ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 29 marzo 2015

Pueri Hebraeorum,

I bambini del Vangelo della Passione

Giotto2
“Pueri Hebraeorum, portantes ramos olivarum, obviaverunt Domino, clamantes et dicentes: Hosanna in excelsis”.
(Antifona per la processione della Domenica delle Palme)
“Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”.
(Matteo 18, 10)
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DAL DISCORSO DELL’ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMMASI, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE, AL CONSIGLIO PER I DIRITTI DELL’UOMO, GINEVRA, 17 MARZO 2015
Signor Presidente, […]
Diverse fonti hanno fornito testimonianze di come i bambini soffrano per le brutali conseguenze di uno stato di guerra persistente nel loro Paese. I bambini vengono reclutati, addestrati e utilizzati in ruoli di combattimento attivo, talvolta perfino come scudi umani negli attacchi militari. Il cosiddetto Stato Islamico (Isis) ha aggravato la situazione addestrando e usando bambini come kamikaze; uccidendo bambini che appartengono a comunità religiose ed etniche diverse; vendendo bambini come schiavi nei mercati; giustiziando un numero rilevante di ragazzini; e commettendo altre atrocità.
I bambini costituiscono circa la metà della popolazione di rifugiati nei campi profughi in tutto il Medio Oriente e sono il gruppo demografico più vulnerabile in tempi di conflitto e di migrazione. La loro vita in esilio è piena di incertezza e di lotte quotidiane. Molti sono separati dalle loro famiglie, hanno difficoltà ad accedere ai servizi di base e vivono in una povertà crescente. Solo un bambino siriano su due tra quelli rifugiati nei Paesi limitrofi riceve un’educazione. Al di là delle situazioni specifiche che devono affrontare i bambini internamente sfollati e quelli che vivono nei campi profughi della regione, e al di là delle immense tragedie che li colpiscono, appare importante immaginare il loro futuro, focalizzandosi su tre ambiti di preoccupazione.
Anzitutto, il mondo deve affrontare la situazione dei bambini apolidi che, come tali, secondo la legge, non sono mai nati. Le Nazioni Unite stimano che solo in Libano ci siano circa 30.000 di questi bambini. Inoltre, a causa dei conflitti mediorientali e dello sradicamento di massa delle famiglie, diverse migliaia di bambini non registrati sono sparsi nei campi profughi e nei Paesi d’asilo. Si tratta di “bambini fantasma” i cui genitori sono fuggiti dalla Siria, ma dei quali il nome e la data di nascita non sono mai stati registrati in nessun ufficio. Di fatto, l’Unicef rileva che 3.500 bambini “ufficialmente” non hanno una famiglia o un’identità. Ciò accade perché tutti i documenti personali sono stati distrutti sotto le macerie della guerra o, talvolta, semplicemente perché i genitori non avevano avuto il tempo o i soldi per registrare la nascita. I bambini apolidi attraversano da soli i confini internazionali e si ritrovano totalmente abbandonati. Il numero di persone apolidi nel mondo ammonta a 10 milioni. Mentre tutti devono affrontare grandi difficoltà, coloro che fuggono dalla Siria si trovano di fronte a sfide ancora più drammatiche: un bambino di età inferiore agli undici anni e privo di documenti non ha accesso nemmeno ai servizi più elementari. Ovviamente questi bambini non possono andare a scuola ed è probabile che vengano adottati illegalmente, reclutati in un gruppo armato, abusati, sfruttati o costretti alla prostituzione. Ogni bambino ha il diritto a essere registrato alla nascita e quindi a essere riconosciuto come persona dinanzi alla legge. L’attuazione di questo diritto apre il cammino che permette di accedere al godimento di altri diritti e benefici che riguardano il futuro di tali bambini. Semplificare i meccanismi e i requisiti per la registrazione, rinunciare alle tasse, impegnarsi per una legislazione sulla registrazione che includa i rifugiati sono alcuni passi per risolvere la piaga dei bambini apolidi.
In secondo luogo, un altro elemento fondamentale che incide sul futuro dei bambini sradicati è l’educazione. Sia in Siria sia nei campi profughi nella regione, fornire un’educazione è diventato estremamente problematico. Circa 5.000 scuole sono state distrutte in Siria, dove oltre un milione e mezzo di studenti non riceve più un’educazione e dove gli attacchi contro gli edifici scolastici continuano. Gli estremisti dell’Isis hanno già chiuso un numero consistente di scuole nei territori sotto il loro controllo. La situazione di pericolo del Paese non permette ai bambini di frequentare la scuola, né di accedere a un’educazione adeguata. La comunità internazionale nel suo insieme sembra aver valutato male l’entità della crisi siriana. Molti ritenevano che il flusso di rifugiati siriani fosse temporaneo e che quei rifugiati avrebbero lasciato i Paesi d’asilo entro pochi mesi. Ora, dopo quattro anni di conflitto, appare probabile che questi rifugiati rimarranno e che la popolazione locale dovrà imparare a vivere con loro fianco a fianco. A causa del conflitto, i bambini sono indietro nell’educazione e stanno perdendo la gioia della loro infanzia. Nei campi ci sono solo 40 insegnanti per oltre 1.000 studenti, di età compresa tra i 6 e i 17 anni. La maggior parte degli insegnanti sono volontari, spesso anch’essi rifugiati. Le lezioni sono incentrate sul disegno e sulla musica per aiutare ad alleviare il trauma; quando sono disponibili i libri vengono insegnati scrittura e matematica. In Turchia i bambini hanno difficoltà ulteriori dovute alla barriera linguistica. I rifugiati parlano arabo o curdo, quindi non possono frequentare le scuole pubbliche dove si parla solo il turco. Per ragioni diverse, sia nel loro Paese natale sia nei campi profughi i bambini trovano un sistema educativo inadeguato che sconvolge il loro futuro. Ovunque c’è urgente bisogno di un sistema educativo che possa assorbire questi bambini e portare una qualche normalità nella loro vita.
In terzo luogo, un’altra seria conseguenza della violenza persistente che tormenta il Medio Oriente è la separazione dei membri della famiglia, che costringe tanti minori a cavarsela da soli. Alla radice della destabilizzazione della società c’è la violenza generalizzata che porta alla disgregazione della famiglia, l’unità fondamentale della società. Al fine di evitare l’ulteriore sfruttamento dei bambini e di proteggerli in modo adeguato, occorre compiere uno sforzo aggiuntivo per facilitare il ricongiungimento dei minori con le rispettive famiglie.
Signor Presidente,
I diritti a un’identità legale, a un’educazione adeguata e alla famiglia sono elementi chiave e requisiti specifici in un sistema comprensivo di protezione dell’infanzia. Tali misure esigono la stretta collaborazione di tutte le parti interessate. L’accesso a una buona educazione e a un’assistenza psico-sociale, come anche ad altri servizi fondamentali, è estremamente importante. Tuttavia, i bambini non possono beneficiare di tali servizi a meno che non vengano registrati alla nascita e che le loro famiglie e comunità vengano aiutate a proteggerli meglio. Se la violenza non finisce e non si riprende il ritmo normale dell’educazione e dello sviluppo, questi bambini rischiano di diventare una generazione perduta. […]
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Il discorso integrale in inglese, con le fonti di riferimento:

> Statement of the Holy See…

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