoppia il bubbone don Stinghi di Dante Pastorelli), il prete rosso che ha incontrato i ragazzi non in chiesa ma nella discoteca VOIS di Sovigliana e predica anche il matrimonio omosessuale da quando segue un gruppo di “omosessuali cristiani” (sic) che si chiama Kairos (termine greco che indica il momento opportuno, l’occasione giusta e matura per un determinato passo).
Ecco, mentre si attende la S. Pasqua  i cattolici fiorentini hanno la possibilità di prepararsi ad essa  anche con un testo dell’Arcidiocesi di Firenze : “Ecco il Tempo favorevole” a cura di Mons.Dante Carolla e che contiene elevate allocuzioni e omelie del Beato Paolo VI. Apriamo a caso :
“…Basti a noi ricordare la ripercussione ontologica che le nostre azioni hanno sullo schermo sempre teso e infallibile dello sguardo divino. Dio vede. Dio ricorda,. Dio giudica. “Quo a facie tua fugiam”; (Ps.138.7) questa è una situazione reale,alla quale non possiamo mai sottrarci: “Come fuggire dalla Tua presenza?”.
Già , il Magistero della Chiesa ci ricorda il giudizio di Dio. Tutti noi saremo giudicati da quel Cristo che si toglie dagli altari e, allora, non ci saranno tendoni circensi né Menorah che tengano. E vane saranno le farneticazioni dei falsi profeti.
San Francesco che, per umiltà, non divenne mai sacerdote diceva: “Se incontro un angelo e un sacerdote saluto prima il sacerdote e poi l’angelo”. Chissà se oggi il Poverello d’Assisi, di fronte all’ abbigliamento arcobaleno, di fronte ai “falsi profeti”, ai fautori dell’eresia neomodernista, riuscirebbe ancora a riconoscere il sacerdote di Cristo.

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