ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 1 maggio 2015

Sogna e stai desto!

I sogni vengono dall’inconscio o da Dio?

 

Da Freud in poi siamo ormai abituati a considerare come una verità rivelata («ipse dixit»: e meno male che la scienza moderna sarebbe nata da un rifiuto del principio di autorità) il fatto che il sogno è la finestra privilegiata attraverso cui l’inconscio ci rivela la sua presenza, con le sue pulsioni più o meno mascherate, con i suoi bassi istinti più o meno travestiti in maniera da apparire abbastanza rispettabili per affrontare la censura del super-io.
Così, a partire da «L’interpretazione dei sogni» del padre della psicanalisi, il XX secolo ha deciso di gettare nel cestino della carta straccia tutto quel che la cultura pre-moderna, attraverso secoli e millenni di riflessione, aveva detto a proposito del sogno: e, in particolare, che esso è la via maestra attraverso cui la divinità parla agli esseri umani, o direttamente, o per mezzo dei suoi messi spirituali, gli angeli.
Sarebbe troppo lungo citare i passi degli autori antichi e quelli dell’Antico e del Nuovo Testamento in cui viene esposta questa credenza; così come sarebbe troppo lungo enumerare tutti gli autori cristiani della tarda antichità e del medioevo, da Gregorio di Nazianzo a Sinesio di Cirene, i quali hanno visto nel sogno il mezzo con cui Dio parla all’anima, e quanto sia importante ascoltare quella voce e indirizzare la propria vita così come in sogno ci è stato suggerito.
Non vale la pena di elevare inutili recriminazioni su tale inversione, operata dalla cultura moderna: il fatto è quello e chiede di essere interpretato, affinché ciascuno valuti e decida se fosse più giusta l’interpretazione tradizionale del fatto onirico, o se lo sia quella psicanalitica. A ben guardare, infatti, la nuova idea che ci siamo fatti del sogno è solo una delle maniere in cui si manifesta la secolarizzazione e in cui si afferma una concezione della vita puramente materialista. Si tratta, peraltro, di una svolta coerente. Da quando l’uomo moderno ha inteso affermare la propria auto-sufficienza e ha giudicato che la sfera del soprannaturale sia inutile o ingannevole, gettando la metafisica e la teologia nel magazzino delle cose inattuali (operazione risolutamente inaugurata da Kant e proseguita alacremente dalla maggior parte dei pensatori degli ultimi due secoli), la realtà invisibile ha perso di significato: la nostra visione del reale è divenuta puramente sensista, erede diretta di quella dell’illuminismo settecentesco.
Esiste quel che si vede, si tocca, si può misurare, si può spiegare con degli esperimenti e codificare mediante leggi scientifiche: questo è il nuovo credo. Il sogno certamente esiste, ma, dato che l’invisibile non esiste, non può provenire che dall’uomo stesso; e, dal momento che la coscienza non sa donde esso venga, allora si è deciso che esso deve venire dalle cantine oscure dell’io, da una regione inesplorata chiamata inconscio, della quale nulla sapremmo, neppure il fatto che esiste, se il sogno, appunto, e alcune altre manifestazioni - guarda caso tutte di segno patologico: le nevrosi -, non ne tradissero la segreta e incessante attività. Si tratta, però, di una attività talmente vergognosa, che la nostra coscienza non potrebbe sopportarne l’aperta rivelazione; per cui quel meccanismo oscuro e quasi imperscrutabile, l’inconscio, si prende cura di rivestire le immagini troppo rivelatrici dei nostri bassi istinti con dei panni più accettabili, con delle sembianze un po’ meno sconvolgenti. Un po’ come farebbero degli extraterrestri molto intelligenti e molti diversi da noi, i quali, per non turbarci in maniera traumatica, ci si mostrassero non già come realmente sono, ma sotto apparenze per noi accettabili, vale a dire non troppo diverse dalle nostre.
Quella che stiamo vivendo, dunque, è una svolta coerente rispetto alle premesse culturali della nostra società: se l’antropologia si chiude su se stessa e proclama l’autosufficienza dell’uomo, è perfettamente logico che nulla, nell’uomo, possa avere una origine non umana; è perfettamente logico che la presenza, in lui, di una scintilla o di un riflesso della luce divina siano considerate cose inverosimili, degne di altri secoli, dominati dalla superstizione e dall’ignoranza.
Eppure, come abbiamo detto, i secoli cristiani sono andati sostanzialmente, d’accordo con il paganesimo, quanto all’interpretazione dei sogni: basta sfogliare l’«Eneide» per vedere cosa ne pensava il più grande di tutti i poeti latini, Virgilio; e basta sfogliare il primo libro della Bibbia, quello dell’«Esodo», in cui si narra di Giuseppe alla corte del faraone (ma se ne potrebbero indicare molti altri, ad esempio quello del profeta Daniele, con il sogno di Nabucodonosor), per rendersi conto di quanto fosse profonda e radicata la convinzione che, nel sogno – non in qualunque sogno, beninteso, ma solo in alcuni – l’uomo riceve dei messaggi che vengono dall’Alto, e che sta a lui decifrare e comprendere, per farne un punto di orientamento esistenziale.
Ha scritto Anselm Grün nella sua monografia «I sogni nel cammino spirituale» (titolo originale: «Träume auf dem geistlichen Weg», Münsterschwarzach Abtei, 1989; traduzione dal tedesco di Mario Tambini, Padova, Edizioni Messaggero, 1996, pp. 5-8):

«Nei testi psicologici sui sogni vengono per lo più raccontati e analizzati i sogni di ammalati. Qui i sogni servono, al tempo stesso, all’analisi e alla terapia. Ma la dimensione spirituale dei sogni viene a malapena chiamata in causa.  […]
Tre sono soprattutto gli ambiti cui si deve fare attenzione in un cammino spirituale, perché in essi Dio ci incontra a ci parla:  i nostri pensieri e sentimenti, il nostro corpo e i nostri sogni. […]
Nel monachesimo antico, soprattutto la consapevolezza dei pensieri e dei sentimenti veniva descritta come passo  decisivo nel cammino spirituale. Ma, come mostra uno sguardo alla Bibbia e alla tradizione spirituale,  si poneva attenzione anche ai sogni, si faceva assegnamento sul fatto che Dio in essi ci parla. Prese dalla disperazione, oggi molte persone si domandano dove potrebbero trovare Dio e dove e come Dio, in realtà, parli ad esse. Sono scettiche sulla possibilità che Dio parli loro nella preghiera, sospettando che in realtà si tratti dei propri pensieri, che rivolgono a se stesse. A partire da questo problema, i monaci hanno sviluppati l’insegnamento sul discernimento degli spiriti, per darci uno strumentario con cui possiamo percepire che Dio ci parla.  […] Il sogno è il luogo in cui la nostra attività personale è arrestata o quantomeno fortemente diminuita. Qui non abbiamo più il comando nelle mani. Così Dio può molto più facilmente far irruzione nella nostra vita. Noi affermiamo che i sogni traggono origine dal nostro subconscio, ma perché proprio ora emerge questo o quel sogno, non siamo in grado di dirlo. Colleghiamo il sogno con le nostre esperienze corrispondenti; anche questo, però, non è motivo stringente perché proprio ora questo sogno venga alla luce. Di conseguenza, è assolutamente legittimo credere con gli antichi che sia Dio a mandarci sogni e che, con essi, Dio voglia dirci qualcosa. I sogni non li possiamo estorcere, possiamo semplicemente aspettarli e riceverli come un regalo, come una grazia.[…]
Al centro della nostra realtà ci siamo noi. Siamo noi che lavoriamo, mangiamo, pensiamo, proviamo sentimenti, progettiamo, diamo forma a tutto quanto ci circonda; Dio qui trova posto solamente ai margini e solamente nella misura in cui noi glielo concediamo. Progettiamo anche la nostra vita spirituale, diamo forma alla nostra  preghiera; ma anche qui siamo noi i registi, assegniamo a Dio il ruolo che deve svolgere. In fondo, questa è una realtà in larga misura senza Dio: siamo noi i padroni e Dio è spinto al margine. Anche se siamo devoti, siamo noi col nostro agire devoto al centro, non Dio. Di fronte a questa realtà senza Dio ella nostra vita, il sogno ci indirizza ad un’altra realtà spirituale.  Se noi prendiamo sul serio la metafisica, allora è Dio la realtà vera e noi siamo reali solamente in quanto partecipiamo di Lui. Dio è più vicino a noi di quanto noi lo siamo a noi stessi, dice Agostino. Noi siamo stranieri a noi stessi. Viviamo in una realtà non solamente senza Dio, ma anche senza Io, privo di anima. Mediante i sogni, la realtà spirituale irrompe nella nostra vita. E non è detto per principio che i sogni siano meno reali di quanto noi percepiamo a livello di coscienza. Nel sogno Dio può irrompere, farsi parola. Nel sogno emergono immagini che apparentemente non hanno nulla a che fare con la nostra realtà consapevole, ma sono veramente in grado  di svelarci l’essenza di questa realtà. Essi ci mostrano il mondo e la nostra vita sotto un aspetto completamente diverso e non a torto gli antichi pensavano che Dio ci parla in sogno. Qui, infatti, non possiamo più scambiare le parole di Dio con le nostre, non lo possiamo più costringere in un ruolo; al contrario, Egli agisce e noi siamo spettatori. […]
Il controllo della realtà è decisivo per vedere se se nei sogni ci lasciamo interpellare da Dio, o se invece li utilizziamo per noi. C’è il pericolo che li utilizziamo come strumento di potere, che ci trinceriamo dietro ad essi per non farci mettere in questione né dagli uomini, né da Dio. Allora ci si chiude in se stessi. Si getta lo sguardo solamente all’intero e vi soccombe al fascino del mondo interiore. […] Quando uno pensa solamente di aver bisogno di meditare i propri sogni, è nell’errore. Egli va incontro al sogno non più come a un Tu, ma si ritira in esso e vi sprofonda.»

Ed ecco il grande errore della psicanalisi: aver visto nel sogno solo un prodotto umano, un prodotto – per giunta – di rifiuto, proveniente, cioè, dalle sfere più basse ed ignobili della psiche; ed esservi sprofondata dentro, come se in esso non vi fosse altro che un problema da decifrare, un quesito da sciogliere, un enigma da spiegare. No, il sogno è molto di più: è la voce dell’Altro che entra nella nostra vita e che la scuote dalle fondamenta e la vuol mettere radicalmente in discussione, ma per il nostro bene, per aprirci gli occhi, per ridestarci a noi stessi. Presi da mille attività e tenacemente convinti di non poter vivere senza esercitare un costante controllo sulle cose, senza manipolarle incessantemente, viviamo la passività del sonno quasi come una debolezza, e la rivelazione del sogno come un inquietante elemento ribelle alla nostra volontà e alla nostra intelligenza; un elemento “selvaggio”, che va interpretato non già per illuminare la nostra strada, ma per rimuovere gli ostacoli, per sgombrare il terreno da ciò che potrebbe infastidirci, insomma per offrirci una presa ancora più salda sulla realtà. Al centro ci siamo sempre noi, il nostro io, e tutto il resto deve ruotargli attorno, come i satelliti intorno a un sole.
L’idea che il sogno sia la voce di un Tu; che sia una occasione per fare silenzio e ascoltare, non per dominare le cose, ma per meglio comprenderle; non per imporre il nostro gioco, ma per lasciarci andare al richiamo dell’Essere, è un’idea che, se pure ci sfiora, ci irrita profondamente, perché sconvolge tutti i nostri pregiudizi scientisti e utilitaristi. Per la prima volta, non ci si chiede di agire, ma di lasciarci essere; non di fare, ma di subire; non di volere, ma di essere penetrati da qualcosa che è più grande di noi, che ci richiama ai bisogni più veri, ma dimenticati, della nostra anima. La nostra anima non ha bisogno di cose, né di dominio, ma di essere: ha bisogno di lasciarsi riempire, di lasciarsi fecondare dalla grazia che viene dall’Alto, di imparare l’umiltà e di farsi docile strumento di un disegno sapiente che non è opera nostra, ma cui siamo chiamati a collaborare.
Se proviamo a considerare il sogno sotto questa prospettiva, allora molte cose che prima ci apparivano incomprensibili, diventano molto più semplici: non si tratta di “spiegare” il sogno, perché il sogno è mistero, e i misteri non si spiegano, perché non si possono ridurre a problemi, ma restano irriducibilmente “altro” rispetto alla nostra volontà raziocinante. Il sogno, sotto questo punto di vista, ci sfida a deporre la nostra presunzione e la nostra tendenza al controllo sulle cose, per aprirci al mistero di una rivelazione che non viene da noi, che non è il prodotto di una nostra forza cieca e primordiale, ma che viene da fuori e che ci illumina, mostrandoci cose che non avevamo considerato, squarciando il velo della nostra pigrizia intellettuale.
Però, per arrivare a porsi in questa prospettiva, è necessario operare una rivoluzione copernicana dentro se stessi: è necessario riportare il soprannaturale al centro del reale e vedere il mondo della natura, fatto di cose visibili - e, in una certa misura, quantificabili - come la sua proiezione esterna, che non ha significato in se stessa, ma solo in rapporto a quello. Bisogna rinunciare al sensismo e accettare il fatto che noi vediamo e sperimentiamo solo una piccola parte della realtà, la più superficiale e ingannevole; mentre l’essenza di essa sta al di sotto, come un tesoro ricoperto da un drappo di tessuto quasi evanescente. Perché quel tesoro ci si riveli, bisogna che non fermiamo la nostra attenzione sul drappo, per quanto possa apparirci fabbricato con arte e in una stoffa preziosa: bisogna che ci rendiamo conto che esso non è il tesoro, ma solo il suo rivestimento.

Le cose materiali sono il rivestimento e, in un certo senso, l’ombra della realtà più vera e profonda: noi non possiamo vedere quest’ultima in maniera diretta, ne rimarremmo accecati, perché trascende di molto le nostre facoltà sensoriali. Ecco perché il sogno può rivelarsi una preziosa via d’accesso alla realtà ultima: mentre la coscienza dorme e noi siamo privi delle inutili difese dell’io, la strada è aperta alla rivelazione del Tu e al nostro incontro con l’Assoluto. Siamo come dei bambini i quali, se sapessero dove stanno andando, farebbero i capricci e punterebbero i piedi; ma, condotti da una mano amica, si ritrovano in un bellissimo giardino, rammaricandosi solo di non esservi stati prima...

di Francesco Lamendola - 29/04/2015


Fonte: Arianna editrice 

5 commenti:

  1. A me personalmente sembrano tante stupidate quelle scritte nell'articolo! Certo può capitare che Dio parli attraverso i sogni o meglio attraverso ciò che noi crediamo essere un sogno. Nella maggior parte dei casi tuttavia è fuor di dubbio che nei sogni agisca l'inconscio il quale ci ripresenta in maniera confusa e scombinata ciò che la nostra mente ha immagazzinato nella memoria. Se dovessi davvero credere che Dio mi parla attraverso i sogni allora forse debbo presumere che alzi molto spesso il gomito!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi sembra invece che contesti la psicanalisi e lo psicologismo di tanti maghi/filosofi.
      Certo credo anch'io che non tutti i sogni vengano da Dio anche se qualcuno certamente sì, penso a S.Giuseppe..
      Penso che molto dipenda dal come si prega o no, e che possa insinuarsi, in chi non lo fa, anche il demonio, come in tutti gli altri aspetti della vita e dell'anima umana.

      Elimina
    2. Certo, ha ragione, dico solo che in periodi di estrema confusione financo su ciò che oggettivamente dovremmo essere disposti a credere(Verità rivelate) avventurarsi pure nell'interpretazione dei sogni mi sembra piuttosto controproducente. Penso che Nostro Signore agisca nella storia nel modo che in quel momento è più opportuno usare, se lo immagini se cominciassimo a pensare che Dio usi i sogni per manifestarsi, nascerebbero dieci, cento, mille chiese fasulle. Non dico che l'autore non abbia ragione nel ritenere veritiero ciò che è anche supportato dal testo biblico penso semplicemente che oggigiorno NON sia opportuno nemmeno parlarne.

      Elimina
  2. E perchè mai , quello che era vero ieri , non può esserlo oggi? Freud ha avuto il compito di emancipare l'ebraismo da Mosè e i profeti e trasferire ciò che restava al mondo intero. Ma le indicazioni bibliche restano valide , anche se il razionalismo le nega. Chiaramente bisogna fare attenzione perchè la nostra psiche è suggestionabile anche da enti negativi , però questo non giustifica la chiusura totale di fronte a un meccanismo citato spesso nelle scritture.

    RispondiElimina
  3. mah!un pò contorto affidarsi ai sogni....e che dire di freud ateo.... il demonietto di mezzo....meglio non addentrarsi in un ginepraio x evitare di entrarvi con Dio e uscirne senza.....abbiamo le scritture ... gli insegnamenti di Gesù....ciò ci basti!!!!

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.